Villamar con la Chiesa romanica di San Pietro ed i resti della necropoli e dell’insediamento punico di San Pietro
In questa tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita della Marmilla e da Segariu andremo a visitare Villamar che vedremo con il suo centro dove si trova la Chiesa romanica di San Pietro, sotto la quale erano presenti la necropoli e l’insediamento punico di San Pietro. La regione storica della MarmillaNella Sardegna centro meridionale, a cavallo del confine che separa la Provincia di Oristano da quella del Sud Sardegna, c’è una zona chiamata Marmilla della quale qui visiteremo la parte settentrionale. I comuni che fanno parte della Marmilla Settentrionale, in Provincia di Oristano, sono: Albagiara, Ales, Assolo, Asuni, Baradili, Baressa, Curcuris, Gonnoscodina, Gonnosnò, Gonnostramatza, Masullas, Mogorella, Mogoro, Morgongiori, Nureci, Pau, Pompu, Ruinas, Senis, Simala, Sini, Siris, Usellus, Villa Sant’Antonio, Villa Verde. I comuni della Marmilla Meridionale, in Provincia del Sud Sardegna, sono: Barumini, Collinas, Furtei, Genuri, Gesturi, las Plassas, lunamatrona, Pauli Arbarei, Sardara, Segariu, Setzu, Siddi, Tuili, Turri, Ussaramanna, Villamar, Villanovaforru, Villanovafranca. Nella Marmilla meridionale spicca incontrastato il colle di las Plassas, famoso per la sua forma mammellare, che a quanto pare avrebbe dato il nome al territorio circostante. Questo colle aveva in antichità al suo apice un capezzolo gigante attraverso il quale Madre Natura dava nutrimento a tutti i Sardi. Il paesaggio è prevalentemente collinare e comprende la Giara di Gesturi, la Giara di Siddi, la Giara di Serri, l’altopiano di Genoni ed il bacino del rio Mannu d’Isili. Le attività principali della zona sono l’agricoltura ed il turismo. In viaggio verso VillamarNell’ultima tappa del nostro viaggio eravamo arrivati a Segariu. Usciamo da Segariu verso nord con la via Dante che, fuori dall’abitato, assume il nome di SP43, la seguiamo per sei chilometri e mezzo, fino a che va ad immettersi sulla SP42, che, presa verso sinistra, ci porta nell’abitato di Villamar. Dal Municipio di Segariu a quello di Villamar si percorrono 7.9 chilometri. A Villamar si può arrivare più comodamente dalla tappa precedente, dove eravamo arrivati a Furtei. Proseguendo verso nord da Furtei sulla SS197, dopo sette chilometri arriviamo nell’abitato di Villamar. Dal Municipio di Furtei a quello di Villamar si percorrono 7.2 chilometri. Il comune chiamato VillamarIl comune chiamato Villamar (nome in lingua sarda Bidda Mara, altezza metri 108 sul livello del mare, abitanti 2.457 al 31 dicembre 2021) si stende nella parte nord occidentale del territorio della Provincia del Sud Sardegna, a sud est dei colli Marmilla. È facilmente raggiungibile tramite la SS197 di San Gavino e del Flumini, che ne attraversa l’abitato. Questo sorge con il nucleo principale tra il fiume Mannu, che è stato deviato sul finire degli anni Cinquenta del Novecento, ed il rio Cani. Negli ultimi trenta anni si è sviluppato lungo la SS197, ed in direzione nord ovest. Il territorio comunale presenta un profilo geometrico ondulato, con variazioni altimetriche non molto accentuate, dato che si raggiungono appena i 297 metri di quota. Origine del nomeIl nome è attestato nell’anno 1346 con la frase Pro Capellania Mare, e rappresenta un composto dei termini Villa e dell’appellativo sardo Mara, che Deriva dalla tipicità di alcune zone delle campagne del paese caratterizzate dalla presenza di paludi, e da queste deriva il termine Mara ossia Mare, Palude. In passato viene chiamata Mara Arbarei, che aveva il significato di Mara del Giudicato di Arborea. Veniva chiamata anche Mara Barbaraghesa, dove col termine Barbaraghesa gli antichi romani indicavano che, dall’antico villaggio dal quale deriva il paese di Villamar, iniziava la salita verso le Barbagie del centro Sardegna. La sua economiaL’economia del paese è prevalentemente di tipo agropastorale, e Villamar viene a costituire, da sempre, un importante punto di riferimento per i paesi del circondario. Il settore economico primario è presente con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutta; ed anche con l’allevamento di bovini, suini, ovini ed equini. Il settore secondario è costituito da imprese che operano nei comparti alimentare, dei laterizi, della fabbricazione di strumenti ottici fotografici, della gioielleria e oreficeria, della consulenza informatica ed edile. Il terziario si compone della rete distributiva e dell’insieme dei servizi. La SS197 collega la zona del Nuorese a quella del Cagliaritano, e perciò presenta durante tutto l’anno una grossa affluenza di traffico dando maggior vita al paese, sia per quanto riguarda l’aspetto turistico che per quello economico e commerciale. La natura accogliente del luogo, il clima mite e le preziose testimonianze artistiche fanno di essa una meta interessante dal punto di vista turistico. Ad affascinare quanti vi si recano contribuiscono anche le rive del fiume Mannu, lungo il quale si trova un angolo di natura incontaminata con un orto botanico e un parco naturale. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciIl territorio viene abitato fino dall’epoca nuragica. La villa si costituisce nel quattordicesimo secolo, in periodo giudicale diviene sede della Curatoria della Marmilla, e nel 1369 appartiene a Gerardo de doni. Nel 1460 diviene feudo dei D’Aragal e quindi degli Alagon. Nel 1643 passa agli Aymariel, ai quali rimane fino all’abolizione del regime feudale. In epoca successiva, del comune di Villamar nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella nuova del Medio Campidano, ed in seguito, con la sua abolizione, nel 2016, passa alla nuova Provincia del Sud Sardegna. Le principali feste e sagre che si svolgono a VillamarA Villamar è attivo il Gruppo Folk traccas e Sonus di Villamar, nelle cui esibizioni, sia nel paese che in altre località dell’Isola, è possibile ammirare il costume tradizionale del paese. Tra le principali principali feste e sagre che si svolgono a Villamar vanno citate, il 24 giugno, la Festa patronale, ossia la Festa dedicata a San Giovanni Battista; la terza domenica di agosto, la Festa della Madonna d’Itria; l’8 e 9 settembre, la Festa di Santa Maria; il primo lunedì di ottobre, la Festa di Santa Vitalia, con processione religiosa, sfilata di cavalieri in costume tradizionale e traccas, ossia carri a buoi addobbati, ballo pubblico in piazza, spettacoli folcloristici, musica tradizionale, Gosos o altri canti sacri in sardo, gara poetica, musica, prove di abilità equestre, giochi tradizionali, competizioni sportive ed, infine, fuochi d’artificio. Visita del centro di VillamarL’abitato, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, mostra l’andamento altimetrico tipico delle località pianeggianti. Il centro storico si conserva nella zona della Chiesa parrocchiale e della Chiesa di San Pietro, dove, in parte, esiste ancora una tipologia abitativa tradizionale tipica dei paesi di pianura con prevalente economia agricola. I materiali usati per queste costruzioni sono quelli reperibili in loco e cioè rocce arenarie, calcaree, ed i cosiddetti làdiri, ossia mattoni di fango e paglia. Villamar è un paese ricco di Chiese, ne conta, infatti, quattro all’interno dell’abitato e due campestri. Ancora oggi esistono, inoltre, i ruderi delle Chiese campestri di Santa Maria Maddalena e di Sant’Antioco. I muri delle case del paese sono arricchiti da numerosi muraliI muri delle case del paese sono arricchiti da numerosi murali. L’arte muralistica nel paese si è sviluppata verso la seconda metà degli anni settanta del Novecento, ed i promotori di tale iniziativa sono stati il pittore locale Antioco Cotza, insieme ad un suo amico Cileno, Alan Joffrè, esule politico, e l’altro pittore locale Antonio Sanna. Turisti di passaggio per Barumini e la giara, attratti e incuriositi dai murali, si fermano nel paese, ed hanno così l’opportunità di conoscere altri tesori quali la Chiesa di San Pietro ed il retablo del Cavaro. I murales realizzati sono principalmente di due generi diversi. Quelli eseguiti da Antioco Cotza e dai suoi amici, con colori vivaci e forti, sono solitamente di denuncia sociale e rappresentano particolari momenti e avvenimenti storici locali e mondiali. Quelli realizzati da Antonio Sanna, spesso rappresentano paesaggi, località, usi e costumi scomparsi del paese. Entrambi sono eseguiti con stili in cui si distinguono le suggestioni sarde e sudamericane. I Giardini Pubblici ed il Municipio di VillamarArrivando a Villamar da Segariu con la SP43, raggiungiamo lo svincolo dove si può prendere a sinistra la SP42, che ci porta all’interno dell’abitato ed alla cui destra si trovano i Giardini Pubblici di Villamar. La SP42 prosegue per quattrocentocinquanta metri costeggiando i Giardini Pubblici, e ci porta a un bivio, dove di fronte si vede la scalinata che porta sulla piazza dalla quale si può arrivare a piedi alla Chiesa parrocchiale ed al Municipio di Villamar. Al bivio, le due strade, sia quella verso sinistra che quella verso destra, assumono il nome di via d’Itria. La Chiesa della Madonna di AntocciaAl bivio prendiamo la via d’Itria verso sinistra e, dopo una cinquantina di metri, alla sinistra parte la stretta via Antoccia, lungo la quale alla sinistra si trova il cancello che porta all’antica Chiesa della Madonna di Antoccia dedicata alla Madonna di Antocha o di Antiochia. Posta su un’altura, la Chiesa che risale al sedicesimo o diciassettesimo secolo, edificata inizialmente come Cappella privata della famiglia Aymerich ed intitolata a San Saturno, presenta numerosi rimaneggiamenti avvenuti nel tempo. La facciata ha il terminale piatto e un campaniletto a vela a due luci. Al centro si apre il portale, che risulta incorniciato e affiancato, nella parte mediana del prospetto, da due aperture finestrate rettangolari. L’interno è ad aula unica con due cappelle ai lati del presbiterio, che è più stretto della navata centrale, suddivisa in quattro campate da tre archi a diaframma, due a tutto sesto e uno a sesto acuto con intradosso decorato a cassettoni. La copertura è realizzata con travi lignee. L’altare maggiore risale al diciottesimo secolo, ed ospita una statua della Madonna del Rosario con Gesù bambino. L’altare ligneo della Cappella destra, opera di artigiani sardi, contiene nella nicchia centrale un altro simulacro della Madonna del Rosario, con profili angolari nei quali sono raffigurati, ad olio, due Santi Diaconi, e con la modanatura superiore curva e sporgente decorata con l’Eterno Padre. All’interno sono presenti diversi oggetti sacri appartenenti alla Confraternita del Rosario, che in questa Chiesa è ospitata. L’interno della Chiesa ospita le sculture di San Giuseppe, San Francesco da Paola e Sant’Efisio, realizzate in legno intagliato e policromato, opere di scultori sardi attivi nel diciottesimo secolo. Ospita inoltre due caratteristiche statue realizzate con la cosiddetta Tecnica a cannuga, ossia con l’interno costituito da grosse canne di palude, vestite con abiti in tessuto prezioso dal quale emergono le sole estremità scolpite nel legno, che sono le statue dell’Addolorata e Madonna del Rosario, della fine del diciottesimo o inizio del diciannovesimo secolo. Di antica tradizione è anche la scultura dell’Assunta, conservata in una teca di vetro, legata al culto greco della Dormitio Virginis, retaggio della dominazione bizantina in Sardegna. Il Municipio di VillamarAl bivio prendiamo la via d’Itria verso destra, che è la prosecuzione all’interno dell’abitato della SP42. Dopo un’ottantina di metri arriviamo a un bivio, dove seguendo le indicazioni prendiamo a sinistra la prosecuzione della via d’Itria, e, dopo una sessantina di metri, vediamo alla sinistra il cancello che porta al cortile nel quale si trova l’edificio che ospita il Municipio di Villamar, con la sua sede e gli uffici che offrono i loro servizi ai cittadini. La piazza sulla quale si affacciano il Municipio e la Chiesa parrocchiale di San Giovanni BattistaPassato l’ingresso del Municipio, si prosegue sulla via Sicilia, alla sinistra della quale si vede l’ampia piazza Carlo de Corte, ossia la Prazza de Corti. Ci troviamo nel quartiere Maiorchino, nel centro storico del paese. Sulla piazza si affacciano alla sinistra le pareti laterali del Municipio, ed alla destra la facciata della Chiesa parrocchiale. Subito a sinistra, prima di arrivare alla piazza, si vede sul muro la lapide che ricorda i caduti di Villamar. Sullo sfondo della piazza si vede da lontano la Chiesa della Madonna di Antoccia, dato che alla piazza si può arrivare anche dalla scalinata che si trova prima del bivio dal quale si arriva anche a questa Chiesa. La Chiesa parrocchiale di San Giovanni Battistaalla destra della piazza si trova la Chiesa di San Giovanni Battista ossia la Crèsia de Santu Giuanni Batista, che è la parrocchiale di Villamar. Edificata nella seconda metà del tredicesimo secolo in stile romanico, conserva poco della sua forma originaria, in quanto nella facciata rettangolare della Chiesa, intonacata, sono evidenti i resti dell’impianto originale, realizzato in conci di calcare e trachite di media pezzatura. La parte più antica comprendeva due navate, con abside semicircolare e due ingressi, uno in facciata e l’altro nella navata laterale destra. La facciata era suddivisa in tre parti da due lesene collegate da una serie di archetti che poggiavano su mensole decorate da motivi geometrici e vegetali. Tra la fine del quattrocento e l’inizio del cinquecento viene ristrutturata in stile tardo gotico secondo il prototipo sardo catalano presente nella parrocchiale di San Giacomo di Villanova a Cagliari, modello per molte Chiese della Sardegna meridionale. Viene aggiunta alla sua struttura una terza navata a sinistra, ed anche il presbiterio più stretto e basso, coperto da una volta stellare e gemma pendula. contemporaneamente ai lati del presbiterio vengono affiancate due cappelle, mentre altre due cappelle voltate a botte vengono aperte nella parete destra. Oggi al centro del prospetto principale si apre il portale, inquadrato da una cornice modanata, ed in asse con questo è una finestra, affiancata da due più piccole. La facciata ospita altri due ingressi. Allineato alla sinistra del prospetto principale si trova il campanile a canna quadrata alto ventotto metri, che appoggia su un alto zoccolo, e costituisce un elemento importante nella facciata della Chiesa. All’interno della Chiesa, partendo dall’ingresso principale, si trova la bussola lignea con la sovrastante cantoria, opera di artigiani sardi attivi nel diciottesimo secolo, ed accanto è presente un’acquasantiera in marmo bianco, raffigurante un angelo, della seconda metà del settecento. Il fonte battesimale, in marmi policromi, è datato 1745 ed è ascrivibile ad ambito ligure. La Chiesa ospita al suo interno numerose opere d’arte. L’altare maggiore sul fondo della navata centrale è un’opera settecentesca in marmi policromi, e su di esso è collocato il retablo della Madonna del latte, chiamato anche retablo della Madonna d’Itria o retablo di Villamar, commissionato da don Salvatore Aymerich, risalente al 1518 e firmato dal pittore Pietro Cavaro, della Scuola di Stampace. Sul fondo della navata destra era ospitato il cocchio in legno che porta la statua della Madonna d’Itria in occasione della sua festa, e che oggi si trova in un edificio annesso alla Chiesa parrocchiale. Nella prima Cappella a destra del presbiterio, dedicata a San Priamo, era ubicata la scultura lignea raffigurante la Madonna d’ltria realizzata nel primo seicento, ora posizionata in fondo alla navata centrale, ed oggi, sotto la scritta reina de grandu bellesa a lei riferita, sono ubicati due simulacri di Sant’Antonio da Padova. La seconda Cappella ospita un altare ligneo del primo settecento, con il simulacro di San Giovanni Battista, incorniciata da altro colonne tortili, due per parte, con tralci di vite e cortine. La terza Cappella a destra conserva il simulacro seicentesco del Cristo in croce. L’altare centrale della navata a sinistra conserva un Polittico, dipinto a olio su tavola diviso in tre da capitelli corinzi, con una nicchia centrale, e nella navata a sinistra sono presenti tre diverse cappelle. All’interno della Chiesa sono, inoltre, presenti diverse sculture, tra le quali San Sebastiano, la Madonna d’Itria, San Michele Arcangelo e San Francesco da Paola. Sulle pareti è esposta, dopo un consistente intervento di restauro, una pala d’altare dell’algherese Francesco Pinna raffigurante l’Assunzione della Vergine, datata fine cinquecento o inizio seicento. Il retablo della Madonna del latte si compone di diverse tavole dipinte, disposte attorno alla nicchia centrale, nella quale è custodita la statua lignea della Madonna col Bambino, scolpita dal campano Giovanni da Nola. La predella, ossia la fascia inferiore del retablo, è costituita da sette scomparti, con le raffigurazioni di altrettanti episodi della vita di Gesù e della Madonna, da sinistra si trovano l’Annunciazione, la Natività, l’Adorazione dei Magi, la Risurrezione, l’Ascensione, la Pentecoste e la Morte della Madonna. In due grandi tavole ai lati della predella, sono dipinti i Santi Pietro e Paolo. La parte superiore del retablo, con al centro la statua della Madonna, presenta cinque tavole, nelle due a sinistra sono raffigurati San Giovanni Battista e San Michele Arcangelo, in quella centrale, sopra la nicchia della Madonna, è raffigurata la Crocefissione di Gesù, mentre le due a destra presentano il Battesimo di Gesù e San Francesco d’Assisi nell’atto di ricevere le stimmate. Sei tavole più piccole, con raffigurati angeli musici, sono disposti ai lati della nicchia centrale. Infine, nei dipinti sulle cornici aggettanti che proteggono il dipinto dalla caduta della polvere, sono rappresentati San Nicola di Bari, Sant’Onofrio, Sant’Anna con Maria Bambina, Sant’Orsola con le vergini compagne, l’Arcangelo Raffaele con Tobiolo, Dio Padre tra i Santi vescovi Giorgio di Suelli e lucifero di Cagliari, l’Arcangelo Gabriele, i Santi Cosma e Damiano, Santa Caterina d’Alessandria, San Cristoforo e Sant’Antonio Abate. Il cocchio della Madonna d’ItriaPer la Festa della Madonna d’Itria, per secoli il simulacro della Madonna veniva trasportato a spalla da quattro membri della Confraternita, che si davano il cambio, dal paese fino al suo Santuario. Un incartamento del 1875 menziona la famiglia Murgia per aver commissionato ad Enrico Trincas di pistoia un elegante cocchio decorato, realizzato dall’artigiano Italo Corridori, per il trasporto del simulacro della Vergine dal paese al Santuario. Il cocchio è realizzato in legno intagliato, policromato e dorato, ed è considerata una delle più grandi e originalì opere tra quelle prodotte dalla Scuola pistoiese. In un primo periodo il cocchio era conservato all’interno della Chiesa parrocchiale, nella prima Cappella sulla destra, quella dedicata a San Priamo. Successivamente è stato trasportato nei locali annessi alla parrocchiale, nei quali si trova attualmente. La Chiesa romanica di San Pietro ApostoloArrivati dalla via d’Itria nella piazza Carlo de Corte, prendiamo verso destra, ossia proprio di fronte alla piazza, la via Vittorio Emanuele. La seguiamo un centinaio di metri, arriviamo a vedere partire a sinistra la via Azuni, proseguiamo dritti e, dopo una trentina di metri, troviamo, alla destra della strada, un ingresso in salita che porta nella piazza San Pietro, soprastante la via Vittorio Emanuele, alla destra della quale si affaccia la molto interessante Chiesa San Pietro Apostolo realizzata in stile romanico pisano in arenaria e vulcanite. L’edificio basa su un alto zoccolo, da cui partono larghe paraste d’angolo, e le lesene che partiscono i muri in specchi. Il carattere arabeggiante della decorazione suggerisce l’attività di maestranze provenienti forse dalla Spagna. alla iniziale fabbrica romanica, collocabile nella seconda metà del tredicesimo secolo, risale la navata sud, suddivisa in sei campate da archi trasversali a tutto sesto e coperture lignee. Poco tempo dopo è stata edificata edificata la navata nord, di ampiezza minore, dotata di un’abside meno profonda e di diametro inferiore. L’ampia e caratteristica facciata asimmetrica in conci di arenaria e vulcanite, è spartita in più specchi da paraste e lesene. Sotto il tetto asimmetrico a spioventi corrono archetti pensili poggianti su differenti e sagomati peducci. L’ampio campanile a vela di grandi dimensioni presenta due luci ed è a doppia campana. Il portale di ingresso principale è sovrastato da una finestra rettangolare, ed alla sua sinistra si apre il secondo portale che introduce alla navata secondaria. L’aula interna si presenta a due navate e altrettante absidi, contraddistinta da una pavimentazione originle in pietra e da una copertura in legno. La separazione tra le due navate è costituita da tre ampie arcate su pilastri a sezione rettangolare. La via Cadello con il percorso pedonale sulla copertura del rio CaniDalla piazza Carlo de Corte, presa la via Vittorio Emanuele, la seguiamo e, dopo un centinaio di metri, svoltiamo a sinistra lungo la via Azuni, percorsa per centoventi metri prendiamo a destra la Via Cadello nella quale è stata effettuata la copertura del rio Cani, canale che attraversa longitudinalmente l’abitato di Villamar dividendosi in due tronchi principali. La copertura, imposta da ragioni d’igiene, ha suggerito l’utilizzo della vasta area calpestabile per diverse funzioni disseminate lungo il percorso longitudinale del canale. Nella parte più centrale è stato previsto il mercatino settimanale al quale i commercianti hanno accesso attraverso una viabilità parallela che lo costeggia per tutta la sua lunghezza, l’area è parzialmente coperta con capriate ed arcarecci in legno, al fine di proteggere le attività commerciali in caso di pioggia. Il lungo asse attrezzato, che dispone di quattro vasti padiglioni coperti ed aperti, può ospitare mostre e spazi per esposizioni tematiche occasionali e permanenti. La piazza con il Monumento ai Caduti di Villamar nella grande guerraSeguiamo la via Cadello per duecentoquaranta metri, e poi svoltiamo a destra nella via Roma, che si dirige in direzione nord est. Dopo una cinquantina di metri si apre sulla destra la Piazza ex Municipio una piazza alberata con i due Monumenti ai caduti realizzati nel 1982 dallo scultore Ferdinando Medda di Serramanna. Si tratta di due monumenti a stele in pietra, il primo con un’iscrizione nella quale è riportato l’elenco dei caduti di Villamar nella guerra del 1915-1918, ed il secondo con una iscrizione a ricordo delle vittime civili di Villamar nel settembre 1943. I resti della necropoli punica di VillamarLungo la via Roma, prima della piazza ex Municipio, si trova l’indicazione che ci fa prendere a destra la via Nuoro, alla sinistra della quale si sono trovati i resti della Necropoli Punica che si sviluppa tra la via Roma e, più ad est, la via Vittorio Emanuele. Si tratta di un’area archeologica di grande valore storico e culturale, che le varie amministrazioni comunali succedutesi negli anni hanno cercato a più riprese, ma sinora invano, di rendere fruibile al pubblico. Le prime scoperte archeologiche risalgono al 1984, quando, in seguito alla sua scoperta, avvenuta durante alcuni lavori pubblici in via Vittorio Emanuele, viene avviato un intervento di scavo, che porta alla scoperta di tre tombe a camera con accesso a pozzetto, contenenti alcuni scheletri, ceramiche e monete puniche. In seguito ad ulteriori scoperte, avvenute casualmente in occasione della costruzione di una casa di Riposo, vengono alla luce ulteriori tombe puniche. Si decid, allora, di costruire altrove la casa di Riposo, e viene avviato un intervento di scavo da parte della Soprintendenza archeologica. Negli anni si sono succedute diverse campagne di scavo, che hanno permesso di scoprire numerose tombe a camera e tombe in fossa. Alcune tombe presentano pitture alle pareti, altre motivi geometrici. All’interno delle tombe sono stati ritrovati corredi funerari, che documentano l’origine punica dei defunti. Oggi si ritiene che la necropoli possa conservare non meno di ottanta scheletri. Elisa Pompianu, l’archeologa che sta dirigendo l’attuale campagna di scavo, spiega che La particolarità di questa necropoli sta nel fatto che si trova nell’entroterra dell’isola dove, al contrario delle zone costiere, non si hanno numerose tracce della civiltà cartaginese. Dai numerosi scheletri e dagli oggetti che abbiamo rinvenuto siamo riusciti ad avere maggiori informazioni sull’epoca punica, non solo relativamente alla loro cultura e tradizioni, ma anche, per esempio, sull’alimentazione e le malattie diffuse in quel tempo. Molto probabilmente c’è ancora tanto da scoprire, pertanto l’eventuale apertura della necropoli al pubblico non dipenderà dal termine delle ricerche che, al contrario, potrà avvenire parallelamente al proseguo delle campagne di scavo. Esiste un progetto definitivo per l’apertura dell’area archeologica e per il rinnovo della piazza ex Municipio adiacente. Allo stato attuale delle cose però il comune di Villamar non può accollarsene la spesa, ma vi è una soluzione alternativa che permetterebbe comunque di rendere fruibile l’area, con la realizzazione della copertura degli scavi, l’accessibilità per i visitatori, la sistemazione della piazza adiacente, l’apertura di un front office, e la dotazione di un sistema antincendio nei locali del Monte Granatico, che saranno adibiti a Museo per i resti e gli oggetti ritrovati nel corso degli scavi. La Chiesa di San GiuseppePassata la via Nuoro, proseguiamo verso nord est lungo la via Roma e, dopo Duecentosettanta metri, arriviamo a un incorcio, dove prendiamo a destra la via Giovanni Maria Amgioi. Seguita per centotrenta metri, subito prima dell’incrocio con la via Umberto I, si vede alla destra della strada la facciata della Chiesa di San Giuseppe risalente al diciassettesimo secolo, sede dell’omonima Confraternita. La facciata, caratterizzata da un liscio paramento, presenta un terminale a spioventi curvilinei, che culmina con un campanile a vela a due luci, con un arco a tutto sesto. Anteceduto da qualche gradino, si apre centralmente il portale che risulta in asse con lo stesso, e con la finestra di forma rettangolare posta nella parte alta del prospetto. L’interno presenta una navata unica spartita in sei campate da archi a tutto sesto, e con copertura lignea. L’illuminazione è data da aperture finestrate di forma quadrata, poste lungo i muri perimetrali dell’edificio. L’area del presbiterio risulta delimitata da una balaustra marmorea. Unici arredi della Chiesa due piccole acquasantiere pensili in pietra, ascrivibili a scalpellini sardi attivi nel diciassettesimo secolo, una decorata con baccellature e l’altra con motivo floreale entro esagono. Il settecentesco altare maggiore, in pietra calcarea, è suddiviso in tre specchi da quattro colonne tortili in finto marmo, su dadi decorati a Losanga. Sulla trabeazione centrale si riconosce lo stemma degli Aymerich, signori di Mara Arbarei. All’interno si trovano la statua della Sacra Famiglia, quella di San Giuseppe e la statua di Santa Rosalia. I resti della Stazione ferroviaria dismessa di VillamarSeguita la via Cadello per duecentoquaranta metri, svoltiamo invece a sinistra nella via Roma, dopo una trentina di metri svoltiamo a destra il via della Costituzione, la seguiamo per centottanta metri fino a che questa strada svocca sulla via Adua. Presa verso sinistra, dopo pochi metri si vede, alla destra della strada, la Ex stazione di Villamar realizzata dalle Ferrovie Complementari Sarde lungo la linea che collegava Isili con Villacidro, tra la stazione di Villanovafranca e quella di Furtei. Essa costituiva un importante snodo per le Ferrovie Secondarie Sarde dell’area, in quanto vi convergevano i treni provenienti da Isili, Villacidro e Ales. Attualmente del complesso rimangono il fabbricato passeggeri con lo scalo merci affiancato sul lato nord, oltre a parte del tracciato ferroviario. Si conservano inoltre la rimessa locomotive, edificata nell’area sud della stazione, ed il serbatoio dell’acqua posto frontalmente al fabbricato viaggiatori. Sia quest’ultimo che il deposito merci si presentano in cattivo stato di conservazione ed un cartello avverte che si tratta di edifici pericolanti, anche se al momento non sono presenti strutture idonee alla messa in sicurezza. Il Cimitero di VillamarDalla piazza Carlo de Corte, presa la via Vittorio Emanuele, la seguiamo e, dopo un centinaio di metri, svoltiamo a sinistra lungo la via Azuni, seguiamo questa strada per cinquecento metri, fino a che questa strada sbocca sulla via Roma, che prendiamo verso sinistra, ossia in direzione sud ovest. Percorsi centoventi metri, prendiamo a destra la via del Cimitero, che seguiamo per centotrenta metri, fino a che questa strada termina di fronte all’ingresso principale del Cimitero di Villamar. Gli impianti sportivi comunali di VillamarDalla piazza Carlo de Corte, presa la via Vittorio Emanuele, la seguiamo e, dopo un centinaio di metri, svoltiamo a sinistra lungo la via Azuni, seguiamo questa strada per centoventi metri ed incrociamo la via Cadello, che prendiamo verso sinistra. Seguiamo la via Cadello in direzione sud per circa quattrocento metri, e vediamo, alla sinistra della strada, gli impianti sportivi comunali di Villamar. Qui è presente il Campo da Calcio, con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare 440 spettatori. Intorno al Campo da Calcio si sviluppa la Pista da atletica, nella quale effettuare atletica leggera e corse su pista. alla sinistra dal Campo da Calcio, si trova un Campo da Calcetto ossia calcio a cinque, dotato di tribune per 40 spettatori, nel quale è possibile effettuare incontri di calcio, calcetto, pallavolo e tennis. All’interno del complesso sportivo è in costruzione, inoltre, una Palestra polivalente, con tribune per 350 spettatori, nella quale si potranno svolgere incontri di pallacanestro, Mini basket, e pallavolo. Visita dei dintorni di VillamarVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Villamar, sono stati portati alla luce i resti del Protonuraghe Faurras; dei Nuraghi semplici Atzeni, Ruilixi, Sa Domu S’Orcu; del Nuraghe complesso Santu Croxiu; ed anche del Nuraghe Moru Pintau, di tipologia indefinita. Il Santuario di Nostra Signora d’ItriaDal centro di Villamar prendamo verso nord ovest la via Romagna, che esce dall’abitato come SP46 in direzione di lunamatrona e Ussaramanna. Dall’uscita da paese, la seguiamo per un chilometro e settecento metri, e prendiamo la deviazione verso destra, seguiamo questa strada asfaltata per circa cinquecento metri, e vediamo, alla sinistra della strada, il muro di cinta ed il cancello di ingresso del Parco di Nostra Signora d’Itria. All’interno di questo parco, si trova il Santuario di Nostra Signora d’Itria edificata tra il sedicesimo ed il diciassettesimo secolo. Sulla sua origine, una leggenda narra di un simulacro della Madonna, trovato dentro una cassa galleggiante nelle acque del golfo di Cagliari, affidato alle autorità ecclesiastiche che la assegnano alle suore del convento di Pauli Arbarei. Ma, durante il tragitto da Cagliari a Pauli Arbarei, il giogo che portava il simulacro, dopo una sosta nella parrocchia di San Giovanni Battista a Villamar, si sarebbe fermato diverse volte, una prima volta in prossimità della Chiesa di San Pietro dentro l’abitato di Villamar, una seconda volta ai piedi una collina che ora porta il suo nome, ossia Su Cuccuru de Nostra Sannora de Itri, dove ancora è possibile vedere una croce che ne testimonia la sosta. Infine, il giogo si sarebbe fermato definitivamente prima del confine tra l’agro di Villamar e quello di Pauli Arbarei, nonostante Is Toccadoris tentassero di smuoverlo a colpi di pungolo e frusta. Il simulacro rimane dunque ai Villamaresi, che costruiscono la piccola Chiesa nel punto in cui buoi si erano fermati la terza volta, prima di riprendere il viaggio di ritorno verso Villamar. La Chiesa, realizzata nelle forme del tardo gotico di impronta spagnola, presenta un impianto di tipo basilicale a tre navate, con la sacrestia sul retro del presbiterio, e si sviluppa con una navata centrale scandita da cinque archi gotici a sesto acuto che sorreggono le coperture in travi lignee, e due navate minori laterali di differente altezza. La facciata, realizzata in epoca posteriore, si presenta divisa in due ordini, ornata da paraste e conclusa da un fastigio mistilineo, con un campanile a vela ad unica luce nella parte centrale. Nella parte terminale della facciata sono collocati quattro vasi. L’ordine inferiore si compone di due porte laterali, e al centro il portale ad arco a tutto sesto, sopra il quale è scolpita su pietra l’insegna di Maria. Il portale, che in origine era di dimensione regolari, è stato ampliato nel 1875 per via del cocchio che da allora viene portato dentro la Chiesa insieme al simulacro nei giorni della festa. La Chiesa è stata recentemente interessata da opere di manutenzione straordinaria e tinteggiatura esterna. All’interno dell’area recintata, oltre alla Chiesa, sono presenti tre immobili destinati all’uso di bagni, cucine, loggiato, e di locali di sgombero che costituiscono le pertinenze del complesso. La Chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli al simulacro della Madonna conservato al suo interno. La Festa della Madonna d’Itria fino al 1954 coincideva con la Pentecoste, ed era caratterizzata dalle sole funzioni religiose. Per permettere anche agli emigrati di potervi partecipare, con un referendum popolare viene deciso l’attuale periodo dei festeggiamenti, che, preceduti dalla novena, sono previsti a partire dalla terza domenica di agosto, sino al martedì successivo. Il simulacro della Vergine con Bambino in legno intagliato policromo, opera di uno scultore sardo attribuita alla prima metà del diciassettesimo secolo, è conservato nella prima Cappella di destra della Chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, e viene trasferito al Santuario con una processione in occasione della Festa a lei dedicata. Tra le manifestazioni civili, viene organizzato anche un interessante raduno di artisti locali. La frazione Sa StalladaEvitando la deviazione che ci ha portati alla Chiesa campestre di Nostra Signora d’Itria, riprendiamo la SP46 in direzione di lunamatrona e Ussaramanna, e, dopo cinquecento metri, arriviamo alla piccola frazione Sa Stallada (altezza metri 111, distanza in linea d’aria circa 2.5 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 8). La Chiesa campestre di Nostra Signora di MonserratUsciamo dall’abitato di Villamar verso nord con la SS197 di San Gavino e del Flumini, la seguiamo per un chilometro e trecento metri, poi, cinquanta metri dopo il cartello indicatore del chilometro 36, prendiamo verso destra una strada bianca, la seguiamo per un chilometro, e vediamo alla sinistra il cancello di ingresso del Parco di Santa Maria di Monserrat, un parco attrezzato con tavoli e servizi, adatto anche al pic-nic. All’interno del parco, si trova la Chiesa campestre di Nostra Signora di Monserrat che è stata nominata come Sancta Maria de Sinnas de Mara nell’atto del 28 ottobre del 1206, che definiva i confini tra il Giudicato di Càralis e quello di Arborea. Viene attualmente conosciuta come Santa Maria ’e Croxiu, ad indicare la zona nella quale si trova, sito anche dell’omonimo Nuraghe, i cui blocchi sono stati utilizzati per realizzare la recinzione che la circonda. Nella relazione di monsignor Pilo del 21 febbraio 1763, viene denominata Vergine delle Grazie, mentre lo storico Vittorio Angius la definisce Santa Maria de Is Aquas, a testimonianza dell’esistenza nelle sue vicinanze di un probabile antico edificio termale di epoca romana, mentre secondo la tradizione contadina, il riferimento alle acque era dovuto ai frequenti allagamenti delle campagne circostanti, in caso di notevoli piogge, che causavano lo straripamento del fiume Mannu che si trova poco più a nord. L’attuale edificio è stato eretto in epoca postmedievale da maestranze locali, ed è caratterizzato dalla presenza del classico loggiato, forse seicentesco, tipico delle Chiese campestri del territorio, che offriva protezione ai devoti ed a coloro che sostavano durante le pause delle attività agricole. Caduta in rovina negli anni sessanta del secolo scorso ed utilizzata come ricovero di bestiame, viene recuperata grazie alla volontà della popolazione e riconsacrata l’8 settembre 1983. La pala d’altare del Diciassettesimo secolo, opera del pittore Francesco Pinna, che anticamente impreziosiva l’edificio, è conservata oggi nella Chiesa parrocchiale di Villamar, recuperata grazie ad un mirabile lavoro di restauro, che l’ha salvata dal lungo degrado. La Festa di Santa Maria si celebra l’8 settembre, in occasione della natività di Maria, con la messa solenne a metà mattinata. La sera precedente, il simulacro è stato accompagnato in processione dalla Chiesa parrocchiale a questa Chiesa campestre per i successivi festeggiamenti. Un tempo, i festeggiamenti coincidevano con la scadenza del contratto di lavoro tra i proprietari terrieri ed i braccianti agricoli, i quali godevano di due giorni di riposo liberi da impegni, e questi giorni di riposo erano il 9 e 10 settembre, ed erano ricordati come Sa Festa de Is Serbidoris. I pochi resti del Nuraghe complesso Santu Croxiu o Sant’IroxiDalla SS197 di San Gavino e del Flumini abbiamo preso la strada che ci ha portati alla Chiesa campestre di Nostra Signora di Monserrat. Questa strada prosegue e, dopo centottanta metri, sbocca su una trasversale, che prendiamo verso destra. Seguita questa traversale, percorsa per duecentosettanta metri, si prende una sterrata sulla destra, che ci porta ai pochi resti rimanenti del Nuraghe Santu Croxiu che viene chiamato anche con il nome di Nuraghe di Sant’Iroxi. Si trattava di un Nuraghe quadrilobato, che è stato, però, quasi completamente distrutto nel tempo, e di esso non rimangono che pochi muri perimetrali. Rimane significativo solo perché poco più a nord si trova la Chiesa di Santa Maria ’e Croxiu. I resti del Nuraghe Moru Pintau di tipologia indefinitaNon molto lontano si trova il Nuraghe Moru Pintau chiamato anche Nuraghe Mauru Pintau o Nuraghe Mori Pintau. Per raggiungerlo si prende la SS197 di San Gavino e del Flumini, dopo un chilometro e trecento metri si trova la deviazione per la Chiesa campestre di Nostra Signora di Monserrat, la si supera e si prosegue per altri ottocentocinquanta metri. Subito dopo il chilometro 36.9 si trova, alla sinistra della strada, la deviazione in una strada bianca che si muove perpendicolare rispetto alla strada statale. Seguita per trecentocinquanta metri, si vedono alla destra i resti del Nuraghe. Si trova a 141 metri di altezza, ed è di una tipologia indefinita, tanto che viene indicato sulla mappa di Badas come Tomba di giganti di Moru Pintau, e si trova anch’esso in uno stato di grave degrado. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita della Marmilla e da Villamar ci recheremo a Pauli Arbarei che visiteremo con la Chiesa di Sant’Agostino ed i dintorni nei quali si trova il Nuraghe Bruncu Mannu. |