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Fonni il paese più alto della Sardegna sul lato settentrionale del Gennargentu con i suoi siti archeologici e le piste da sciIn questa tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita dell’interno della Barbagia di Ollolai. Da Mamoiada ci recheremo a Fonni il paese più alto della Sardegna, posizionato a 1.000 metri di altezza ed adagiato sul lato settentrionale del massiccio del Gennargentu, famoso per il suo Palio. La regione storica della Barbagia di OllolaiLa Barbagia di Ollolai (nome in lingua sarda Barbàgia ’e Ollolai), chiamata anche Barbagia Superiore, è una regione storica della Sardegna centrale. Durante il periodo giudicale ha fatto parte del Giudicato d’Arborea, nellla Curatoria della Barbagia di Ollolai, è stata poi degli Aragonesi, quindi del Ducato di Mandas. Ne fanno parte i comuni: Austis, Fonni, Dorgali, Gavoi, lodine, Mamoiada, Oliena, Ollolai, Olzai, Orgosolo, Ovodda, Teti e Tiana. Secondo molti, ed anche secondo noi, alla Barbagia di Ollolai apparterrebbe anche il comune di Dorgali, che durante il periodo nel quale la Sardegna era sotto il controllo dell’impero Bizantino e nel primo periodo del Giudicato di Arborea ne costituiva uno sbocco al mare, che è andato perduto a seguito dell’espansione, promossa dai Pisani, verso sud del Giudicato di Gallura. Secondo alcuni, alla Barbagia di Ollolai apparterebbero anche i comuni di Orani e Sarule, che noi attribuiamo, invece, al Nuorese, noto anche come Barbagia di Nuoro o Barbagia di Bitti. In viaggio verso FonniDal centro di Mamoiada, passato il Museo delle Maschere Mediterranee, prendiamo la ex SS389, che esce verso sud est, e la seguiamo per circa cinque chilometri e mezzo, poi passati dopo il chilometro 122 gli svincoli, a una grande rotonda, seguendo le indicazioni, prendiamo verso destra la SS389 Diramazione B di Buddusò e del Correboi la quale, in nove chilometri e mezzo, dopo aver attraversato l’Area Industriale e Artigianale di Fonni, ci porta all’interno dell’abitato di Fonni, che si trova sul lato settentrionale del massiccio del Gennargentu. Alle falde del GennargentuIl Massiccio del Gennargentu è costituito da un substrato di scisto con presenza di rocce granitiche risalenti al Paleozoico, e verso sud da formazioni calcaree che costituiscono i caratteristici tacchi prodottisi nel Mesozoico. È un territorio quasi completamente disabitato, molto aspro, con alternarsi di monti, altopiani, e vallate scoscese. Vi sopravvive una fauna di estremo interesse, come l’aquila reale e l’aquila di Bonelli, il nibbio reale, cinghiali selvatici, volpi, gatti selvatici, donnole, lepri. Anche la flora è significativa, con piante secolari alcune delle quali presenti solo in questa zona selvaggia della Sardegna. Il comune di Fonni che è il paese più alto della Sardegna adagiato sul lato nord del GennargentuIl comune chiamato Fonni (nome in lingua sarda Fonne, altezza metri 1000 sul livello del mare, abitanti 3.696 al 31 dicembre 2021) è il paese più alto della Sardegna, situato nella parte centrale della Provincia di Nuoro, a 1.000 metri di altezza ed adagiato sul lato settentrionale del grande massiccio montuoso del Gennargentu. Siamo sempre nella Barbagia di Ollolai, della quale rappresenta il centro più importante, un’importante centro montano, con le sue Chiese e con i numerosi siti archeologici che si trovano nei suoi dintorni. Il territorio Comunale, comprensivo dell’area del bacino artificiale di Gavossai, presenta un profilo geometrico irregolare, caratterizzato da variazioni altimetriche molto accentuate, dato che si raggiungono i 1.703 metri di quota.
Si tratta di uno dei paesi dove la speranza di vita è più alta rispetto alla media mondialeIl comune appartiene ad una delle zone blu dove la speranza di vita è più alta rispetto alla media mondiale. Il termine Zone blu, in inglese Blue Zones, viene usato per identificare le aree demografiche o geografiche del mondo in cui la speranza di vita è notevolmente più alta rispetto alla media mondiale. Il concetto è nato quando gli studiosi Gianni Pes e Michel Poulain hanno pubblicato su Experimental Gerontology il loro studio demografico sulla longevità umana, che identifica la Provincia di Nuoro, in Sardegna, come l’area con la maggiore concentrazione di centenari al mondo. Gli studiosi, per procedere nel lavoro, tracciavano sulla mappa delle serie di cerchi concentrici blu che indicavano le zone con la più alta longevità, da qui il termine Zona blu. I paesi appartenenti alle zone blu in Sardegna sono Arzana, Baunei, Fonni, Gavoi, Mamoiada, Oliena, Ollolai, Orgosolo, Ovodda, Perdasdefogu, Seulo, Talana, Tiana, Ulassai, Urzulei, Villagrande Strisaili. Origine del nomeIl nome del paese, che nella dizione locale si presenta come Ònne o Fònne, è di probabile origine paleosarda, mentre alcuni ritengono tragga origine dalla voce fenicia Phanna che indicava elevatezza, bell’aspetto, bella vista, ed altri pensano derivi dall’antica città di Sorabile, distrutta dai vandali prima della caduta dell’impero Romano, le cui rovine sono tuttora visibili. La sua economiaL’economia di Fonni è basata sull’agricoltura, con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, viti e alberi da frutta, e sulla zootecnia con l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. Fonni è anche famosa per la sua produzione dolciaria dei savoiardi di Fonni.L’industria costituita da aziende che operano nei comparti lattiero-Caseario, alimentare, tessile, della lavorazione del legno, della fabbricazione di materie plastiche, dei materiali da costruzione, dei laterizi, metallurgico, della gioielleria e oreficeria ed edile. Il terziario si compone di una sufficiente rete commerciale e dell’insieme dei servizi. All’economia prevalentemete agricola, si è affiancato negli ultimo decenni il turismo, dato che a Fonni sono stati realizzati diversi impianti sciistici che hanno fatto di Fonni, con Desulo, i più importanti centri del turismo invernale in Sardegna. Il paese è dotato dei maggiori impianti sciistici di risalita sardi, situati sul Bruncu Spina, di 1.828 metri, ed ai piedi del Monte Spada, alto 1.594 metri. Da Fonni partono le strade che conducono ai due più alti valichi automobilistici della Sardegna, lungo la SP7 verso Desulo si trova il Passo di Tascusì, e lungo la SS389 di Buddusò e del Correboi si trova il Passo di Correboi, situati entrambi tra i 1.246 ed i 1.248 metri di altezza. Fonni è molto frequentata anche in estate dagli amanti della natura e dell’archeologia, che qui possono effettuare interessanti escursioni verso affascinanti passi di montagna e siti ricchi di testimonianze preistoriche. Forte attrazione esercitata, inoltre, dalle purissime acque della famosa fonte di Donnortei, da cui i sardi attingono da sempre per le sue note virtù diuretiche. Notevole è la bellezza del paesaggio circostante, con lo sguardo che spazia verso nord dal lago artificiale del Govossai alla cima della Madonna del Monte, mentre a sud si distinguono le vette più alte del Gennargentu. L’apparato ricettivo di Fonni, comprendente alcuni agriturismo, offre possibilitàdi ristorazione e di soggiorno. Brevi cenni storiciIl territorio di Fonni, abitato sino dall’età prenuragica, è in seguito sottoposto alla dominazione romana, periodo durante il quale viene fondata una antica mansio ossia stazione di cambio dei cavalli denominata Sarabensis, ossia Sorabile, lungo la strada Karalis-Ulbia, che viene data alle fiamme e distrutta dai Vandali nel quinto secolo con la complicitàdegli autoctoni barbaricini che mai avevano sopportato la dominazione romana. In periodo medioevale, nell’undicesimo secolo, Fonni entra a far parte del Giudicato d’Arborea, nella curatoria della Barbagia di Ollolai. Nel 1410 passa sotto il dominio dei Marchesi di Oristano, e circa sessant’anni più tardi viene conquistata dagli Aragonesi. Agli inizi del diciassettesimo secolo venne incorporata nel Ducato di Mandas e ceduta in feudo ai Maza, ed in seguito ai Tellez Giron d’Alcantara. Passata sotto i Savoia e, successivamente, nel regno d’Italia, del comune di Fonni nel 1927, dopo la creazione della Provincia di Nuoro, viene cambiata la provincia, da quella di Sassari, alla quale precedentemente apparteneva, alla neonata Provincia di Nuoro. Le principali principali feste e sagre che si svolgono a FonniA Fonni sono attivi il Gruppo Folk Pro Loco dell’Associazione Turistica Pro Loco di Fonni, il Gruppo Folk Brathallos dell’omonima Associazione Culturale, ed il Gruppo Folk S’Orrosa e Monte nato nel 2015 da un gruppo di giovani che mirano a portare avanti e far conoscere le tradizioni del proprio paese. Inoltre svolgono la loro attività il Coro Polifonico Maschile Vohes De Onne ed il Coro Polifonico Femminile Su Veranu. Nelle principali feste e sagre che si svolgono a Fonni è possibile assistere alle loro esibizioni nei bei costumi tradizionali del posto. Tra le principali principali feste e sagre che si svolgono a Fonni si segnalano, il 17 gennaio, la Festa di Sant’Antonio Abate, con la sera della vigilia la tradizionale accensione del falò nella piazza della chiesa di Santa Croce; il Carnevale, animato dalle famose maschere fonnesi; i riti della Settimana Santa; la prima domenica di giugno la Festa della Madonna dei Martiri, caratterizzata da una processione cui partecipano uomini e donne vestiti con i tradizionali costumi locali; il 24 giugno la Festa di San Giovanni Battista, che è il Santo patrono del paese; alla fine del mese di luglio si conclude la quattro giorni della Festa di San Cristoforo, il Santo protettore degli automobilisti, presso la sua chiesa campestre; a inizio agosto, la manifestazione Identidades, il più grande evento dedicato ai Carnevali del mondo; la prima domenica di agosto si tiene il famoso Palio di Fonni, la corsa ippica non solo pi remunerativa ma anche pi famosa della Sardegna; solitamente all’inizio di settembre si svolge la manifestazione ArcheoFonni, alla scoperta della cultura degli avi; sempre a inizio settembre, la manifestazione chiamata PaStorias che celebra la cultura pastorale; a inizio dicembre, la manifestazione Cortes Apertas, la bellezza del lavoro manuale a Fonni. Il Carnevale di Fonni con S’Urthu e Sos Buttudos e con Sas Mascaras limpiasSu Arrasehare Onnesu ossia il Carnevale di Fonni">Il Carnevale fonnese, chiamato Su Arrasehare Onnesu è caratterizzato dalle antiche maschere de S’Urthu e Sos Buttudos, che rappresentano la lotta quotidiana dell’uomo contro gli elementi della natura. Sos Buttudos indossano un cappotto di orbace sopra abiti di velluto, portano scarponi e gambali di cuoio e sulle spalle i campanacci detti Sonaggias, e tengono al guinzaglio con una rumorosa catena di ferro S’Urthu, l’orso. Quest’ultimo è vestito di pelli di montone o di caprone, di colore bianco o nero, ha un grosso campanaccio legato al collo e la faccia annerita dal sughero carbonizzato detto S'Inthiveddu. S’Urhtu tenta continuamente di liberarsi dalle catene, aggredendo uomini e cose che incontra sul suo cammino, arrampicandosi sugli alberi e sui balconi, aizzato ad avventarsi sulla gente e soprattutto sulle ragazze che subiscono le sue esuberanze, mentre Sos Buttudos tentano di domarlo. Oltre a S’Urthu e Sos Buttudos, maschere maschili, sono protagoniste del Carnevale fonnese anche Sas Mascaras limpias, maschere della Pro Loco di Fonni, impersonate sia da uomini che da donne, che rappresentano l’eleganza e la bellezza, e che, per non essere riconosciute e per non rivelare il sesso, non parlano e si coprono completamente, indossano anche dei guanti. I riti della Settimana Santa a FonniI riti della Settimana Santa sono officiati dalle Confraternite della basilica dei martiri e della chiesa di San Giovanni Battista. Come da tradizione la Domenica delle Palme viene celebrata benedizione delle palme nella basilica dei martiri e nella chiesa di San Giovanni Battista. Nei giorni successivi si svolgono le cerimonie della lavanda dei piedi detta Lavabis, della Via Crucis che si svolge per le vie del paese, e di S’Iscravamentu, ovvero la deposizione dalla croce e la processione con la successiva sepoltura. Durante la veglia pasquale si celebra la benedizione dell’acqua e del fuoco, ed il giorno successivo, ossia la Domenica di Pasqua, si celebra la resurrezione con la cerimonia de S’Incontru, che ricorda l’incontro fra il Cristo risorto e la Madonna. Tutte le funzioni sono accompagnate dal canto dei Gosos, i canti sacri in lingua sarda in onore della Vergine, e dai suoni delle Mattracolas, dette anche battole, che sono tavole di legno provviste di due battenti metallici, e delle Arraneddas, ossia raganelle costruite in legno. La manifestazione PaStoriasSolitamente all’inizio di settembre si svolge la manifestazione denominata PaStorias che celebra la cultura pastorale, in un affascinante viaggio nel tempo tra antichi mestieri, musica, miti del Gennargentu e la cucina del pastore, che anima le vie del paese, dove le strade prendono vita e gli ospiti possono ascoltare storie di notti stellate, di canti festosi, di mani sagge che impastano, intrecciano, filano, mungono… Sull’uscio delle case le donne raccontano l’arte di intrecciare i cestini o la pazienza della tessitura mentre instancabili mani creano con la memoria dell’esperienza, e poco pi in l’gli uomini sono intenti a mungere una pecora o a ferrare un cavallo tra canti di gioia e un bicchiere di vino. Visita del centro di FonniIl centro storico dell’abitato, interessato da una forte espansione edilizia, è caratterizzato da vicoli stretti sui quali si affacciano tante piccole case, che danno all’abitato un’aria tipicamente montana. Entriamo a Fonni provenendo da Mamoiada con la SS389 Diramazione B di Buddusò e del Correboi la quale, dopo aver attraversato l’Area Industriale e Artigianale di Fonni, subito prima del chilometro 9, passato il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato, assume il nome di via Sassari. All’interno dell’abitato sono presenti numerosi bei murali, dei quali un gran numero è stato realizzato dal muralista sardo Angelo Pilloni, di San Sperate, dei quali illustreremo i più significatividurante la nostra visita del centro di Fonni. Il Centro Sportivo Peppino Mulas di FonniSeguiamo via Sassari per circa un chilometro, seguendone le diverse curve, fino a che la strada sbocca sulla via Grazia Deledda, che prendiamo verso destra. La seguiamo per trecentocinquanta metri, finché la via Grazia Deledda sbocca sulla via Cordedda, che prendiamo verso destra. Dopo duecento metri svoltiamo a destra per rimanere sulla via Cordedda, lungo la quale, percorsi altri circa duecento metri, svoltamo a destra e, in una cinquantina di metri, troviamo sulla sinistra la via 25 Aprile. Seguendo la via 25 Aprile, alla destra, si trovano gli ingressi del Centro Sportivo Peppino Mulas, dedicato a quello che è stato uno tra i fondatori della Polisportiva Fonni, che negli ultimi anni non si limitato solo a sostenere attivamente lo sport, ma lo raccontava anche collaborando per la Nuova Sardegna come cronista. All’interno di questo complesso sportivo è presente il Campo Comunale Coleo, un calpo da Calcio con fondo in erba sintetica, dotato di tribune in grado di ospitare circa 315 spettatori. Intorno al campo è presente la Pista di Atletica, con fondo in materiali cementizi o asfaltoidi, nel quale è possibile praticare come discipline le corse su pista. Dalla via Grazia Deledda arriviamo nella piazza ItaliaRitorniamo indietro fino a dove la via Cordedda ci riporta nella via Grazia Deledda, che riprendiamo all’indietro, invece di riprendere a sinistra la via Sassari che ci ha portato fino qui, prendiamo la via Sassari come prosecuzione dritta della via Grazia Deledda. Proseguiamo per trecento metri poi ed arriviamo nella Piazza Italia, una bella piazza del centro storico di Fonni con i suoi bei murali. Sul retro della piazza si vede ancora oggi sul muro, anche se molto rovinato, il murale Frammenti di antiche culture, con figure maschili stilizzate con corna taurine, spighe e sole, opera di Ferdinando Medda. Prima dell’angolo con la via Umberto I c'è il murale Finte architetture con figure umane, e passato l’angolo, all’inizio della via Umberto I, si vede alla sinistra il murale La pariglia dello storico Palio di Fonni, che sono entrambe opere di Angelo Pilloni. La via Umberto I con il Museo Etnografico della Cultura popolareArrivati dalla via Sassari nella piazza Italia, svoltiamo leggermente a sinistra e prendiamo la Via Umberto I, che percorre tutto il centro del paese fino ad uscire dall’abitato verso sud est come SP69. È una delle principali strade del centro, lungo la quale si trovano numerosi significativi murali. Lungo la via Umberto I, a un centinaio di metri dalla piazza Italia, alla destra della strada poco dopo il civico numero 20, subito prima dell’incrocio con la via Mercato, si trova il murale Il prigioniero, il sequestro, figure umane e maschera carnevalesca opera di Pierangelo Putzu e Antonietta Serra. Subito passato l’angolo, sul primo edificio della traversa via Mercato, è presente il murale La filatrice, di Angelo Pilloni. E poco più avanti, sempre alla destra ad angolo dove arriva da destra il vico parrocchia, prima del civico numero 24 si trova il murale Architettura illusionistica con maschere carnevalesche, opera di Angelo Pilloni realizzato con la collaborazione di un gruppo di apprendisti fonnesi, tra cui Michele Pirellas e laura Mastrella. Percorsa una sessantina di metri sempre verso sud lungo la via Umberto I, all’altezza del civico numero 38 ad angolo con la via Paoli che porta al Museo Etnografico della Cultura Pastorale, si trova il murale che raffigura un Ritratto di pastore, opera di Angelo Pilloni. Il Museo, inaugurato nel 2007, collocato presso l’antica casa padronale ottocentesca della famiglia loddo Campana, dagli interni tradizionali, la loggia acciottolata e un grande arco in granito. Ristrutturata di recente, copre una superficie di circa trecento metri quadrati ed costituito dall’unione di una serie di piccole unità, in veritàquelle sul lato ovest per lo pi demolite e ricostruite con telaio in calcestruzzo armato e tamponature in blocchi di calcestruzzo aerato autoclavato, tanto che il differente trattamento superficiale e cromatico dell’intonaco ne dichiara l’intervento. Nell’edificio di testata ad est, la facciata del museo un esempio di edilizia abitativa locale ottocentesca, distribuito su tre livelli e caratterizzato da aperture irregolari evidenziate da architravature lignee e grosse cornici chiare sporgenti, da copertura lignea a capanna fortemente aggettante, dalle tracce di un balcone ligneo ormai andato perso. All’interno del museo il percorso espositivo, distribuito su tre piani, racconta la storia della comunitàfonnese, approfondendo il tema del pastoralismo sardo attraverso l’esplorazione e descrizione di aspetti materiali e immateriali, testimonianze di vita quotidiana e rituali cerimoniali, ma anche di relazioni sociali che caratterizzano questo lavoro, per secoli transumante e oggi diventato stanziale. Passato l’incrocio con la via Paoli, proseguiamo verso sud con la via Umberto I e, dopo un centinaio di metri, alla destra della strada, all’interno di una rientranza subito prima del civico numero 120, si vede il murale dedicato Ai pastori transumanti di Fonni. Nelle due opere murali dipinte da Angelo Pilloni sono state raffigurate due scene di vita quotidiana legate ai pastori transumanti, che da settembre a maggio di ogni anno abbandonavano le montagne e le proprie famiglie per scendere a valle con il proprio gregge, dato che la pastorizia ha rappresentato, per tantissimi anni, l’unica fonte di sostentamento della societ rurale fonnese. Nella parte inferiore raffigurato un omaggio ai pastori con il proprio gregge durante il periodo della transumanza, seguiti dal fedelissimo cane da guardia, il pastore fonnese. Nella parte superiore è dipinto un murale ispirato ad un documentario del noto regista sardo Fiorenzo Serra con, a lato, una targa in omaggio sia ai pastori che allo stesso regista il quale, dopo il suo rientro in patria, ha dedicato la propria vita nel creare una vasta e dettagliata testimonianza storica della vita pastorale dell’Isola. La chiesa della Santa CroceArrivati dalla via Sassari nella piazza Italia, svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Monsignor Zunnui, dopo centotrenta metri lungo la via Monsignor Zunnui svoltiamo a sinistra nella via Casula, lungo la quale, dopo una cinquantina di metri, alla sinistra della strada si affaccia la chiesa della Santa Croce. Si tratta di una chiesa dall’imponente facciata, con due pilastri laterali e due colonne doriche che affiancano il portale. La chiesa di Santa Croce è al centro dei festeggiamenti del 16 e 17 gennaio in onore di Sant’Antonio Abate. A Fonni, durante il vespro che precede la messa serale del 16 gennaio, vigilia della festa di Sant’Antonio Abate, si accende un unico grande fuoco chiamato Su Pispiru de Sant Antoni nella piazza che si affaccia alla destra della chiesa di Santa Croce. Poi il sacerdote, in processione con la statua di Sant’Antonio, compie tre giri intorno al fuoco e benedice il falò e il pane in sappa, ossia preparato con mosto d’uva, che è tipico dolce della festa, e che viene offerto ai presenti con un buon bicchiere di vino. Tutte le famiglie del paese partecipano a questa festa e sono coinvolte nei preparativi. Infine, come da tradizione, anche a Fonni come in tutta la Sardegna la festa segna l’apertura del Carnevale, con la prima uscita delle maschere tradizionali, Sos Urthos e Sos Buttudos e Sas Mascheras limpias, che rallegrano l’evento con la messa in scena della lotta tra il bene e il male. La chiesa del RosarioDalla via Grazia Deledda, arrivati nella piazza Italia, procediamo in direzione sud ovest e svoltiamo a sinistra prendendo la via Roma, dopo una cinquantina di metri lungo la via Roma prendiamo a destra la via del Mercato. Percorsa una novantina di metri lungo la via del Mercato svoltiamo a destra nella via Alfonso lamarmora e, dopo una settantina di metri, arrivati nella piazza del Rosario, svoltiamo leggermente a destra prendendo la via del Rosario. Lungo la via del Rosario, dopo poco più di una cinquantina di metri, troviamo sulla sinistra della strada la chiesa del Rosario una piccola chiesa costruita dopo che l’antica Cappella dell’oratorio del Rosario era stato abbattuto nel 1702, su iniziativa di padre Pacifico Guiso Pirella di Nuoro. Il Monumento ai CadutiPassata la chiesa del Rosario, la via del Rosario dopo una ventina di metri curva leggermente a destra e continua sulla via San Pietro, la seguiamo per una cinquantina di metri e poi svoltiamo a sinistra nel vico San Pietro che, dopo un’ottantina di metri, sbocca sul corso Carlo Alberto. Prendiamo verso destra il corso Carlo Alberto che si dirige verso nord e, dopo un ventinaio di metri, vediamo alla sinistra della strada un ampio parco, all’interno del quale è presente il Monumento ai Caduti di Fonni nel corso della Prima e della Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di un monumento a cippo in granito, posto al di sopra di una base composta da cinque gradini. Sulla base a parallelepipedo si innesta un alto plinto, costituito da due elementi, il primo rivestito da lastre in granito pi scuro e reca i nomi dei caduti a incisione, mentre il secondo, caratterizzato da estremi modanati, accoglie una statua bronzea che raffigura un fante il quale, con piglio deciso, sta piantando la bandiera sul terreno. Si ritiene che il monumento, in mancanza di firma e data, possa essere fatto risalire al 1970 circa. Non presente nessuna epigrafe dedicatoria e non precisata la guerra in cui perirono i caduti menzionati, sebbene a una prima verifica sembra che la quasi totalitàdi essi risulti presente nell’albo d’oro dei caduti della Grande Guerra. Il Municipio di FonniProseguendo lungo la via Carlo Alberto, a centocinquanta metri da dove la avevamo imboccata la strada curva verso destra e raggiungiamo un incrocio, dove da sinistra arrriva la via Guglielmo Marconi, la prosecuzione della via Carlo Alberto dritta verso est assume il nome di via Vittorio Emanuele, mentre a destra arriva da sud la via San Pietro. Proprio all’inizio della via San Pietro, alla sinistra della strada subito prima del civico numero 1, si vede il bel murale intitolato Tributo murale ai reduci della Guerra di Crimea, realizzato da Angelo Pilloni il quale ha voluto riprodurre una foto storica dei primi anni del novecento di Piero Pirari, pittore e fotografo vissuto a Nuoro tra il 1886 e il 1972, nella quale erano riprodotti alcuni reduci di questa guerra. Ritornati sulla via San Pietro, alla destra procedendo da sud o alla sinistra arrivando da nord, al civico numero 4, si trova l’edificio che ospita il Municipio di Fonni, nel quale si trovano la sua sede e gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. Si tratta degli uffici del Sindaco, e del Segretario Generale; gli uffici dell’Area Amministrativa, Affari Generali e legali, Servizi Demografici e Polizia Mortuaria, Gestione giuridica del personale, che comprendono la Segreteria Generale, l’Ufficio Anagrafe Stato Civile e Elettorale, l’Ufficio Archivio Protocollo e Notifiche, l’Ufficio Affari Generali, il Centralino; gli uffici dell’Area Finanziaria, Tributi, Personale, Informatica e Pubblica Istruzione, che comprendono l’Ufficio Finanziario, l’Ufficio Personale, l’Ufficio Pubblica Istruzione, il Settore Informatico; gli uffici dell’Area Tecnica che comprendono l’Ufficio Edilizia Privata e Pianificazione Urbanistica, l’Ufficio lavori Pubblici, l’Ufficio Manutenzione e Patrimonio, l’Ufficio Polizia locale; gli uffici dell’Area Socio Culturale, che comprendono l’Ufficio Servizi Sociali e Politiche Educative e Giovanili, e la Biblioteca, Cultura e Musei. Lungo la via Vittorio EmanueleLa prosecuzione della via Carlo Alberto è la via Vittorio Emanuele, lungo la quale si trovano altri bei murali che affrescano gli edifici, dei quali descriviamo i principali. Percorsa una settantina di metri lungo la via Vittorio Emanuele, alla sinistra della strada si trova il murale intitolato Tia Capassa e su Cohone e Vrores, con finte architetture e con figure maschili e femminili. L’opera è composta nel suo insieme da tre murali, che sono stati eseguiti sulla muratura di una abitazione storica privata, da Angelo Pilloni, con la collaborazione di un gruppo di apprendisti fonnesi, tra cui tra cui Michele Pirellas e laura Mastrella, come omaggio al paese con i suoi simboli e le sue storiche tradizioni. Il primo murale, al civico numero 40, rappresenta appunto la Tia Capassa ed il leggendario Su Cohone e Vrores; il secondo murale, al civico numero 42, riporta le storiche tradizioni culinarie del posto, ed il terzo murale rappresenta alcuni abitanti del paese. Percorsa un’altra cinquantina di metri verso sud lungo la via Vittorio Emanuele, alla destra della strada subito prima del civico numero 53, ad angolo con la traversa via Ferracciu, si vede il murale Cavalieri a cavallo con lo stendardo processionale, anch’esso opera di Angelo Pilloni realizzato in omaggio ad una delle tradizioni storiche del paese, ossia S'lstangiartu, nome che nella storica tradizione fonnese indica sia il gruppo di cavalieri incaricati di scortare, precedendola, la Madonna dei Martiri in ogni corteo religioso con lo stendardo in cui è rappresentata la Vergine, che lo stendardo stesso. Nel centro storico arriviamo nella piazza EuropaDalla via Alfonso lamarmora eravamo arrivati nella piazza del Rosario, dove prendiamo a sinistra la via Azuni, dalla quale prendiamo a sinistra la via Carlo Alberto, e, in poco più di duecento metri, arriviamo nella Piazza Europa, una bella piazza del centro storico di Fonni che stata riqualificata usando una pavimentazione lapidea caratterizzata da geometrie ottenute con l’uso di sanpietrini, ed ai lati della quale si trovano diversi bei murali che rappresentano la popolazione nei costumi tradizionali. Arrivando dalla via Carlo Alberto, prima dell’ingresso in piazza Europa si trova, alla sinistra della strada in corrispondenza del civico numero 57, il murale intitolato La cartolina, opera di Angelo Pilloni, che visibile da tutta la piazza. All’uscita della piazza Europa verso la piazza dei Martiri, al civico numero 2 della piazza Europa, si trova il murale L’uscita del simulacro della Madonna dei Martiri, opera anch’essa di Angelo Pilloni. La basilica della Madonna dei Martiri definita anche il suo SantuarioLa piazza Europa confina con la piazza dei Martiri, nella quale visiteremo il Complesso basilicale della Madonna dei Martiri, eretto a monumento nazionale. Si tratta di uno dei più articolati e significativi esempi di tardo barocco della Sardegna, un complesso architettonico realizzato dai Minori Osservanti che comprende il convento, la basilica della Madonna dei Martiri, e l’oratorio di San Michele, tutti prospicienti un ampio piazzale. Il terreno nel quale sorge è stato affidato nel 1610 al Padre francescano Giorgio d’Acillara., ed il convento e l’annessa chiesa conventuale di San Francesco dedicata alla Santissima Trinità, sono stati completati intorno al 1632. Tra il 1702 ed il 1706, demolita la Cappella del Rosario, è stata ampliata la struttura, trasformando il complesso della Santissima Trinità in una basilica dedicata alla Madonna dei Martiri di Fonni, che si posiziona al centro di un ampio cortile porticato, ai lati del quale sorgono le moderne cumbessìas, le basse casette per ospitare i pellegrini, e da una serie di edifici realizzati intorno alla struttura principale, che è la chiesa della Santissima Trinità. La basilica sapientemente affrescata, comprende la Cappella delle reliquie, contenente reliquiari d’argento risalenti al diciassettesimo e diciottesimo secoli, e un Santuario sotterraneo formato da un vestibolo e da due spazi di culto dedicati a San Giorgio e Sant’Efisio. La basilica viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli al simulacro della Vergine con il Bambino custodita al suo interno, opera romana eseguita da artista sconosciuto tra il 1698 e il 1700 che si dice modellata dalla polvere di ossa di Santi Martiri. Il commissionario del Santuario infatti, il Padre francescano Juan Francisco Guiso Pirella chiamato anche Pacifico Guiso Pirella, aveva fatto riesumare le loro ossa dal Cimitero romano di lucina. La chiesa conventuale di San Francesco dedicata alla Santissima TrinitàLa chiesa conventuale del complesso basilicale è la chiesa di San Francesco dedicata alla Santissima Trinità, è molto semplice, con una sola navata e volta a botte, sulla quale si affacciano due cappelle semicircolari, e conclude la struttura il presbiterio rialzato che ospita l’altare della Madonna dei Martiri. All’incrocio con le cappelle si trova la cupola ottagonale, e la fastosa decorazione scultorea è arricchita dalle pitture di Pietro Antonio e Gregorio Are, padre e figlio. Sotto la chiesa c’è una Cripta, con la Cappella delle reliquie, ed un Santuario sotterraneo, formato da un vestibolo e da due spazi di culto dedicati a Sant’Efisio e a San Gregorio Magno, considerati i padri della fede dalle popolazioni barbaricine. Il Santuario sotterraneo è strutturato in due ambienti, il vestibolo e il Santuario vero e proprio, che originariamente erano separati da un’inferriata. Nel primo ambiente, a pianta rettangolare con copertura a botte, cinque nicchie per lato ospitano busti di Santi legati alla tradizione francescana. Nel secondo ambiente, anch’esso a pianta rettangolare e con volta a botte, si trovano numerosi altari e simulacri in stucco policromi. Anche le tempere nella volta sono state eseguite da Pietro Antonio e Gregorio Are. Sulla sinistra della chiesa si trova il convento francescano ed a destra la chiesa ed oratorio di San Michele Arcangelo. La prima domenica di giugno, presso la basilica, si tiene la Festa dei martiri di Fonni, detta Sa Festa de Sos Martires de Fonni, preceduta dalla novena che inizia la domenica precedente. Dal sabato al martedì si svolgono i festeggiamenti civili, mentre ai festeggiamenti religiosi sono dedicati la domenica e il lunedì. Il culmine della Festa è la sera del lunedì, dopo la messa solenne, la processione nei costumi tradizionali con il simulacro della Madonna, che percorre le vie del paese accompagnata dai partecipanti nei costumi tradizionali, e dai cavalieri della Madonna dei Martiri. La Festa è resa suggestiva dal corteo equestre De S’istangiartu, lo stendardo che accompagna la Madonna durante le processioni, e dai Gosos, i canti sacri in lingua sarda in onore della Vergine. È un appuntamento che fu molto amato da Grazia Deledda e Salvatore Cambosu, che la raccontarono nelle loro loro opere. Il convento francescano e la chiesa e l’oratorio di San Michele ArcangeloNel complesso basilicale, oltre alla chiesa della Santissima Trinità, si trova anche il convento francescano edificato nel 1610. È un quadrilatero, con le celle affacciate sul chiostro, nel quale si trova il pozzo centrale, ed all’interno conserva una preziosa collezione di dipinti del seicento e settecento, di artisti che hanno lavorato alla costruzione della chiesa, ossia Antonio Todde, Giuseppe lopez e Pietro Antonio Are. Ci si trova, inoltre, la chiesa e l’oratorio di San Michele Arcangelo edificata tra l’arco d’ingresso del piazzale della basilica e la chiesa. È un piccolo edificio a pianta centrale eretto tra il 1758 ed il 1759 su modelli lombardi, la cupola dell’edificio è decorata con una decorazione a tempera attribuibile a Gregorio Are, raffigurante la Trinità e la battaglia escatologica tra l’Arcangelo Michele e il drago. Accanto alla Trinità compaiono le schiere angeliche in lotta con i demoni. La chiesa parrocchiale di San Giovanni BattistaIl rione più antico, forse di origine altomedioevale, di Fonni è il rione Canio, che si sviluppa attorno alla chiesa di San Giovanni Battista. Per raggiungerla prendiamo, alla sinistra dell’ingresso della basilica, la via Secchi che seguiamo per circa centosettanta metri fino alla fine, dove sbocca sulla piazza Alfonso lamarmora. Qui proseguiamo con la via Alfonso lamarmora che, dopo una quarantina di metri, prosegue nella via San Giovanni e, in centosessanta metri, ci porta nella piazza San Giovanni, chiamata anche piazza della Parrocchia. Su questa piazza, di fronte a un bel murale che rappresenta La processione di San Giovanni Battsta opera di Angelo Pilloni, si affaccia la chiesa di San Giovanni Battista che è la chiesa parrocchiale di Fonni, edificata nel sedicesimo secolo su una preesistente chiesa gotica e successivamente ristrutturata. La facciata è caratterizzata da richiami bramanteschi. Interessante l’interno, in stile gotico aragonese assai simile a quello della parrocchiale di Gavoi, ed in esso sono conservate una tavola dei primi del cinquecento, un bel crocefisso ligneo del settecento e una statua del Santo titolare dello stesso periodo. Conclusa la novena preparatorio, il 24 giugno, commemorazione della sua nascita, presso questa chiesa si celebra la Festa di San Giovanni Battista, la quale sostituisce l’antica festa pagana del solstizio d’estate. La mintha hantada, la messa cantata che è la messa solenne, vede la benedizione da parte del sacerdote di Su Cohone e Vrores, un pane tipico che ha origini antichissime, e la cui preparazione, che va dai cinque ai sei mesi, è ancora oggi custodita e tramandata da Anna Coinu. Si tratta di una complessa elaborazione composta da una focaccia a forma di torta dal diametro di una quarantina di centimetri e una decina di centimetri di spessore, sulla quale vengono infilati dei bastoncini di canna che reggono centosessanta puggiones, ossia uccelli, e 5 puddas, ossia galline. Al centro nella composizione si trova il nido di circa cinque centimetri di diametro, che viene decorato con chicchi di grano finto e con sopra tre puggioneddos, uccellini, mentre attorno al nido vi sono quattro puddas, una delle quali porta sul dorso un puggioneddu. Concluse le cerimonie religiose, la sera della festa il simulacro del Santo viene condotto in processione per le vie del paese accompagnato dai cavalieri, dalle donne che indossano il costume tradizionale e dai fedeli che seguono a piedi la processione. Il Cimitero di FonniPassata la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, proseguiamo sulla via Alfonso lamarmora, dopo poche decine di metri prendiamo sulla destra la via Gennargentu. Seguiamo la via Gennargentu per circa trecento metri ed arriviamo davanti all’ingresso del Cimitero Comunale di Fonni, che si trova alla destra della strada, prima che essa curvi verso est ed arrivi ad uscire dall’abitato verso sud est. Visita dei dintorni di FonniPer quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Fonni, sono stati portati alla luce i resti delle fonti sacre di Gremanu, Nole, e Talesso; delle Tombe di giganti di Bidistili o di Durane ai confini con l’area Comunale di Gavoi, di Donurtei, Dronnoro, Giogu Mattu, Is Pintores, Madau I, Madau II, Madau III, Madau IV, Madau V, Mastala, Nodu Mereu, Padru Ebbas, Sa Viuda, Sa Viuda II, Sa Viuda III, San Michele Orrui I, San Michele Orrui II, Sedda Balloi, su Molimentu, Talesso, e Tanca Manna I; dei Protonuraghi Nole, Orgoi, S’Uturu ’e Mesu, Sa Sergente, e Trementu; del nuraghe di tipo misto Carussia; dei Nuraghi complessi Dossonello, Dronnoro, Fuili, logomaghe, S’Alinu, Sa Viuda, e Tanca Manna; dei Nuraghi semplici Arballai, Biacceddu, Caramala, Coroneo, Donnure, Durani, Eligherbuda, Eliseo, Govossai, Gremanu, Iscollanoro, Isperu, lochirioe, Madalei, Madau, Masiloi, Mastala, Monte San Michele, Monte San Michele II, Nostra Signora de su Monte, Orgoi II, Pizzu ’e Monte, Sa Menta, Sa Prunizza, Sammuccu, Sedda Balloi, Serra Oddorai, su Molimentu, Talesso, e Tramassumele; ed anche del nuraghe Vadilonga, di tipologia indefinita. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Il sito archeologico di San Michele OrruiDa Fonni prendiamo la SS389 di Buddusò e del Correboi che esce dall’abitato verso ovest e porta in direzione di lodine. Arrivati, dopo circa quattro chillometri e mezzo, alla deviazione sulla destra sulla SP10 che porta in direzione dell’abitato di lodine, la prendiamo e, dopo una sessantina di metri, troviamo alla sinistra la Strada Vicinale Santu Micheli, che è una strada bianca segnalata da un cartello, che conduce direttamente al Sito archeologico di San Michele Orrui. Nella zona di San Michele sono presenti sei menhir, dei quali solo tre sono ancora in piedi nella posizione originaria, ed, in quest’area, sono presenti due Tombe di giganti ed anche una Tomba di giganti ritenuta da alcuni una allée couverte. Percorsi centosettanta metri verso ovest lungo la strada vicinale, prendiamo una deviazione in un sentiero sulla destra e, dopo un centinaio di metri, a breve distanza alla sinistra, si trova il principale dei menhir presenti nel sito archeologico, che è il Menhir VI. Proseguendo per altri settecento metri, si trovano alla destra, a un centinaio di metri di distanza, i pochi resti della Tomba di giganti II. Percorso un altro centinaio di metri, alla sinistra, si trovano i resti della principale Tomba di giganti che è la Tomba di giganti I, della quale residuano attualmente però solo alcuni frammenti relativi alla parte mediana e superiore di una stele centinata e, dato che non sono state rilevate altre tracce appartenenti al monumento, da considerare ormai quasi del tutto distrutto. A breve distanza da questa Tomba di giganti, verso est, si trovano i resti dell’Allée couverte di San Michele Orrui, monumento del quale residua solo il perimetro del vano tombale costituito da lastroni infissi verticalmente, tranne che nel lato destinato all’ingresso mentre. A qualche metro di distanza, giace riversa la stele trapezoidale di chiusura, ora spezzata in due frammenti. Si tratta di una tomba che Giovanni Lilliu, nel suo saggio Monumenti Antichi Barbaricini, ha considerato fosse non una Tomba di giganti ma una all’e couverte, ossia un Dolmen dalla tipologia di forma allungata, con la camera sepolcrale che aveva pi o meno la stessa larghezza del corridoio. Poco a sud dell’allée couverte si trova il Menhir V. un’ottantina di metri a nord est, alla destra del sentiero, si trovano il Menhir I, che è un menhir molto particolare in quanto forato in pi punti forse artificialmente, ed il Menhir II. Probabilmente i menhir in origine si ritiene potessero essere tre, dei quali il terzo potgrebbe essere stato utilizzato come pilastro per il cancello di accesso alla casa. Da dove avevamo presa la SP10 che porta in direzione dell’abitato di lodine, dopo una sessantina di metri avevamo trovato alla sinistra la Strada Vicinale Santu Micheli, percorsi centosettanta metri lungo la strada vicinale, evitiamo la deviazione in un sentiero sulla destra che porta al sito archeologico e continuiamo, invece, dritti verso ovest. Percorsi circa settecento metri, un sentiero sulla destra in circa trecento metri ci porta alle rovine della chiesa di San Michele Arcangelo di Orrui, con le sue cumbessias. Vicino ai ruderi della chiesa, si trovano i resti della Necropoli di San Michele Orrui. Ad ovest si trovano tre domus de janas, ossia tre ipogei che si presentano affiancati fra loro, a circa un metro di distanza una dall’altra, su uno sperone roccioso. Si tratta di domus de janas bicellulari. Ed una quarta domus de janas si trova a circa cinque metri di distanza, all’opposto dello stesso sperone roccioso, in direzione est, proprio di fronte ai ruderi della chiesa. La quarta domus de janas unicellulare, di assai piccole dimensioni. I resti della Tomba di giganti di Bidistili o di DuraneDalla piazza Italia, seguendo le indicazioni per Nuoro, prendiamo la via Sassari e la seguiamo. Dove la strada prosegue come via Grazia Deledda svoltiamo a destra proseguendo la via Sassari lungo la quale, dopo trecento metri, passato il cartello segnaletico che indica l’uscita dall’abitato, prosegue come SS389 Diramazione B di Buddusò e del Correboi. Percorsi circa cinque chilometri, troviamo sulla destra della strada, a un’ottantina di chilometri di distanza, la Tomba di giganti di Bidistili, detta anche di Durane in quanto situata nei pressi del rio omonimo in un fertile territorio molto frequentato in epoca nuragica. È interamente costruita in granito con conci disposti a filari regolari. All’interno di un ampia esedra della lunghezza di quattordici metri, dotata di banconi o sedili per la sosta dei pellegrini che praticavano il culto dei morti, accoglie, ad est, un piccolo betilo, che dovette essere oggetto di culto, ed attorno al quale si ritiene venissero depositate le offerte dato che sono stati rinvenuti numerosi frammenti di ceramica. La parte centrale, presenta il portello d’ingresso sormontato da un cosiddetto concio a dentelli. Al’interno si accede dal portello d’ingresso sormontato dal concio a dentelli, ma è priva della stele centinata. La camera sepolcrale è rettangolare, abbastanza piccola di quasi un metro di larghezza e quattro metri di lunghezza, ricoperta con filari aggettanti, e si chiude con un abside che ha la forma di una barca rovesciata. Il letto funerario è costituito da ciottoli di fiume. In questa tomba sono state trovate semplici ciotole carenate, fregi a dentelli e soprattutto l’unica armilla, ossia l’unico braccialetto metallico, finora rinvenuto, realizzato in ferro invece che in rame o bronzo. Ciò porta a ritenere una sua frequentazione fino all’Età del Ferro. I resti del nuraghe complesso di DronnoroDal centro di Fonni, passato il cartello segnaletico che indica l’uscita dall’abitato, presa la SS389 Diramazione B di Buddusò e del Correboi, percorsi appena seicentocinquanta metri, seguendo le indicazioni per Pratobello prendiamo a destra la deviazione sulla SP2ter, la seguiamo per un chilometro e duecento metri e arriviamo a una traversa sulla sinistra. Qui svoltiamo tutto a sinistra in una strada bianca e, dopo poco più di cinquecento metri, prendiamo un sentiero sulla sinistra. Dopo aver percorso tutto il sentiero occorre svoltare a destra in una salita, fino a raggiungere un cancello da cui si arriverà al Nuraghe di Dronnoro, che è già visibile dall’abitato di Fonni. Sei pesante come il nuraghe di Dronnoro, dice un detto fonnese che rende bene la maestosità della torre nuragica senza dubbio più bella di tutto il territorio. Situato sull’altopiano in posizione rilevata, a poca distanza dal paese, Dronnoro è un nuraghe complesso costituito da una torre centrale perfettamente conservata e da due torri laterali parzialmente distrutte. Tutto il complesso è rifasciato da un poderoso bastione. Al nuraghe si accede da sud est, dopo aver attraversato un piccolo cortile triangolare a cielo aperto delimitato dalle torri laterali e dal bastione. L’imponente ingresso architravato immette in un breve corridoio su cui si apre, sulla sinistra, il vano scala che conduce sulla sommità, dove era la terrazza. Dal corridoio si accede alla camera della torre principale, a pianta circolare, che conserva intatta la copertura a tholos. Tutto intorno era il villaggio di capanne circolari, non ancora scavato. Nei pressi sono anche una Tomba di giganti, purtroppo in cattivo stato di conservazione, e una domus de janas, che si presenta scavata su un masso granitico isolato cento metri più a ovest. I resti della necropoli di MadauPassata la deviazione per il nuraghe Dronnoro, proseguiamo sulla SP2. Dopo sei chilometri e quattrocento metri, superato il paese fantasma di Pratobello in territorio di Orgosolo, prendiamo a destra, seguendo le indicazioni per il Passo di Caravi, la vecchia SP2 che si dirige verso Lanusei. Percorsi circa tre chilometri e cento metri, circa all’altezza del chilometro 7.2, vediamo sulla destra in parcheggio, dove un sentiero tutto a destra conduce ai resti della Necropoli di Madau. Il sito, che si trova in località Madau, comprende cinque Tombe di giganti delle queli due sono ben conservate. Quattro tombe, simili tra loro, sono ravvicinate e disposte ad anfiteatro in una sorta di semicerchio che segue l’andamento del terreno, mentre la quinta, che si trova in pessime condizioni, è situata a circa quattrocento metri di distanza in direzione nord ovest. La prima tomba che si incrocia è la Tomba I, la pi antica che ha l’aspetto di un sarcofago fatto di grandi lastre di granito infisse sul terreno, che delimitano la camera sepolcrale. Su alcuni dei lastroni si possono notare motivi magico religiosi e coppelle, ed i più significativi sono quelli riportati sulla cosiddetta Stele di Madau. Secondo Maria Ausilia Fadda e Fernando Posi, autori del libro Il complesso nuragico di Gremanu, sulla stele, raffigurata in un interessante grafico che riporta ben in evidenza il lavoro di incisione, si troverebbero motivi magico simbolici. Ma Roberto Barbieri, che lavora ad un progetto che lega astronomia, Nuraghi, tombe dei giganti e navigazione, volto a dimostrare che questo misterioso popolo fosse in realt dedito alla navigazione, provetti navigatori e grandi conoscitori del cielo e delle stelle, le definisce «incisioni di grande effetto, uniche al mondo, che attestano, senza ombra di dubbio essere una delle pi antiche mappe del cielo». A Roberto Barbieri non pu sfuggire che chi ha inciso quella pietra, migliaia di anni fa, leggeva il cielo e lo faceva molto bene, «aveva una spiccata familiaritànella lettura degli astri, come dimostra la fedele rappresentazione delle sette stelle principali che formano le Pleiadi». E secondo Eugenio Muroni, speleologo e astrofilo sassarese «si tratta certamente di una mappa del cielo. I due gruppi di coppelle, rappresentano con notevole realismo i due sistemi stellari, ammassi aperti, delle Pleiadi e delle Iadi, con in basso a sinistra la V del Toro e il suo occhio, la stella Aldebaran». La tomba successiva la Tomba II, che è la pi monumentale, del tipo con facciata a filari. Ha un ampia esedra di ventiquattro metri, con banconi sedili per le offerte votive, che delimita lo spazio per le cerimonie funebri. Al centro dell’esedra un portello d’ingresso con architrave su cui poggiava, forse, il fregio a dentelli formato da due blocchi sovrapposti orizzontalmente, che ora giace a terra. La camera funeraria lunga ventidue metri è costruita con blocchi di pietra squadrati ed è ben conservata. La seconda tomba è stata edificata su una preesistente tomba Dolmenica, e nelle vicinanze si trova una pietra circolare con scolpite alcune coppelle. La Tomba III, a fianco e simile alla precedente, si caratterizza per una grande esedra che protende i bracci fino a chiudere un ampia area circolare. Al centro si apre l’ingresso della camera funeraria. Come la precedente, è stata ricostruita su resti di una tomba Dolmenica pi antica, come si pu notare dalla differente tecnica muraria. La Tomba IV si trova in pessime condizioni. È priva della copertura, e di essa residuano solo il corridoio funerario ed il paramento perimetrale absidato, mentre mancano l’esedra e tutta la zona del portello. La Tomba V è situata in posizione decentrata rispetto al complesso funerario di Madau, a circa quattrocento metri di distanza dalle altre quattro tombe, in direzione nord ovest. È anch’essa in pessime condizioni, ma dalle poche strutture visibili e nonostante le ridotte dimensioni, sembra conservare le caratteristiche delle altre quattro maggiori. della tomba, attualmente semisepolta dal terreno su cui appoggiano le fondazioni, sono ad oggi visibili solo l’esedra e, appena parzialmente, il corridoio. Nella necropoli, scavata e indagata tra 1982 e 1986 da Giovanni Lilliu, sono stati ritrovati interessanti reperti, che consistono in vasellame nuragico, betili in trachite, bracciali di bronzo, e molte perline per collana in pasta vitrea. Il Santuario preistorico di GremanuProseguendo sulla SP2, passato il parcheggio per la necropoli di Madau, dopo un chilometro e mezzo, circa all’altezza del chilometro 9 appena passato il ponte sul rio Gremanu, si trova sulla destra un sentiero che porta, dopo poche centinaia di metri, al Santuario preistorico di Gremanu. Il complesso preistorico si trova in località Gremanu, sul versante nord est del Gennargentu, in prossimità del passo di Caravai a 1118 metri di altezza, ed è tra i più significativi della Sardegna. Si estende su un’area di oltre sette ettari, ed è costituito da un tempio circolare e un tempio a megaron, mentre più a monte si trovano un villaggio nuragico ed una serie di fonti, pozzi e canali per il convogliamento delle acque verso l’area sacra, che è quella situata più a valle. Poco lontano dal Santuario preistorico di Gremanu è presente la necropoli di Tombe di giganti di Madau, che si ritiene fosse in qualche modo collegata a questo villaggio e Santuario nuragico. Appena imboccato il sentiero che porta all’area sacra, si incontra per prima sulla destra la cosiddetta Capanna nuragica di Gremanu, e dopo centocinquanta metri si supera un Ponticello sul rio Gremanu. Percorsi altri circa duecento metri, si raggiunge l’area sacra, nella quale sono presenti una serie di templi, racchiusi da un grande recinto rettangolare lungo circa settantasei e largo ventidue metri, con ingresso a sud. L’orientamento generale dell’area sacra da nord a sud, con un muro divisorio che delimita le due parti del monumento. La zona settentrionale, a forma di rettangolo irregolare, include le strutture templari, mentre l’area meridionale, a pianta ellissoidale, distinta per mezzo di un muro divisorio che ingloba due capanne circolari. Nella zona settentrionale è presente un Tempio circolare indicato come Tempio A, esito della ristrutturazione e rifunzionalizzazione di un nuraghe monotorre, con un ingresso architravato che immette in una camera circolare del diametro di nove metri, aveva copertura a tholos ed ha il pavimento lastricato da blocchi di scisto e granito. Al suo interno sono state rinvenute spade votive e, dai resti di fumo sulle pareti, non si può escludere che nell’edificio, per un certo tempo, venisse fuso il piombo, e che il tholos avesse un’apertura sulla sommità per l’uscita del fumo di fusione. E proprio attorno al tempio circolare è stata edificata l’area sacra. C’è anche un Tempio a megaron indicato come Tempio B, con un vestibolo di due metri per due metri e mezzo, che porta, attraverso un ingresso rettangolare, alla cella a pianta rettangolare lunga undici metri e mezzo. Un breve corridoio immette in secondo vano, rettangolare, di quasi cinque per due metri. Un grande temenos, realizzato in due fasi, ingloba questi due edifici, ed intersecato da parte del paramento murario della costruzione circolare. Nei pressi del megaron sorge un secondo edificio culturale absidato, rettangolare della lunghezza di dieci metri, indicato come Tempio C, nel quale la parte residua dell’alzato, realizzato in muratura a sacco con blocchi irregolari di granito rivestiti di intonaco, descrive uno schema con parete di fondo absidata e due ante murarie interne, e la pavimentazione lastricata dell’ambiente principale presenta una concavitàcentrale di dubbia interpretazione. Nei templi, ed anche all’esterno, sono state trovate diverse basi in pietra con dei fori, dove si ritiene venissero fissati bronzi figurati e spade votive. Nella zona meridionale è presente l’ingresso al settore aperto ai pellegrini, ed ai limiti tra le due aree sono presenti due capanne circolari, la Capanna Est, con un diametro esterno di sei metri e mezzo, la minore, mentre la Capanna Ovest ha diametro esterno di otto metri. A circa trecento metri di distanza verso sud rispetto all’area sacra, a mezzacosta più a monte, è presente un’altra area nella quale si trova il complesso delle fonti, con diverse fonti, pozzi, canali per la captazione, la raccolta e il convogliamento delle acque verso l’area sacra, e quello che alcuni ritengono un acquedotto preistorico unico in Sardegna. Da una prima fonte chiamata Pozzo 1, in opera isodoma a filari regolari di conci in pietra, le acque attraverso una canaletta passavano al Pozzo 2, circolare, dal quale parte un’altra canaletta che porta verso la base del pendio. Le acque venivano qundi convogliate al sottostante complesso templare e abitativo. Più a nord, a mezzacosta del colle, il complesso delle fonti è stato racchiuso da un recinto murario di andamento semicircolare raggiungibile da una scalinata in gradoni di granito locale realizzata in pi filari di blocchi, con funzione iniziale di contenimento dei detriti di dilavamento delle rocce e che, a seguito dell’edificazione del complesso di fonti e pozzi, ha acquisito anche quella di delineare l’area sacra. Sul lato destro del paramento murario, le indagini hanno riportato in luce una Vasca rituale di forma rettangolare lunga tre metri e larga due, costruita con conci di basalto a T, metodicamente lavorati. I blocchi si legavano tra loro con verge metalliche e lignee, inserite negli incastri nelle code o nelle estremitàdei conci stessi. L’interno della vasca pavimentato da lastre di trachite e di tufo legate da incastri perfetti. Si presume che questo bacino, interpretato come vasca destinata ad abluzioni sacre e cerimoniali rituali, fosse arricchito da realizzazioni scultoree, come la testina d’ariete rinvenuta a breve distanza. Di recente stato riportato in luce il Pozzo 3, che si apre all’interno di un ambiente circolare, adiacente alla vasca rituale, con copertura a filari aggettanti, quindi formanti una copertura a tholos, ed all’interno della tholos, lungo la circonferenza dell’edificio e sopra un piano lastricato, poggiavano pugnali e spilloni in bronzo ed elementi di collana in ambra. L’area sacra apparteneva a un Villaggio nuragico del quale, un centinaio di metri ad est del complesso delle fonti, si vedono i resti delle capanne. Del villaggio non resta molto, emergono solo ruderi di capanne nuragiche in parte ancora in piedi. La presenza dei resti del nuraghe e della vicina necropoli, portano a ritenere che il complesso del Gremanu sia stato realizzato in una fase successiva, caratterizzata dal nascere del culto delle acque, sopra un preesistente insediamento nuragico. Proseguendo verso sud si raggiunge il Passo di Correboi che è il valico automobilistico più alto della SardegnaDa dove avevamo trovato sulla destra il sentiero per il Santuario preistorico di Gremanu, proseguendo sulla SP2 per tre chilometri e quattrocento metri, si arriva a un incrocio dove la SP2 si immette sull’antica SP69 di Buddusò e del Correboi preveniente da Fonni. Qui, svoltando tutto a destra, si prosegue sulla SS389 di Buddusò e del Correboi che oggi è una strada a traffico limitato, la quale, in cinque chilometri, porta alla ex Caserma dei Carabinieri del Passo di Correboi, attualmente abbandonata ma che, nel periodo estivo, viene occupata da operai dell’Ente Foreste come postazione antincendio. La Caserma si trova sul Passo di Correboi, o Arcu Correboi o Corr ’e boi o Corru de boi o Orru e voe in lingua sarda, che in italiano significa Corno di bue. Il Passo di Correboi, di 1246 metri di altezza, è il valico automobilistico più alto della Sardegna, situato nel Massiccio del Gennargentu, che separa il territorio della Barbagia di Nuoro da quello dell’Ogliastra. Oltre che per i tradizionali usi di pascolo e transumanza, e grazie alla bellezza del paesaggio circostante, il valico è oggi meta soprattutto di mototuristi e cicloturisti. Sulla sommità è presente una piccola statua della Madonna, e poco vicino si trova l’omonima miniera di Correboi, nel territorio di Villagrande Strisaili. É stato per molto tempo l’unico valico originario che si raggiungeva con l’antica SS389 di Buddusò e del Correboi, ma oggi è stato sostituito dalla galleria del Correboi, lungo la nuova strada a scorrimento veloce chiamata SS389var di Buddusò e del Correboi. Ci si può immettere sulla SS389var di Buddusò e del Correboi dallo svicolo di Pratobello, ma ci si può arrivare anche proseguendo sulla SP2 da dove avevamo trovato sulla destra il sentiero per il Santuario preistorico di Gremanu, dopo settecento metri si arriva a uno svincolo dove si svolta a sinistra seguendo le indicazioni per Lanusei, e ci si immette sulla SS389var di Buddusò e del Correboi. Dopo due chilometri e trecento metri, si arriva ad imboccare la galleria che, con una lunghezza di 1870 metri, passa al di sotto del Passo di Correboi, e permette di proseguire verso sud in direzione dell’Ogliastra. L’ippodromo Comunale di San Cristoforo dove si svolge il famoso Palio di FonniUscendo da Fonni dopo aver superato il Cimitero, procediamo verso est in via Gennargentu, dopo cento metri prendiamo a destra la via Umberto I, che è la SP7. Dopo duecento metri, invece di deviare verso destra, continuiamo dritti sulla via Ogliastra, che, dopo tre chilometri, ci porta davanti all’Ippodromo Comunale di San Cristoforo ossia Santu Gristolu, situato a pochi chilometri dal paese, su un altopiano situato lungo la vecchia strada che conduce in Ogliastra. Presso questo ippodromo si tiene ogni anno, la prima domenica di agosto, il famoso Palio di Fonni che è, dopo quello di Siena, il più importante Palio italiano. Detto anche Palio dei comuni, è una sfida tra fantini-pastori e fantini-professionisti. Al Palio è ammesso un solo fantino del peso minimo di 60 chili, per comune o frazione appartenenza, che indossa una divisa con i colori del comune di appartenenza. I cavalli vengono montati a pelo, senza speroni e con frustino fino a 40 centimetri. Le batterie di selezione si svolgono nell’ippodromo Comunale di San Cristoforo, su un percorso di 1400 metri circa, mentre la finale, riservata a otto o nove cavalli, su un percorso di 2000 metri. L’albo d’oro ha visto, dal 1985, le vittorie dei comuni di Fonni, Solarussa, Abbasanta, Nuoro, Domusnovas, Tratalias, Siurgus Donigala, Monteroni d’Arbia in Provincia di Siena, Samugheo, Buddusò, Silanus, Siamanna, Dorgali, Ottana, Bassacutena. Lo svolgimento del Palio è accompagnato da corse a pariglia in costume. La chiesa campestre di San CristoforoL’ippodromo prende il suo nome dalla presenza, all’altro lato della strada, della chiesa campestre di San Cristoforo che si trova a pochi chilometri di distanza dal centro abitato, all’interno del Parco di San Cristoforo. Presso questa chiesa si conclude, alla fine del mese di luglio, la quattro giorni della Festa di San Cristoforo, il Santo protettore degli automobilisti. Caratterizzata da riti religiosi che iniziano con la celebrazione del triduo, e che prosegue con la benedizione delle auto in piazza San Giovanni a Fonni, e che vede la partenza della processione verso la chiesa campestre, dove si tiene la messa. La Festa è caratterizzata anche da festeggiamenti civili che sono in calendario con diverse iniziative. I resti del nuraghe CarussiaUsciamo da Fonni in direzione sud dopo aver superato l’ingresso del Cimitero, e procediamo verso est in via Gennargentu. Dopo aver percorso cento metri, prendiamo a destra la via Umberto I, che è la SP7. Dopo duecento metri, svoltiamo leggermente a destra per rimanere sulla SP7, che seguiamo per tre chilometri e ottocento metri, poi prendiamo una deviazione su una strada bianca in salita sulla destra, che è chiusa da un cancello. La seguiamo per circa seicento metri, e vediamo, sulla destra della strada, i resti del Nuraghe Carussia, un nuraghe complesso del tipo misto con due torri, edificato in granito a 1153 metri di altezza sul ciglio di uno sperone granitico dal quale si domina tutto il territorio di Fonni e, verso ovest, parte di quello di Ovodda. è stato costruito sfruttando l’affioramento granitico, talora incluso nella muratura, che in qualche modo ne ha suggerito l’impianto planimetrico. I resti del nuraghe di Nostra Signora de su MonteProseguendo per circa novecento metri, raggiungiamo il Parco del Santuario di Nostra Signora de su Monte, all’interno del quale si trovano i resti di quello che era il Nuraghe di Nostra Signora de su Monte, un nuraghe semplice monotorre edificato in materiale indeterminato a 1234 metri di altezza, che è fra i più alti di tutta la Sardegna. Dalla vicina vedetta antincendi di Nostra Signora del Monte si osserva un panorama mozzafiato, che abbraccia le creste del Gennargentu, il bacino del lago Govossai fino alla piana di Pratobello. I resti dell’antico nuraghe testimoniano il fatto che i nuragici non venivano intimoriti dal clima rigido dovuto all’altezza. Il Santuario di Nostra Signora de su Monte o della Madonna della VisitazioneAll’interno del parco si trova la chiesa campestre di Nostra Signora de su Monte o della Madonna della Visitazione, con accanto il suo un novenario. Il generale Alberto della Marmora, nell’Itinerario dell’isola di Sardegna in cui racconta i paesaggi attorno al Gennargentu, la descrive con le parole «Il sentiero che all’uscita da Fonni conduce al monte passa dapprima ai piedi di una montagnola che dista due chilometri dal villaggio e sulla quale sorge la chiesa di Nostra Signora del Monte; vi si celebra tutti gli anni una festa con gran concorso di folla». La chiesa è stata edificata nel diciassettesimo secolo e sorge non a caso vicino alla cima più elevata dell’Isola, nel cuore della Barbagia. È una tra le Chiese più in alta quota della Sardegna, assieme alla Madonna della Neve di Desulo sul passo di Tascusì, a Nostra Signora di Gonare tra Orani e Sarule e alla Madonna della Neve sul monte limbara a Tempio Pausania. In origine era costruita una piccola Cappella nella quale era riposta la figura in cartapesta della Madonna della Visitazione, e per lungo tempo la chiesa è stata amministrata da famiglie di laici che la hanno ereditata nel corso degli anni. Nel 1931 gli eredi hanno consegnato al Vescovo di Nuoro la chiesa intitolata alla Vergine del Monte, gli arredi, i calici, il cortile e le loggette, ossia le Cumbissias. La chiesa originale è stata demolita nel 1976 e sostituita dalla nuova costruzione, nel punto esatto dove si trovava la precedente. La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla statua della Madonna della Visitazione alla quale la stessa è dedicata. In passato, in due diversi momenti dell’anno, presso questa chiesa si svolgeva la Festa della Madonna del Monte, a luglio si svolgeva Sa Esta Minore, ossia la Festa minore, ed a settembre Sa Esta Manna, ossia la Festa grande. La fonte di DonnorteiDopo la visita al nuraghe Carussia e alla chiesa campestre di Nostra Signora de su Monte, ritorniamo indietro sulla SP7. La riprendiamo verso sud e la seguiamo per poco più di due chilometri, poi a un bivio, invece di proseguire verso destra sulla SP7, prendiamo a sinistra una strada con le indicazioni per il monte Bruncu Spina, che seguiamo per circa duecento metri e troviamo sulla sinistra uno spiazzo dove parcheggiamo. Qui a sinistra, alla distanza di una cinquantina di metri, si tova la Fonte di Donnortei. Una forte attrazione è esercitata sulla popolazione e sui turisti dalle purissime acque di questa famosa fonte, dalla quale gli abitanti attingono da sempre un’acqua nota per le sue note virtù diuretiche. L’acqua cristallina e salutare e la presenza nelle vicinanze di un agrifoglio e di splendidi ontani, rendono unico questo luogo. I resti dello Sporting Club Monte SpadaDalla SP7, presa a sinistra la strada con le indicazioni per il monte Bruncu Spina che ci ha portato alla fonte di Donnortei, seguita per un chilometro e duecento metri, arriviamo a un bivio dove proseguendo dritti in circa tre chilometri si raggiunge quello che era lo Sporting Club Monte Spada, un centro sciistico privato sul Monte Spada a 1320 metri di quota nei pressi del parco Donnortei. Il Monte Spada raggiunge la quota di 1594 metri e fa parte del massiccio del Gennargentu. Il centro sciistico è stato costruito dall’imprenditore fonnese Carletto Cualbu sul finire degli anni sessanta del novecento e inaugurato nel 1972. La piccola area per lo sci alpino era adatta ai principianti ed ai bambini. Sui facili pendii si sciava grazie a due manovie per una lunghezza complessiva di circa 400 metri ed a un sistema di innevamento programmato. Era disponibile il noleggio dell’ attrezzatura e il servizio ristoro e tavola calda. Il centro è stao chiuso nel 1986 e riaperto verso il 1993 da una cooperativa giovanile locale, in seguito a contenziosi e conflitti di gestione è stato portato all’odierno stato di abbandono da fine 2002. Il Comprensorio Sciistico del Bruncu SpinaAl bivio per lo Sporting Club Monte Spada, prendiamo invece e destra seguendo le indicazioni per il monte Bruncu Spina, la seguiamo per circa sei chilometri e mezzo ed arriviamo dove parte a destra una strada bianca in salita che, in poco più di tre chilometri, fa raggiungere il Comprensorio Sciistico del Bruncu Spina. Gli impianti del Bruncu Spina rappresentano la maggiore stazione sciistica invernale della Sardegna. Si trovano sulle pendici del monte Bruncu Spina e fanno parte del Monte Novu, nel territorio amministrativo dei comuni di Desulo e Villagrande Strisaili, ma la porzione di territorio in territorio di Villagrande Strisaili è stata concessa alla gestione del comune di Fonni. Sul versante settentrionale sono installati due impianti di risalita, una manovia della lunghezza di duecento metri in dotazione al campo scuola, ed uno skilift ed una nuova seggiovia, realizzata nel 2019, della lunghezza di 926 metri e con una portata oraria di 720 persone, che raggiunge la quota di 1.825 metri. Le piste disponibili sono cinque per una lunghezza complessiva di quasi cinque chilometri, delle quali una azzurra, due rosse e due nere. Le rosse sono la Pista Ontani, della lunghezza di 1 chilometro, e la Pista Fontane, di 900 metri di lunghezza. Le due nere sono il Canalone, di 600 metri e la pista Panettone, più corta, di soli 400 metri. Nel 2009 il Comune di Fonni ha bandito un concorso internazionale di progettazione al fine di riqualificare i versanti della montagna, sistemare le piste da sci e realizzare le nuove strutture connesse alla seggiovia, all’accoglienza ed alla fruizione turistica della montagna durante tutte le stagioni dell’anno. Proseguendo verso sud la SP7 porta a raggiungere il Passo di TascusìDa Fonni seguiamo verso sud lungo la SP7, dopo circa cinque chilometri e duecento metri si arriva dove parte a sinistra la strada con le indicazioni per il monte Bruncu Spina, qui preseguami dritti con la SP7 che procede verso sud. Percorsi circa dodici chilometri e mezzo, la strada provinciale entrata nell’area Comunale di Desulo e porta a raggiungere il Passo di Tascusì, di 1246 metri di altezza, che è il secondo più alto valico automobilistico della Sardegna dopo il passo di Correboi, appena un metro più alto sebbene ormai poco utilizzato per il traffico stradale dopo l’apertura dell’omonima galleria. Situato nel massiccio del Gennargentu in provincia di Nuoro, si trova nel comune di Desulo lungo la SP7 che vi arriva da Fonni, e separa la Barbagia di Ollolai da quella del Mandrolisai. Oltre che per i tradizionali usi di pascolo e transumanza, il valico è oggi meta soprattutto di mototuristi e cicloturisti. Nel gennaio 1984 sul passo è stato inaugurato il monumento a Sa Balentìa, dell’artista Gianni Argiolas di Monserrato, raffigurante il cavallo che ha permesso a due di cinque mercanti desulesi di sopravvivere ad una tempesta di neve, rappresentando la balentia come lotta per la vita. In Sardegna la balentìa, con l’accento sulla i, è quell’insieme di regole rigorosamente non scritte che caratterizzano un balente, ossia unu chi balet, uno che vale, spiegato dall’antropologo Bachisio Bandinu come caratteristica di una persona «che riesce a resistere e vivere in un ambiente povero, aspro, duro e violento». La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio lasceremo la Barbagia di Ollolai ed entreremo nel Mandrolisai, per recarci a visitare Desulo con il suo centro storico ed i suoi dintorni. Passando per Desulo, ci recheremo poi nella Barbagia di Belvì, dove visiteremo Belvì, Aritzo e Gadoni. della Barbagia di Belvì fa parte anche il comune di Meana Sardo, che visiteremo più avanti nel nostro viaggio. | ||||
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