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I dintorni fuori dal centro storico di Cagliari fino al Capo Sant’Elia con la Sella del Diavolo e alla costiera del PoettoIn questa tappa del nostro viaggio, Completeremo la visita della città di Cagliari della quale nella pagina precedente abbiamo visto il centro storico. Vedremo i resti del periodo punico e romano nella zona sud occidentale della città, le Chiese della zona orientale e il famoso Santuario della Madonna di Bonaria. i recheremo poi a visitare Capo Sant’Elia con la Sella del Diavolo e la spiaggia del Poetto, il Castello di San Michele e la municipalità di Pirri. Le diverse aree archeologiche nel centro e nei dintorni di CagliariNel centro e nei dintorni di Cagliari sono stati portati alla luce i primi reperti della cosiddetta Cultura di Monte Claro; i resti della necropoli punica di Tuvixeddu; l’Anfiteatro romano e la villa di Tigellio. Lasciato il centro storico andiamo a visitare la zona settentrionale dell’abitatoLasciato il centro storico dopo averne visitati i quattro quartieri, ci recheremo a visitare la zona nord occidentale della città, dove è presente la maggior parte dei suoi resti archeologici e storici. Vedremo, poi, le diverse Chiese parrocchiali presenti in questa parte dell’abitato. Per concludere con la visita all’Ospedale della Santissima Trinità, ed al Cimitero e al Castello di San Michele. La piazza del Carmine dalla quale parte il trenino turistico che porta a visitare il borgo medioevaleDall’estremo settentrionale della piazza Giacomo Matteotti, all’altezza della facciata della Stazione ferroviaria, prendiamo a destra la via Sassari, che, in una sessantina di metri, ci porta all’estremo meridionale della bella Piazza del Carmine un’importante piazza della città di Cagliari, edificata nella seconda metà dell’ottocento, benché l’idea di costruire una piazza in questo luogo scelto a decenni prima, in quanto i primi progetti furono affidati a Giuseppe Sbressa e Gaetano Cima nel 1839 e nel 1841. La piazza occupa una superficie di circa un ettaro, è delimitata da un contorno alberato, nel mezzo del quale si trova la statua in marmo dell’Immacolata Concezione realizzata nel 1882 dallo scultore Luigi Guglielmi, per volontà di Carlo Pilo Boyl, conte di villaflor, che aveva anche progettato la porta Cristina, statua che poggia su un solido basamento ideato dall’ingegnere Giovanni Onnis. La piazza è circondata da palazzi tra cui quello delle Poste e Telegrafi, risalente agli anni trenta del novecento. Nella piazza faceva bella mostra di se un’imponente opera d’arte, realizzata coi gessetti colorati e tempere da Vera Bugatti, bresciana tra le più affermate artiste di strada con la tecnica madonnara, che ha lavorato chinata a terra per tre giorni, dal 4 al 6 settembre 2015, per dar vita al suo disegno, di quattro metri per quattro, molto apprezzato da centinaia di spettatori e curiosi, che svanirà con la pioggia. È stata fotografata da centinaia di persone. Dalla piazza del Carmine parte il Trenino Cagliaritano, che è il trenino turistico che porta ad effettuare la visita al quartiere denominato Castello, dove si trovano i principali edifici storici di Cagliari. Dalla piazza Indipendenza, dove arriva il trenino, è, quindi, possibile partire per una visita guidata attraverso le antiche vie del borgo medievale del quartiere Castello. È questo trenino il modo più bello per visitare la Cagliari medioevale, anche se noi, nel nostro viaggio, lo visiteremo muovendoci a piedi per le strade del centro storico. La basilica della Madonna del Carmine che è diventata una delle parrocchiali del quartiere StampaceDall’estremo settentrionale della piazza Giacomo Matteotti, all’altezza della facciata della Stazione ferroviaria, prendiamo a destra la via Sassari, che, in una sessantina di metri, ci porta all’estremo meridionale della piazza del Carmine, cha abbiamo descritto nella pagina nella quale siamo arrivati a Cagliari. Dall’estremo settentrionale della piazza del Carmine, prendiamo verso nord ovest il viale Trieste, dove troviamo quasi subito, alla destra della strada, la basilica della Madonna del Carmine, una chiesa parrocchiale dell’attuale quartiere Stampace, che si estende al di là del centro storico. La presenza dell’Ordine dei Carmelitani nell’isola viene fatta risalire al 1562, quando edificano sul colle di Sant’Elia il loro primo convento. Le frequenti incursioni barbaresche inducono, in seguito, i religiosi a trasferirsi più vicino alla città, nell’odierno viale Trieste, dove erigono, nel luogo dove sorgena una antica cappella, il convento e la Santuario della Madonna del Carmine, in stile gotico catalano arricchito da artistici altari di gran pregio. Al suo interno si venera la cosidetta Madonnina Miracolosa, una statua che secondo la tradizione sarebbe stata scolpita con una cedro del libano e risalirebbe addirittura all’undicesimo secolo. La Madonna è rappresentata in quest’opera a figura intera con in braccio il Bambino Gesù. Il culto della Madonna è di origine orientale e va relazionato con il Monte Carmelo, posto tra la Siria e la Giudea, luogo dove si recavano i fedeli in devozione ai Santi Elia e Eliseo. Questi Santi hanno eretto sul Monte Carmelo un tempio, e per questo sono stati chiamati fratelli di Maria del Carmelo. Il convento viene, in parte, venduto ai privati nel 1886. Le bombe del 13 maggio 1943 distruggono quasi completamente la vecchia chiesa, e risale agli anni cinquanta del novecento la sua ricostruzione in uno stile che arieggia al romanico pisano. All’esterno della chiesa si può ammirare la statua della Vergine, posta al di sopra del bellissimo portale, caratterizzato da una strombatura rettangolare e capeggiante un rosone, anch’esso strombato. alla chiesa è annesso un campanile a canna quadra, alto quarantacinque metri, con piramide che ospita la statua in bronzo della Madonna, realizzata dallo scultore piemontese Franco d’Aspro, che nel 1952 apre a Villamassargia una fucina per la fusione del bronzo, e diviene, in seguito, celebre per la produzione di bronzetti nuragici. Dell’antica chiesa rimangono alcuni frammenti in pietra della Cappella Ripoll, che si apriva a destra dell’ingresso, e che era uno dei pochissimi simboli di architettura tardo rinascimentale presenti a Cagliari. Il paramento interno ed esterno della chiesa, a tre fasce bicrome, richiama le architetture medioevali. L’interno della chiesa rinnovata ha tre navate separate da altre arcate su pilastri, con travature in legno nella copertura di quella centrale. Alcune pareti dell’edificio sono ornate dai mosaici realizzati nel 1966 da Aligi Sassu, cinquecento metri quadri di tessere scintillanti che ripercorrono la vicenda dei Carmelitani e celebrano la fede come redenzione dai soprusi e dalla viltà dei potenti. Nella parete dell’abside semicircolare sono raffigurati il profeta Elia tra due angeli, l’Inferno e il Purgatorio. Nel catino dell’abside è rappresentata la Madonna nell’atto di donare a San Simone Stock lo scapolare, chiamato comunemente Abitino, che avrebbe protetto in eterno chiunque lo avesse indossato. alla base della medesima parete, sono rappresentati i pontefici che hanno sostenuto l’ordine carmelitano. Al di sopra dell’arco absidale, è il mosaico della Gloria di Cristo, con Angeli e Santi carmelitani, mentre altri mosaici, raffiguranti l’Addolorata, papa Pio XII e papa Paolo VI, sono collocati nelle navate laterali. L’altare maggiore è in marmo, il campanile è sovrastato da una statua in bronzo della Madonna. La chiesa custodisce la interessante Pala di Sant’Alberto attribuita a Francesco Pinna, e la Pala di Sant’Anna di Girolamo Imperato, entrambe della fine del sedicesimo secolo. Nella Cappella centrale, a lei dedicata, viene conservata una piccola statuetta in legno della Madonna del Carmelo, del tredicesimo secolo, la cui tradizione vuole che sia stata scolpita su un tronco di cedro del libano dalle mani dei primi eremiti del monte Carmelo. Secondo la leggenda tale statua sarebbe stata portata dal monte Carmelo a Roma e donata ad un membro della famiglia del marchese Ripoli di Neoneli, che, nel viaggio verso Cagliari, si sarebbe salvato da una tremenda tempesta, e come ringraziamento avrebbe fatto costruire una Cappella in onore della Madonna. Collocata a suo tempo nella piccola piccola chiesa in stile gotico aragonese distrutta assieme al convento nel 1943, la statuina della Madonnina viene venerata per secoli dai fedeli come La Miracolosa.
La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione alla statua della Madonna del Carmelo presente al suo interno, nei confronti della quale i cagliaritani nutrono un’antica venerazione, e che viene festeggiata ogni anno il 16 luglio nella Festa della Madonna del Carmelo, con i riti religiosi che sono preceduti dalla sua vestizione solenne. La piccola chiesa di San Pietro dei PescatoriProseguendo lungo il viale Trieste per cinquecento metri, troviamo alla sinistra della strada le indicazioni per prendere un vicolo che ci porta alla piccola chiesa di San Pietro dei Pescatori che, dato che si trova sulla riva della laguna di Santa Gilla, ha mantenuto questa intitolazione. Il suo primo impianto è attribuito a maestranze lombardo catalane attive prima della fine dell’undicesimo secolo, dato che viene citata come Sanctus Petrus de Piscatore nel documento del 1089 con il quale il giudice di Cagliari dona ai monaci Benedettini di San Vittore di Marsiglia, detti anche Vittorini, una serie di edifici religiosi. La trasformazione gotica della facciata è opera di maestranze toscane, probabilmente alla fine del tredicesimo secolo. La chiesa si presenta a navata unica con copertura in legno. La piccola chiesa dipende dalla chiesa parrocchiale della Santissima Annunziata. Il 29 giugno, giorno della Festa di San Pietro, l’antica Corporazione dei Pescatori fa della piccola chiesa il centro delle celebrazioni civili e religiose per i festeggiamenti in onore del Santo. Il ristorante Chiaroscuro al quale il Gambero Rosso ha assegnato le Due ForchetteLungo il viale Trieste, una cinquantina di metri prima di arrivare alla piccola chiesa, prendiamo a destra via Pola, che, dopo poco più di duecentocinquanta metri, sbocca sul corso Vittorio Emanuele II. Lo prendiamo verso destra, ossia verso sud est, e, dopo una novantina di metri, vediamo alla destra della strada, al civico numero 380, vediamo il ristorante Chiaroscuro, al quale il Gambero Rosso ha assegnato le Due Forchette. Il Santuario della Santissima Annunziata che è diventata una delle parrochiali del quartiere StampaceLungo il viale Trieste, una cinquantina di metri prima di arrivare alla piccola chiesa, prendiamo a destra via Pola, che, dopo poco più di duecentocinquanta metri, sbocca sul corso Vittorio Emanuele II. Lo prendiamo verso sinistra, ossia verso nord ovest, e, alla destra della strada, al civico numero 299, troviamo il Santuario della Santissima Annunziata. Il suo impianto originale risale al sedicesimo secolo, ed in origine la chiesa era in dedicazione a San Francesco di Paola a causa dei Frati Minimi che abitavano nell’ospizio adiacente. Un nubifragio costrinse i Minimi ad abbandonare il luogo nel 1634, quando una bufera la danneggia in modo irreparabile, successivamente gli Scolopi ottengono in uso le rovine, ristrutturano la chiesa ampliandola e, intorno al 1645, la intitolano alla Santissima Annunziata, e gli affiancano il convento. Nel 1866 la soppressione degli Ordini religiosi portano alla chiusura del convento e il complesso viene adibito a caserma dei Carabinieri. Nel 1871 si ottiene di nuovo l’uso della chiesa, ma, all’inizio del ventesimo secolo, per consentire l’allargamento del corso Vittorio Emanuele II, alcune demolizioni rendono necessario ricostruire la facciata, terminata nel 1913 nelle forme neorinascimentali che mantiene tuttora. Nel 1920 la chiesa viene affidata ai Frati Minori Conventuali e, dal 1933, diviene una delle Chiese parrocchiali dell’attuale quartiere Stampace. All’interno, la navata unica ha volta a botte, su di essa si aprono tre cappelle per lato comunicanti tra loro e si conclude con un abside semicircolare. L’altare maggiore in marmi policromi ospita il dipinto del 1829 raffigurante l’Annunciazione, opera di Giovanni Marghinotti. Dalla parrocchia della Santissima Annunziata, che ha sede nella chiesa parrocchiale della Santissima Annunziata, dipede la chiesa di San Pietro dei Pescatori in viale Trieste nel quartiere Stampace. La chiesa parrocchiale della Santissima Annunziata viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli al quadro presente al suo interno con l’immagine della Vergine Annunziata. L’opera venne rinvenuta nel 1654 nelle rovine di casa degli Ordà, famiglia nobile di Cagliari, dal religioso scolopio padre Pietro Damiani della Croce. La tradizione vuole che dinnanzi al quadro avvenissero svariati miracoli. Il Teatro MassimoProseguendo lungo il corso Vittorio Emanuele II, che diventa viale Trento, dopo un centinaio di metri troviamo, alla destra della strada, il Teatro Massimo il cui ingresso per gli spettatori si trova sulla destra, nella via Edmondo De Magistris, al civico numero 12. Il Teatro nasce nel 1947 su iniziativa della famiglia cagliaritana dei Merello, proprietari dell’omonimo mulino, tre anni dopo che il Teatro Civico di Castello era stato raso al suolo dai bombardamenti alleati. negli anni settanta viene chiuso per qualche anno e riaperto nel 1981, in seguito, nel gennaio del 1982, dopo un incendio, il Teatro viene di nuovo chiuso, finche, nel 2009, il Teatro Massimo viene restituito alla città. Il Teatro oggi ospita due sale, una da 594 posti a sedere nella platea a gradini,134 in galleria e 24 nelle otto logge laterali, un’altra, più raccolta, da 198 posti. Durante i lavori di restauro sono state rinvenute nove cisterne di epoca romana, rivestite di coccio pesto e un pozzo di sfiato a imboccatura quadrata, utilizzato per la manutenzione dell’Acquedotto romano. La Mediateca del MediterraneoPercorso un altro centinaio di metri sul viale Trento, prendiamo a sinistra la via Nazario Sauro, dopo centocinquanta metri ancora a sinistra la via Goffredo Mameli, che ci porta, al Civico nomero 164, alla Mediateca del Mediterraneo un edificio con funzione polivalente che occupa gli spazi usati precedentemente come Mercato Comunale, e che si configura come una interessante opera di architettura contemporanea. Inaugurato nel 2011, lo spazio è destinato ad ospitare mostre temporanee e permanenti, biblioteche, auditorium, uno spazio gestito dalla Cineteca Sarda, nonche un bar ristorante. La locanda dei Buoni e CattiviPassata la deviazione per la via Nazario Sauro, proseguiamo lungo la via Trento per quasi centocinquanta metri e prendiamo verso destra la via Vittorio Veneto, dove al civico numero 96 si trova la locanda dei Buoni e Cattivi. Il complesso di piazza Santa Gilla e la fermata ferroviaria di Cagliari Santa GillaDa dove avevamo imboccato il viale Trieste, lo seguiamo per seicentocinquanta metri, fino alla sua fine, ed arriviamo in piazza Trieste, a un bivio, dove dritto diventa il viale Sant’Avendrace, mentre sulla sinistra parte la via Santa Gilla. Seguiamo quest'ultima per trecento metri, ed arriviamo a una rotonda, prendiamo la seconda uscita che ci porta sulla via dei Giornalisti, che seguiamo per circa treento metri. alla sinistra della strada si trova il grande Complesso di piazza Santa Gilla nel quale hanno sede le aziende del gruppo dell’editoriale L’Unione Sarda, Radiolina e Videolina, con alcuni studi televisivi, il Planetario de L’Unione Sarda, alcuni ristoranti, appartamenti, uffici ed altri negozi, ed anche parcheggi sotterranei. alla destra, invece, si trova l’ingresso della Stazione ferroviaria di Cagliari Santa Gilla una fermata ferroviaria definita di categoria Silver posta sulla linea ferroviaria a scartamento ordinario denominata Dorsale Sarda a servizio del complesso di piazza Santa Gilla della città di Cagliari. La fermata si trova compresa nel tratto a doppio binario, a circa un chilometro e mezzo dalla stazione di Cagliari, ed i treni proseguono in direzione di Elmas Aeroporto. Lo scalo nasce nella seconda metà degli anni 2000, e la fermata di Cagliari Santa Gilla viene servita, a partire dal giugno 2009, dal servizio ferroviario metropolitano di Cagliari. Lo scalo è dotato di due binari passanti, ognuno dotato di una propria banchina, ed il passaggio da un capo all’altro della fermata è possibile grazie a un sottopassaggio pedonale e da una rampa per l’utenza disabile. I resti della necropoli di TuvixedduTornati in viale Trento, dove abbiamo visitato il Teatro Massimo, proseguiamo verso nord per duecentocinquanta metri poi a destra in via Gorizia, dopo centocinquanta metri a sinistra, in via Vittorio Veneto, che diventa via Falzarego, la seguiamo fino in fondo e ci porta sul colle di Tuvixeddu, sul quale sorge la Necropoli punica di Tuvixeddu. Si tratta della più grande necropoli punica che oggi si conosca, con oltre 1.000 tombe scavate nella roccia, che comincia ad essere utilizzata nel sesto e terzo secolo avanti Cristo, e continua ad essere usata anche in periodo romano, quando in essa vengono scavate anche tombe riservate a personaggi illustri. Le tombe sono a camera, il tipo più comune ha l’ingresso a pozzo verticale, al termine del quale si apre il portello quadrangolare, che da accesso alla camera funeraria. Altre presentano l’ingresso della camera, a volte preceduta da un vestibolo, direttamente sulla parete rocciosa. I primi scavi risalgono all’inizio del novecento, eseguiti sotto la direzione del Taramelli, e portano alla scoperta della prime 180 sepolture. Gli scavi più recenti hanno portato alla luce molte altre sepolture, alcune delle quali con la presenza di affreschi alle pareti, tra le quali la tomba dell’Ureo, che prende il nome dal fregio di serpenti che vi è dipinto, e la tomba del Sid, in cui è raffigurato il giovane dio cartaginese. In altre tombe è presente scolpito nella roccia il simbolo della dea TanitH. Il parco di Tuvixeddu è aperto al pubblico. Sul colle di Tuvixeddu si trovano i resti del villino MulasNella sommità del colle di Tuvixeddu, subito ad ovest del parco archeologico, si trova il Villino Mulas-Mameli che era già detto Villino Massa. L’edificio, che, secondo le testimonianza di esperti del settore, potrebbe coincidere con l’antico convento che proprio in questa zona era presente, tanto che quest'area viene chiamata Su Conventeddu, è stato edificato attorno al 1900 sui resti di un’antica fattoria, ed apparteneva ai proprietari della cava che ha insistito sul colle fino al 1977, e che ha distrutto parte del patrimonio di tombe a pozzo datate tra il sesto e il terzo secolo avanti Cristo Il villino si sviluppa su due livelli e presenta un prospetto in forme liberty, con una torretta quadrata sulla sinistra. Il villino è circondato da giardino disposto su terrazze a vari livelli, dove si trovano cipressi, pini, palme e altre specie arboree. La tomba romana nota come grotta della ViperaRitornati indietro lungo la via Gorizia, proseguiamo per quattrocento metri verso nord sul viale Trento, che incrocia il viale Trieste in piazza Trento, e diviene viale Sant’Avendrace. Su questa strada, dopo duecentocinquanta metri, di fronte allo sbocco a sinistra della via Temo, troviamo, sulla destra, l’ingresso di una tomba romana nota con il nome di Grotta della Vipera. Il sepolcro, costruito su una grotta preesistente, è stato dedicato, tra la fine del I ed il secondo secolo d. C., dal romano lucio Cassio Filippo alla moglie Atilia Pomptilla, dopo che, ammalatosi gravemente, la donna avrebbe pregato gli dei per riuscire ad ottenere la salvezza del marito, morendo al suo posto. Il nome deriva dai fregi dell’architrave, due serpenti, simbolo della vita eterna e della fedeltà coniugale. Il sepolcro è importante per le iscrizioni con le quali sono arricchite le sue pareti, ossia dodici poesie, alcune in greco ed altre in latino, che con riferimenti mitologici e letterari esaltano la figura di Pomptilla e il suo amore coniugale. La chiesa parrocchiale di Sant’AvendraceDopo la grotta della Vipera, proseguendo sul viale Sant’Avendrace, percorsi meno di trecento metri, passata sulla sinistra la via Isonzo, troviamo la chiesa di Sant’Avendrace che è la chiesa parrocchiale del quartiere Sant’Avendrace. La chiesa è dedicata al quinto Vescovo di Cagliari del primo secolo dopo Cristo, che sorge sul probabile luogo del martirio del Santo, ed è preceduta da un cortile cintato. L’ingresso al cortile è stato spostato in via Isonzo, al civico numero 3. La chiesa ha subit, nel tempo, numerosi interventi di modifica che rendono difficile poterla datare. La facciata è semplice, con sul portale una finestra rettangolare e sulla sommità un campanile a vela. L’interno dell’edificio, ad una navata, è ricoperto da una volta sostenuta da archi diaframma a sesto acuto, mentre le cappelle laterali sono concluse da volte a botte. Da questa parrocchia dipende la chiesa di San Simone, che si trova in località Sa Illetta. Vicino all’entrata si trova una botola che nasconde una scaletta in pietra, che conduce alla Cripta di Sant’Avendrace. Secondo la tradizione il Vescovo si sarebbe nascosto in questa grotta per sfuggire alla persecuzione e nell’87 dopo Cristo ed, alla sua morte, sarebbe stato sepolto proprio in questa grotta. La chiesa parrocchiale della Sacra Famiglia che è la casa madre delle Ancelle della Sacra FamigliaProcedendo in direzione nord da viale Sant’Avendrace per quattrocento metri, prendiamo a destra la via monte Sabotino, dopo duecentocinquanta metri a destra in via monte Grappa, e, dopo centotrenta metri, di nuovo a destra, la via montello. Qui, al civico numero 25, alla sinistra della strada, si trova la chiesa della Sacra Famiglia eretta a chiesa parrocchiale nel 1986, che è la Cappella dell’Istituto delle Ancelle della Sacra Famiglia. L’edificio in stile moderno, a cui si accede tramite una doppia scalinata, presenta una facciata rettangolare scandita da colonnine in muratura, con, nella parte superiore, vetrate di diversa dimensione, raffiguranti immagini sacre. La chiesa parrocchiale della Madonna della StradaDa via Sant’Avendrace prendiamo la sua continuazione, che è la via Monastir, la seguiamo per quasi un chilometro ed arriviano a una rotonda, alla quale parte a destra la via Puglia, ma noi continuiamo dritti sulla via Monastir. Dopo 1.3 chilometri, prendiamo a destra la via Gherardo delle Notti, dopo quattrocento metri prendiamo a sinistra la via Mario de Martis, lungo la quale, alla sinistra della strada, si trova la chiesa della Madonna della Strada. La chiesa, che si trova ai confini con la frazione Su Planu del comune di Selargius, è stata fondata nel 1973 e consacrata nel 1988 come chiesa parrocchiale del quartiere periferico quartiere Mulinu Becciu, creato dall’Istituto Autonomo Case Popolari, legato al progetto iniziale della SS131 di Carlo Felice che, secondo le intenzioni, sarebbe dovuta passare a ridosso del quartiere. In cima alla chiesa parrocchiale si sarebbe dovuto collocare una statua della Madonna con le braccia aperte, in segno di accoglienza per tutti coloro che transitavano su quella strada, importante nodo di traffico in entrata e uscita da Cagliari. Il Cimitero di San MicheleDalla via Sant’Avendrace, dopo aver continuato sulla via Monastir, percorso quasi un chilometro eravamo arrivati a una rotonda. Qui prendiamo a destra la via Puglia in direzione est, e la seguiamo per trecentocinquanta metri, fino a che termina su un’altra rotonda, che percorriamo e prendiamo la terza uscita, che ci porta in piazza dei Castellani. Qui, alla destra, si trova il Cimitero di San Michele progettato nel 1933 ed inaugurato nel 1940, che si sviluppa su una vasta area quadrangolare. Sulla piazza si affaccia il famedio, una struttura coperta da cupola semisferica bizantineggiante, raccordato ai due avancorpi laterali, che ospitano gli uffici e camere mortuarie, tramite porticati retti da pilastri di travertino. Tra i primi defunti ad esservi tumulati vi furono i diversi caduti, sia civili che militari, della Seconda Guerra Mondiale. Il Santuario della Medaglia Miracolosa che è la chiesa parrocchiale del quartiere San MicheleArrivati alla rotonda al termine di via Puglia, prendiamo la prima uscita, che è la via Abruzzi verso sud, e, dopo seicento metri, ci porta nell’ampia piazza San Michele. Il Santuario della Medaglia Miracolosa, creata su iniziativa dei missionari di San Vincenzo de Paoli che si erano stabiliti nel quartiere già all’inizio degli anni cinquanta svolgendovi un lavoro pastorale molto apprezzato specialmente dal punto di vista del servizio della carità, e che è stata eretta nel 1953 a chiesa parrocchiale del quartiere San Michele, si trova alla destra della strada, al civico numero 1 della piazza San Michele. La chiesa è preceduta da una ampia scalinata, l’edificio consiste in una grande struttura imponente e moderna, dalle originali forme geometriche. La chiesa presenta una struttura imponente, si presenta in cemento armato rivestito esternamente da blocchi squadrati di pietra, ed a vista rimangono solo i pilastri angolari. La facciata è preceduta da un atrio porticato ed è caratterizzata dal prevalere della linea geometrica triangolare. Il portico si apre sul davanti con una copertura a motivo triangolare simile a quello del portone in legno. La chiesa è sovrastata da una maestosa cupola esagonale, all’apice della quale è collocata una grande statua dorata della Madonna. All’interno si può ammirare un’artistica Via Crucis in bronzo. Il culto della Madonna della Medaglia Miracolosa trova le sue origini in Francia, quando venne rivelata dalla Madonna a Santa Caterina labourché, religiosa appartenente al convento di Parigi delle Figlie della Carità, e la Medaglia ha forma ovale, con in una delle facce raffigurata la Vergine che distribuisce le Grazie e con il piede schiaccia la testa dell’infernale serpente. La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla statua della Madonna in essa presente. L’Ospedale della Santissima TrinitàProcedendo in direzione sud est dalla via Abruzzi verso la via San Michele, prendiamo a sinistra la via San Michele, che, dopo un centinaio di metri, continua sulla via Is Mirrionis. La seguiamo per seicentocinquanta metri, e vediamo alla destra della strada, al civico numero 92, l’ingresso dell’Ospedale della Santissima Trinità. Costruito inizialmente per essere adibito a caserma e solo in seguito riconvertito in struttura ospedaliera, si colloca in una zona della città molto popolosa, non lontano dal centro città e dalle principali arterie extraurbane. Accoglie 343 posti letto in regime ordinario, più 37 in day hospital. La chiesa parrocchiale dei Santissimi Apostoli Pietro e PaoloDuecento metri più avanti, al civico numero 86 della via Is Mirrionis, alla destra della strada si trova la chiesa dei Santissimi Apostoli Pietro e Paolo che è una chiesa parrocchiale del quartiere di Is Mirronis. La prima chiesa parrocchiale è stata localizzata in un capannone militare, che durante l’ultima guerra fungeva da caserma. Successivamente la chiesa è stata riconsacrata nel 2002, completata dopo il rifacimento ex novo del tetto e dell’intera struttura interna della vecchia chiesa parrocchiale, della quale restano solo i muri perimetrali ed il pavimento. La chiesa parrocchiale di San Massimiliano Kolbe e Beata Madre Teresa da CalcuttaArrivati alla rotonda al termine di via Puglia, proseguiamo dritti alla seconda uscita, sulla via Abruzzi in direzione est, che, dopo quattrocentocinquanta metri, termina sulla via Cornalias. La prendiamo verso destra e la seguiamo per quattrocento metri, dove, al civico numero 92, si trova la chiesa dedicata a San Massimiliano Kolbe ed a Beata Madre Teresa da Calcutta che è la chiesa parrocchiale del quartiere di Bingia Matta. È una chiesa moderna, portata in questa sede nel 2001, con l’aula a pianta semi circolare, e, sollevando lo sguardo, le ampie finestre lasciano intravedere la croce che si trova sulla cupola. Al di sotto delle finestre una impalcatura in ferro sembra ricordare la ferrovia del campo di concentramento di Aushwitz. Salendo, attraverso tre gradini, sul presbiterio, si vede l’altare a forma di aratro, che porta incastonate dodici pietre, come le dodici stele dell’altare di Mosè. La chiesa parrocchiale di Sant’EusebioProseguiamo sulla via Cornalias per circa quattrocentocinquanta metri, ed arriviamo a prendere a sinistra la via Serbariu, dopo duecento metri imbocchiamo a destra la via Quintino Sella, e, dopo una cinquantina di metri, vediamo alla sinistra della strada la chiesa di Sant’Eusebio. Si tratta di una chiesa parrocchiale del quartiere di Is Mirronis, dedicata al Vescovo di Vercelli nato in Sardegna e collegato, con San lucifero, allo scisma luciferiano come vedremo più avanti. La chiesa, molto recente essendo stata eretta nel 1958 e consacrata nel 1972, è un’imponente struttura moderna, dalle forme abbastanza regolari alla quale si accede attraverso un’ampia scalinata. La facciata è di forma rettangolare ed è caratterizzata da un grande portico, in cui si aprono il portone principale e due porte secondarie. Nella parte superiore presenta una vetrata con vetri policromi disposti a forma di croce. L’interno si sviluppa in un’ampia pianta rettangolare, con presbiterio semicircolare e sopraelevato rispetto alla navata; qui si trova un massiccio altare in bronzo sormontato da un crocifisso. Il primo di agosto la chiesa celebra la Festa di Sant’Eusebio, ma a Cagliari, nella chiesa parrocchiale a lui intitolata, la Festa liturgica di Sant’Eusebio viene fatta slittare alla domenica successiva. Il Pontificio Seminario regionale SardoDalla chiesa di Sant’Eusebio, la via Quintino Sella prosegue per circa centosettanta metri e sbocca sulla via Monsignor Ernesto Piovella, che prendiamo a sinistra, dopo una ventina di metri svoltiamo a destra e prendiamo la via Monsignor Parraguez che, dopo una sessantina di metri, arriva di fronte all’edificio che ospita la sede del Pontificio Seminario regionale Sardo, intitolato al Sacro Cuore di Gesù, che si trova al civico numero 19 della via Monsignor Parraguez. Il Seminario era nato a Cuglieri nella diocesi di Bosa, nel 1927. Dotato di un’imponente e grandiosa struttura, il Seminario di Cuglieri ha prospearto ed è divenuto punto di riferimento, per il clero e gli ambienti cattolici di tutta l’Isola. Tuttavia in seguito si è considerata la sede di Cuglieri isolata e decentrata, così nel 1971 la Conferenza Episcopale Sarda decide di spostare la sede del Seminario regionale nel capoluogo dell’Isola. Il Castello di San MicheleDalla chiesa di Sant’Eusebio, la via Quintino Sella prosegue per circa centosettanta metri e sbocca sulla via Monsignor Ernesto Piovella, che, presa a sinistra, dopo circa trecento metri, quando questa strada continua verso sinistra sulla via Serbariu, imbocchiamo a destra la via Bacu Abis, che, dopo quasi duecento metri, Diventa La via Giovanni Cinquini, la seguiamo per altri centocinquanta metri, poi prendiamo a destra la strada che ci conduce verso la via Sirai, e, dopo un centinaio di metri, a sinistra la via Sirai, strada a traffico limitato. Seguendo diversi tornanti, arriviamo sul colle di San Michele, dove è stato edificato il Castello di San Michele che domina, dalla sommità del colle, tutta la città di Cagliari ed il Campidano. Il primo impianto, presumibilmente ad una sola torre, risale al periodo bizantino o al primo periodo giudicale, nel decimo secolo, con la funzione di difendere Santa Igia, la capitale del Giudicato di Càralis. Nel 1327, con la conquista catalana, il Castello viene concesso a Berengario Carroz, un nobile di Valenza, e resta di proprietà dei Carroz fino al 1511, quando muore la contessa Violante, l’ultima esponente della famiglia Carroz che vive come castellana a San Michele. Il Castello, incamerato tra i beni della Corona spagnola, viene abbandonato, per essere utilizzato come lazzaretto durante l’epidemia di peste del 1652. Nel periodo sabaudo, dopo l’invasione francese, nel 1792 viene fortificato e munito di cannoni a scopo difensivo. Dal 1820 al 1848 viene utilizzato, prima come fortezza, ed in seguito come caserma degli invalidi, per cessare definitivamente ogni funzione militare nel 1867. Oggi il Castello ospita mostre, conferenze ed altre iniziative culturali. Il parco di Monte ClaroRiprendiamo il nostro viaggio dove la via Quintino Sella è sboccata sulla via Monsignor Ernesto Piovella. Presa questa strada verso destra, dopo duecentocinquanta metri incrocia la via del Seminario, che, presa verso sinistra, dopo centotrenta metri sbocca sulla via Cadello, di fronte all’ingresso del Parco di Monte Claro. Il parco, che si sviluppa sulla collinetta omonima, si estende per diversi ettari e si posiziona al centro della città, e rappresenta una delle mete preferite dalle famiglie con bambini e un luogo di svago per gli adulti, dato che sono presenti strutture ludiche, un laghetto e alcune specie di volatili, quali oche e anatre e diverse tartarughe. All’interno del parco, d’estate, vengono organizzate numerose manifestazioni culturali e di svago. Sulla cima del colle di Monte Claro sorgeva la bella Villa Clara, nota anche come Villa Ghiani dal nome del primo proprietario, che era stata scelta per la realizzazione di un nuovo Ospedale psichiatrico, di cui è stata cambiata la destinazione d’uso a seguito dell’abolizione degli ospedali psichiatrici, e che dal 2012 è sede della Biblioteca provinciale Emilio Lussu.
Visita della zona orientale dell’abitatoCi rechiamo ora a visitare la zona orientale della città di Cagliari, con le diverse Chiese che vi si trovano, tra le quali numerose moderne Chiese parrocchiali, il Teatro lirico, ed il bellissimo stagno di Molentargius. Partiamo visitando il quartiere la Vega, un quartiere residenziale sorto nel 1930, situato nella zona centro settentrionale della città. Il nome La Vega ha origine spagnola e significa L’Orto, visto che in origine era una zona di aperta campagna a nord dell’abitato. La chiesa parrocchiale di San Francesco d’AssisiDa largo Giuseppe Dessì, dove si trova l’ingresso dei Giardini Pubblici di Cagliari, che abbiamo già visto quando abbiamo visitato il quartiere Villanova, prendiamo il viale San Vincenzo, lo seguiamo per cento metri, prendiamo leggermente verso destra la via la Vega, la seguiamo per quattrocento metri, poi, in corrispondenza della piazza John Fitzgerald Kennedy, prendiamo a sinistra la via Piemonte. Dopo un centinaio di metri, al civico numero 10 di via Piemonte, alla sinistra della strada vediamo la chiesa di San Francesco d’Assisi che costituisce la parrocchia del quartiere la Vega. Inaugurata nel 1963, è stata creata dai Frati Minori Conventuali in continuità ideale con la più nota chiesa gotica di San Francesco di Stampace, con una struttura a pianta quadrata e per il presbiterio di poco elevato ma senza diaframmi, che realizza liturgicamente l’unità tra assemblea dei fedeli e chi la presiede. Da questa parrocchia dipendono la chiesa di San Mauro, nel quartiere Villanova, e la Cappella dell’Istituto San Vincenzo, in viale San Vincenzo, nello stesso quartiere la Vega. La chiesa parrocchiale di San Carlo BorromeoDopo aver passato la piazza John Fitzgerald Kennedy, la via la Vega continua con il nome di via Romagna, e, dopo poco più di duecento metri, arriva a uno svincolo, dove prendiamo verso sinistra la via Francesco Ciusa. La seguiamo per seicento metri verso nord est, poi prendiamo a destra la Via San Carlo Borromeo, dove, al civico numero 6, sulla sinistra, troviamo la chiesa di San Carlo Borromeo dal 1962 chiesa parrocchiale, una chiesa moderna realizzata in pietra policroma. All’esterno predomina la pietra a vista in conci squadrati ma dalla superficie irregolare. Il moderno campanile presenta un rivestimento di mattoni a faccia vista. All’interno è presente un ampio spazio dedicato al fonte battesimale che si trova sulla sinistra rispetto al portone d’ingresso. Vicino alla chiesa si trovano le strutture sportive della parrocchia, ossia Campo da Calcio e tennis. Il T Hotel di CagliariDa dove la via Romagna arriva allo svincolo, proseguiamo, invece, dritti per la via dei Giudicati, la seguiamo per trecento metri, e vediamo, alla sinistra della strada, l’importante T Hotel di Cagliari. Il Teatro lirico di CagliariDa dove la via Romagna arriva allo svincolo, prendiamo verso destra la via Ottone Bacaredda, percorriamo poco meno di seicento metri, e prendiamo verso sinistra la via Sant’Alenixedda, dopo trecento metri vediamo sulla sinistra l’edificio che ospita il Teatro lirico il principale Teatro della città di Cagliari, concepito per rimpiazzare il Teatro Civico, pesantemente danneggiato dai bombardamenti degli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale, ed anche il Politeama regina Margherita, distrutto da un incendio nel 1942. Inaugurato nel 1993, si tratta di una struttura in cemento e vetro che si estendesu una superficie complessiva di circa cinquemila metri quadri. Il tetto della struttura ha una copertura in rame brunito, la sala principale, di 1800 metri quadri, è suddivisa in tre livelli, con due logge a balconata, la platea ospita 800 posti, la prima loggia 431, la seconda loggia 397. La sua attività principale è l’organizzazione annuale di una stagione concertistica e di una stagione lirica e di balletto. La chiesa parrocchiale di San PaoloProseguendo verso nord, la via Sant’Alenixedda fa una leggera curva verso destra e diventa la via Efisio Cao di San Marco. Presa questa strada, la seguiamo per centoquaranta metri, poi prendiamo a sinistra la via don Riccardo Macchioni, e troviamo sulla sinistra di questa strada la piazza papa Giovanni XXIII. In questa piazza si trova la chiesa di San Paolo che la parrocchiale del quartiere San Benedetto. L’ingresso, consistente in un loggiato coperto e chiuso da tra cancelli in ferro, è preceduto da una gradinata e una rampa in granito grigio. L’interno si caratterizza per il suo spazio con una sola navata a pianta rettangolare, scandito dalla bicromia della struttura portante in tinta bianca e cerulea. Da questa parrocchia dipende la Cappella dell’asilo e della Scuola Elementare Infanzia lieta, dell’Opera Salesiana di Maria Ausiliatrice, situata al civico numero 20 della via Enrico lai. La chiesa parrocchiale di San Sebastiano MartireDalla piazza papa Giovanni XXIII prendiamo, alla destra della chiesa, la via don Riccardo Macchioni, dopo duecento metri prendiamo a destra la via Gaetano Salvemini, e dopo cento metri svoltiamo leggermente a sinistra e imbocchiamo la via Baldassarre Castiglione. La seguiamo per seicento metri, poi prendiamo a sinistra la via Pietro Bembo, e, dopo un centinaio di metri, troviamo, alla sinistra della strada, la chiesa di San Sebastiano Martire una chiesa parrocchiale il cui indirizzo è al civico numero 1 di via ignazio Serra. Si tratta di un massiccio edificio in stile moderno con forme squadrate, nella parte superiore spicca una semplice croce. L’elemento più caratteristico è un imponente campanile, collocato nel piazzale davanti alla chiesa, formato da tre colonne che S’innalzano fino a congiungersi, in un punto dove è sistemata una cornice quadrata che ospita le campane. La chiesa parrocchiale di Santa Maria del SuffragioProseguendo, la via Baldassarre Castiglione dopo centocinquanta metri continua su via Flavio Gioia, passa sotto l’Asse Mediano di Scorrimento, e, al civico numero 121, alla destra della strada, si trova la chiesa di Santa Maria del Suffragio. Si presenta come una struttura in cemento armato scandita da pilastri verticali che incorniciano aperture finestrate in vetro policromo. L’ingresso è preceduto da uno spazio aperto lastricato e da un loggiato coperto. L’interno si presenta come un ambiente unico a pianta rettangolare caratterizzato da una copertura a cassettoni. Costituisce la chiesa parrocchiale del vicino grande quartiere del CEP, ossia del Centro di Edilizia Popolare di Cagliari. Da questa parrocchia dipende la chiesa medioevale di Sant’Alenixedda. La chiesa medioevale di Sant’Alenixeddaalla destra della chiesa, prendiamo la via don Aldo Matzeu, la seguiamo fino in fondo e, dopo centoventi metri, prendiamo verso sinistra la via Galileo Ferraris, dopo duecentocinquanta metri incrociamo la via Parigi, la prendiamo verso destra, ossia verso sud, ed alla fine, dopo trecento metri, troviamo, alla sinistra della strada, la piccola chiesa medioevale di Sant’Alenixedda. Si tratta di una chiesa romanica edificata dai monaci Benedettini di San Vittore di Marsiglia, detti anche Vittorini, verso il dodicesimo secolo, ed è situata tra il quartiere CEP ed il quartiere Europeo. La chiesa dipende dalla parrocchia di Santa Maria del Suffragio. La chiesa parrocchiale del Santissimo CrocefissoDalla piazza papa Giovanni XXIII nella quale abbiamo visitato la chiesa di San Paolo Apostolo, proseguiamo verso destra su via Nicolò Tommaseo. Dopo circa trecento metri prendiamo a sinistra la via Guglielmo Marconi, la seguiamo per cinquecentocinquanta metri poi svoltiamo a destra la via Luigi Galvani, dopo centocinquanta metri di nuovo a destra la via Belgrado, la quale dopo cento metri svolta a sinistra e diventa via Costantinopoli. La seguiamo per quasi duecentocinquanta metri, prendiamo a destra la via Zagabria, e, dopo cento metri, vediamo alla destra della strada la chiesa del Santissimo Crocefisso una chiesa moderna che è la parrocchiale del moderno quartiere Genneruxi. L’antica chiesa di San Benedetto che era stata la parrocchiale del quartiereDove, da via Nicolò Tommaseo, abbiamo preso a sinistra la via Guglielmo Marconi, la prendiamo invece verso destra, e, dopo cento metri, prosegue sulla via San Benedetto. La seguiamo per cinquecento metri ed arriviamo a dove, da sinistra, arriva la via Giuseppe Verdi, sulla quale si trova la facciata della chiesa di San Benedetto il cui fianco sinistro si trova sulla via San Benedetto. La chiesa è nel centralissimo quartiere di San Benedetto, nella zona est della città, che si sviluppa a partire dalla prima metà del ventesimo secolo, dall’espansione del quartiere storico di Villanova. La chiesa e l’attiguo convento vengono fondati nel 1643 dal nobile genovese don Benedetto Nater che la dona ai Frati cappuccini, e la dedica a San Benedetto da Norcia. Il convento ospita i novizi dei cappuccini, tra i quali, nel 1721, anche il futuro Sant’Ignazio da Laconi. Il convento viene chiuso nel 1855, in seguito alla legge di soppressione degli Ordini religiosi, e chiesa con convento cadono in rovina, fino al 1923, quando viene rimesso in sesto il complesso di San Benedetto, come sede dell’Opera del Buon Pastore. Nel 1946 diviene la prima chiesa parrocchiale del quartiere di San Benedetto, poi, date le piccole dimensioni dell’edificio, nel 1957 si inaugua la nuova parrocchiale, la chiesa di Santa Lucia. La chiesa è tuttora aperta al culto, officiata dai padri gesuiti, mentre il convento è abitato dalle suore del Buon Pastore. La nuova chiesa parrocchiale di Santa Lucia nel quartiere di San BenedettoDopo una cinquantina di metri, la via San Benedetto arriva a una rotonda, alla quale prendiamo a sinistra la via Giacomo Puccini, dopo meno di trecento metri a destra la via Gaetano donizetti, e, dopo cento metri, a sinistra la via Antonio Fais, lungo la quale, sulla sinistra, si trova la chiesa di Santa Lucia che è la nuova parrocchiale del quartiere San Benedetto. La chiesa sorgesu una parallela di via Dante Alighieri, ma l’ingresso principale si trova su una traversa, la via Gaetano donizetti. La chiesa è stata costruita seguendo un progetto neoromanico dell’architetto Adriano Cambellottisu un terreno donato nel 1948 dalle famiglie Sanjust e Aymerich, ed è stata inaugurata nel 1957 ma è stata consacrata solo nel 2014. La struttura presenta una pianta moderna, realizzata utilizzando la pietra. L’aula interna, di forma quadrangolare, si divide in tre navate con copertura a capriate. esternamente l’ingresso è preceduto da un ampio portico sorretto da massicci pilastri in cemento armato. Nella parte alta si susseguono una serie di piccole finestre. La Festa liturgica della Santa Martire viene celebrata il 13 dicembre, una grande Festa per il quartiere di San Benedetto, che celebra il ricordo della compatrona, cui è dedicata la chiesa parrocchiale, con tanti appuntamenti. La chiesa di Cristo re che dipende dalla parrocchiale dei Santi martiri Giorgio e CaterinaDalla via Nicolò Tommaseo, dove eravamo passati per recarci a visitare la chiesa del Santissimo Crocefisso, prendiamo verso destra la via Guglielmo Marconi, che, dopo cento metri, prosegue sulla via San Benedetto. La seguiamo per trecento metri, prendiamo a sinistra la via Giovanni Battista Pergolesi, dopo trecentocinquanta metri a destra la via Pierluigi da Palestrina, che seguiamo per un’ottantina di metri, ed incrocia sulla destra la via Giovanni Battista Tuveri. Dopo un centinaio di metri lungo la via Giovanni Battista Tuveri, prendiamo a sinistra la via Antonio Scano, lungo la quale, al civico numero 97, si trova la chiesa di Cristo re una struttura moderna che dipende dalla chiesa parrocchiale dei Santi martiri Giorgio e Caterina. L’antica piccola chiesa AragoneseDalla stessa chiesa parrocchiale dei Santi martiri Giorgio e Caterina dipende anche l’antica Piccola chiesa Aragonese per raggiungere la quale proseguiamo lungo la via Antonio Scano, dopo meno di cento metri prendiamo a destra la via Pietro leo, che seguiamo per duecento metri, e ci fa vedere l’ingresso del parco di Monte Urpinu. All’interno di questo parco si trova la piccola chiesa sulla sinistra. L’edificio viene eretto tra il diciassettesimo e il diciottesimo secolo da Giovanni Sanjust, barone di Teulada, sopra le rovine di una chiesa bizantina, ed alla fine del diciannovesimo secolo viene restaurata, con l’aggiunta anche di alcune decorazioni in stile liberty. I danni causati dai bombardamenti del 1943 hanno riChiesto ulteriori restauri, che sono stati effettuati nel 1968. La chiesa parrocchiale dei Santi Giorgio e Caterina comunemente detta dei GenovesiPrima di arrivare alla Cappella Aragonese, lungo la via Antonio Scano, prendiamo a destra la via Filippo Caravelli, che, dopo cento metri, svolta leggermente a sinistra e diventa la via Francesco Gemelli. Qui, dopo centotrenta metri, alla sinistra della strada si trova la chiesa dei Santi Giorgio e Caterina comunemente detta Dei Genovesi che si trova alla base del colle, adibito a parco urbano, di Monte Urpinu, ed è la chiesa parrocchiale dell’omonimo quartiere. Edificata a partire dal 1596 per volere dell’Arciconfraternita dei Genovesi, nel 1943 viene danneggiata in modo irreparabile dai bombardamenti. Completamente riedificata, la nuova struttura viene aperta al culto nel 1964. L’edificio presenta una pianta centrale su cui S’impostano alte arcate ellissoidali, dalle quali partono i brevi corpi che, raccordandosi al centro in una piccola lanterna, originano all’interno un ampio spazio. Sul portale di ingresso è presente lo stemma marmoreo di Genova recuperato dall’antica chiesa, ed, all’interno, si trovano sul portale la lapide del 1596 che ricorda la posa della prima pietra, nella seconda Cappella a destra il grande Crocifisso ligneo opera del genovese Anton Maria Marigliano, attivo tra il diciassettesimo e il diciottesimo secolo, con i lampioni in legno dorato usati nelle processioni, sull’altare maggiore il tabernacolo con la portina in argento del diciassettesimo secolo, ed infine, la Cappella a sinistra del presbiterio, custodisce una piccola statuina in corallo detta la Vergine di Adamo, all’interno di una raggiera modellata dallo scultore e ceramista bosano Federico Melis. La chiesa della Madonna del RosarioProseguendo lungo la via Francesco Gemelli, dopo una settantina di metri prendiamo a sinistra la via Salvatore Vidal, la seguiamo per duecentosettanta metri, ed, alla sinistra della strada, al civico numero 2, vediamo la chiesa della Madonna del Rosario una struttura moderna che dipende anch’essa dalla chiesa parrocchiale dei Santi martiri Giorgio e Caterina. La chiesa subisce un primo restauro nel 1978, tra il 1985 e il 1990, a seguito dei lavori che interessano tutta la struttura, vengono fatte ingenti modifiche, ma l’assetto attuale risale a pochi anni or sono, quando viene completata. Dal 1991 essa ospita l’Adorazione Eucaristica cittadina, organizzata da un gruppo di laici, i Servi di Gesù Eucaristia. Il parco di Monte UrpinuIl Parco di Monte Urpinu è situato sull’omonimo colle e si estende per oltre trentadue ettari nel suo complesso. Originariamente occupato da una forestazione naturale, il Monte Urpinu che anticamente era chiamato Monte Volpino a causa della nutrita presenza di esemplari di volpe, poi tradotto in lingua sarda, ha visto il primo intervento a metà circa dell’ottocento, su volontà del barone Sanjust di Teulada, allora proprietario dell’area, con la messa a dimora di numerosi esemplari di pino d’Aleppo. Nel 1939, il Comune di Cagliari ha acquistato l’area destinandola a parco urbano, nel quale sono presenti diversi specchi d’acqua artificiali popolati da tartarughe, anatre e cigni, mentre nelle aree circostanti è possibile incontrare esemplari di oche e galline, oltre agli ormai tradizionali pavoni, simbolo per eccellenza del parco nell’immaginario cittadino. è presente una nutrita colonia felina, servita con casette in legno per il riposo dei gatti, ed è presente anche un’ampia area recintata dedicata ai cani. Il Nuraghe di Cagliari all’interno del parco di Monte UrpinuAll’interno del parco di Monte Urpinu sono stati individuati i resti del Nuraghe di Cagliari, maestoso e imponente, un gigante di pietra bianca davanti a un orizzonte senza confini che comprendono il mare, gli stagni, la distesa del Campidano, i contrafforti montuosi dell’interno. Il merito della sua scoperta va attribuito agli archeologi Giovanni Ugas e Nicola Dessì, il maestro e l’allievo uniti in questo esaltante ritrovamento agevolato da Corrado Mascia, cagliaritano, appassionato di archeologia e autore della pagina I custodi della memoria su Facebook, che ha indicato ai due studiosi la strada migliore per recuperare la memoria del monumento. Corrado Mascia racconta «Lo cercavo da tempo ma pensavo si trovasse in un altro punto del colle. Un amico, Giuseppe Cocco, mi ha inviato una foto di dettaglio della zona. In quella immagine ho notato i segni che rimandavano a quel Nuraghe. Le incertezze si sono diradate. Ho individuato l’area e ho subito chiamato Giovanni Ugas e Nicola Dessì. Da loro è arrivato il riconoscimento ufficiale». Secondo Giovanni Urgas, il monumento mostrerebbe lo stesso disegno planimetrico della reggia nuragica di su Nuraxi a Barumini, ma era più grande almeno a giudicare dalla lunghezza della cortina muraria residua. della struttura restano la sequenza di massi calcarei della cinta esterna, altre grosse pietre che probabilmente erano parte di una delle torri, e resti di manufatti che continuano a essere testimoni di un un passato molto lontano. Il monumento ha purtroppo subito danni irreversibili, dato che nell’area si è svolta per secoli un’intesa attività estrattiva. La cava di calcare, fulcro di una fiorente economia, ha inevitabilmente condizionato il destino del poderoso edificio, e sottratto preziose informazioni. Inoltre, durante la seconda guerra mondiale, il Nuraghe è stato soffocato dalla fortificazione militare costruita per ospitare la batteria antiaerea. In anni più recenti, nelle immediate vicinanze, il Comune ha realizzato anche una grande cisterna in cemento. Ed oggi, sul rilievo di Monte Urpinu, sarebbe possibile ammirare una fortezza imponente, se non fosse stata divorata per la gran parte dalla cava che ha aperto un baratro sul suo lato est, e seriamente danneggiata dal fortino dell’ultima guerra. Ed anche il serbatoio dell’acqua si trova nell’area in cui sorgeva una delle torri del bastione quadrilobato. La Soprintendenza ai Beni archeologici è stata informata del ritrovamento, ed il Nuraghe bianco alla sommità del colle cagliaritano è una pagina originale. Infatti concludono Giovanni Ugas e Nicola Dessì che «adesso si pone l’esigenza della tutela, del restauro, e della valorizzazione del monumento, attraverso la ricerca scientifica che faccia piena luce sulla sua presenza sulla sommità di Monte Urpinu, alle porte del Campidano e della Sardegna». Visita della zona meridionale dell’abitatoAnche la zona meridionale della città conserva diversi edifici molto interessanti, soprattutto edifici religiosi, che conviene andare a visitare. Ci recheremo, poi, alla frazione Sant’Eliea, a visitare il promontorio di Capo Sant’Elia, alla frazione Poetto con la sua spiaggia, e vedremo le zone umide ad est dell’abitato. Gli edifici che ospitano la legione dei CarabinieriRiprendiamo la visita di Cagliari dal centro della città, e dalla piazza Costituzione prendiamo verso est la via Giuseppe Garibaldi. La seguiamo per un centinaio di metri, poi svoltiamo a destra nella via Iglesias e la seguiamo per centocinquanta metri, fino ad arrivare, dopo duecento metri, all’incrocio con la via Sidney Sonnino, dopo il quale la via Iglesias diventa via Grazia Deledda. Ad angolo della via Sidney Sonnino con la via Grazia Deledda, al civico numero 111 della via Sidney Sonnino, si trova l’ingresso degli edifici che ospitano la Legione dei Carabinieri sulla sommità del quale sono state posizionate quattro colossali statue in bronzo realizzate nel 1932 da Albino Manca, l’importante scultore di Tertenia. In via Sidney Sonnino si trova la piazza Antonio GramsciDi fronte agli edifici che ospitano la legione dei Carabinieri, all’altro lato della via Sidney Sonnino, si apre uno spiazzo alberato che è stato ribattezzato Piazza Antonio Gramsci dedicata al grande intellettuale di Ales, morto a Roma nel 1937, nel quale si trovano lastre di cemento, sul lato di una delle quali sono incise alcune delle sue principali massime. Al centro della piazza Antonio Gramsci, sul retro delle lastre di cemento, si trova la scultura di Pinuccio Sciola dedicata a questo intellettuale. La scultura, realizzata nel 2014, rappresenta L’esilio e il carcere di Antonio Gramsci, condannato dal regime di Mussolini perché antifascista. Si tratta di una delle ultime opere dell’artista di San Sperate, scomparso nel 2016. Il monumento al Milite Ignoto ed il parco delle Rimembranze con il Monumento ai Caduti della Prima Guerra MondialeSe procediamo lungo la via Sidney Sonnino verso sud, costeggiando gli edifici che ospitano la legione dei Carabinieri, dopo cento metri arriviamo all’incrocio di questa strada con la via San lucifero. Proprio prima dell’incorcio con la via San lucifero, lungo la via Sidney Sonnino si trovano le lastre sulle quali sono presenti i nomi dei caduti, che costituiscono il Monumento al Milite Ignoto. La prima idea era stata quella di dedicare, alla realizzazione di un parco, la via alberata che conduce al Santuario della Madonna di Bonaria, ma ad essa è subentrato il progetto di un memoriale, proprio a ridosso della caserma dei Carabinieri, in continuità con il giardino di San lucifero. Tra le lastre con i nomi dei caduti si si trova l’ingresso del Parco delle Rimembranze dedicato ai caduti della Prima Guerra Mondiale, realizzato come i Boschetti delle rimembranze sorti in tutta Italia a partire dal 1923. La realizzazione del parco, che risale al 1935, si deve a Ubaldo Badas, allora aiutante ingegnere nell’Ufficio tecnico Comunale. L’allestimento è decisamente sobrio, con due fasci, formati da una base di granito e file alterne di trachite e pietra di Serrenti, che recano i nomi e le date delle principali battaglie della Prima Guerra Mondiale, inquadrano l’esedra centrale in calcare bianco e trachite rossa, a ricordo delle mostrine della Brigata Sassari, che riporta i nomi dei caduti. La recinzione è costituita da sfere metalliche e cippi in calcare, uniti da catene. Il Centro Comunale d’Arte e cultura ExMàDi fronte al parco, lungo il lato destro della via San lucifero, al civico numero 71, si trova un centro culturale polivalente, il Centro Comunale d’Arte e cultura ExMà nome abbreviato per l’ottocentesco edificio dell’ex mattatoio, rimasto in attività fino al 1964, ed è stato poi ristrutturato. Originariamente il mattatoio era stato costruito ai margini della città, poi inglobato nel tessuto cittadino dalla successiva espansione di Cagliari. Dagli anni ’90 viene utilizzato come centro culturale ed ospita, oltre a molte mostre temporanee, le quasi 650 stampe della Collezione Nicola Valle, realizzate da artisti sardi e italiani e donate nel 1997 alla locale amministrazione Comunale dagli eredi della sua famiglia. La chiesa di San lucifero che ospita la parrocchia della Beata Vergine del RimedioProseguendo lungo la via San lucifero, al termine del parco delle Rimembranze, troviamo alla sinistra della strada il Complesso paleocristiano di San lucifero, costituito dalla chiesa omonima, e dall’attiguo convento e collegio. La chiesa di San lucifero sede della parrocchia della Beata Vergine del Rimedio, una delle parrocchie del quartiere Villanova, da documenti pontifici risulta essere già presente nel 1095, ma la chiesa attuale risale ai rifacimenti effettuati nel 1646, che lo hanno ispirato alla cattedrale della città, per quanto riguarda la pianta, a croce latina, l’alta cupola e il presbiterio sopraelevato, sotto il quale si trova la Cripta. Dal 1693 la chiesa, con l’annesso convento e collegio, sono retti dai Frati Domenicani, successivamente, nel 1767, il complesso passa ai Frati Trinitari, provenienti dalla chiesa di San Bardilio, identificata anche come Santa Maria al Porto, che sorgeva, sino al 1929, ai piedi del colle di Bonaria, dove occupava l’area in cui oggi sorge l’ingresso principale al Cimitero di Bonaria, ed era la parrocchiale del quartiere portuale. I Trinitari rimangono a San lucifero sino al 1803, nel 1826 Carlo Felice decide che il complesso sia adibito a ospizio dei poveri, successivamente trasformato in orfanotrofio. Nel 1891, vista l’estensione del quartiere Villanova, la chiesa diviene una parrocchia succursale della Collegiata di San Giacomo, mentre l’ospizio, dal 1907, diviene sede della regia Scuola industriale, che esiste ancora come Istituto Tecnico Industriale. Nel 1924, la chiesa viene eretta come parrocchia autonoma, intitolata alla Beata Vergine del Rimedio.
L’interno della chiesa di San lucifero è di gusto barocco seicentesco, ed è da notare la spendida rampa che conduce all’altare, decorata con Azulejos, tipici ornamenti dell’architettura portoghese e spagnola consistenti in piastrelle di ceramica con la superficie smaltata e decorata. La parete di fondo dell’abside è dominata dalle canne dell’organo, costruito dalla casa Tamburini di Crema nel 1961. Nel transetto sinistro si trova la tomba di don Mosè Farci, mentre nel braccio destro del transetto è collocato l’imponente altare barocco in legno dorato, intitolato alla Madonna del Rimedio, patrona della parrocchia, dove è esposta una statua della Vergine, opera di Giuseppe Antonio Lonis. La prima Cappella laterale a destra ospita, sotto l’altare, una statua in marmo bianco, raffigurante San lucifero giacente, rivestito dagli abiti pontificali, e una tela che raffigura lo stesso Santo assiso in cattedra. La chiesa conserva, al suo interno, anche un quadro di San Girolamo, una Madonna della Seggiola, il grande altare in legno. L’esterno ha una facciata piana, con il portone ornato da due colonne antiche in marmo, ed al centro lo stemma della città di Cagliari. Posati sulle volute, ai lati dello stemma, sono le statue di due cani, simbolo dei domenicani, Domini Canes, che officiarono il tempio per lungo tempo. Nella facciata della chiesa sono stati incastrati antichi sarcofaghi e diversi ornamenti sepolcrali rinvenuti nella vicina necropoli. Da questa parrocchia dipende la basilica di San Saturnino. L’ultima domenica di ottobre si tengono, presso la cattedrale di Santa Maria, la chiesa di San lucifero e la basilica di San Saturnino, le celebrazioni in occasione della Festa di San Saturnino Martire, patrono della città di Cagliari, con diversi riti religiosi. Sotto il presbiterio sopraelevato della chiesa si trova la Cripta di San lucifero che comprende tre edifici funerari tardoromani, risalenti al III e quarto secolo dopo Cristo, riutilizzati in epoca successiva come sepolture cristiane. Nel 1623, in un sacello sono state rinvenute le reliquie di San lucifero, dato che le due iscrizioni ritrovate insieme al sarcofago sembrano non lasciare dubbi sull’identità del personaggio qui sepolto. Attualmente il monumento si presenta diviso su due livelli, e l’intero locale, a pianta quadrata, è stato voltato a botte dopo il restauro effettuato prima del 1640. Il Sacello di San lucifero ha conservato visibile, al centro del pavimento, il sepolcro vuoto del Santo, le cui reliquie sono state traslate nella cattedrale. Vicino si trova il Sacello di Rude ed Eliano così chiamato per un sarcofago qui ritrovato, contenente i resti di tali Elianus e Rudis, che all’interno presenta due ambienti, uno rettangolare, anticamente con volte a crociera sostenute da quattro pilastri, e uno più piccolo, con volta a botte, e con nicchie alle pareti. Nel 1937 questi ambienti sono stati resi comunicanti col sacello di San lucifero. Non lontano si trova il Sacello di San Lussorio quello conservato in condizioni peggiori, visibile solo nella parte comunicante con quello di Rude ed Eliano. Questo sacello non è stato recuperato, e si è preferito, dopo un suo breve utilizzo come ambiente a cielo aperto, interrarlo, dopo averne effettuato il completo svuotamento. In questo sacello è stato scoperto un sepolcro, che, in base a documenti del dodicesimo secolo ed all’iscrizione tombale, è stato attribuito al Martire San Lussorio, che sarebbe stato, però, decapitato a Fordongianus. La basilica di San SaturninoDi lato al fianco destro della chiesa di San lucifero, si apre la piazza San Cosimo. Sulla piazza si affaccia la basilica di San Saturnino il Complesso monumentale paleocristiano più antico della Sardegna, unico nel suo genere in tutto il bacino del Mediterraneo. La chiesa ha ricevuto l’appellativo di basilica, denominazione onorifica che il papa concede a edifici religiosi particolarmente adeguati al ruolo che ricoprono per importanza e valore artistico, quindi grandi e capaci di accogliere moltissime persone. La basilica sorge in un luogo che corrisponde al settore della necropoli orientale, fra la chiesa di San lucifero e il colle di Bonaria, finora la più antica area funeraria cristiana individuata a Cagliari, con sepolture risalenti alla metà del quarto secolo. La chiesa è stata edificata in stile romanico in pieno periodo bizantino e dedicata al Saturnino, martirizzato sotto Diocleziano nel 304. Gli scavi archeologici condotti nella basilica di San Saturnino hanno, in effetti, messo in luce una basilica primitiva datata fine del quarto secolo o inizio del quinto secolo, trasformata successivamente nel sesto secolo in un Santuario denominato Martyrium, a ricordo del sepolcro del Martire. Il Santuario di San Saturnino sorge nel luogo in cui si crede fosse stato martirizzato il Santo, decapitato per non aver rinnegato la sua fede cristiana. La prima menzione della chiesa ci arriva dal diacono Ferrando, biografo di San Fulgenzio di Ruspe. All’interno della chiesa si conservano le reliquie del Santo maritire. Nel 1621 le stesse reliquie vengono traslate nella cattedrale, dove sono custodite nella Cripta dei Martiri. Dell’impianto iniziale resta il corpo centrale con la cupola. A questo vengono aggiunti due bracci, dei quali uno a tre navate, realizzati con architettura proto romana dai monaci Benedettini di San Vittore di Marsiglia, detti anche Vittorini, fatti arrivare da Torchitorio I di Cagliari, giudice di Càralis, che in questo modo riavvicina la chiesa sarda a quella romana. La basilica viene donata ai monaci dal suo successore, Salusio II di Cagliari, ed essi ne ampliano la struttura. Gli stessi monaci edificheranno anche la chiesa Santa Maria di Uta che vedremo in una tappa più avanti. Nel 1714 la chiesa viene concessa alla corporazione dei Medici e degli Speziali della città di Cagliari che qui vanno a celebrare la Festa dei loro patroni, ovvero i Santi medici Cosma e Damiano. Il che ha determinato la sua nuova intitolazione ai Santi Cosma e Damiano. Nuovi interventi sono stati resi necessari dopo i bombardamenti del 1943. Chiusa al pubblico nel 1978, è stata riaperta nel luglio del 1996 e dopo l’ultimo restauro la basilica ha riacquisito il nome originario. La basilica di San Saturnino dipende dalla parrocchia della Beata Vergine del Rimedio, situata nella chiesa di San lucifero. L’area circostante la basilica, oggetto di scavi archeologici, ha restituito numerose sepolture di età romana e bizantina. La basilica viene definita il Santuario di San Saturnino, un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per l’avvenuto rinvenimento nell’area cimiteriale che sorgeva intorno alla basilica, il 12 ottobre 1621, delle reliquie del Santo, poi traslate nella cripta della cattedrale di Cagliari, ossia nel Santuario dei Martiri, dove si trovano tuttora. In quell’occasione, l’arcivescovo d’Esquivel ha spostato la data del martirio e quindi anche della Festa di San Saturnino dal 23 al 30 di ottobre. Occorre però dire che nel 1621 non sono state rinvenute le relique di San Saturnino, ma di relique che sono state considerate le sue per affermare la supremazia della chiesa di Cagliari nei confronti di quella di Turris, ossia di Porto Torres. E quindi il rinvenimento di alcune parti di una lastra che citava il nome di San Saturnino nelle vicinanze di un sarcofago, nell’area cimiteriale vicino alla basilica, sono state affermate come il rinvenimento delle reliquie del Santo. L’ultima domenica di ottobre si tengono, presso la cattedrale di Santa Maria, la chiesa di San lucifero e la basilica di San Saturnino, le celebrazioni in occasione della Festa di San Saturnino Martire, patrono della città di Cagliari, durante la quale si tengono diversi riti religiosi, e ad essi si accompagnano anche numerose manifestazioni civili. La pizzeria Maiori del Palazzo Doglio premiata con i Tre Spicchi dal Gambero RossoDalla via San lucifero, prendiamo a destra la piazza San Cosimo sulla quale si affaccia alla sinistra la basilica e, al termine della piazza, prendiamo il vico Logudoro, alla destra del quale, al civico numero 3, si affaccia l’Hotel Palazzo Doglio, il primo Hotel cinque stelle di Cagliari. Nell’elegante cornice di Palazzo Doglio, alll’interno della corte esclusiva, si trova la pizzeria Maiori, che viene generalmente considerata una delle migliori pizzerie della Sardegna. In piazza della Repubblica si trova il palazzo di Giustizia e la Stazione ferroviariaProseguiamo lungo la via San lucifero, che sbocca verso sinistra in via Dante Alighieri ed a destra nel viale del Cimitero. Prendiamo verso sinistra la via Dante Alighieri e la seguiamo per quasi trecento metri, e ci porta nella piazza della Repubblica una bella grande piazza alberata. Sul lato destro della piazza si trova un grande edificio inaugurato nel 1938, che ospita la sede del Palazzo di Giustizia e che occupa, in posizione dominante, tutto il lungo fronte di un vasto spazio in leggera pendenza che forma la piazza, coprendone l’intero lato orientale. L’edificio riprende con evidenza il modello razionalista, nella mole, negli spigoli diritti, nei ritmi poderosi, e presenta una facciata sobria e priva di decorazione sul fronte che domina lo spazio antistante, sistemato dopo decenni dalla inaugurazione dell’edificio. L’aspetto imponente è sottolineato dall’uso di materiali come la pietra di Serrenti, vulcanite utilizzata, con il travertino, nella costruzione, ed è segnato verticalmente da colonne. Al centro un altissimo Pronao, retto da pilastri e colonne privi di base e di capitello, è completato da una grande scritta recante la parola latina IVSTITIA. Sul lato settentrionale della piazza si trova la Stazione ferroviaria di piazza della Repubblica una Stazione ferroviaria, ed in seguito tranviaria, al servizio del comune di Cagliari, che è stata il capolinea della ferrovia che collegava Cagliari con Isili dal 1968 al 2004, e, dopo lavori di adattamento e ristrutturazione, dal 2008 costituisce il capolinea della linea 1 della tranvia di Cagliari, attiva da allora come terminal dei tram diretti verso Monserrato. Con l’avvio dei lavori della tranvia, il precedente edificio della stazione di piazza della Repubblica è stato demolito, e al suo posto ne è stato eretto uno nuovo, a più piani. Di fronte alla stazione, sull’altro lato della piazza, si trova un palazzone, sulla cui facciata cieca era presente il murale Tre pietre realizzato nel 1986 da Pinuccio Sciola, lo scultore di San Sperate, Commissionato da la Rinascente dato che il suo palazzo di via Roma era interessato da lavori di ristrutturazione, e a Milano avevano deciso di aprire, nel frattempo, una piccola sede in piazza della Repubblica. L’opera è stata realizzata in pochissimo tempo, giusto un paio di giorni, era uno dei pochi murali che dava le spalle al sole, quindi si è preservato a lungo, ed il tempo, che è un’artista meraviglioso, aveva addolcito quelle forme e quei colori. Dal 2013 quelle tre pietre dipinte che impreziosivano l’anonima facciata cieca del palazzone non ci sono più, dato che un’impresa edile, durante i lavori di rifacimento della facciata, ha distrutto tutto. Il Cimitero Monumentale di BonariaDa dove la via San lucifero sbocca verso sinistra in via Dante Alighieri ed a destra nel viale del Cimitero, prendiamo verso sinistra il viale del Cimitero. Percorso per circa trecentocinquanta metri, incorciamo il viale Bonaria, passato il quale, alla destra della strada, si trova l’ingresso del Cimitero Monumentale di Bonaria. Utilizzato tra il 1829 e il 1968, il Cimitero, che occupa originariamente un’area alla base del colle di Bonaria, si estende in seguito fino alla sua cima. Nel Cimitero trovano sepoltura diversi personaggi illustri, tra i quali il canonico archeologo Giovanni Spano, il tenore Piero Schiavazzi, il generale Carlo Sanna, lo storico sindaco di Cagliari Ottone Bacaredda, ed anche l’architetto Francesco Giarrizzo, autore della facciata della cattedrale di Cagliari. La basilica di Nostra Signora di Bonaria che è la parrocchiale del quartiere omonimoDal viale del Cimitero, prendiamo a destra il viale Bonaria, costeggiando a sud la collina dove si trova il Cimitero Monumentale di Bonaria. Percorsi trecentocinquanta metri, arriviamo sulla sommità della collina, dove sorge la basilica di Nostra Signora di Bonaria che costituisce la chiesa parrocchiale del quartiere di Bonaria. La chiesa ha ricevuto l’appellativo di basilica, denominazione onorifica che il papa concede a edifici religiosi particolarmente adeguati al ruolo che ricoprono per importanza e valore artistico, quindi grandi e capaci di accogliere moltissime persone.. È stata realizzata nella sua forma attuale nel diciottesimo secolo, con la facciata moderna caratterizzata da un piccolo portale gotico sulla facciata, adiacente all’antico Santuario del quattordicesimo secolo, unica testimonianza dell’insediamento delle truppe aragonesi durante l’assedio, condotto dal 1324 al 1329, alla roccaforte pisana del Castello. Una colonna segna il punto, in cui, secondo la leggenda, sarebbe stata ritrovata, nel 1370, la cassa gettata in mare da una nave spagnola colta dalla tempesta per evitare il naufragio, nel viaggio dalla Spagna all’Italia, contenente la statua lignea della Madonna, che è oggi custodita nell’altare maggiore, e che si sarebbe arenata appunto ai piedi della collina di Bonaria. Il ritrovamento del simulacro di quella che sarebbe stata chiamata la Nostra Signora di Bonaria, è stato interpretato come un segno divino, e così si è edificata la basilica dedicata alla Madonna protettrice dei marinai. Nell’interno, di particolare interesse, la tavola che ritrae la Madonna del Cardellino, parte di un retablo smembrato risalente al sedicesimo secolo, attribuita a Michele Cavaro. Presso la sagrestia del Santuario è ospitato il Museo Marinaro, nel quale si trova una raccolta di modellini d’imbarcazioni d’epoca, e di ex voto offerti nei secoli della devozione dei marinai. La basilica viene definita il Santuario della Madonna di Bonaria, che è un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla statua di Nostra Signora di Bonaria presente al suo interno, che è la Patrona Massima della Sardegna e la speciale Protettrice della gente di mare. Durante l’anno liturgico a Cagliari si celebrano tre feste solenni in onore della Madonna di Bonaria, il 25 marzo, il 24 aprile e la prima domenica di luglio. Queste tre feste richiamano sempre una moltitudine immensa di fedeli provenienti da ogni parte della Sardegna. Il 25 marzo, mentre in tutta la chiesa si celebra l’Annunciazione della Vergine, a Bonaria si ricorda in maniera solenne l’Arrivo prodigioso del simulacro della Vergine, avvenuto nell’anno 1370. Il 24 aprile si celebra l’Incoronazione della Vergine, dato che nel 1870, in occasione del quinto centenario dell’arrivo della Madonna, il simulacro della Vergine è stato incoronato durante una solenne cerimonia con decreto del Capitolo Vaticano, ed, in tale occasione, il papa Pio X ha inviato la sua benedizione apostolica, stabilendo che quello fosse il giorno liturgico per la celebrazione della Festa di Nostra Signora di Bonaria. La prima domenica di luglio, infine, si celebra la Sagra estiva in onore di Nostra Signora di Bonaria. È una Festa popolare, nata ad opera di alcuni giovani reduci della guerra combattuta contro gli Austriaci nel 1866. In questa occasione tutta la città si mobilita, il simulacro della Vergine, Protettrice dei Naviganti, esce di casa, e attraversando viale Bonaria tra due ali di folla, si dirige verso il porto dove salesu un rimorchiatore assieme al clero, mentre tanti fedeli, sistemati su altri battelli, seguono l’imbarcazione che porta la Madonna. Insieme fanno un giro nell’ampio golfo degli Angeli. Giunti al largo, da un elicottero militare vengono gettate in mare corone di alloro precedentemente benedette, in memoria dei caduti di tutte le guerre. Poi il ritorno a Bonaria, ove l’arcivescovo conclude le celebrazioni con un discorso e la benedizione. Il porticciolo turistico di su SiccuRitornati sul viale Armando Diaz e proseguendo verso sud est, arrivati in piazza Marco Polo, prendiamo a destra la via Sebastiano Caboto, che, in circa duecentocinquanta metri, ci porta al Porticciolo turistico di su Siccu alla Marina di Bonaria, è un porticciolo turistico che si trova all’interno del porto commerciale. Il porticciolo può ospitare circa 300 imbarcazioni, manca la pompa per carburanti ma è presente acqua in banchina. La Fiera Internazionale della SardegnaPercorsi altri centocinquanta metri sulla via Armando Diaz, al civico numero 211, vediamo, alla destra della strada, l’ingresso del complesso di edifici che ospitano la Fiera Internazionale della Sardegna con possibilità di entrata anche da piazza Marco Polo. Oltre ai padiglioni, alcuni dei quali sono interessanti opere d’architettura moderna, come il padiglione realizzato nel 1953 da Adalberto libera per la Cassa per il Mezzogiorno, ed il padiglione realizzato nel 1961 da Ubaldo Badas per le attività agricole. Vi è stato, inoltre, installato anche uno spazioso hangar, già dell’aeronautica militare, che lo usava nell’Aeroporto di Monserrato, diventando uno degli spazi coperti più grandi Cagliari. È anche presente una vasta area esterna dove, nel periodo fieristico, si trova un luna Park, mentre in estate vengono ospitati grandi eventi. La chiesa parrocchiale di San Pio XInvece di proseguire lungo il viale Armando Diaz, di fronte all’ingresso della Fiera, prendiamo a sinistra la via Messina e la seguiamo per poco più di duecento metri, poi prendiamo a destra la via Milano che continua sulla via Corsica, che, dopo circa duecentocinquanta metri, incrocia via della Pineta. Prendiamo la via cella Pineta verso destra e la seguiamo per trecento metri, e troviamo, al civico numero 178, alla sinistra della strada, la facciata della chiesa di San Pio X che è la chiesa parrocchiale del quartiere monte Mixi. L’erezione della parrocchia di San Pio X nel 1958, rientrava nel grandioso piano pastorale di assistenza spirituale alla città, che si è sviluppato dopo il secondo conflitto mondiale. L’accesso alla chiesa è preceduto da una breve scalinata. Il prospetto si presenta caratterizzata per buona parte da piccoli mattoni rossi. In asse con il portale, posto centralmente, si trova un’ampia vetrata a forma di semi croce latina. Il campanile è a pianta rettangolare ed è caratterizzato da un evidente bicromia. L’interno della chiesa si presenta ad unica navata. Una enorme tela ad olio, con la sua forte carica di religiosità, domina la navata della chiesa, della quale costituisce la pala d’altare, realizata da Foiso Fois, il noto pittore di Iglesias da sempre impegnato a rappresentare epicamente i grandi temi corali della rivolta sociale e del lavoro, o quelli più lirici del mondo naturale. Le sue dimensioni sono imponenti, dato che ha un’estensione della tela di 56 metri quadri, e l’artista lo ha dipinto con l’aiuto di tre suoi allievi. Foiso Fois si è dedicato nell’agosto del 1977 alla pittura di questo Cristo, su commissione dell’amico parroco don Ottavio Cauli, che lo ha aiutato nel processo ideativo e gli ha fornito un solido supporto teologico e biblico durante tutta la realizzazione. Lo stadio AmsicoraProseguendo, la via della Pineta diventa via dei Salinieri. Percorsi trecento metri in via dei Salieri, alla destra della strada si può vedere lo Stadio Amsicora costruito nel 1923 in un’area appartenente alla Società Ginnastica Amsicora, dalla quale prende il nome. Lo stadio oggi è una struttura polivalente, con campo centrale in erba sintetica ad uso esclusivo dell’hockey su prato, pista d’atletica leggera, Palestra per la ginnastica artistica, Palestra per il fitness, due campi di calcetto e una piccola piscina. Lo stadio ha ospitato, dal 1951 al 1970, le partite casalinghe del Cagliari calcio, che è stato campione d’Italia nel campionato 1969-70. Il Caesar's Hotel che ospita il ristorante Da Cesare ed anche il ristorante PatioProseguendo lungo la via dei Salinieri per un centinaio di metri, prendiamo a sinistra la via Sigmund Freud, dopo circa duecento metri svoltiamo a destra nella via Darwin, alla destra della quale, al civico numero 2, si trova il Caesar's Hotel con i ristoranti Da Cesare e Patio. Il quartiere Sant’Elia con lo stadio Sant’EliaDal viale Armando Diaz, davanti all’ingresso della Fiera campionaria, proseguiamo per circa seicento metri, prendiamo il ponte Vittorio, un ponte sul canale Palma, e lo seguiamo fino all’uscita verso Sant’Elia la Palma. Presa l’uscita verso la via Amerigo Vespucci, che ci porta al quartiere Sant’Elia, imbocchiamo questa strada verso destra, la seguiamo per cinquecento metri, ed arriviamo ai parcheggi dello Stadio Sant’Elia un impianto sportivo di Cagliari, che prende il nome dal quartiere in cui si trova. Nato come stadio polivalente, con pista d’atletica, è stato oggetto nel corso del tempo di una riduzione della sua capienza, e di una trasformazione in uno stadio solamente calcistico, con l’installazione interna di tribune su tre lati del campo, che hanno ridotto la capacità a poco più di 23mila spettatori. Questo fino alla stagione 2011-12 quando, a causa della sua parziale inagibilità, è stato abbandonato dalla squadra cagliaritana che si è trasferita nello stadio di Is Arenas a Quartu Sant’Elena. Il comune ha puntato alla sua trasformazione in uno stadio polifunzionale, adatto sia al calcio che all’atletica, ed è stato riaperto dopo una ristrutturazione, con una capacità di circa 16mila spettatori. Il Cagliari calcio è tornato, in seguito, a giocare allo stadio Sant’Elia. Nel dicembre 2015 è stato approvato il progetto di un nuovo stadio con 21mila posti a sedere, in tribune coperte. Poi quattro campi da Calcio esterni,15mila metri quadri coperti di attività commerciali,55 milioni di investimenti, circa 600 posti di lavoro a regime. Secondo alcune indiscrezioni l’impianto avrebbe dovuto essere pronto per giugno 2019, sorgendo negli spazi attualmente occupati dal Sant’Elia, ma ad oggi i lavori per la sua costruzione non sono neppure iniziati. Nel borgo di Sant’Elia si trovano la chiesa parrocchiale di Sant’Elia ed il Centro Culturale nell’ex lazzarettoPresa, invece, la via Amerigo Vespucci verso sinistra, dopo meno di cento metri prendiamo verso destra la via San Bartolomeo e la seguiamo pertrecentocinquanta metri, fino ad arrrivare alla rotonda del viale San Bartolomeo. Seguendo le indicazioni per il quartiere Sant’Elia, prendiamo la seconda uscita, che è il viale Sant’Elia, e che, percorsi per circa centocinquanta metri, ci porta al centro del borgo di Sant’Elia, che in origine era un borgo di pescatori, e sorge a ridosso di un’area una volta paludosa. Consiste in un intrico di stradine che si snodano fra vecchie case, al centro delle quali si trova la chiesa di Sant’Elia. Nel piazzale di fronte al mare, il largo Sant’Elia, sorge il lazzaretto, sorto attorno al seicento come area di ricovero ed oggi trasformato in un centro culturale. Dal viale Sant’Elia prendiamo, a sinistra, la via dei Musicisti, la seguiamo per circa duecento metri e, alla destra della strada, troviamo la chiesa di Sant’Elia che è la chiesa parrocchiale del quartiere Sant’Elia. Venne fondata nel 1953, ha una struttura moderna con esterno rosa e tetto a capanna. La facciata presenta un atrio con pilastri, cinque finestre vetrate e un oculo di forma ottagonale allungata caratterizzano la sua parte superiore. Sul lato destro si trova il campanile a base quadrata, con aperture rettangolari sui lati della cella campanaria e una piccola cupola a guglia, sormontata da una semplice croce. Presso questa chiesa, a luglio si celebra la Festa del borgo di Sant’Elia. Proseguendo meno di duecento metri lungo il viale Sant’Elia, arriviamo in piazza del lazzaretto, dove si trova l’Ex lazzaretto. Costruito nel 1500, era un ricovero per gli ammalati di peste, ed un posto dove si tenevano in quarantena le mercanzie per prevenire epidemie. Occupato nel dopoguerra dai senzatetto, nel 1999 comincia un lavoro di resturo conservativo, ed oggi ospita il Centro culturale ex lazzaretto, che accoglie mostre sia permanenti che itineranti. La nuova chiesa parrocchiale del Santissimo Nome di MariaPreso il ponte Vittorio, lo seguiamo fino all’uscita verso Sant’Elia la Palma, prendiamo l’uscita verso il viale San Bartolomeo, dopo circa un chilometro arriviamo a una rotonda dove, seguendo le indicazioni per il quartiere la Palma, prendiamo l’ultima uscita verso sinistra, che è la via Tramontana, la seguiamo per settecento metri, poi a destra via Aquilone per circa centocinquanta metri, e, di nuovo a destra via Euro, che, dopo un centinaio di metri, sbocca sulla via Favonio. La prendiamo verso sinistra ed, al civico numero 2, alla sinistra della strada, vediamo la nuova chiesa del Santissimo Nome di Maria che è la chiesa parrocchiale del quartiere la Palma. La nuova chiesa parrocchiale è servita dagli appartenenti alla Congregazione dei Figli di Santa Maria Immacolata. La vecchia chiesa del Santissimo Nome di Maria detta anche delle Saline o dei SalieriEvitando la deviazione sulla via Aquilone, proseguiamo lungo la via Tramontana per una cinquantina di metri, fino a dove arriva al canale Palma. Qui prendiamo a destra il viale la Palma, e, subito sulla destra, troviamo la Vecchia chiesa del Santissimo Nome di Maria chiamata anche chiesa delle Saline o chiesa dei Salieri. Si tratta di una chiesa a navata unica, caratterizzata dal corpo semplice e dalle dimensioni ridotte, che la rendono simile ad una Cappella gentilizia. Eretta nel 1934 su progetto dell’ingegner Vincenzo Marchi, allora direttore delle Saline di Stato, ospitava le messe degli abitanti del villaggio del Sale, situato subito a sud del piccolo stagno di Sa Perda Bianca, che descriveremo più avanti. La chiesa delle Saline diventa, dal 1964, la parrocchiale del quartiere la Palma, per venire poi abbandonata nel 1979 dopo la costruzione della nuova più ampia chiesa parrocchiale del Santissimo Nome di Maria. La vecchia chiesa delle Saline dal 1991 viene utilizzata solo per particolari cerimonie. La frazione abusiva di Medau Su CramuPreso verso destra il viale la Palma, dopo seicento metri passiamo il ponte sul canale Palma e cominciamo a costeggiare la sua sponda sinistra in via dei Monsoni, dopo cinquecento metri svoltiamo a sinistra in via del Sale, e, in duecento metri, imbocchiamo a destra la via dei Gelsomini, che in un centinaio di metri ci porta in località denominata Medau Su Cramu. Dagli anni ’60, senza alcuna pianificazione urbanistica, è stata avviata una lottizzazione abusiva in questa località, posizionata nel tratto della sottile striscia di terra che separa lo stagno di Molentargius ed il sottostante stagno di Sa Perda Bianca dalle Saline di Stato, che descriveremo più avanti illustrando le zone umide ad est di Cagliari. Se ne è ricavato un reticolo di strade private e lotti, con l’intento di trasformare quel lembo di terra in un quartiere residenziale, senza alcuna pianificazione. Nella località di Medau su Cramu risiedono, ad oggi, circa 1.300 abitanti, in cui le amministrazioni comunali di Cagliari e Quartu contano 259 abusi totali o parziali, e sono inizate la iniziative per l’abbattimento delle costruzioni abusive. La chiesa parrocchiale di San Bartolomeoalla rotonda del viale San Bartolomeo, continuiamo lungo il viale per trecento metri e troviamo, alla sinistra della strada, la piazza San Bartolomeo, nella quale si affaccia la chiesa di San Bartolomeo che è la chiesa parrocchiale del borgo omonimo, che, come documenta Giovanni Spano, è stato, nell’ottocento, sede del Bagno Penale, la prima colonia penitenziale dell’Isola, nella quale i galeotti venivano utilizzati soprattutto per l’estrazione del sale. Nel diciassettesimo secolo nel borgo vengono edificate due Chiese, una è dedicata alla Vergine di lluc, ora scomparsa, e l’altra è intitolata a San Bartolomeo, venerato a Barcellona, la cui devozione viene incoraggiata dagli Spagnoli. L’edificio, sorto a metà del seicento, è a navata unica con copertura lignea poggiante su archi a diaframma a sesto acuto. Al diciottesimo secolo risale l’inserimento nella facciata, di gusto tardogotico, di un portale in stile barocchetto piemontese, che riutilizzava l’originario arco di scarico. A occidente del promontorio di Sant’Elia la Torre de Su Perdusemini, la Torre dei Segnali ed il faro di Capo Sant’EliaAl periodo romano risalirebbe il martirio di Sant’Elia, che sarebbe stato ucciso in questi luoghi, durante le persecuzioni di Diocleziano. Il Promontorio di Sant’Elia a lui dedicato, è situato a sud di Cagliari, e costituisce la barriera naturale che separa il golfo di Cagliari dal golfo di Quartu Sant’Elena. Tutto il promontorio di Sant’Elia, è costituito da rocce calcaree sedimentarie di età miocenica, quindi geologicamente piuttosto giovani. All’interno di queste rocce si sono formate diverse grotte, che sono state abitate dall’uomo sino dal sesto millennio avanti Cristo Si tratta di un promontorio privo di vegetazione consistente, ed il suo punto più alto, abbastanza panoramico, si trova a circa cinquantaquattro metri sul mare. La Torre di Cala Bernat situata poco lontano dal fabbricato settecentesco dell’ex Lazzaretto e chiamata per questo Torre del Lazzaretto o anche Torre de Su Perdusemini, che è il nome del lazzaretto in sardo campidanese, si trova a trentaquattro metri sul mare, sopra un costone calcareo sul lato occidentale del promontorio di Capo Sant’Elia, ed è raggiungibile più facilmente dal borgo di Sant’Elia di Cagliari, praticando una strada sterrata. Edificata in epoca spagnola, probabilmente nel 1720, è realizzata in calcare ed è voltata a cupola. Viene a volte chiamata anche Torre del Prezzemolo, nome con il quale si identificava in passato un’altra torre costiera, la vicina Torre di Cala Fighera, che oggi non è più esistente. La Torre dei Segnali si trova a cinquantaquattro metri sul mare sulla punta del promontorio, ed è facilmente raggiungibile. Si tratta di una Torre di avvistamento edificata dagli Spagnoli come parte del sistema difensivo costiero. Una targa in marmo, murata esternamente, la attesta realizzata nel 1638. La struttura, oggi in dotazione alla Marina Militare, è stata realizzata con pietrame calcareo, ha una volta a cupola ed è intonacata. I due piani sono collegati grazie ad una scala interna alla muratura, ed il secondo si imposta sul terrazzo del primo. Al terrazzo si arriva grazie ad una scala a chiocciola metallica, di epoca moderna. Interessante la pavimentazione in mattonelle smaltate, del primo piano. Un tempo, il promontorio di Capo Sant’Elia era un approdo protetto dalla Torre dei Segnali, accanto alla quale è stato costruito uno dei fari più antichi della Sardegna, il Faro di Capo Sant’Elia. Edificato nel 1850 e attivato nel 1860, è costituito da un edificio a due piani, sormontato da una torre cilindrica a strisce bianche e nere. La spiaggia di Cala MoscaPer raggiungere il promontorio di Capo Sant’Elia, riprendiamo il nostro viaggio dalla piazza San Bartolomeo, dove il viale San Bartolomeo diventa viale Calamosca, lo seguiamo fino al termine. A circa cinque chilometri dal centro arriviamo in località Calamosca, attraversando la zona militare con la Caserma Ederle, al capolinea dell’autobus numero 11, vicino all’Hotel Ristorante Calamosca, affacciato sul mare. Qui, davanti al grande albergo, si trova la piccola spiaggia di Calamosca, un angolo di sabbia e mare molto piacevole, in un ambiente che è rimasto ancora selvaggio, che si trova sul versante occidentale del promontorio di Capo Sant’Elia. Prendendo il sentiero sulla destra, al termine della spiaggia di Cala Mosca, troviamo sulle rocce, sotto il faro, un tratto di spiaggia frequentata quasi esclusivamente da naturisti e da gay, che qui trovano riparo da occhi indiscreti e possono prendere comodamente il sole. La spiaggia dell’ex StabularioGiunti a Calamosca, invece di fermarci all’Hotel ed alla spiaggia, procediamo sulla strada verso sinistra, che conduce, dopo aver passato il Bar le Terrazze, alla fine della strada, allo Stabilimento balneare le Paillote. Il lato occidentale del promontorio montuoso di Murr ’e Porcu, lo stabilimento balneare è ospitato nella piccola spiaggia dell’ex Stabulario. La spiaggia di Cala FigheraDalla fine della strada, prendiamo il sentiero sul colle, a sinistra, e procediamo a piedi lungo il percorso naturalistico che porta alla Sella del Diavolo. È necessario essere muniti di scarpe da Tennis, no ciabatte, no infradito. Dalla sommità del promontorio procediamo in discesa verso le numerose piccole insenature a carattere roccioso, dove non e difficile, grazie alla conformazione del territorio, poter prendere il sole, al riparo da occhi indiscreti, in costume adamitico, senza incorrere in sanzioni. Raggiunta la parte orientale del promontorio montuoso di Murr ’e Porcu, si giunge all’ampia insenatura che ospita la piccola spiaggia di Cala Fighera, seguendo le stradine che scendono verso il mare. In località Cala Fighera si trovava un tempo anche la Torre di Cala Fighera edificata in epoca spagnola, probabilmente nel 1639, ma che ora è scomparsa. Salendo sul promontorio di Sant’Elia arriviamo alla Sella del Diavolo con i suoi resti archeologiciLa Sella del Diavolo è il nome dato alla collina che di trova al centro del promontorio di Sant’Elia, e che domina la spiaggia del Poetto ed il porticciolo di Marina Piccola. Il suo nome deriva da un’antica leggenda che narra che un giorno i diavoli, attratti dalla bellezza del golfo di Cagliari, se ne sarebbero impadroniti. Dio mandò, allora, i suoi angeli, guidati dall’Arcangelo Michele, per scacciare lucifero e i diavoli, ma nella fuga quest’ultimo perse la sua sella che cadde, lasciando così l’impronta che caratterizza questa piccola altura. Sul promontorio di Sant’Elia, giunti a Calamosca, si procede lungo la strada situata a sinistra sino ad arrivare ad una piccola area di sosta, dove ci si feram a dalla quale si prende il sentiero che sale sul colle alla sinistra, e si procede a piedi lungo il percorso naturalistico, per raggiungere la Sella del Diavolo. Nel punto più elevato del promontorio, a 135 metri di altezza, esisteva un Tempio fenicio dedicato ad Astarte Ericina di cui, però, ora rimangono solo pochi resti, e che è attualmente in fase di scavo. Subito più a sud si vede, invece, una Cisterna romana dalla forma tronco conica, del diametro di circa cinque metri, con di fianco all’imboccatura un sistema di vasche e canalette, costruito sulla roccia in maniera da farvi confluire l’acqua piovana. Nell’undicesimo secolo tutta l’area del promontorio viene affidata ai monaci Benedettini di San Vittore di Marsiglia, detti anche Vittorini, che vi costruiscono il monastero di Monte Sant’Elia del quale rimangono solo pochi ruderi della chiesa di Sant’Elia, situati subito più a sud della cisterna romana. Subito a sud dei resti della chiesa, si trova la Torre di Sant’Elia, che descriveremo più avanti. Poche decine di metri più a valle, è presente un grande Cisternone punico chiamato Sa Ucca ’e su Diaulu, ossia la bocca del diavolo. Ha una forma rettangolare, è lungo ventisette metri e profondo sei, ed ha una sezione trapezoidale. A oriente del promontorio di Sant’Elia di trovano la Torre di Sant’Elia o dei Pisani e la Torre del Poetto o del PohuetSul promontorio di Sant’Elia si trovano altre due torri difensive. Sulla sommità del promontorio, sulla Sella del Diavolo, a 139 metri sul mare, vicino a una base militare, è situata la Torre di Sant’Elia chiamata anche Torre dei Pisani, alla quale si può arrivare da Marina Piccola o da Calamosca, dopo aver camminato per circa mezz’ora. Ha una struttura di forma tronco conica con volta a cupola, alta sei metri e con un diametro di cinque, ed è atata costruita in pietra calcarea. È situata in una posizione dalla quale è possibile vedere quasi tutte le torri costiere del golfo di Cagliari, ma attualmente si trova in cattivo stato di conservazione. Sul suo lato orientale del promontorio si trova anche la Torre del Poetto chiamata anche Torre del Pohuet, il cui nome potrebbe derivare dal catalano Pohuet, ossia pozzetto, in riferimento ai numerosi pozzi e cisterne per la conservazione dell’acqua piovana sparsi sulla Sella del Diavolo. La torre sorge ad 87 metri sul mare,su una piccola sporgenza che si estende a mezza costa del promontorio. È abbastanza vicina alla Torre di Sant’Elia, ma è molto più difficoltosa da raggiungere. Anche ad essa si può arrivare a piedi da Marina Piccola o da Calamosca, dopo aver camminato per oltre mezz’ora, ma è difficilmente raggiungibile a causa la pericolosità del percorso. Il materiale che la compone è il pietrame calcareo, è in pessimo stato di conservazione, e della sua struttura originaria, che si trova in stato di rudere, restano oggi solo due tronconi. Il quartiere del Poetto con il porticciolo di Marina PiccolaPercorsa via Armando Diaz, alla rotonda del viale San Bartolomeo prendiamo sulla sinistra il viale Poetto e lo percorriamo tutto, fino a che ci porta nel quartiere del Poetto. Ad esso possiamo arrivare anche dalla chiesa di San Bartolomeo, prendendo una deviazione sulla sinistra, e poi a destra il viale del Poetto. Percorsi 1.6 chilometri dall’inizio del Viale, arriviamo alla piazza degli Arcipelaghi, con una rotonda dove prendiamo, verso destra, la strada che, in seicento metri, ci porta ai parcheggi della Marina Piccola. Il Porticciolo di Marina Piccola che si trova alla chiusura occidentale della lunga spiaggia del Poetto, verso il promontorio di Capo Sant’Elia, è un porticciolo turistico nel quale trovano posto circa 300 imbarcazioni, anche da pesca, ma manca di pompa carburante. È sede della lega Navale e di uno Yacht Club. La chiesa della Beata Vergine della SaluteDal viale del Poetto, arrivati alla rotonda in piazza degli Arcipelaghi, prendiamo, verso sinistra, la via lungo Saline, e, dopo un chilometro e mezzo, a destra la via dei Cavalleggeri, dopo centotrenta metri di nuovo a destra la via Ausonia, alla destra della quale, dopo centocinquanta metri, si trova la chiesa della Beata Vergine della Salute che è la chiesa parrocchiale del quartiere Poetto, costruita in stile moderno tra il 1963 ed il 1971 ed affidata ai Figli di Santa Maria Immacolata. L’icona che viene venerata all’interno della chiesa, e che da il nome alla parrocchia, è stata eseguita nel 1976 da Lucia Porcu. Sul lungomare del Poetto si trova l’Hotel la Villa del MareDalla rotonda in piazza degli Arcipelaghi inizia il lungomare del Poetta, sul quale, dopo un chilometro e trecento metri, al civico numero 248, si trova l’Hotel la Villa del Mare.
La spiaggia del Poetto con la Torre di Mezza spiaggiaDal lungomare Poetto, diverse deviazioni verso destra ci portano alla spiaggia del Poetto, il cui nome si pensa derivi dalla torre aragonese denominata del Poeta, che si può osservare ancora oggi sopra la Sella del Diavolo, mentre, secondo un’altra ipotesi, potrebbe derivare dal catalano Pohuet, ossia pozzetto, in riferimento ai numerosi pozzi e cisterne per la conservazione dell’acqua piovana sparsi sulla Sella del Diavolo. La Torre di Mezza spiaggiaProseguendo lungo il lungomare Poetto, dopo circa un chilometri, sulla spiaggia, poco prima della struttura dell’ex Ospedale Marino, si trova la Torre di Mezza spiaggia. La torre viene già citata dallo storico Giovanni Francesco Fara, e dunque è stata edificata prima del 1591, anno della sua morte. La struttura, in pietra calcarea, è di forma tronco conica, con una camera interna, voltata a cupola, in cui si trova l’accesso al terrazzino soprastante. L’interno della torre non è praticabile, in quanto l’ingresso è attualmente murato. L’edificio è alto quasi otto metri, per un diametro alla base di circa sei metri, e si presenta in buone condizioni, grazie ai numerosi restauri effettuati. L’ex Ospedale MarinoSulla spiaggia del Poetto si trova l’ex Ospedale Marino progettato negli anni trenta del novecento da Ubaldo Badas per ospitare la Colonia Marina. Dopo la guerra, ha ospitato l’Ospedale Marino, fino al suo trasferimento nella sede attuale. Oggi versa in stato di degrado. Un progetto della regione tende al suo risanamento ed alla sua rivalorizzazione. L’ippodromo intitolato al generale Antonio GutierrezPercorsi duecentocinquanta metri, dopo aver costeggiato l’Ippodromo intitolato al generale Antonio Gutierrez arriviamo al suo ingresso. L’ippodromo, inaugurato da Vittorio Emanuele III nel 1929, e dedicato ad una figura di spicco della equitazione nazionale passato alla storia oltre che per le innumerevoli vittorie conquistate nei concorsi internazionali di salto di ostacoli, per aver stabilito, nel 1938, in sella a Osoppo, a piazza di Siena durante i campionati Nazionali, il record del mondo di elevazione a cavallo. L’ippodromo si estendesu un terreno di venti ettari, situato tra la spiaggia del Poetto e i bacini delle saline, ed è gestito dalla società ippica cagliaritana. Nel 1992 viene chiuso, e, solo nel 2009, ha riaperto le porte al pubblico. Già da qualche anno, l’ippodromo, con i suoi 1400 metri di pista, è la sede dove si svolge il Palio di Cagliari durante la Festa di Sant’Efisio. Lo stagno di Molentargius all’interno del centro abitato ed a sud il piccolo stagno di Sa Perda BiancaCagliari è nota per le sue molte aree umide. Ad ovest della città si sviluppa lo stagno laguna di Santa Gilla, del quale abbiamo già parlato, e verso est gli Stagni di Quartu, che descriveremo quando ci recheremo a visitare Quartu Sant’Elena. All’interno della città, a nord rispetto alla spiaggia del Poetto, si trova il grande stagno di Molentargius che ha una superficie di 1400 ettari e fa parte del Parco Naturale regionale Molentargius Saline, istituito nel 1999. È una delle più importanti aree umide d’Europa, raro esempio al mondo di ecosistema presente in aree fortemente antropizzate, recintato per evitare che il turismo disturbi un’isola naturalistica unica, nella quale, a due passi dal centro di una grande città, sopravvivono una flora ed una fauna uniche, fenicotteri, germani reali, avocette, cavalieri d’Italia, ecc.. Si tratta di un Sistema stagnale al confine fra i territori comunali di Cagliari, nel suo lato occidentale, e di Quartu Sant’Elena, in quello orientale, legato all’emersione di barre sabbiose, e costituisce un’importante zona umida in gran parte adibita alle saline di proprietà del demanio, attualmente inattive, alimentate con un sistema di canali dal mare. Lo stagno di Molentargius si divide in due vasche, tra le quali si trova un sistema naturale di fitodepurazione delle acque. La prima vasca è la più importante, è situara situata a sud, viene chiamata Bellarosa Maggiore, e costituisce un bacino di raccolta delle acque provenienti dal mare attraverso l’idrovora posta lungo la spiaggia del Poetto. La seconda viene chiamata Bellarosa Minore, si trova a nord, ed in essa viene fatta confluire l’acqua di diversi canali che raccolgono le acque reflue dei paesi dell’hinterland, e corrispondono agli alvei di alcuni Torrenti, il rio Saliu che attraversa il comune di Monserrato; il rio di Selargius che attraversa il comune omonimo; il rio Cungiaus che scorre tra Quartu e Quartucciu. Il Bellarosa Minore ha acque dolci ed è il naturale luogo di soggiorno dell’avifauna protetta. Gli scarichi fognari, con il loro apporto di acque dolci particolarmente ricche di sostanza organica, hanno favorito la rapida crescita di canneti che stanno gradualmente occupando gran parte del bacino. Lo stagno di Molentargius costituisce il principale sito di riproduzione del fenicottero rosa in Sardegna. È, infatti, proprio in questo stagno che, per la prima volta in Italia, quasi vent’anni fa, i fenicotteri rosa, ormai stanziali, hanno figliato. A quanto ha scritto La Nuova Sardegna, nel maggio 2011 c’è stata nello stagno di Molentargius una vera e propria Invasione di fenicotteri per la nidificazione sono arrivate dalla Francia, da Orbetello, dal delta del Po e dalla Spagna oltre quattromila coppie, e per Cagliari è stata una una Festa di colori. All’arrivo nel capoluogo i fenicotteri si sono divisi in tre grandi colonie ed altri quattro nuclei minori. É stato uno spettacolo che ha attirato intorno all’area del parco centinaia di turisti, curiosi, appassionati, e naturalmente le scolaresche di tutto l’hinterland. Lo stagno di Molentargius è stato riconosciuto negli elenchi ufficiali delle aree umide da sottoporre a tutela, classificato Sito di Importanza comunitaria ai sensi della direttiva dell’Unione europea n. 43 del 1992, la cosiddetta Direttiva Habitat, ed inoltre Zona di Protezione Speciale ai sensi della direttiva dell’Unione europea n. 409 del 1979 abrogata e sostituita dalla direttiva n. 147 del 2009, la cosiddetta Direttiva Uccelli, e Zona Umida di Importanza Internazionale ai sensi della convenzione di Ramsar. Nel 1988 il Ministero dell’Ambiente ha stanziato una somma per un progetto di recupero e salvaguardia dell’ecosistema di questo stagno, in cui, accanto alle necessarie misure di protezione dell’ambiente e delle comunità vegetali e animali, è stata prevista la realizzazione di strutture ricettive per la fruizione dell’area umida da parte dei visitatori. Le aree verdi del compendio del Molentargius, gestite dall’Ente parco, sono aperte al pubblico e accessibili liberamente, dall’alba al tramonto, gratuitamente. A sud dello stagno di Molentargius si trova il piccolo stagno di Sa Perda Bianca un’altra area umida protetta, che costituisce una zona di sosta e riproduzione di avifauna acquatica di interesse comunitario, e che fa anch’essa parte del Parco Naturale regionale del sistema Molentargius, Saline, Poetto. Le Saline di Stato tra il bacino di Molentargius e lo stagno di QuartuLa storia di Molentargius è strettamente legata alla storia delle Saline di Stato che si collocano nel settore sud della zona costiera di Cagliari e Quartu Sant’Elena, sul retro della strada costiera, dato che il grande bacino del Bellarosa Maggiore, è stato utilizzato come vasca di prima evaporazione nel ciclo di produzione e raccolta del sale. Le Saline di Stato, che comprendono il Bacino di Molentargius e lo stagno di Quartu, ed ancora oggi dipendono dal Ministero delle Finanze, hanno cessato la loro attività nel 1984, per la tracimazione dei canali di regimentazione delle acque reflue, oltre che per problemi di inquinamento. Viene, comunque, ancora oggi garantita la circolazione d’acqua nei bacini. Siamo arrivati ai confini tra la costiera del comune di Cagliari e qualla di Quartu Sant’ElenaLa bella spiaggia del Poetto di Cagliari prosegue in territorio di Quartu Sant’Elena, con la spiaggia del Poetto di Quartu che verrà descritta in una prossima tappa, per vedere tutta la costiera cha va da Cagliari a Villasimius. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, completeremo la visita della città di Cagliari, della quale nelle pagine precedenti abbiamo visto il centro storico, in questa i dintorni, e nella prossima visiteremo la Municipalità di Pirri. | |||||||
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