Dorgali capitale dell'artigianato e del turismo estivo in Barbagia dove è nato il ceramista Salvatore FancelloInizieremo ora la visita della Barbagia la famosa terra dei barbari che tanto spaventava i Romani e che nel tempo nessuno dei tanti invasori della Sardegna è mai riuscito a conquistare. |
In questa tappa del nostro viaggio visiteremo la zona costiera della Barbagia partendo da Dorgali considerato il capoluogo dell'artigianato e soprattutto del turismo estivo in Barbagia, grazie alle particolarità del suo ambiente naturale ed alla fama della sua frazione marina Cala Gonone, che visiteremo nella prossima tappa. Nella tappa successiva vedremo i molti importanti siti archeologici presenti nei suoi dintorni. La Barbagia dove più si conservano la cultura e le tradizioni originali sardeLa parte più caratteristica del Nuorese è la Barbagia dove finiva la Sardegna romana ed iniziava la cosiddetta Barbaria, la terra abitata dai barbari. i Romani chiamavano barbari le genti di questa parte della Sardegna, i cosiddetti Sardi Pelliti, ossia Vestiti di pelli, che detestavano per la loro irriducibilità e tenacia nel contrastare il dominio dei conquistatori. Nel 1941 il geografo francese Maurice le lannou, descrivendo la Barbagia, parlava di Paesaggi e un sistema di vita che non sono praticamente cambiati dai tempi della conquista cartaginese della Sardegna. La vita pastorale della Barbagia, quasi racchiusa dai campi coltivati che stanno tutt'intorno ai suoi confini, ha conservato la sua forma antica e offre spettacoli che sono i più suggestivi che si possano ancora contemplare in un paese europeo. Il centro di questo piccolo mondo millenario è il massiccio consumato, ma compatto, del Gennargentu. Le difficoltà di comunicazione e le differenze culturali hanno creato notevoli divisioni all'interno di questo territorio, che viene comunemente distinto in tre Barbagie: a sud la Barbagia di Ollolai, quella di Belvì e quella di Seulo che si va a sviluppare nella parte settentrionale della Provincia di Cagliari e di quella che oggi è la Provincia dell'Ogliastra. La principale caratteristica orografica della Barbagia è il Supramonte un complesso montuoso di altopiani carbonatici che occupano la parte centro orientale della Sardegna, che si estende per 3cinquemila ettari nei territori di Oliena, Orgosolo, Urzulei, Baunei e Dorgali, paesi situati ai piedi delle alte pareti calcaree che delimitano i confini dell'altopiano. In realtà, quello che noi definiamo Supramonte non esiste dal punto di vista geografico, nel senso che questo termine è una traduzione in italiano di un modo di dire sardo ad indicare I monti sopra, che in realtà sta ad indicare tutti quelli più alti rispetto a dove tu ti trovi. Costituito da rocce di dolomie e calcari e incorniciato da montagne carsiche tra le più alte della Sardegna, seconde in altezza solo a quelle del Gennargentu, è pressoche inaccessibile a chi non ne conosca i segreti. Si sconsiglia di avventurarsi da soli nel Supramonte e si raccomanda di chiedere informazioni all'Ispettorato Forestale di Nuoro.
Più a sud si sviluppa il Gennargentu un grande massiccio montuoso situato nella zona centro orientale della Sardegna tra la Provincia di Nuoro e la Provincia dell'Ogliastra. Geologicamente il Gennargentu, composto da scisti prodotti dalla trasformazione di argilla sottoposta ad alte pressioni e temperature, è una delle formazioni rocciose più antiche del continente europeo e per questo è caratterizzato da montagne relativamente basse e tondeggianti. Il Gennargentu comprende le cime più alte dell'Isola: la Punta Paulinu di 1.792 metri, il Bruncu Spina di 1.829 metri, e la Punta La Marmora di 1.834 metri, la più alta di tutto il massiccio montuoso.
La Barbagia è costituita da zone montuose rimaste in gran parte ancora selvatiche, determinando una Tradizione di difesa dei propri valori culturali e dei propri costumi dalle invasioni ed occupazioni che si sono succedute nel tempo, di cui si conserva traccia ancora oggi. Principali manifestazioni tradizionali della Barbagia sono quelle legate al Carnevale, diverse da una località all'altra, e come in tutta la Sardegna importanti sono le celebrazioni della Settimana Santa. La regione storica della Barbagia di Ollolai La Barbagia di Ollolai (nome in lingua sarda Barbàgia 'e Ollolai), chiamata anche Barbagia Superiore, è una regione storica della Sardegna centrale. Durante il periodo giudicale ha fatto parte del Giudicato d'Arborea, nellla Curatoria della Barbagia di Ollolai, è stata poi degli Aragonesi, quindi del Ducato di Mandas. Ne fanno parte i comuni: Austis, Fonni, Dorgali, Gavoi, Lodine, Mamoiada, Oliena, Ollolai, Olzai, Orgosolo, Ovodda, Teti e Tiana. Secondo molti, ed anche secondo noi, alla Barbagia di Ollolai apparterrebbe anche il comune di Dorgali, che durante il periodo nel quale la Sardegna era sotto il controllo dell'impero Bizantino e nel primo periodo del Giudicato di Arborea ne costituiva uno sbocco al mare, che è andato perduto a seguito dell'espansione, promossa dai Pisani, verso sud del Giudicato di Gallura. Secondo alcuni, alla Barbagia di Ollolai apparterebbero anche i comuni di Orani e Sarule, che noi attribuiamo, invece, al Nuorese, noto anche come Barbagia di Nuoro o Barbagia di Bitti.
In viaggio verso DorgaliDa Baunei percorriamo la SS125 Orientale Sarda attraversando un paesaggio suggestivo sul Supramonte di Baunei e, poi, su quello di Dorgali. Si tratta di una bella strada interna, con curve e tornanti, che fa salire fino al passo Genna Silana, a 1010 metri, dopo di che la strada inizia a scendere sempre attraverso un paesaggio suggestivo, ancora all'interno perché le coste con le belle cale che si alternano alle alte falesie sono raggiungibili solo via mare. Noi ci siamo arrivati da sud, ma la bellezza di Dorgali si nota meglio provenendo da nord, da Orosei, perché in questo caso la strada, dopo aver fiancheggiato il monte S'Ospile, vi arriva dal basso e ci offre una bellissima visuale del paese adagiata sulla collina. 
Consideriamo Dorgali appartenente alla Barbagia di Ollolai, sebbene Dorgali non si identifichi pienamente con nessuna delle regioni storiche della Sardegna. Possiede infatti elementi in comune con le Barbagie, cui appartiene il comune di Oliena, che si trova un poco più ad ovest, ed anche con le Baronie cui appartiene quello di Orosei, che si trova un poco più a nord, mentre ha minori elementi in comune con l'Ogliastra, regione si trova più a sud, escludendo il comune di Urzulei, con il quale i legami sono sempre stati molto stretti. Dal centro di Baunei a quello di Dorgali abbiamo percorso 48,5 chilometri. Il comune chiamato Dorgali, capitale dell'artigianato e del turismo estivo in Barbagia Il comune chiamato Dorgali (nome in lingua sarda Durgali, altezza metri 390 sul livello del mare, abitanti 8.299 al 31 dicembre 2021), è un grande borgo posto alle falde del monte BArdia, di 882 metri, visibile da tutte le cime della Barbagia risultando come una macchia bianca circondata dal verde. L'abitato, attraversato dalla SS125 Orientale Sarda, è circondato dai rilievi basaltici ricchi di vegetazione mediterranea, e si sviluppa in parte in collina e in parte sul mare. La popolazione vive soprattutto nel capoluogo comunale, mentre solo parte della popolazione si distribuisce nella località di Cala Gonone e in case sparse. La sua particolare posizione geografica la rende una meta turistica sia per gli amanti della montagna che per quelli del mare. Infatti, nell'entroterra si può visitare l'affascinante Supramonte, il vastissimo altopiano che si erge dietro il Gennargentu, interrotto da strette gole e ricco di flora e fauna. Nella zona costiera, invece, molto famosa è Cala Gonone, cui si accede da una galleria scavata nella roccia calcarea, e da dove è possibile effettuare delle escursioni via mare verso le grotte del Bue Marino e verso le spiagge di Cala Luna, in territorio di Dorgali, ed a Cala Mariolu, Cala Sisine e Cala Biriola, in territorio di Baunei.
Nella mia visita a Dorgali nel 2013, ho ottenuto dal sindaco del paese, Angelo Carta, l'autorizzazione a fotografare all'interno di tutti i musei e, soprattutto, nella grotta di Ispinigoli e nella grotta del Bue Marino, nei quali è vietato scattare foto, al fine di meglio documentare le descrizioni presenti nel sito, per incoraggiare chi lo visita a recarsi, in un suo eventuale viaggio a Dorgali ed a Cala Gonone, a visitare sia i suoi musei che le due bellissime grotte. |
Questo paese fa parte dell'Associazione nazionale Città del Vino Questo paese fa parte dell'Associazione nazionale Città del Vino, il cui obiettivo è quello di aiutare i Comuni a sviluppare intorno al vino, ai prodotti locali ed enogastronomici, tutte quelle attività e quei progetti che permettono una migliore qualità della vita, uno sviluppo sostenibile, più opportunità di lavoro. Le Città del Vino in Sardegna sono ad oggi Alghero, Arzachena, Atzara, Badesi, Benetutti, Berchidda, Bonnanaro, Bosa, Calangianus, Dolianova, Donori, Dorgali, Jerzu, Loceri, Luogosanto, Luras, Meana Sardo, Modolo, Monti, Neoneli, Olbia, Samugheo, San Nicolò di Arcidano, Sant'Antioco, Selargius, Sennori, Serdiana, Sorgono, Sorso, Tempio Pausania
Origine del nomeIl suo nome, attestato dal 1341, potrebbe derivare da Sorga, ossia sorgente o fonte, con il suo sostantivo Sorgal, da cui Castras Sorgal o Thorgal, parola usata nell'antica lingua provenzale e catalana, e già usata dai monaci Vittorini e lerinensi che sono stati presenti a Dorgali. un'altra ipotesi farebbe risalire il nome del paese alla città romana di Sulcalis, dal quale deriverebbe il nome Thurcali. Secondo altri potrebbe derivare da una voce greca bizantina, attraverso le forme Drugari o Durgari, che indicava il comandante di una squadra dell'esercito. un'ultima versione è quella che le potrebbe far avere una base paleosarda, se si considera che nel territorio della vicina Urzulei si trova un fiume denominato rio Dorgone. La sua economia Il settore principale dell'economia di Dorgali è l'agricoltura, con la produzione di cereali, ortaggi, foraggi, uva dalla quale si ricava il famoso vino Doc Cannonau, olive, agrumi e frutta. Significativo anche l'allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L'industria è presente con aziende che operano nei comparti della pesca, alimentare e lattiero caseario, tessile e della pelletteria, manifatturiero soprattutto con la gioielleria e l'oreficeria, oltre con la produzione del tipico coltello artigianale. Dorgali può essere considerata la capitale dell'artigianato della Barbagia, con le sue numerose botteghe, dato che in essa si producono manufatti di pelle, ceramiche decorate, lavori in filigrana d'oro e d'argento, scialli ricamati e pregiati tappeti con la lavorazione a nodo di tipo orientale. L'economia di Dorgali è, inoltre, strettamente legata alla sua frazione marina Cala Gonone, un porticciolo per il piccolo cabotaggio, il cui sviluppo era però condizionata dall'isolamento della località, chiusa ad ovest dai monti e ad est dal mare. Nel 1860 è stata inaugurata la galleria vecchia, che attraversava il monte BArdia, e le comunicazioni fra Dorgali e Gonone sono divenute più intense. Sono sorte allora, a Cala Gonone, le prime abitazioni, e si è avviato il commercio via mare.Quindi Cala Gonone ha iniziato a svilupparsi, per l'abitudine dei nuoresi di trascorrervi le vacanze, fino a diventare la capitale del turismo estivo in Barbagia.Altro motivo di richiamo di Dorgali è la gastronomia locale. Sono le sue principali produzioni tipiche il suo pane, soprattutto il Pane carasau, i formaggi ovini, caprini e vaccini, il latte, l'olio, il miele ed i dolci. Tra questi, soprattutto Su pistiddu, la ciambella col vino cotto, e Su pistoccu d'ou, un biscotto d'uovo tenero e friabile che ricorda i savoiardi. Nella foto che ritrae quest'ultimo manca un pezzo di uno dei due biscotti, ma quando ho deciso di fotografarli lo avevo già mangiato... Altre produzioni tipiche di Dorgali e dei suoi dintorni sono soprattutto i vini derivati dalle uve Cannonau, dei quali i dorgalesi sono cultori da oltre 2000 anni.
Il coltello tradizionale sardo I coltelli tradizionali sardi si suddividono in tre categorie di base, che sono Sa Leppa, ovvero il coltello a manico fisso ancora oggi in uso sopratutto presso pastori e contadini, il coltello a serramanico chiamato nel nord Sa Resolza e nel sud S'Arresoja, e Sa Còrrina, che è il coltello più semplice e antico, che presenta una lama fissa a foglia d'ulivo e manico in corno di capra, ed è usato tipicamente dai pastori. Esistono tantissime varietà di Sa Leppa, a seconda della zona geografica di produzione e della struttura morfologica del coltello stesso. I principali tra quelli ad oggi sono ancora realizzati sono la Pattadese, l'Arburese, la Guspinese, ai quali la regione Sardegna, per tutelare la produzione artigianale dell'Isola, ha conferito il marchio Doc. Altri centri di eccellenza sono Tempio Pausania, Dorgali, Alghero, Santu Lussurgiu e Assemini.
Abitudine diffusa in Sardegna, soprattutto tra gli uomini, è di ricevere in regalo uno di questi coltelli che gli artigiani realizzano in manico d'osso e lama in acciaio, ma non è un regalo come gli altri, dato che ha un significato molto profondo. Oltre a essere un gesto di grande amicizia, è un auspicio di un felice futuro, poiché serve a tagliare tutti i rami secchi del passato e concentrarsi sul futuro. Ma tecnicamente il coltello non si regala, chi lo riceve è obbligato, secondo la tradizione, a regalare una moneta, anche di pochissimo valore, alla persona da cui lo riceve. In questo modo il coltello non servirà mai a separare l'amicizia. Il coltello tipico di Dorgali che è su Durgalesu Nel paese di Dorgali arte e artigianato si incrociano da secoli, e qui oggi la coltelleria si accoppia con l'oreficeria. Il più antico coltello dorgalese era Sa Leppa de Chintu ossia il coltello da cintura, una sorta di sciabola senza Guardia, che è stata prodotta a Dorgali per circa cinquanta anni, le cui prime realizzazioni risalgono al 1830. Era contraddistinta da un manico in ottone o in corno, inciso rigorosamente a mano con scalpelli di precisione come bulino e cesello, che rappresentava la testa di un'aquila o quella di un leone. La lama aveva forma lievemente ricurva ed era lunga almeno cinquanta centimetri, veniva riposta in un fodero di pelle o, talvolta, ottone decorato che riprendeva gli stessi motivi del manico. La sua produzione era dovuta principalmente all'artigiano dorgalese Giovanni Maria Bacchitta, che firmava le sue daghe con le iniziali JMB, ossia Juan Maria Bacchitta, a riprova del suo legame con la Spagna ed in particolare con la città di Toledo, da dove si presume che importasse l'acciaio per la forgiatura delle sue lame. Da questa leppa deriva il coltello tipico di Dorgali, che è Sa Resolza di Dorgali, chiamata anche Su Durgalesu, un coltello bellissimo che segna il punto di arrivo di coltelleria ed oreficeria, e che si distingue dagli altri coltelli sardi per la sua linea leggera ed elegante. Come materie prime per la sua realizzazione si utilizzano l'acciaio, l'ottone e le corna di montone, muflone e cervo adatte per la produzione artigianale. Le lame sono ricercatissime dai collezionisti, e vengono oggi realizzate secondo la filosofia del non depet essere bellu de badas, ossia il coltello non deve essere solo bello ma anche funzionale. Largamente imitato sia nelle forme che negli allestimenti, spesso la produzione del coltello dorgalese dimostra la perfetta padronanza esecutiva con incisioni proprie che riportano alla secolare e ben documentata tradizione armiera di Dorgali.
Brevi cenni storici Il territorio di Dorgali e la sua costa è stato abitato sin dai tempi preistorici, come testimoniano i numerosi resti in esso rinvenuti. Sono, infatti, presenti numerosi siti archeologici, quali domus de janas, dolmen, nuraghi, villaggi nuragici, tombe di giganti, e grotte utilizzate sia come abitazione che come tombe. Ai decenni intorno alla metà del settimo secolo avanti Cristo risale il bronzetto chiamato del sacerdote pugilatore di Dorgali, connotato dagli occhi cerchiati in stile Abini, rinvenuto probabilmente a Cala Gonone ed oggi conservato al Museo Nazionale Archeologico di Cagliari. Lungo la costiera di Dorgali, nella Grotta di Ziu Santoru, a poca distanza dalla grotta del Bue Marino, e nella Grotta di Cala Ilune, chiamata solitamente Cala Luna, sono stati rinvenuti indizi della presenza umana in Sardegna nel Paleolitico Medio. Si tratta di alcuni frammenti di piccole dimensioni, ossia Frustoli di carbone, rinvenuti insieme a residui di ossa di cervo bruciate, ma senza la presenza di alcuno strumento litico, ne di ossa umane. E sulle pareti all'interno della Grotta del Bue Marino sono visibili graffiti risalenti al Neolitico. Lungo la costa orientale sarda si ritiene esistesse un importante porto nuragico, divenuto successivamente un porto cartaginese. Sottoposto alla dominazione romana, diviene sede di un'importante stazione romana posta sulla litoranea che conduce da Cagliari a Fanum Carisii, che era situato un chilometro circa a nord dell'attuale posizione di Orosei, nelle vicinanze della foce del fiume Cedrino, dove si trovava un piccolo porto. In questo periodo il centro più importante si trova vicino al nuraghe Mannu, sotte le falesie di Sos Dorroles, ed è chiamato dallo storico Claudiano Cartagine Sulcos, da cui il nome Sulcalis o Thurcali. Il centro costiero di Cares, che viene chiamato dai Cartaginesi Qares, si trova tra la insenatura di Cartoe, che da questo centro ha preso nome, e quella di Osalla. Sull'orientale romana, circa sei miglia romane a sud di Cares, si trova il centro di Viniolae, che prende il nome per l'apprezzato culto della viticultura. Venuti meno Sulcalis e Cares, sopravvive solo Viniola. Nel quinto secolo, crollato l'impero Romano, dopo una breve dominazione vandalica e visigota, subentrano i Bizantini, la cui dominazione, tra alterne vicende legate agli attacchi costieri dei pirati barbareschi, si protrae fino al nono secolo, quando vi si stabilisce il pirata saraceno Drugal con i suoi seguaci, e l'abitato viene abbandonato, con il ritorno della sua popolazione nel periodo giudicale. Nel periodo giudicale, l'area appartiene al Giudicato del Logudoro e Arborea, dove viene aggregata alla curatoria di Galtellì, e nel quale il papa invia in Sardegna i primi monaci. Nell'area di Dorgali, nell'undicesimo secolo arrivano i Vittorini provenzali di lingua occitana, dell'Abbazia di San Vittore di Marsiglia, e nella seconda metà del dodicesimo secolo i Benedettini Cistercensi. In questo periodo parte del territorio di Dorgali, Oliena, Nuoro, Orgosolo, Loculi e Galtellì viene a formare una zona franca chiamata Girifai, realizzata dalla cessione di Costantino III giudice di Gallura ai monasteri. I Giudicati di Torres e Arborea successivamente si scindono e perdono i territori della Sardegna orientale, conquistati nel tredicesimo secolo dalle truppe pisane per il Giudicato di Gallura. L'area dorgalese costituisce la parte più meridionale di questo Giudicato, la cosiddetta Gallura Felix, cioè la parte più ricca d'acqua e quindi più prospera dal punto di vista agricolo. Il territorio di Dorgali viene occupata dalle truppe pisane, ed i Pisani cercano di concentrare la popolazione in un unico centro urbano, tentativo che verrà portato a compimento dalla successiva dominazione aragonese. L'occupazione aragonese inizia nel 1321, ed il nome Dorgali compare per la prima volta nel 1347, nell'atto di presentazione dei paesi del feudo al sovrano d'Aragona, da parte del feudatario locale Gerardo de Torrents. La maggior parte dei villaggi del territorio dorgalese scompaiono nella seconda metà del quattordicesimo secolo, per via della peste, per la povertà conseguente al nuovo sistema fiscale aragonese, e per via dei furti e delle ruberie. Alla sua situazione urbanistica assai articolata viene dato il nome della fontana, che si trova all'incrocio tra via Dante Alighieri e corso Umberto, chiamata Sorga o Surgale, o anche Thurgale, e da cui potrebbe derivare, appunto, il nome del paese. Dopo una breve occupazione del territorio da parte del Giudicato d'Arborea, prosegue, dalla fine del quattordicesimo secolo, l'occupazione spagnola. Dorgali entra, nel 1448, nella Baronia di don Salvatore Guiso, ma continua ad esercitare, insieme a Lula, una forte opposizione, anche con il banditismo, al fine di conservare le proprie caratteristiche e tradizioni barbaricine. La dominazione spagnola si conclude il 1713, con il passaggio ai Savoia. Durante il governo sabaudo, a causa della tassazione eccessiva e dell'occupazione del territorio da parte dei Piemontesi, prosegue il banditismo, e si afferma Vincenzo Fancello, detto Berrina, uno dei più spietati banditi sardi dell'ottocento. Durante la dominazione sabauda, nel 1860 viene inaugurata la galleria vecchia tra Dorgali e Cala Gonone, che attraversa il Monte BArdia. Nel 1925 viene aperta la galleria nuova, scavata attraverso la sella che separa il Monte BArdia, di 882 metri, a sinistra, ossia a nord, dal Monte Tului, di 915 metri, a destra, ossia a sud. Nel 1927 il comune di Dorgali viene trasferito dalla Provincia di Sassari in quella di Nuoro. Costituita la Repubblica Italiana, dopo la Seconda Guerra Mondiale, si insediano a Cala Gonone alcune famiglie di pescatori ponzesi, che danno inizio allo sviluppo della pesca. La sua affermazione come centro turistico risale a un trentennio fa, da quando i barconi iniziano a portare centinaia di turisti da Cala Gonone, verso sud, alle spiagge più belle del golfo di Orosei. La galleria nuova viene completamente rinnovata nel 2006.
Che cosa era la zona franca estragiudicale di GirifaiIl territorio di Girifai che si trova in posizione strategica al confine meridionale del Giudicato gallurese, in una zona di confine tra la Gallura, il Giudicato di Cagliari e l'Arborea, era delimitato dal Monte Ortobene vicino a Nuoro e dal Golfo di Orosei a nord, e da Dorgali a sud. Aveva sbocco al mare ed era una piccola enclave monastica già dall'antichità, nella quale si erano formati prima monasteri greco-ortodossi e dopo la riforma gregoriana si erano installati diversi ordini della chiea romana come i Cistercensi, i Benedettini e gli Ospitalieri di San Giovanni. Questi conventi erano strettamente collegati ad altri presenti sulla penisola italiana e sull'isola del Giglio, creando un importante ponte economico e commerciale. Costantino III decide di creare qui la Zona franca di Girifai, la cui bandiera contiene la croce cistercense che presenta al centro il fiordaliso araldico o giglio di Francia detto anche Fleur de lys, che formava di fatto uno stato indipendente legato per vassalaggio alla Gallura, ma che permetteva una certa autonomia amministrativa e tributaria. Da qui infatti si poteva commerciare con tutta l'Europa, in particolare ad opera degli Ospitalieri di San Giovanni a Malta e dei Templari. La zona franca sopravviverà al resto del Giudicato, ma verrà attaccata dai Pisani alla fine del tredicesimo secolo, che ne divideranno il territorio e consegneranno le pertinenze monastiche sempre ad esponenti ecclesiastici, ma di influenza pisana, come il Vescovo di Galtelì che otterrà il titolo di barone. Nonostante questo, il territorio rimarrà comunque controllato dagli ordini monastici, ed ancora oggi molte terre in quel territorio sono pubbliche e di uso civico, come ad esempio il Monte Ortobene. Nell'area del Girifai un vero e proprio retaggio del periodo medioevale è Il villaggio di Lollove, frazione di Nuoro, l'unico tra i piccoli centri del Girifai ad aver varcato l'epoca moderna senza scomparire o senza essere assorbito da un centro limitrofo più grande. Alcuni dei principali personaggi che sono nati a DorgaliA Dorgali è nato il famoso bandito ottocentesco Vincenzo Fancello. Vi sono nati anche, tra gli altri, inanni più recenti, l'importante ceramista Salvatore Fancello, e Salvatore Mereu, forse il più importante regista cinematografico sardo dell'ultima generazione.  A Dorgali nel 1873 nasce Vincenzo Fancello detto Berrina uno dei più spietati banditi sardi dell'ottocento. Questo giovane pastore, figlio di una delle famiglie più povere del suo paese, inizia a far parlare di se, quando Antonio Dore, un agiato possidente di Dorgali, lo accusa di un furto di una coppia di buoi. Il Fancello si vendica, ma la vittima, sebbene gravemente ferita ad un braccio, riesce a mettersi in salvo, e lui si da alla latitanza. Con Antonio Mulas, detto Su Bellu d'Oliana, e con Giuseppe Pau, costituisce una banda che impone l'obbedienza al paese. Per vendicarsi di Antonio Dore, il 15 aprile 1897 fa trovare sulla porta del Municipio un manifesto con questo decreto: Guardate, paese chiamato Dorgali: nessuno voglio di andare a servire a possessioni del signor Dore Antonio, nessuno voglio di portare bestiame alla sua pastura per niente! Guai al servo che entra in casa di Dore! Se avete volontà di passare la vostra vita con piacere fate il vostro dovere. Ascoltate queste parole che vi voglio bene. Mi firmo delegato speciale di campagna. Il delegato speciale di campagna è proprio lui, che si è dato alla macchia, ossia alla campagna, da alcuni anni. Guai a chi non gli obbedisce, può perdere il suo bestiame, venire colpito da ostracismo, o finire sgozzato. Il 7 febbraio 1899, in località Monte Gulei, non lontano dalle fonti Su Gologone, al termine di uno scontro a fuoco con i Carabinieri di Oliena guidati dal brigadiere Bellani, muore Antonio Mulas. Tre mesi dopo, la notte tra il 14 ed il 15 maggio 1899, il comandante dei Carabinieri di Nuoro Giuseppe Petella compie una grande operazione contro il banditismo. Vincenzo Fancello, con il suo seguace più feroce, Giuseppe Pau, di Oliena, tentano di raggiungere la spiaggia di Cala Luna per rifugiare all'estero, ma qui trovano ad attenderli il maresciallo Lorenzo Gasco. Il Fancello con un colpo di fucile spezza il ramo a cui Gasco è aggrappato, ne segue una lotta corpo a corpo. Mentre sta per finire il Gasco con la sua leppa, il tipico affilatissimo coltello sardo, il Fancello viene colpito da un colpo di moschetto. Giuseppe Pau riesce, invece, a fuggire, e si unisce alla banda dei fratelli Giacomo ed Elias Serra Sanna, che spadroneggia nella zona che va da Orgosolo fino a Nuoro.
|
 Il ceramista Salvatore Fancello nato a Dorgali nel 1916 da una famiglia contadina, si diploma ed inizia a lavorare come apprendista nel laboratorio di Ciriaco Piras, formatosi alla Scuola di Francesco Ciusa. Nel 1930 una borsa di studio lo fa accedere, insieme a Giovanni Pintori di Tresnuraghes, all'Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Monza, dove segue i corsi di ceramica. L'anno successivo stringe amicizia con Costantino Nivola, di Orani, che diventerà uno dei più grandi scultori del secolo, anch'egli arrivato con una borsa di studio. Diplomatosi Maestro d'Arte nel 1934, nel 1935 espone a Nuoro ed a Cagliari e viene premiato per un cinghiale in terracotta. Nel 1936 si trasferisce con Nivola e Pintori a Milano, partecipa alla sesto Triennale con un'ampia parete graffita a soggetto coloniale, dodici piastrelle ceramiche che figurano i mesi, dodici segni zodiacali, un mosaico di piastrelle litoceramiche realizzato con Nivola. realizza figure geografiche e statue d'angeli per i negozi Olivetti a Milano, accanto a Pintori e Nivola, assunti dall'ufficio pubblicità della Olivetti. Nel'37 è chiamato alle armi e l'anno successivo, in licenza a Milano, realizza i primi lavori sui rotoli di carta per telescrivente. Ma lo stesso anno cessa la collaborazione con Nivola, quando, a causa delle leggi razziali, lo scultore di Orani è costretto ad emigrare negli Stati Uniti. Come dono per il matrimonio, gli regala il cosiddetto Disegno ininterrotto, un lavoro a china e acquarello su carta da telescrivente alto 30 centimetri e lungo oltre sei metri e mezzo. È il suo capolavoro, una sequenza di quadri leggibile anche per nuclei, che rappresenta la storia del mondo sardo ed è visibile nel civico Museo a Dorgali. Nel'40, su incarico dell'architetto Giuseppe Pagano, realizza ceramiche di attività sportive per la sala della mensa e per il pennone portabandiera dell'Università Luigi Bocconi di Milano, delle quali resta il solo pannello maggiore, ora nell'atrio della segreteria. Nel'41 viene imbarcato a Bari per il fronte albanese, dove muore a Bregu Rapit e viene sepolto nel Cimitero di guerra. Nel'47 gli viene conferita alla memoria la medaglia d'argento al valor militare. Nel 1954 la sorella richiede il rimpatrio delle spoglie, e nel'62 l'urna che le contiene viene portata a Dorgali. Per saperne di più su Salvatore Fancello e sulla sua opera, possiamo leggere la completa Biografia di Salvatore Fancello scritta da Alberto Crespi, pubblicata dalla Ilisso Edizioni di Nuoro.
|
A Dorgali nasce nel 1965 il regista cinematografico Salvatore Mereu che ha studiato cinema all’Università di Bologna e successivamente presso la Scuola nazionale di Cinema dove nel 1997 ha conseguito il diploma in regia. Autore di cortometraggi come Notte rumena (1996), Miguel (1999), Prima della fucilazione (1999), Il mare (2004), quest'ultimo pubblicato nel 2003 come episodio del suo primo film Ballo a Tre Passi, vincitore nel 2004 della Settimana della Critica alla mostra del Cinema di Venezia e del David di Donatello per la migliore Opera Prima, che narra le stagioni della vita attraverso quattro episodi, ognuno scandito dal succedersi del tempo. Nel 2008 realizza quello che viene considerato il suo capolavoro, Sonetàula, tratto dall'omonimo romanzo di Giuseppe Fiori, che racconta il ragazzo che nel 1938 ragisce ad un'ingiustizia e quasi senza accorgersene si ritroverà brigante nascosto sulla montagna, costretto a rinunciare a tutto, poi la vendetta e la tragedia inevitabile. Viene realizzato in due versioni, una cinematografica ed un'altra televisiva più completa trasmessa dalla Rai nel 2008 in due puntate. Il film viene presentato al Festival di Berlino, ottiene la nomination al Nastro d'Argento e al David di Donatello, e il protagonista Francesco Falchetto vince un Globo d'Oro, ed anche il premio come miglior attore al Roma Fiction Fest.

Nel 2010, Salvatore Mereu pubblica Tajabone, frutto di un anno di esperienza coi i ragazzi di due Scuole Medie di due quartieri difficili di Cagliari, film che viene inizialmente bloccato su iniziativa dei presidi delle due scuole, ma il regista dopo un lungo iter giudiziario vince la causa. Il suo quarto film, del 2012, tratto dall'omonimo romanzo di Sergio Atzeni, è Bellas Mariposas, la storia di due ragazze nel fiore della loro adolescenza, piena di sogni, di paure e di titubanze. Seguono tre cortometraggi, nel 2013 Transumanza, del quale un frammento viene presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, per venire in seguito presentato in forma più completa al Babel Film Festival di Cagliari, poi ancora nel 2013 La vita adesso, ed in seguito nel 2017 Futuro prossimo che racconta di Rachel e Mojo che vagano per la città alla ricerca di un lavoro che non si trova, e di notte trovano riparo in uno dei casotti di uno stabilimento balneare del litorale. Nel 2020 pubblica il film Assandira, interpretato da Gavino Ledda nei panni di Costantino, un uomo mite ma dai modi rudi, il cui figlio Mario muore nel terribile incendio, scoppiato nell'agriturismo di famiglia Assandira, dopo di che sul posto accorrono i Carabinieri che iniziano le indagini insieme al magistrato Pestis, e la mente di Costantino inizia ad andare indietro nel tempo per ricostruire la storia dell'agriturismo, ma la vita bucolica esternata non è ciò che sembra, e dietro le mura di Assandira si nascondono torbidi misteri. 
|
Le principali feste e sagre che si svolgono a Dorgali A Dorgali sono attivi l'Associazione per le Tradizioni Popolari Tiscali con il Gruppo Folk Tiscali di Dorgali, l'Associazione Culturale Gruppo Folk Thurcali, l'Associazione Culturale Gruppo Folk Don Milani, il Coro Polifonico Lorenzo Perosi ed il Coro Polifonico Istelotte. Sono inoltre attivi il gruppo di Canto a Tenore Noriòlo ed il gruppo di Canto a Tenore Sant'Elene, e nel 2015 è uscito un lavoro discografico realizzato insieme dalle due formazioni, che, come spiega l'esperto e studioso Andrea Deplano, getta ponti tra cantori anziche scavare solchi di gelosia, che riescono a mettere insieme ragazzi poco più che quindicenni e adulti di cinquanta e sessanta anni in un canto senza età. Tra le diverse principali feste e sagre che si svolgono a Dorgali vanno citate, il 16 e 17 gennaio, la Festa di Sant'Antonio Abate, nel piazzale antistante la chiesa omonima; il 19 gennaio la Festa di San Sebastiano, nella piazza davanti alla chiesa parrocchiale; i festeggiamenti del Carnevale; i riti della Settimana Santa; la settimana precedente la Pentecoste la Festa de su Babbu Mannu, nella piccola chiesa omonima dedicata allo Spirito Santo; Il 23 aprile si svolge la Festa della Beata Maria Gabriella; a maggio o giugno a Cala Gonone la Sagra del pesce; il 24 giugno la Festa di San Giovanni Battista, nella piccola chiesa campestre vicino alle terme di San Giovanni su Anzu, che descriveremo nella prossima pagina; il sabato vicino al 27 luglio la Festa di San Pantaleo, nella chiesa omonima siituata presso il lago del Cedrino, presso la quale 7 agosto si svolge, con modalità simili, la Festa de Sos Anzelos; il 15 agosto, al culmine del ferragosto dorgalese, la Festa di Santa Maria Vergine Assunta; il 16 settembre la Festa dei Santi Cipriano e Cornelio; il 25 novembre la Festa di Santa Caterina d'Alessandria, che è la Santa Patrona di Dorgali.
Il costume tradizionale di DorgaliDurante le feste è possibile ammirare il costume tradizionale di Dorgali, che prevede un costume femminile molto più elaborato e ricco di varianti rispetto a quello maschile, che è abbastanza uniforme. In base alle circostanze nel quale veniva indossato, il costume femminile varia notevolmente, risultando abbastanza scarno per le faccende domestiche, sino ad arrivare ad una grande elaborazione come per esempio per l'abito della sposa. Il costume è accompagnato da un'abbondante esposizione di gioielli, essendo Dorgali un centro dove si conserva la tradizione della lavorazione dell'oro e dell'argento. Il costume maschile prevede il copricapo Sa berritta di panno nero, la camicia di tela bianca con colletto alla coreana chiuso da due bottoncini d'oro, ricamata con disegni geometrici, il gilè chiamato S'imbustu, e poteva essere di pelle per i pastori, o di panno rivestito in raso, o di velluto, la giacca detta Su zippone a completare la parte superiore. Nella parte inferiore il gonnellino detto Sa fraca, in orbace nero, tenuto con la cintura in pelle nera e bordi rossi, decorata nella parte anteriore con motivi floreali, ed i calzoni bianche molto semplici, che all'estremita inferiore sono inseriti nelle ghette. La Sagra del pesce a Cala GononeTra le sagre consigliamo la Sagra del pesce, un goloso appuntamento gastronomico con i prodotti del Golfo di Orosei che si tiene, nel mese di maggio o giugno nel piazzale del porto di Cala Gonone. La Festa di San Cornelio e CiprianoLa prima settimana di settembre di forte coinvolgimento è la Festa di San Cornelio e Cipriano, rispettivamente il patrono di Dorgali e il papa che lo ha santificato, che oggi si svolge nel centro del paese, mentre una volta si svolgeva presso la chiesa, oggi scomparsa, a loro dedicata. Viene celebrata con funzioni religiose e processione in costume. Per una settimana, la sera, si balla il tradizionale ballo sardo davanti alla casa del priore. Il Ferragosto DorgaleseLa principale manifestazione che si svolge a Dorgali è quella del Ferragosto Dorgalese, organizzato dai Fedales della leva dei trentenni, che prevede un ricco programma di manifestazioni dedicate alla Beata Vergine Assunta ed a San Giuseppe, che si prolungano per cinque giorni, con competizioni sportive, manifestazioni religiose e folkloristiche, e con spettacoli serali che variano di anno in anno. Il Ferragosto Dorgalese è organizzato più per le persone del posto che per i turisti, conserva quindi vive tutte le tradizioni locali, senza mediarle con le diverse aspettative dei turisti estivi. Quella del cavallo è una tradizione e una passione in tutta la Sardegna centrale, in particolare nella Barbagia. Già diversi giorni prima dell'inizio dei festeggiamenti, i cavalli compaiono nei cortili e per le strade. Prima dell'inizio delle competizioni, i cavalieri si cimentano in Esibizioni e corse sui cavalli lungo il percorso lungo il quale si terranno successivamente le competizioni. Poi si svolgono le Corse a pariglia che consistono nell'affiancare due o più cavalli che, procedendo al galoppo, devono tenere sempre la stessa linea, con i cavalieri che sulle selle eseguono diversi tipi di acrobazie. La difficoltà è legata soprattutto al fatto che i cavalli sardi vivono liberi e non sono addestrati a prove di abilità, ciascuno di loro tende quindi a superare l'altro il che rende estremamente difficile farli correre affiancati. La Sartiglia è una giostra equestre nata a metà del cinquecento a Oristano, dove si ripete in costume seguendo la tradizione ogni anno in occasione del Carnevale, è una prova di abilità che consiste nel riuscire ad infilzare con una spada di legno un anello sospeso. Sartiglie molto più semplici si svolgono in numerose località della Sardegna ed anche durante il Ferragosto Dorgalese. Il Palio è la tipica corsa equestre, di cui tra le più conosciute è quella che si tiene a Fonni, seconda come importanza dopo il famoso Palio di Siena. In tutte le sagre paesane e le manifestazioni folkloristiche è sempre presente l'esecuzione di un Palio.

I festeggiamenti del Ferragosto Dorgalese si concludono con la bella Processione dell'Assunta che permette di ammirare gli splendidi costumi locali e quelli dei gruppi folkloristici provenienti dalle altre località della Barbagia. Alla fine della processione dell'Assunta, tutte le strade del paese risultano cosparse di petali di rose. E la sera la folla si raccoglie davanti ai diversi banchi con l'esposizione di prodotti tipici e, sugli spalti, può assistere ai tipici Spettacoli folkloristici serali ai quali sono affiancare esibizioni canore di diversi artisti. Questi iniziano con la Gara dei poeti che si riallaccia all'improvvisazione poetica, da sempre presente nella tradizione sarda in tutte le occasioni conviviali. Dal 1896, quando il poeta Antonio Cubeddu di Ozieri propose una gara di poeti, la gara di poesia, nella quale due o più poeti improvvisano su un tema che viene proposto dagli organizzatori, alternandosi e rispondendosi l'un l'altro, è diventato uno dei punti fermi di ogni Sagra paesana, manifestazione folcloristica o religiosa, e quindi i migliori improvvisatori sardi sono diventati veri professionisti della poesia dialettale. Un'altra esibizione presente in quasi tutte le feste e sagre del Logudoro è il Canto logudorese un tipo di canto solistico con due o tre cantadores dal timbro vocale tenorile o baritonale, in grado di passare al falsetto e di elaborare fioriture virtuosistiche, è diffuso in tutto il Logudoro. Si è nel tempo aggiunto il suono dell'organetto diatonico sostituito spesso da una fisarmonica, e, quando gli Spagnoli hanno portato in Sardegna la chitarra, questa ha cominciato ad accompagnare l'organetto o la fisarmonica ed ha originato il Canto a Chitarra. Non c'è in Sardegna Sagra o manifestazione nella quale non si esibiscano gruppi di Canto a tenore il principale simbolo della musica tradizionale polivocale sarda. Un gruppo di Tenores è composto da quattro voci, ossia la voce solista, Sa 'Oche, che ha un timbro di tenore o di baritono acuto; il basso, Su Bassu, è la prima voce gutturale del gruppo, che produce una base armonica ingolata, quasi a riprodurre il muggito di un bue; il contra, Sa Contra, è la seconda voce gutturale del gruppo; l'ultimo componente del quartetto, la mezza voce o Sa Mesa 'Oche, un contralto, è l'unico componente del gruppo che modifica di continuo la sua melodia rendendola più vivace. I Cori polifonici sono nati in diverse località della Sardegna ma costituiscono una realtà relativamente recente rispetto al canto a tenore ed alla poesia estemporanea. Non sono sempre presenti nelle manifestazioni folkloristiche, ma quando ci sono interpretano sia brani della tradizione musicale sarda che nuove composizioni, sempre in lingua sarda.

Il momento più seguito delle manifestazioni è, comunque, l'esibizione dei gruppi folkloristici che si esibiscono nei tradizionali Balli sardi accompagnati dal suono delle launeddas, strumento a fiato polifono tipicamente sardo, o dell'organetto diatonico. Le forme più diffuse del Ballo rituale sono Su ballu tundu, ossia il ballo tondo, detto anche Duru-duru, imperniato su un cerchio che si ricompone più volte dopo ogni variazione coreografica; Su ballu 'e tres passos, ossia il ballo a tre passi e Su passu torràu, ossia il passo che ritorna, detto anche Ballu sèriu, ossia ballo serio, una danza imponente, caratterizzata da un passo che si ripete e si conclude con una genuflessione.  In tutte le località della Sardegna i festeggiamenti del Ferragosto si chiudono con l'Esibizione di artisti famosi. Nelle festività del ferragosto Dorgalese del 2005 abbiamo potuto assistere a una esibizione dei famosi Tenores di Bitti gruppo Mialinu Pira, che avevamo già incontrato nel nostro viaggio nel 2002 ad Alghero, ospiti di un indimenticabile concerto di Andrea Parodi, quando il gruppo era costituito da cinque elementi prima della tragica morte di Gianfranco Cossellu. E in quelle del 2007 abbiamo anche assistito a una bella esibizione di Piero Marras, il noto cantautore ed interprete sardo che dal'66 fino ad oggi continua con la sua musica e con la sua voce A farci volare tra i sapori, gli odori e i rumori della Sardegna.
Visita del centro di DorgaliPer una visita del centro storico, provenendo con la SS125 Orientale Sarda da nord, ossia da Orosei, entriamo verso il centro da via Alfonso La Marmora. Se, invece, proveniamo con la SS125 Orientale Sarda da sud, ossia da Baunei, possiamo prendere la circonvallazione di valle, ossia il viale John Fitzgerald Kennedy, oppure la circonvallazione di monte, ossia la via Enrico Fermi, ed arriviamo anche in questo caso all'incrocio con la via Alfonso La Marmora. All'interno dell'abitato di Dorgali sono presenti ben nove chiese. L'hotel Il Querceto nel quale ci siamo fermati molte volteImboccata da nord, ossia da Orosei, la SS125 Orientale Sarda che nell'abitato assume il nome di via Alfonso La Marmora, prima dell'ingresso all'interno del paese, si trova sulla destra della strada l'ingresso dell'hotel Il Querceto nel quale abbiamo soggiornato spesso nelle nostre permanenze a Dorgali. L'hotel Il Querceto che si trova a Dorgali, a circa otto chilometri dalla baia di Cala Gonone, immerso in un parco naturale di querce, è l'ideale per chi vuole alternare momenti di mare e sole a momenti di riposo e relax. Gestito e diretto da 25 anni dalla stessa famiglia di proprietari, è caratterizzato dalle sue misurate dimensioni e dagli ambienti caldi ed accoglienti, più comuni ad una dimora che ad un albergo, e presenta anche un buon ristorante. Gli arredi sono stati realizzati da artigiani della zona, e all'interno dei diversi ambienti sono presenti numerose opere d'arte di artisti regionali contemporanei.
|
Il Campo Sportivo comunale OsolaiPassato l'ingresso dell'hotel, percorsi poco più di cinquecento metri arriviamo a un bivio, dove la via Alfonso Lamarmora prosegue verso destra, mentre a sinistra si prende la via Enrico Fermi. Imbocchiamo quest'ultima e, dopo una settantina di metri, svoltiamo a sinistra in via Beata Maria Gariella, dopo centocinquanta metri svoltiamo a sinistra in via Valentino Mazzola, e, percorsi poco più di cento metri, troviamo alla destra della strada, al civico numero 8, il Campo Sportivo comunale Osolai. All'interno di questi Impianti Sportivi si trova un Campo da calcio, con superficie in erba artificiale; ed intorno al Campo da calcio è presente una Pista da atletica leggera. Il Campo Sportivo e la pista da atletica sono dotati di tribune in grado di ospitare 600 spettatori. 
A Dorgali sono presenti due squadre di calcio, la più antica è la Polisportiva Dorgalese, fondata nel 1945, che milita nel campionato di Promozione, e la più recente Polisportiva BArdia, fondata nel 2007, che milita nel campionato di seconda categoria. Entrambe giocano nel Campo Sportivo Osolai. La Cooperativa Dorgali PastoriProseguiamo lungo la via Enrico Fermi. Percorsi poco più di duecento metri, prendiamo a sinistra la via Thomes, che, in un centinaio di metri, ci porta alla Cooperativa Dorgali Pastori. In piena Barbagia, dove convivono ambienti di montagna, collina, pianura e mare, in questa varietà di paesaggi e di pascoli, operano da secoli i Pastori Dorgalesi. Ad essi, al latte delle pecore e capre di razza sarda, ed alla gamma vastissima di essenze prative ed arbustive si deve l'irripetibile unione di sapori e aromi che contraddistinguono la produzione della Cooperativa Dorgali Pastori operante dal 1972 nel tradizionale rispetto di bontà e genuinità. La sua ricca gamma di prodotti va dai pregiati stagionati, dal sapore deciso, ai classici semistagionati, ai freschi per i palati più delicati e ai freschissimi, vere e proprie perle di bontà, impossibili da non provare. Prodotti diversi ma accomunati da un unico scopo, trasmettere la qualità e il gusto della Sardegna.
|
La Cantina di Dorgali con un vino inserito nella guida 5StarWines di VinitalyRitornati al bivio, proseguiamo verso destra e, percorsi quattrocentocinquanta metri sulla via Alfonso La Marmora, prendiamo a sinistra la via Piemonte, che in centocinquanta metri, porta all'ingresso della Cantina di Dorgali.  Nel lontano 1953, nella costa orientale della Sardegna, un gruppo di agricoltori dorgalesi fonda la Cantina di Dorgali, una Cantina Sociale che, grazie ad una costante crescita, è da oltre mezzo secolo una delle realtà più importanti del mondo vitivinicolo sardo. La Cantina lavora al 90 per cento uve Cannonau provenienti da 600 ettari di vigneti nella zona di Dorgali, in Barbagia e nelle Baronie. Circa 65 ettari di vigneti si trovano nella vallata di Isalle, da cui prende il nome il Cannonau di Sardegna Doc Vallata di Isalle, vino di qualità prodotto in regioni determinate ossia Vqprd. La Cantina produce un vino Doc di Sardegna soprattutto Cannonau, ed altri vini di qualità come il rosso Fuili, rosso Noriolo, rosso Drugal, rosso Filieri, rosato Drugal, rosso novello Santa Caterina, rosato Filieri, bianco Drugal, bianco Cala Luna. Grande apprezzamento sta avendo il rosato Filieri, noto anche come aperitivo e premiato nel 2002 a Vinitaly come miglior vino da pesce d'Italia. Oggi la Cantina affronta una nuova sfida, ossia la realizzazione di un progetto che riqualifichi le produzioni passando per la valorizzazione della cultura, della storia e delle tradizioni del territorio. Il vino Isola Dei Nuraghi Igt Rosso Hortos 2016 è stato inserito nella 5StarWines del 2023 di Vinitaly.

|
Civico Museo Archeologico Percorsi ancora poco più di cento metri sulla via Alfonso La Marmora, troviamo alla destra della strada l'edificio che ospita la Scuola elementare. Sul lato sinistro della scuola, all'inizio della via Vittorio Emanuele, si trova l'ingresso del Civico Museo Archeologico di Dorgali, inaugurato nel 1980 in una sede provvisoria, e che è, dal 1987, ubicato appunto nel seminterrato della Scuola elementare di Dorgali. Il Museo si sviluppa in tre sale allestite secondo un ordine cronologico, e che pertanto vanno visitate in sequenza in senso antiorario. Nel Museo, che contiene testimonianze archeologiche provenienti da varie località del territorio, sono esposti materiali rinvenuti nel villaggio nuragico di Serra Orrios, come matrici di fusione in steatite, lucerne, vasi in terracotta, ed importanti sono anche i monili d'argento, di pasta vitrea e bronzo di età fenicia, ritrovati nell'abisso delle vergini della grotta di Ispinigoli. Vi sono anche anfore, ancore in piombo, elementi di fasciame di nave, lingotti di piombo rinvenuti lungo il litorale e provenienti da navi romane, ed una copia del diploma in bronzo del mercenario sardo Tunila, che combatte nell'esercito imperiale. Abbiamo fotografato l'interno del Museo ed alcuni reperti esclusi quelli ancora non pubblicati.
 
La casa natale della Beata Maria Gabriella Procedendo per duecentocinquanta metri sulla via Alfonso La Marmora, prendiamo sulla sinistra la via Mannu, che porta alla parte alta del paese, la prendiamo e poi svoltiamo subito nella prima a destra. Oppure, passata la via Mannu, subito più avanti troviamo, sempre sulla sinistra, una scalinata in salita. In entrambi i casi, arriviamo nella via Adigrat, dove si trova la casa natale della Beata Maria Gabriella nata con il nome di Maria Sagheddu nel 1914 da una famiglia di pastori e morta nel 1939, beatificata da Giovanni Paolo II nel 1983. Il suo corpo è stato trovato intatto in occasione di una ricognizione nel 1957, e riposa ora in una cappella adiacente al monastero di Vitorchiano, presso Viterbo. Sul retro della casa natale, si trova l'ingresso dove si organizzano visite guidate alla casa. Il 23 aprile, nell'anniversario della sua morte, si svolge la Festa in onore della Beata Maria Gabriella, una Festa grande per la chiesa e per la diocesi dorgalese, che mettono a punto una serie di celebrazioni religiose sia Dorgali che a Nuoro, dove anche esiste una chiesa dedicata a questa beata. Alle celebrazioni religiose seguono manifestazioni civili di contorno, organizzate dai Fedales della leva dei cinquantenni.
Percorriamo fino in fondo la via Alfonso La MarmoraPercorriamo fino in fondo via Alfonso La Marmora, la via principale del paese lungo la quale si svolge la passeggiata e sulla quale si affacciano le tante botteghe di artigianato locale. La via Alfonso La Marmora termina in un quadrivio, detto Su Ponte, dove si immette dalla sinistra via Mare, proveniente dalla parte alta del paese, ed a destra parte corso Umberto, un lungo viale in discesa lungo il quale si svolgono le corse dei cavalli durante le manifestazioni del ferragosto. 
I pannelli di ceramica e le botteghe del centro storicoTra le attività artigianali per le quali Dorgali è conosciuta, una delle principali è la Lavorazione della ceramica. La Scuola dorgalese di ceramica moderna, fondata da Ciriaco Piras, è stata portata avanti da Simeone lai e successivamente rinnovata da Salvatore Fancello. Caratteristica del paese sono, quindi, nel suo centro storrico, non tanto i murales come negli altri paesi della Barbagia, quanto i numerosi pannelli di ceramica, con scene che descrivono momenti della vita barbaricina. 
Le vie del paese, soprattutto via Alfonso La Marmora e corso Umberto, con i numerosi vicoli che da loro si dipartono, sono caratterizzate dalla tipiche Botteghe e negozi di artigianato. Importante infatti a Dorgali è l'artigianato-I tipici lavori in filigrana d'oro e d'argento, manufatti in pelle ed i classici zainetti chiamati Tascheddas, ceramiche decorate come piatti decorati e vasi, tappeti tipici sardi e quelli esclusivi di Dorgali con nodo di tipo orientale, scialli ricamati, e molto altro. 
Il corso Umberto con la caratteristica Funtana Manna ed il Municipio di DorgaliDa via Alfonso La Marmora prendiamo sulla destra corso Umberto, lungo la quale si svolgono le corse dei cavalli durante le manifestazioni del ferragosto. Percorsi circa centoventi metri sul corso Umberto, vediamo, sulla sinistra della strada, la caratteristica Funtana Manna alla destra della quale si trova l'edificio che ospita la Biblioteca Comunale Giovanni Mulas. Più avanti, si apre alla sinistra della strada una piazzetta, chiamata piazza dei Caduti sul Lavoro, con una bella Scultura commemorativa posta davanti a un edificio del quale è iniziato il restauro, e che si ritiene potrà ospitare il civico Museo Archeologico ed il Museo Salvatore Fancello, che sono ospitati oggi in ambienti di fortuna, nei quali è impossibile apprerzzare del tutto il loro contenuto. 
Percorsi centocinquanta metri dalla Funtana Manna, al civico numero 37 di corso Umberto, si trova la Casa Dore, lo storico edificio che ospita la sede e gli uffici del Municipio di Dorgali, al quale si accede da una piazza che precede l'edificio. Corso Umberto è lungo settecento metri, e, dirigendosi verso ovest, va a sboccare sulla circonvallazione di valle del paese. Il civico Museo Salvatore Fancello Nella piazza dalla quale si accede al palazzo del Municipio, sul lato sinistro, si trova l'ingresso del Civico Museo Salvatore Fancello che è ospitato in un ambiente nella sede della Polizia Municipale di Dorgali. Il Museo accoglie alcune opere del ceramista che è passato come una meteora nel mondo culturale, dato che è morto in guerra quando non aveva ancora compiuto i venticinque anni, e non conserva che una piccola parte della sua produzione. Tra le opere esposte, alcune ceramiche e numerosi bozzetti preparatori, ma anche il cosiddetto Disegno ininterrotto, realizzato a china e aquerello su un rotolo di carta da telescrivente lungo quasi sette metri, che regalò per le nozze a Costantino Nivola, l'amico di Orani, ne giustifica una visita. Lo abbiamo fotografato in diverse parti, e, nonostante i riflessi della luce sui vetri che lo ricoprivano, l'immagine ricomposta può dare un'idea del suo fascino e della sua bellezza.

La chiesa di Nostra Signora d'Itria con i resti del monastero annesso In corso Umberto, a poco più di metà della strada tra la Funtana Manna ed il palazzo del Municipio, subito prima della piazza dei Caduti sul Lavoro, prendiamo sulla sinistra la via Vittorio Emanuele, che seguiamo per centottanta metri, poi troviamo sulla sinistra la via d'Itria, sulla quale si affaccia la Chiesa di Nostra Signora d'Itria chiamata Nuestra Senora de Orito in periodo spagnolo, che si trovava nel quartiere di Gorito. La chiesa è composta da un'unica navata centrale. Edificata, probabilmente, nel quattrocento, la chiesa era stata ristrutturata nel seicento, ed è stata di recente sottoposta ad alcuni importati interventi di restauro. In essa sono custoditi i simulacri di Sant'Anna, Sant'Efisio, Santu Gristos, nome con il quale viene chiamato il Cristo Salvatore, e Santo Stefano. Era nata inizialmente come chiesa di un Monastero di frati, arrivati nel quattordicesimo secolo per introdurre la Cristianizzazione. Le celle dei Frati del convento, che è stato smembrato nell'ottocento, si trovavano nella sezione sovrastante il presbiterio della stessa chiesa, al quale si accede da una scalinata. Oggi, dopo il restauro, sono state riaperte le due uniche celle salvate dalla distruzione.
La chiesa parrocchiale di Santa Caterina d'Alessandria Tornati in corso Umberto, prendiamo la via Vittorio Emanuele sulla destra, che seguiamo per sessanta metri, poi troviamo alla sinistra della strada la piazza Santa Croce, dove si trovava la Chiesa della Santa Croce eretta nel diciassettesimo secolo e demolita nel ventesimo . di essa non rimane che una lapide commemorativa nel pavimento, al centro della piazza. Proseguendo verso sinistra, dalla piazza Santa Croce arriviamo in piazza Santa Caterina, dove troviamo sulla destra la facciata della Chiesa di Santa Caterina d'Alessandria ultimata nel 1773, la cui attuale configurazione è dovuta ai rimaneggiamenti ottocenteschi. La chiesa è stata edificata nel quartiere di Sa Serra come chiesa parrocchiale, sostituita alla abbandonata chiesa di San Cornelio e Cipriano. All'interno conserva due preziosi altari lignei in stile barocco spagnolo, di un tipo molto raro nel nuorese. Nei pressi della chiesa, in periodo medioevale, era situato un Cimitero. recentemente restaurata, da breve è iniziato intervento che trasformerà le due piazze della chiesa, quella principale di fronte alla chiesa e quella rettorale alla sua sinistra, con il rifacimento della pavimentazione con lastroni di granito.

Da oltre Duecentocinquantanni, il 25 novembre a Dorgali si svolge la Festa di Santa Caterina d'Alessandria, che è la Santa patrona di Dorgali, una Festa particolarmente sentita dalla popolazione. La Festa comincia con la novena in onore della Santa patrona Martire, seguita dalle messe e dai vespri. Il giorno della Festa si svolge nel pomeriggio la processione, con il simulacro della Santa che fa il giro delle vie principali del paese, sulle spalle dei fedeli, prima di rientrare nella chiesa parrocchiale. Segue la celebrazione della messa, ed, al suo termine, i priori, che ogni anno vengono nominati dalla coppia uscente, offrono un rinfresco. In piazza Santa Caterina, la sera del 19 gennaio, si svolge la Festa di San Sebastiano, che è il Santo copatrono di Dorgali, che viene festeggiato con un fuoco analogo a quello previsto per la Festa di Sant'Antonio Abate che descriveremo più avanti. La chiesa di Sant'Antonio Abate Passata la piazza Santa Caterina, seguiamo la strada verso la piazza rettorale, e prendiamo da questa il vicolo che si dirige verso sinistra. Lo seguiamo e, al bivio, prendiamo verso destra via Quintino Sella, che ci porta sulla via Giuseppe Garibaldi, lungo la quale, a circa centocinquanta metri dalla piazza rettorale, troviamo sulla destra la piazzetta Sant'Antonio, sulla quale si trova l'ingresso della Chiesa di Sant'Antonio Abate edificata nel seicento nel cuore del paese, anch'essa nel quartiere di Sa Serra. Il 16 gennaio, alla vigilia della celebrazione del Santo, nella piccola piazza davanti alla chiesa si svolge a Festa di Sant'Antonio Abate. Il fuoco di Sant'Antonio, ossia il grande falò, è uno dei più caratteristici dell'Isola, dato che qui si ardono profumatissime piante di rosmarino locale. Davanti al fuoco avviene una distribuzione di pani benedetti e piatti tradizionali a base di fave e dolci di sapa e miele, oltre al dolce della festa, ossia Su pistiddu, composto di due sfoglie di pasta con una marmellata derivata dal vincotto. Sulla cima al cono rovente si trova una croce, sulla quale vengono poste delle arance raccolte dai ragazzi del paese. Per l'occasione le cantine del rione si aprono per offrire ai partecipanti il primo vino Cannonau della stagione. Il fuoco brucia tutta la notte, ed il disegno del fumo suggerisce auspici e profezie.
La chiesa delle Grazie o della Vergine Assunta Proseguendo per centocinquanta metri sulla via Giuseppe Garibaldi, arriviamo alla sinistra della strada in piazza delle Grazie, dove si trova la Chiesa delle Grazie o della Vergine Assunta che nel tredicesimo secolo era una chiesa del quartiere di Sa Serra ubicata di fronte alla chiesa, oggi scomparsa, dedicata a San Cornelio e San Cipriano, che era dotata di un campanile di grandi dimensioni, e che era stata la parrocchia di Dorgali a partire dalla fine del quattordicesimo scolo e fino a tutto il sedicesimo secolo. San Cipriano era il patrono di Cartagine, e la dedica ad esso di una chiesa testimonia l'antico legame commerciale e politico tra questa città africana e la costa dorgalese. La chiesa delle Grazie è intonacata solo nella facciata, mentre lateralmente affiora la scura pietra basaltica, che ne esalta l'estetica. In periodo medioevale la chiesa era costituita solo da una piccola cappella dedicata a Santa Maria del Castro, che era la chiesa della Guardia giudicale. La sua impostazione architettonica è riferibile ai templari, come attesta anche la sua dedicazione a Maria, un retaggio bizantino confermato nella tradizione templare. La presenza di quest'Ordine religioso era, forse, legato al traffico dell'argento delle miniere di Lula, ed anche la tradizione orafa dorgalese è nata con gli argentieri nel periodo medioevale. La chiesa è stata, poi, ampliata in periodo aragonese sull'edificio preesistente, tanto che sui muri a sud ed a nord si nota l'antica posizione delle porte e delle scale degli edifici medioevali, oggi murate.
Il Palazzetto dello Sport chiamato anche complesso sportivo di Mes'AustuDa piazza delle Grazie proseguiamo verso sud ovest, e d arriviamo in via Roma, che prendiam o verso destra. La via Roma sbocca sul corso Umberto, che seguiamo fino a che questo incrocia il viale John Fitzgerald Kennedy, che costituisce la circonvallazione di valle di Dorgali. Lo prendiamo verso destra, ossia verso nord, ed, in una settantina di metri, troviamo alla destra della strada il viottolo in salita, che ci porta sulla sommità della collina, dove si trova il Palazzetto dello Sport di Dorgali, inaugurato nel 2007, chiamato anche Complesso sportivo di Mes'Austu dove si svolge gran parte delle manifestazioni del ferragosto dorgalese. Il palazzetto è affacciato sullo spiazzo che ospitava il vecchio Campo Sportivo e nel quale si celebra gran parte delle manifestazioni del ferragosto. 
Il Cimitero di Dorgali Proseguendo lungo corso Umberto, dopo l'incrocio con il viale John Fitzgerald Kennedy, ci recheremo fuori dall'abitato verso ovest. Dopo duecento metri, troviamo alla sinistra della strada l'ingresso del Cimitero di Dorgali. Questo Cimitero è stato edificato dopo la demolizione dell'antico Cimitero, che era collocato nei pressi della chiesa dei Santi Cornelio e Cipriano, nel quartiere di Sa Serra, nel luogo dove, in seguito, è sorto il vecchio Campo Sportivo, e dove oggi si trova il palazzetto dello sport.
La chiesa del Carmelo o della Madonna del CarminePrendendo il viale John Fitzgerald Kennedy verso sud, lo seguiamo per poco più di un chilometro, ed arriviamo allo svincolo con la SS125 Orientale Sarda, che, a destra, porta fuori dall'abitato in direzione di Cala Gonone e poi verso Baunei, mentre a sinistra diventa la via Enrico Fermi, che è la circonvallazione di Monte di Dorgali. Prendiamo quest'ultima e, dopo un centinaio di metri, troviamo sulla sinistra la strada che, in trecentocinquanta metri, sale sul colle dove sorge la piccola Chiesa del Carmelo o della Madonna del Carmine. La chiesa si presenta come un Santuario, che conserva le cellette del convento dei Frati del quartiere di Gorito, e l'aspetto attuale dell'edificio è il risultato di ristrutturazioni che ne hanno modificato l'assetto originario. Dal piazzale antistante la piccola chiesa si ha una veduta del paese, splendida di giorno ed ancora più affascinante di notte, quando si accendono tutte le luci del paese sotto la volta stellata. 
La chiesa di San Lucifero Vescovo e Santa Maria MaddalenaPercorsi ottanta metri sulla via Enrico Fermi, prendiamo sulla sinistra la via Giosuè Carducci, che, in duecentocinquanta metri, ci porta davanti alla Chiesa di San Lucifero Vescovo e Santa Maria Maddalena che si trova sulla piazza alla sinistra della strada, ed appartiene al quartiere di Sa Madalena ei Sa Chejedda. Costruita nel dodicesimo secolo, la parte medioevale più antica è quella posteriore, quando la chiesa era a metà lunghezza, dove era collocato il precedente frontale pisano del quale resta solo un pezzo conformato a contrafforte. La parte anteriore è stata aggiunta con l'ampliamento del 1645 in stile barocco sardo. All'interno, l'unica navata di tre campate ha la volta restaurata in muratura. L'altare è il più bello, tra tutti quelli delle piccole chiese dorgalesi, e su di esso sono presenti il simulacro della Madonna dei Miracoli, e quelli di due Santi gesuiti, Sant'Ignazio di loyola e San Francesco Saverio. Nella chiesa sono presenti, sui pilastri, due simboli grafici di probabile origine templare, con la croce con quattro cerchi, simili come impostazione ai quattro Mori, probabilmente ripresi dal verso del Croat, moneta catalana d'argento creata il 1285 da Pietro il Grande, che nel quattordicesimo secolo era utilizzata in Sardegna. All'esterno, sul lato sinistro la struttura è sostenuta da quattro contrafforti. 
La chiesa di San LussorioRitornati sulla via Enrico Fermi, proseguiamo per trecentocinquanta metri e prendiamo a sinistra la via BArdia che seguiamo per circa duecento metri, poi la strada sfocia sulla via Catte, che prendiamo verso sinistra, costeggia la fiancata e ci porta in piazza San Lussorio, sulla quale si affacccia la Chiesa di San Lussorio che si trova nel quartiere di Gonare. Costruita nel diciassettesimo secolo, a pianta rettangolare con contrafforti, ha un interno a navata unica, con volta a travi che sembrano sostenere il solaio, che è stato rimodernato in muratura sostituendo l'antico tavolato. Il presbiterio è sopraelevato rispetto al pavimento e ha la volta a botte. 
Presso questa chiesa si celebra il 21 agosto la Festa di San Lussorio di Oroviddo. La chiesa dell'Angelo e della Madonna di Bonaria, detta anche della Madonna di GonareDalla piazza San Lussorio, prendiamo verso nord ovest la via San Lussorio, che sbocca sulla angusta piazza Gonare, dove si trova la Chiesa dell'Angelo ossia Cresia de S'Anzelu, detta anche Chiesa della Madonna di Bonaria che i locali chiamano Chiesa della Madonna di Gonare dato che si trova nel quartiere Gonare. L'angelo al quale è dedicata può essere Raffaele, del quale c'è il simulacro con il piccolo discepolo Tobiolo o Tobia, o possono essere anche gli angeli Michele e Gabriele. La Madonna di Bonaria, ossia la spagnola Nuestra Senora del Buen Ayres, della quale c'è il simulacro, è detta anche Madonna del Natale, ossia la francese Notre Dame du Noel. Caratteristica di questa chiesa sono le antiche scalette di un vicolo parzialmente scomparso sul retro, ed i contrafforti posti sui lati. Vicino alla chiesa si trovano i resti del retrostante monastero, che era collocato nell'isolato a monte di questa chiesa. 
Presso questa chiesa ogni anno, il 29 del mese di settembre, si svolge la Festa chiamata dell'Angelo, che è la Festa dedicata agli angeli Raffaele, Michele e Gabriele. La chiesa di Santa Lucia con il monastero annessoPresa alla sinistra della chiesa dell'Angelo la via Gonare, la seguiamo per sessanta metri, poi prendiamo a sinistra la via Tola, dopo una sessantina di metri a destra la via Gorizia, e poi, subito, a sinistra la via Grazia Deledda. Qui, al civico numero 2, troviamo la Chiesa di Santa Lucia con, sulla sinistra, l'annesso monastero benedettino delle suore di clausura, fondato nel 1964 nel quartiere di Gonare per continuare l'opera della Beata Maria Gabriella. All'interno del monastero sono ancora custoditi due antichi simulacri, quello di Santa Cecilia, del quattordicesimo o quindicesimo secolo, e quello di San Lamberto di liegi, in lingua sarda Santu lumbertu, del quindicesimo secolo, che nella mano teneva la lancia del suo martirio, e sulla cui mitra è rappresentata la croce cistercense luminescente. 
La domus de janas di PirischeTorniamo sulla via Enrico Fermi, da dove avevamo preso a sinistra la via BArdia, proseguiamo per trecentocinquanta metri, e prendiamo a destra, seguendo le indicazioni, una strada lastricata in salita. Possiamo arrivare a questa strada lastricata anche direttamente dalla chiesa di Santa Lucia, tornando indietro verso la via Gorizia, prendendo a sinistra la via Pirische, che ci porta sulla via Enrico Fermi un poco più avanti, torniamo indietro per una cinquantina di metri e troviamo sulla sinistra la strada lastricata in salita. Seguiamo per quattrocentocinquanta metri questa strada lastricata, poi svoltiamo tutto a sinistra e prendiamo la strada che, in meno di trecento metri, ci porta a una tra le numerose domus de janas del paese, la Domus de janas di Pirische che è situato sul ciglio della strada. Ricavata da una colata di roccia basaltica, l'interno del vano sepolcrale di pianta rettangolare è diviso da una parete. Gli altri resti archeologici in territorio di Dorgali verranno illustrati più avanti. 
Una fermata in un ottimo ristorante famoso per i piatti tipici della cucina barbaricinaNella visita a Dorgali ci sembra doverosa una fermata al ristorante Il Colibrì, un ristorante famoso per i piatti tipici della cucina dell'interno della Barbagia. Per arrivarci, torniamo sulla via Enrico Fermi e la seguiamo per un centinaio di metri verso nord ovest, poi, seguendo le indicazioni, prendiamo verso sinistra la via Antonio Gramsci, dove troviamo il ristorante al civico numero 14.  Il ristorante Il Colibrì è un locale specializzato nella cucina sarda in un ambiente sempllice. Propone una cucina casalinga fedele ai sapori e alle tradizioni della gastronomia dorgalese, accompagnata dalla cordiale ospitalità dei gestori, soprattutto del titolare Alberto Mereu. Tra le specialità più invitanti del menu spicca l'agnellino da latte in umido, chiamato Saccaju in lingua sarda. Entrando nel ristorante, all'ingresso del locale, ci accolgono sul muro alcune belle foto di Salvatore, fratello del titolare, che avevo conosciuto anni fa poco più che ventenne, e che ho scoperto essere diventato, dopo aver Viaggiato qua e là per il mondo, un apprezzato fotografo professionista.

In questo caratteristico ristorante abbiamo potuto apprezzare i piatti tipici della cucina barbaricina: antipasti, Pane frattau, porcetto, capra e pecora, formaggi e dolci, accompagnati dal piacevole Cannonau locale giovane servito freddo. 
|
Con la visita di questo ristorante, abbiamo concluso la descrizione del centro del paese chiamata Dorgali. Ci recheremo, ora, a visitare la sua costiera con la frazione Cala Gonone, e poi gli importanti siti archeologici nei suoi dintorni. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, dopo aver visto la grotta di Ispinigoli, visiteremo le coste di Dorgali e la sua frazione marina Cala Gonone dalla quale possiamo raggiungere le diverse cale lungo la costa della riserva naturale marina per la protezione della Foca Monaca, che abbiamo già in parte visitato nell'ultima tappa del nostro viaggio in Ogliastra. |