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Mamoiada famosa per il suo Carnevale con le maschere tradizionali di Sos Mamuthones e Sos Issohadores


In questa tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita dell’interno della Barbagia di Ollolai. Da Orgosolo, o addirittura da Nuoro, ci recheremo a Mamoiada famosa per la stele di Boeli e per il suo Carnevale con i Mamuthones, che rappresentano esseri tratti in schiavitù, e gli Issohadores, i loro dominatori.

La Regione storica della Barbagia di Ollolai

La Regione storica della Barbagia di OllolaiLa Barbagia di Ollolai (nome in lingua sarda Barbàgia ’e Ollolai), chiamata anche Barbagia Superiore, è una Regione storica della Sardegna centrale. Durante il periodo giudicale ha fatto parte del Giudicato d’Arborea, nellla Curatoria della Barbagia di Ollolai, è stata poi degli Aragonesi, quindi del Ducato di Mandas. Ne fanno parte i comuni: Austis, Fonni, Dorgali, Gavoi, lodine, Mamoiada, Oliena, Ollolai, Olzai, Orgosolo, Ovodda, Teti e Tiana. Secondo molti, ed anche secondo noi, alla Barbagia di Ollolai apparterrebbe anche il comune di Dorgali, che durante il periodo nel quale la Sardegna era sotto il controllo dell’impero Bizantino e nel primo periodo del Giudicato di Arborea ne costituiva uno sbocco al mare, che è andato perduto a seguito dell’espansione, promossa dai Pisani, verso sud del Giudicato di Gallura. Secondo alcuni, alla Barbagia di Ollolai apparterebbero anche i comuni di Orani e Sarule, che noi attribuiamo, invece, al Nuorese, noto anche come Barbagia di Nuoro o Barbagia di Bitti.

In viaggio verso Mamoiada

A Mamoiada possiamo arrivare da Orgosolo, che abbiamo visitato nella precedente tappa del nostro viaggio, oppure direttamente da Nuoro con un percorso molto più lungo. Da Orgosolo impieghiamo una mezz’ora per percorrere i 9,8 chilometri della SP22, una strada molto suggestiva che, addentrandosi verso ovest nel cuore della Barbagia di Ollolai, ci porta a Mamoiada ed entra nell’abitato da nord est.

A Mamoiada saremmo potuti arrivare più comodamente prendendo la SS389 di Buddusò e del Correboi, che da Nuoro di dirige verso sud. Da Nuoro il paese chiamato Mamoiada dista 16,8 chilometri, di una strada molto migliore ma assai meno suggestiva, che entra nell’abitato da nord ovest.

Il comune chiamato Mamoiada

Mamoiada: veduta del paeseMamoiada-Stemma del comuneIl comune chiamato Mamoiada (nome in lingua sarda Mamujada, altezza metri 644 sul livello del mare, abitanti 2.404 al 31 dicembre 2021) è un piccolo centro situato in collina, in un territorio ricco di pascoli ed in parte coltivato a vigneti, nel quale si pratica anche l’allevamento. Il paese chiamato si trova nella zona centrale della Provincia di Nuoro, sui monti della Barbagia di Ollolai, ed è facilmente raggiungibile con la SS389 di Buddusò e del Correboi di Buddusò e del Correboi, la strada statale il cui tracciato attraversa tutto il suo territorio Comunale. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate, che vanno da un minimo di 390 ad un massimo di 1.048 metri sul livello del mare.

Si tratta di uno dei paesi dove la speranza di vita è più alta rispetto alla media mondiale

Area in cui la speranza di vita è notevolmente più alta rispetto alla media mondialeIl comune appartiene ad una delle zone blu dove la speranza di vita è più alta rispetto alla media mondiale. Il termine Zone blu, in inglese Blue Zones, viene usato per identificare le aree demografiche o geografiche del mondo in cui la speranza di vita è notevolmente più alta rispetto alla media mondiale. Il concetto è nato quando gli studiosi Gianni Pes e Michel Poulain hanno pubblicato su Experimental Gerontology il loro studio demografico sulla longevità umana, che identifica la Provincia di Nuoro, in Sardegna, come l’area con la maggiore concentrazione di centenari al mondo. Gli studiosi, per procedere nel lavoro, tracciavano sulla mappa delle serie di cerchi concentrici blu che indicavano le zone con la più alta longevità, da qui il termine Zona blu. I paesi appartenenti alle zone blu in Sardegna sono Arzana, Baunei, Fonni, Gavoi, Mamoiada, Oliena, Ollolai, Orgosolo, Ovodda, Perdasdefogu, Seulo, Talana, Tiana, Ulassai, Urzulei, Villagrande Strisaili.

Origine del nome

Diverse sono le ipotesi sull’origine del nome del paese, che potrebbe derivare dalla voce sarda logudorese Marmurada, a sua volta derivante dal latino Marmor, con riferimento probabilmente a particolari formazioni geologiche, dato che non esistono nei dintorni cave di marmo. Sulla base di quanto accertato è, comunque, da escludere l’interpretazione di chi lo considera derivato del latino Manubiata, ad indicare una località colpita dai fulmini. Secondo un’altra interpretazione, il nome potrebbe essere una variante della parola Mammoti, che nel vicino oriente era una divinità dal carattere demoniaco che poneva fine alle attività vitali, il cui nome deriverebbe dall’ugaritico Motu che indicava la morte, e lo stesso termine Mamuthone non sarebbe che un suo accrescitivo.

La sua economia

L’agricoltura conserva un ruolo importante nell’economia locale, dato che nel suo territorio si producono cereali, ortaggi, foraggi, olive, uva e altra frutta. Si pratica anche l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. La limitata industria è costituita da piccole aziende che operano nei comparti lattiero caseario, dei materiali da costruzione ed edile. Modesta è anche la presenza del terziario. Sebbene non figuri tra le principali mete turistiche della zona, il paese vede, comunque, un discreto flusso di visitatori per le sue principali attrazioni, che sono costituite dalle bellezze naturali circostanti, e dalle tradizionali feste che rievocano antiche usanze del mondo agropastorale barbaricino, tra le quali principalmente quella del Carnevale.

Brevi cenni storici

Il territorio circostante è stato abitato sin dall’età preistorica. In periodo medioevale, nell’undicesimo secolo entra a far parte del Giudicato d’Arborea, dove appartiene alla curatoria della Barbagia di Ollolai. Il suo nome si trova per la prima volta in documenti del 1342, nelle forme di Mamorata, Marmoiada e Mamoyata.

Successivamente entra in possesso degli Aragonesi, che lo includono nel Marchesato di Oristano, fino al 1604, quando passa sotto la giurisdizione del Ducato di Mandas, governato dai feudatari Maza, De Silva e Tellez Giron d’Alcantara. Entrata nel Regno d’Italia, nel 1820 l’emanazione dell’editto delle Chiudende segna formalmente la fine del feudalesimo, ma le terrre che avrebbero dovuto essere assegnate alla popolazione locale, vengono riscattate quasi per intero dai nobili del paese.

In periodo repubblicano, del comune di Mamoiada nel 1927, dopo la creazione della Provincia di Nuoro, viene cambiata la provincia, da quella di Sassari, alla quale precedentemente apparteneva, alla neonata Provincia di Nuoro.

Pablo VoltaPablo Volta: foto del Carnevale di Mamoiada,1957Negli anni cinquanta del novecento il paese sale alla ribalta grazie all’interesse che suscita, soprattutto con il suo Carnevale, in tanti studiosi e artisti, fra i quali il fotografo Pablo Volta nato a Buenos Aires nel 1926, che riprende col suo obiettivo le attività, i luoghi, le persone. Egli, nel 1954, incuriosito dall’inChiesta dell’antropologo Franco Cagnetta e dalle tematiche legate al banditismo compie il primo viaggio in Sardegna, qui scopre un mondo nuovo, cruento ma intatto nei valori e nelle tradizioni, dal quale resta profondamente affascinato, e, nel 1957, fotografa il Carnevale di Mamoiada.

Alcuni dei principali personaggi che sono nati a Mamoiada

A Mamoiada nasce il bandito ottocentesco Giovanni Serrittu. Inanni più recenti, quando iniziano i sequestri di persona, Mamoiada da i natali, tra gli altri, a Mario Sale. Nascono a Mamoiada anche i due banditi Annino Mele e Giovanni Cadinu, autori di numerosi sequestri di persona sia in Sardegna che nella penisola.

Ritratto di un bandito che probabilmente ritrae Giovanni SerrittuNel 1870 a Mamoiada nasce Giovanni Serrittu che rappresenta il classico caso di un fuorilegge dedito esclusivamente a saziare la sua sete di vendetta contro antichi nemici. Pastore a Mamoiada, egli cova sordi rancori nei confronti della famiglia loche, molto vicina ai fratelli Francesco e Gian Maria Daddi, esattori di Fonni, che Giovanni Serrirru è convinto lo abbiano implicato in un’inChiesta giudiziaria per l’omicidio di Francesco Barone, commesso a Mamoida il 21 luglio 1892 e rimasto impunito. E quindi, l’11 ottobre 1897, uccide con una fucilata, in località Barasule, il possidente Antonio loche, molto stimato nel paese, ed il cavallo dallo stesso montato. Datosi alla macchia, inizia a commettere altri gravi reati, fra cui, nel dicembre dello stesso anno, una violenza privata ai danni del compaesano Salvatore Cungui, ed, il 28 febbraio, l’assassinio di tale Cosimo Zanzu loche. Sulla sua testa viene posta una taglia di 6mila e cinquecento euro. Viene arrestato dai Carabinieri il 3 giugno del 1899.

Ritratto di Mario SaleNel 1948 nasce a Mamoiada Mario Sale che emigra da Mamoiada a metà degli anni settanta, e viene successivamente coinvolto in numerosi sequestri di persona avvenuti in Toscana ed in Umbria negli anni settanta e ottanta del novecento. Noto in Sardegna col soprannome di Bandideddu, cioè Piccolo bandito o Bandito di mezza tacca, Mario Sale rivendicava i sequestri firmandosi Chaka II, e scriveva anche proclami politici, nei quali definiva la sua banda La base mobile operativa toscana dell’Anonima sarda intitolata al grande compagno Antonio Gramsci. Latitante dal 1977, si ritiene che si sia rifugiato all’estero, forse in Francia, mentre secondo altri attualmente vivrebbe in sudamerica. Mario Sale, con Matteo Boe, era rimasto il più pericoloso fra i latitanti sardi, e, con la cattura di quest’ultimo nel 1992, la leadership dei ricercati spetta a lui.

Ritratto di Annino MeleA Mamoiada, nel 1951, nasce Annino Mele pastore fino dall’infanzia. Viene condannato all’ergastolo per in duplice omicidio commesso il giorno di Capodanno del 1976 di fronte allo stadio Quadrivio di Nuoro. In carcere dal 1976 al 1980, diviene latitante, e prende il posto di Graziano Mesina come numero uno del banditismo sardo negli anni ’80 del novecento. Dedito, fra un rapimento e l’altro, alla lettura di testi della sinistra rivoluzionaria, è stato considerato a capo del Movimento Armato sardo, organizzazione sorella delle Brigate Rosse, ed egli avrebbe Giustiziato un graduato dei Carabinieri e i primi pentiti del banditismo sardo. Ferito e catturato nel 1987, viene considerato coinvolto in numerosi sequestri avvenuti sia in Sardegna che nel continente e viene condannato all’ergastolo per omicidio e sequestro di persona insieme a Giovanni Cadinu. Da allora non è più uscito dal carcere. Nel 1989 c'è un tentativo di farlo fuori con stricnina nello zucchero che usa per addolcire il te. Annino Mele, ex bandito ed ex terrorista, sconta la pena a vita, ma in carcere ha scritto nel 1996, con Valdimar Andrade Silva, Il passo del disprezzo; nel 2001 Sos camminos della differenza; nel 2005 Mai. L’ergastolo nella vita quotidiana; e nel 2007, con Efisio Cadoni, La sorgente delle pietre rosse.

A Mamoiada, nel 1951, nasce anche Giovanni Cadinu. Viene pure lui considerato coinvolto in numerosi sequestri sia in Sardegna che nel continente, e viene condannato all’ergastolo insieme a Annino Mele. Nel 1991, Giovanni Cadinu cade in un conflitto a fuoco con gli agenti della polizia, nelle campagne del paese, vicino al Santuario dei Santi Cosma e Damiano. Annino Mele e Giovanni Cadinu, dopo un primo periodo nel quale collaborano, diventano nemici, secondo alcune supposizioni a seguito di dissidi per la spartizione dei soldi ricavati dai sequestri, e da tale episodio nasce una faida fra le loro famiglie, che porta quasi allo sterminio di entrambe le fazioni.

Le principali feste e sagre che si svolgono a Mamoiada

Mamoiada-Sfilata del 'Gruppo Folk dell’Associazione Turistica Pro Loco' di MamoiadaA Mamoiada sono attivi il Gruppo Folk dell’Associazione Turistica Pro Loco di Mamoiada, il Gruppo Folk Peppino Beccoi, ed anche il Coro Polifonico Sant’Antoni de su Ohu. Mamoiada è noto anche per gli splendidi costumi femminili, visibili specialmente durante le diverse feste che si svolgono nel paese, e durante i festeggiamenti del Carnevale che rievoca antiche usanze del mondo agropastorale barbaricino. Tra le tradizionali principali feste e sagre che si svolgono a Mamoiada vanno citati, il 16 e 17 gennaio, la Festa di Sant’Antonio Abate, detto anche Sant’Antoni de su O’u, che è il Santo patrono del paese; la seconda domenica di luglio la Festa di San Sebastiano; a settembre la Festa di San Cosimo, in occasione della quale è possibile degustare le specialità del luogo tra cui il torrone di mandorle.

La Festa di Sant’Antonio del Fuoco detto anche Sant’Antoni de su O’u

Nuoro: la Festa di Sant’Antonio del Fuoco con l’esibizione dei Mamuthones e degli IssohadoresA Mamoiada i festeggiamenti in onore di Sant’Antonio Abate hanno inizio la sera del 16 gennaio, quando avviene l’accensione e la benedizione del grande falò che viene acceso nella piazza davanti alla chiesa parrocchiale. Per l’occasione si offre ai partecipanti buon vino ed i diversi dolci tipici tra cui i papassinos, poi il 17 si svolge la Festa di Sant’Antoni de su Òu, ossia di Sant’Antonio del fuoco. In occasione della Festa di Sant’Antonio, con la quale hanno inizio i festeggiamenti del Carnevale, fanno la prima apparizione pubblica i Mamuthones e gli Issohadores, le cui principali esibizioni si terranno l’ultima domenica di Carnevale ed il martedì grasso.

Il Carnevale di Mamoiada con la sfilata di Sos Mamuthones e Sos Issohadores

Nuoro: il Museo delle Maschere Tradizionali: i Mamuthones e gli Issohadores di MamoiadaMamoiada: il Museo delle Maschere Mediterranee: i Mamuthones e gli Issohadores di MamoiadaTra le principali feste e sagre che si svolgono Mamoiada, è famoso il suo Carnevale, che l’ultima domenica di Carnevale ed il martedì grasso la riempie di turisti. Al centro del Carnevale è la sfilata di due tipi di misteriosi personaggi: Sos Mamuthones, che rappresentano esseri tratti in schiavitù, e Sos Issohadores, i loro dominatori, che sono rrivati a noi come arcani testimoni di una millenaria tradizione orale. Incerte le loro origini, si suppone rappresentino l’eterna lotta tra il bene e il male, o, secondo un’altra teoria, la battaglia tra i Mori ed i Sardi. La sfilata si ripete per la Festa di Sant’Antonio Abate il 17 gennaio, in occasione dell’apertura dei festeggiameni del Carnevale, e per la Festa dei Santi Cosma e Damiano che si svolge il 26 settembre presso l’omonimo Santuario.

Il Carnevale di Mamoiada: la vestizione dei Mamuthones e IssohadoresSos Mamuthones maschere nere e tragiche dall’espressione sofferente e affaticata, indossano pelli di montone, hanno le teste avvolte da fazzoletti in color tannino e i visi coperti da orrende maschere di legno nero dalla tragica espressione, che richiamano quelle dei bronzetti nuragici. Sono vestiti di velluto con la testa coperta da Su Mucadore, la sciarpa dell’abito tradizionale femminile; sopra la giacca portano Sas Peddes, casacche di pelle di pecora o di montone nera; ed appesi alla casacca oltre 25 chili di campanacci da buoi, con altri campanelli appesi al collo. Sos Issohadores sono da otto a dieci uomini vestiti con giacche scarlatte e scialli colorati, con bianchi fazzoletti intorno al volto. Indossano la cosiddetta Veste ’e Turcu, abito da turco; hanno una maschera dall’espressione buona chiamata Maschera de Santu o Maschera limpia; sulla testa Sa Berritta, la berretta tradizionale sarda, legata al mento da un fazzoletto colorato; pantaloni e camicia di tela bianca e sopraccalze di lana nera. Indossano il corpetto rosso dell’abito tradizionale maschile, a tracolla una cinghia in pelle e stoffa con piccoli sonagli, e portano uno scialle ricamato legato alla vita, che scende lungo la gamba sinistra.

Il Carnevale di Mamoiada: la sfilata dei Mamuthones e IssohadoresLa sfilata è una cerimonia affascinante e solenne, a metà tra la processione ed una danza rituale. Aprono la sfilata gli Issohadores, chiari e leggiadri nei loro costumi colorati, che scortano il gruppo dei Mamuthones con un incedere più aggraziato, con passo agile e con balzi improvvisi, dando il ritmo alla processione delle maschere nere. Si muovono seguiti dai Mamuthones, che procedono con andatura lenta e pesante in due file parallele, quasi zoppicando, e ad intervalli ritmici tutti insieme danno un colpo di spalla che scuote e fa suonare tutti i campanacci, elemento propiziatorio ed atto a scongiurare, allontanare o annullare gli influssi maligni. Si muovono in maniera composta e solenne, osservando un assoluto silenzio e rappresentano l’immagine dell’oscurità, della natura morente nei suoi molteplici aspetti di uomo, donna, animale. Gli Issohadores tengono in mano una lunga fune di giunco, Sa Soha, che lanciano con abilità verso le persone, ed agganciano e portano a se come prigioniero l’uomo o la donna che hanno scelto, coinvolgendo in tal modo la comunità nel rito e donandole simbolicamente benessere e fertilità. Il filmato che segue presenta foto e filmati della vestizione, e foto e filmati della sfilata.

Il Carnevale di Mamoiada è una delle rappresentazioni più caratteristiche della millenaria tradizione sarda, ed è stato definito da qualcuno l’AntiCarnevale, in quanto è una rappresentazione allegorica la quale manca però dell’allegria tipica del Carnevale, rievocando chissà quali eventi drammatici della vita dell’Isola. Così lo racconta, in Miele amaro, Salvatore Cambosu: E se vuoi un Carnevale che non ce n’è un altro sulla terra, vattene a Mamoiada vedrai l’armento con maschere di legno, l’armento muto e prigioniero, i vecchi vinti, i giovani vincitori: un Carnevale triste, un Carnevale delle ceneri: storia e misura di ogni giorno, gioia condita con un pò di fiele e aceto, miele amaro.

La Festa del vino

Il 25 aprile a Mamoiada si svolge la Festa del vino, una manifestazione legata alla produzione locale del Cannonau, vitigno largamente coltivato a Mamoiada. La giornata è interamente dedicata a convegni, incontri culturali con esperti del settore e degustazioni di prodotti vinicoli.

La Rassegna dei prodotti agro alimentari

La domenica successiva al ferragosto si svolge la Rassegna dei prodotti agro alimentari, nata allo scopo di dare risalto ai prodotti di Mamoiada, che prevede non solo la Rassegna agro alimentare ma anche quella dell’artigianato locale.

Sas Tapas in Mamujada

La prima settimana di novembre a Mamoiada si svolge la manifestazione Sas Tapas in Mamujada, che propone un percorso enogastronomico e artigianale nelle vie del paese, che tradizionalmente è conosciuto per le caratteristiche maschere e per la produzione del Cannonau.

Visita del centro di Mamoiada

L’abitato, interessato da forte espansione edilizia, si estende lungo un ampio altopiano granitico circondato da vigneti, orti e boschi di querce e castagni, con un andamento tipicamente montano. Entriamo nel paese chiamata Mamoiada provenendo da Nuoro con la SS389 di Buddusò e del Correboi che, all’interno del centro abitato, assume il nome di via Vittorio Emanuele II.

Il Campo da Calcio di Mamoiada

Prima di entrare nell’abitato, poco più di cento metri dall’incrocio con la via Nuoro, troviamo sulla sinistra la strada che conduce al Campo da Calcio di Mamoiada.

La piazza Europa con il Museo delle maschere Mediterranee

Mamoiada: il mascherone all’ingresso del paeseArriviamo all’ingresso del paese, dove la via Vittorio Veneto incrocia la via Nuoro, che si muove a destra verso nord ovest ed a sinistra verso sud est. Qui ci accoglie un Mascherone che invita a visitare il Museo delle Maschere Mediterranee. Nel Museo, che si trova all’altro estremo dell’abitato, in piazza Europa al civico numero 15, sono presenti le diverse maschere tipiche del Carnevale barbaricino nei vari paesi, certamente i Mamuthones e gli Issohadores di Mamoiada, e molte altre maschere del bacino del Mediterraneo. Lo visiteremo più avanti nel corso della nostra visita a Mamoiada.

La stele di Boeli

Nel 1997, nel cortile di una abitazione civile, lo scavo per la realizzazione di una piccola piscina ha portato alla luce una grande statua menhir di granito, che rappresenta certamente la stele più rappresentativa tra quelle rinvenute nei dintorni. Per visitarla, arrivati all’incrocio della via Vittorio Emanuele II con la via Nuoro, prendiamo quest'ultima verso destra, ossia in direzione nord ovest, seguendo le indicazioni per raggiungere il monumento, che troviamo dopo circa trecento metri, all’interno del cortile del bed & breakfast Sa Perda Pintà.

Mamoiada: Sa Perda PintàQui troviamo la grossa lastra di pietra dalla forma irregolare, presumibilmente del III millennio avanti Cristo, chiamata Stele di Boeli ma più nota con il nome di Sa Perda Pintà ossia la pietra decorata. Il monumento ha la parte superiore arcuata, è alto 2.7 metri e largo circa 2,1 metri, ha uno spessore massimo di circa 70 centimetri ed è interrato per 30 o 40 centimetri. Si presume che fosse sistemato al centro di un’area sacra frequentata dagli abitanti di un villaggio Neolitico, dato che non lontano sono stati trovati frammenti ceramici con decorazioni tipiche della Cultura di Ozieri che si sviluppa tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo. La sua particolarità è di essere decorata con motivi incisi sulla faccia principale. Si vedono numerosi cerchi concentrici di varie dimensioni, disposti in modo sparso, tutti attraversati per una metà da un’asticella che parte dal centro e termina con una curva, al di fuori del cerchio più esterno. Alcuni sono molto evidenti mentre altri sono quasi impercettibili. Presenta, inoltre, incise numerose coppelle, la più grande con un diametro di venti centimetri. Si ritiene che questi simboli fossero collegati al culto della Dea Madre, portatrice di fertilità e abbondanza, e quindi ai culti relativi alla fertilità tipici delle popolazioni neolitiche, collegati anche al ciclo della morte e rinascita della natura e delle stagioni. Queste incisioni rendono la stele di Boeli unica nel suo genere.

I soli esempi simili in Sardegna sono stati rinvenuti sempre nei dintorni di Mamoiada, e sono altre due lastre istoriate ed un frammento di stele, che presentano simboli somiglianti anche se non identici. La lastra di Garaunele si trova, spezzata in due tronconi, nella località omonima, vicino alle Domus de janas di Sironi. L’altra lastra, che prende anch’essa il nome della località in cui è stata trovata, la lastra di S’Ena Manna, è spezzata in più parti e si trova custodita in un’abitazione privata. Un frammento di menhir, anch’esso custodito in una proprietà privata, è stato ritrovato in località su Rosariu e riporta scolpitisu un lato piccoli cerchi concentrici. Altri bassorilievi che riportano sia spirali che cerchi concentrici si possono ammirare in altre necropoli della Cultura di Ozieri. In Europa, simboli analoghi si trovano su monumenti in Irlanda, Scozia, Inghilterra e Francia Settentrionale. Il tutto a riprova dei forti interscambi che avvenivano tra le popolazioni neolitiche.

L’Azienda Vitinicola Giuseppe Sedilesu con un vino premiato dal Gambero Rosso

Proseguendo lungo la via Vittorio Emanuele II per circa seicento metri, al civico numero 64, alla sinistra della strada, si trova l’edificio che ospita l’Azienda Vitinicola Giuseppe Sedilesu.

Tre Bicchieri del Gambero RossoMamoiada-Azienda Vitinicola Giuseppe SedilesuL’Azienda Vitinicola Giuseppe Sedilesu è a base familiare con Giuseppe e Grazia che sono stati gli iniziatori e i loro tre figli, Antonietta sposata con Emilio, Francesco con Rosa e Salvatore con Mariella con le rispettive famiglie,13 figli in tutto, grazie a Dio. L’Azienda vitivinicola è nata 35 anni fa con l’acquisto del primo ettaro di vigneto, e da dodici anni mette i suoi vini in bottiglia. La base produttiva è di 15 ettari, dove viene praticata la viticoltura biodinamica, e vengono acquistate anche altre uve da vigneti coltivati biologicamente. L’Azienda Vitinicola Giuseppe Sedilesu ha ottenuto dalla guida Vini d’Italia 2023 del Gambero Rosso il riconoscimento Tre Bicchieri per il suo vino Cannonau di Sardegna Mamuthone 2020.

La piazza San Sebastiano

Ritornati all’incrocio di via Nuoro con la via Vittorio Emanuele II, prendiamo la via Nuoro in direzione sud est, percorsi circa duecentocinquanta metri, svoltiamo verso destra sulla prosecuzione della via Macomer, che è ancora la via Nuoro, e che, dopo circa centosettanta metri, ci porta nella Piazza San Sebastiano dalla quale parte sulla sinistra il corso Vittorio Emanuele III, che è il nome che assume all’interno dell’abitato la SP22 proveniente da Orgosolo. Nella piazza omonima esisteva la chiesa di San Sebastiano, la cui festa, per comodità dei pastori, che, da sempre ne hanno curato le cerimonie religiose e civili, si celebra durante l’estate nella seconda domenica di luglio, e non il venti gennaio, che è la data del calendario liturgico. La vecchia chiesa è stata abbattuta perché pericolante, ed è stata sostituita da una modesta edicola.

Mamoiada: la piazza San Sebastiano Mamoiada: la piazza San Sebastiano

La seconda domenica di luglio si svolge la Festa di San Sebastiano, ancora oggi molto popolare a Mamoiada, che prevede cerimonie religiose in onore del Santo, seguite da una sentita processione seguita dai fedeli e dai cavalieri col tradizionale costume tra le vie del paese.

La chiesa di Nostra Signora del Carmelo

Mamoiada: un cancello sulla via Roma verso la chiesa di Nostra Signora del CarmeloDalla piazza San Sebastiano, prendiamo verso sud la continuazione del corso Vittorio Emanuele III, che seguiamo per poco più di cinquanta metri, poi svoltiamo a sinistra in via XX Settembre. Mamoiada: chiesa di Nostra Signora del CarmeloDopo poche decine di metri, svoltiamo a sinistra in via Roma, che, in centocinquanta di metri, ci porta davanti alla chiesa di Nostra Signora del Carmelo chiamata anche chiesa Su Carmu o Humbentu. La chiesa, che sorge in pieno centro storico, apparteneva a un Convento che ormai non esiste più. Costruita a lato della antica ed ormai distrutta chiesa dello Spirito Santo, sotto la protezione della Vergine del Carmelo, era stata affidato ad un piccolo gruppo di monache sarde, riconosciute dalle autorità ecclesiastiche. La chiesa è stata recentemete oggetto di un intervento di restauro per il recupero di una struttura di notevole importanza storica, dato che si tratta di una struttura che risale al seicento.

A fine luglio si svolge la Festa de su Carmu, in onore della Madonna del Carmelo, che ha luogo nell’omonimo rione dove si trova la piccola chiesa a lei dedicata. In occasione dei festeggiamenti si organizza anche una Rassegna di prodotti tipici locali e si svolge una sfilata dei costumi di Mamoiada e dei paesi del circondario, nonche dei Mamuthones e degli Issohadores.

Il Municipio di Mamoiada ed accanto ad esso la chiesa ed oratorio della Santa Croce

Ritornati sul corso Vittorio Emanuele III, lasciamo l’auto dato che la strada è a senso unico in direzione inversa e proseguiamo a piedi verso verso sud. Al civico numero 68, troviamo l’edificio che ospita la sede e gli uffici del Municipio di Mamoiada. Alla destra del palazzo Municipale si trova la chiesa ed oratorio della Santa Croce ossia di Santa Rughe, alla quale si affianca da un lato il palazzo Comunale, dall’altro il centro di aggregazione degli anziani. La chiesa, solitamente, chiusa, viene riaperta per i riti della Settimana Santa, durante i quali la cerimonia più interessante è, nella Domenica di Pasqua, quella di S’Incontru, ossia l’incontro tra il simulacro di Cristo risorto e quello di Maria Addolorata, che si svolge al centro della piazza davanti alla chiesa, con la partecipazione di numerosi fedeli e curiosi.

Mamoiada: un murale di fronte al Municipio Mamoiada: il Municipio con di fianco la chiesa della Santa Croce Mamoiada: il Municipio Mamoiada: chiesa della Santa Croce Mamoiada: un murale sul muro laterale della chiesa della Santa Croce

La chiesa della Nostra Signora di Loreto

Prendendo a destra la strada che costeggia il Municipio, in via Mannu, al civico numero 2, è da vedere, nel centro del paese, la chiesa della Madonna di Loreto o Sa Cresia ’e loreta come viene chiamata in lingua. L’imponente chiesa pisana, con base circolare e cupola esagonale, e una costruzione eretta probabilmente nel tardo seicento, ma di probabile origine medioevale, del tredicesimo secolo, e rappresenta l’emblema di Mamoiada, dal punto di vista architettonico. La chiesa era completamente affrescata nella cupola, ma, purtroppo, quegli affreschi sono stati fatti parzialmente raschiare nella prima metà del novecento. Gli unici affreschi che si possono ammirare ancora oggi, sono quelli dell’abside. Interessante è la sacrestia, di epoca antecedente alla stessa chiesa, recentemente restaurata.

Mamoiada: chiesa della Madonna di Loreto Mamoiada: chiesa della Madonna di Loreto Mamoiada: chiesa della Madonna di Loreto: interno Mamoiada: chiesa della Madonna di Loreto: gli affreschi della cupola Mamoiada: chiesa della Madonna di Loreto: l’altare maggiore

Il piazza Indipendenza troviamo la chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta

Ritornati indietro da via Mannu, passiamo l’incrocio con il corso Vittorio Emanuele III e proseguiamo, per arrivare, in meno di duecento metri, in piazza Indipendenza, dove troviamo la chiesa della Beata Vergine Assunta che è la chiesa parrocchiale di Mamoiada. Costruita verso la fine del quindicesimo secolo, come si desume da un atto di battesimo del 1584 e da una iscrizione di un arco della Cappella del battister. Aveva la struttura originaria in stile gotico aragonese ad una sola navata, ed è stata ampliata con l’aggiunta delle navate laterali e riportata a stile romano probabilmente intorno al 1811. La chiesa è stata riconsacrata nel 1890, quando è stato eretto l’altare dell’Assunta in marmo, e rifatta la pavimentazione della navata centrale.

Mamoiada: chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta: il piazzale antistante Mamoiada: chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta Mamoiada: chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta

La chiesa è dedicata alla Beata Vergine Assunta, e la Festa della Vergine Assunta si svolge, come in calendario per tutta la Cristianità, il 15 agosto, con i consueti riti religiosi, ma senza eccessive manifestazioni civili.

Il Cimitero di Mamoiada

Mamoiada-Cimitero di MamoiadaPassata la piazza Indipendenza, proseguiamo sulla continuazione di via Mannu. Dopo una cinquantina di metri arriviamo a un bivio con sulla destra la via Aldo Moro, proseguiamo lungo la via principale che si dirige verso sinistra. Dopo un’altra settantina di metri troviamo, sempre sulla destra, la via Enrico Berlinguer, superiamo anche questa procedendo verso sinistra, e, in poco più di cento metri, arriviamo di fronte al Cimitero di Mamoiada, che si trova con il suo ingresso principale alla destra della strada.

La piazza Europa con il Museo delle Maschere Mediterranee

Mamoiada: il Museo delle Maschere MediterraneePercorsa una quarantina di metri sul corso Vittorio Emanuele III, troviamo sulla destra della strada il nuovo edificio che ospita il Museo delle Maschere Mediterranee nato con l’intento di stabilire un contatto tra le maschere tradizionali di un piccolo paese della Sardegna interna con quelle di altri paesi del Mediterraneo. Sono presenti le maschere più caratteristica del Carnevale sardo, osia quelle di Mamoiada, noto in tutto il mondo per i Mamuthones e gli Issohadores, quelle di Ottana presente con le maschere dei Boes e Merdules, il Chervu e la Filonzana, e quelle di Orotelli con le maschere dei Thurpos.

Mamoiada: il Museo delle Maschere Mediterranee: i Mamuthones e gli Issohadores di Mamoiada Mamoiada: il Museo delle Maschere Mediterranee: i Boes ed i Merdules di Ottana Mamoiada: il Museo delle Maschere Mediterranee: chervu di Ottana Mamoiada: il Museo delle Maschere Mediterranee: la Filonzana di Ottana Mamoiada: il Museo delle Maschere Mediterranee: i Thurpos di Orotelli

Inoltre il Museo rivolge il suo interesse verso le altre forme di mascheramento nelle quali ricorre l’uso di maschere facciali lignee zoomorfe e antropomorfe, pelli di pecora e di montone, campanacci ed in generale dispositivi atti a provocare un suono frastornante. A partire dalle maschere della tradizione di Mamoiada, il Museo offre un’esposizione comparata di reperti provenienti dai diversi paesi del Mediterraneo evidenziandone le affinità e le vicinanze piuttosto che le difformità e le distanze.

Mamoiada: il Museo delle Maschere Mediterranee: i Kurent di Pruj città della Slovenia Mamoiada: il Museo delle Maschere Mediterranee: i Boteiro di Vilariño de Conso della Galizia in Spagna Mamoiada: il Museo delle Maschere Mediterranee: gli Halubajski Zvoncar di Viskovo in Croazia Mamoiada: il Museo delle Maschere Mediterranee: i Grobnicki dondolasi di Cavle in Croazia Mamoiada: il Museo delle Maschere Mediterranee-Geros e la Korela, una coppia simile ai Mamuthones ed agli Issohadores dell’isola di Skiros nelle Sporadi in Grecia Mamoiada: il Museo delle Maschere Mediterranee-Ròllate di Sappada nel Veneto in Italia Mamoiada: il Museo delle Maschere Mediterranee-Krampus di Tarvisio nel Friuli Venezia Giulia in Italia

La chiesa di San Giuseppe

Quasi di fronte al Museo, all’altro lato della strada, percorsi appena una ventina di metri, si trova la chiesa di San Giuseppe sorta sulle rovine di un antico edificio sacro che era presente nel quartiere che da essa ha preso il nome dato che oggi viene chiamato Santu Zoseppe. All’interno della chiesa è presente una statua policroma di San Giuseppe opera della bottega Riccardo Gatti di Faenza, e nelle pareti interne della piccola chiesa sono murate le quattordici stazioni della via Crucis, formelle di non trascurabile valore artistico realizzate in ceramica smaltata dalla ditta Cassetta di Vietri sul Mare. La chiesa si trova all’ingresso sud del paese, alla confluenza delle strade che portano a Sarule, ossia la SP22 verso sud ovest, ed a Fonni, ossia la SS389 di Buddusò e del Correboi verso sud est, ed è aperta al culto il giorno della Festa di San Giuseppe, il 19 marzo.

Mamoiada: chiesa di San Giuseppe Mamoiada: chiesa di San Giuseppe: interno Mamoiada: chiesa di San Giuseppe: formelle della via Crucis Mamoiada: chiesa di San Giuseppe: formelle della via Crucis Mamoiada: chiesa di San Giuseppe: formelle della via Crucis Mamoiada: chiesa di San Giuseppe: formelle della via Crucis sulla parete dietro la statua policroma del Santo

L’antica fonte di Mamujone dalla quale avrebbe preso il nome il paese

Mamoiada: la fonte di MamujoneAlla destra della chiesa, percorsi appena pochi metri, si incontra l’antica Fonte di Mamujone rimasta pressoche intatta proprio perché, alle origini, si trovava al di fuori dei limiti dell’abitato, che solo successivamente l’avrebbe inglobata. Secondo l’interpretazione proposta da alcuni studiosi, proprio da questa fonte, ossia dalla fonte di Mamujone, avrebbe preso il suo nome sia il paese, che è chiamato in lingua sarda Mamujada, ed anche la maschera carnevalesca del Mamuthone.

L’antica fonte romana de su ’Antaru Vetzu

Lungo il corso Vittorio Emanuele III, prima di arrivare alla chiesa di San Giuseppe, prendiamo verso sinistra la via Tola, la seguiamo per un’ottantina di metri e vediamo, alla destra della strada, la Fonte di su ’Antaru Vetzu ossia la fonte vecchia. una antica fonte già esistente in epoca romana, rimasta anch’essa pressoche intatta proprio perché, alle origini, si trovava al di fuori dei limiti dell’abitato, che solo successivamente l’avrebbe inglobata. Questa fonte nel tempo ha dissetato tutta Mamoiada, ed è stata il centro della vita paesana, tra chiacchere, litigi per prendere l’acqua, un luogo di incontro, di quelli che ancora oggi vengono nominati dalle persone anziane. Ci siamo arrivati nel settembre del 2013, quando erano in corso lavori di restauro, ed il personale ad esso addetto ci ha permesso di fotografare anche l’interno della fontana, che è sempre chiuso.

Mamoiada-l’antica fonte romana de su 'Antaru Vetzu durante i lavori di restauro Mamoiada: l’antica fonte romana de su 'Antaru Vetzu: l’interno della fontana

La Cantina Giovanni Montisci con un vino premiato dal Gambero Rosso

Proseguendo lungo la via Tola per una sessantina di metri, svoltiamo a destra e prendiamo la via monte Grappa, dopo centoventi metri svoltiamo tutto a sinistra nella via Asiago, e, percorsi circa centocinquanta metri, vediamo alla destra della strada l’edificio abitazione che ospita la Cantina Giovanni Montisci.

Tre Bicchieri del Gambero RossoMamoiada-La Cantina Giovanni MontisciNata poco più di vent’anni fa, la Cantina Giovanni Montisci ha preso vita dopo che lo stesso Giovanni, un tempo meccanico di professione, eredita dei vecchi appezzamenti vitati, e da allora inizia a crescere una continua e sempre più profonda passione per la terra, per le viti e per il vino. Nel 2004 Giovanni decide di iniziare a imbottigliare il proprio vino, talmente buono che ogni volta ne venivano tessute le lodi, di qui il nome Barrosu, che in dialetto sardo è per l’appunto sinonimo di spavaldo e vanitoso. La Cantina Giovanni Montisci ha ottenuto dalla guida Vini d’Italia 2023 del Gambero Rosso il riconoscimento Tre Bicchieri per il suo vino Cannonau di Sardegna Barro su Franzisca Riserva 2019.

Visita dei dintorni di Mamoiada

Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Mamoiada, sono stati portati alla luce i resti del menhir di Pedra Pizzinna; della necropoli di Concheddas de Istevene; dei Nuraghi semplici Janna Todde, lidana, lotocula, Orgoru, Travessu; ed anche dei Nuraghi Arrailo, Gianna ’e Carros, monte Giuradu, Sas de Melas, su Dovaru, su Frau, Venatiteri, tutti di tipologia indefinita.

La chiesa campestre della Madonna della Neve o di loret’Attesu dedicata alla Madonna di Loreto

Mamoiada: chiesa campestre della Madonna della Neve o di loret’Attesu dedicata alla Madonna di LoretoUsciamo da Mamoiada verso nord est sulla SP22 in direzione di Orgosolo, le percorriamo per poco meno di due chilometri, poi prendiamo una deviazione sulla sinistra che, in ottocento metri, ci porta alla chiesa campestre della Madonna della Neve o di Loret’Attesu dedicata alla Madonna di Loreto, risalente alla seconda metà del diciottesimo secolo. Presso questa chiesa, il primo sabato e la prima domenica di agosto si svolge la Festa di Nostra Signora di loret'Attesu. Alle cerimonie religiose ed ai festeggiamenti civili sovrintende un comitato costituito da viticoltori e agricoltori del paese.

Il Santuario dei Santi Martiri Cosma e Damiano

Usciamo da Mamoiada sulla SP22 verso sud ovest, in direzione di Sarule, dopo 1,2 chilometri prendiamo a sinistra la SP30 che porta a lodine. La seguiamo per circa quattro chilometri e mezzo, poi prendiamo una deviazione sulla destra che ci porta al Santuario dei Santi Martiri Cosma e Damiano, due curatori che vennero martirizzati durante il dominio di Diocleziano, essi sono considerati protettori dei medici e patroni della Mamoiada. Edificato nel settimo secolo, è probabilmente il più antico della Sardegna, e la sua struttura architettonica ricalca moduli Bizantini, come anche nel vicino Santuario della Madonna di Itria, in territorio di Gavoi. Al centro della recinzione troviamo un ampio cortile, dalla forma ellittica, aperto nelle due parti opposte, con due robusti cancelli di ferro che regolano l’accesso al recinto. Al centro del cortile si trova la chiesa di San Cosimo, mentre l’interno della recinzione è occupata da numerose Cumbessias, le piccole abitazioni che durante la novena sono occupate da famiglie di devoti regolarmente prenotatisi. Si ritiene che il Santuario risalga al ottavo secolo dopo Cristo e che sia il più antico di tutta la Barbagia, e si presenta a pianta quadrilatera con navata singola e volta a botte mantenendo i tratti della chiesa campestre ma conservando anche i caratteri dell’impianto seicentesco. Sono inoltre presenti alcuni affreschi di stile bizantino, nonche quattordici formelle in ceramica smaltata rappresentanti la via Crucis, realizzate in Spagna, presso la fabbrica di Alcora, a Castellon de la Plana, dall’artista Jacinto Causada nella seconda metà del settecento. Le stesse formelle sono state utilizzate nel 1998, in occasione della via Crucis al Colosseo, nella cerimonia officiata da papa Giovanni Paolo II.

Mamoiada-antuario dei Santi Martiri Cosma e Damiano: l’ingresso del Santuario Mamoiada-Santuario dei Santi Martiri Cosma e Damiano: la chiesa

Mamoiada-Santuario dei Santi Martiri Cosma e Damiano: una Festa folkloristicaLa chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli ai simulacri di medie dimensioni dei Santi che si venerano collocati nella pregevole nicchia di trachite rosa del seicento sopra l’altare maggiore. I volti dei due Santi sono rappresentati con volto austero e barba, corpicapo e calzari di foggia orientale, e sul basamento si trova l’iscrizione S. Cosma ex legato R.di Sebastiani Casula / olim rectoris de Mamojada / haeredes fieri fecerunt.. Presso il Santuario dei Santi Cosma e Damiano, ogni anno, l’ultimo sabato e l’ultima domenica domenica di settembre si tiene la Festa dei Santi Cosma e Damiano. Questa Festa si svolge in occasione della fine dell’anno agrario, ed accoglie numerosi pellegrini che si recano al Santuario e soggiornano nelle Cumbissìas che si trovano accanto ad esso. A noi è capitato di andarci in agosto, in occasione di un’altra Festa folkloristica, con le Cumbissìas occupate da proposte di gastronomia ed altri prodotti locali, durante la quale i partecipanti, dopo aver visitato i diversi stand, hanno cominciato a ballare i tipici balli sardi al suono di un organetto diatonico.

I resti della necropoli di Concheddas de Istevene

Mamoiada: la necropoli di Concheddas de IsteveneDa Mamoiada riprendiamo la SS389 di Buddusò e del Correboi verso sud, in direzione di Fonni. Dopo tre chilometri, al chilometro 119, superato un cancelletto sulla sinistra della strada, troviamo su una altura il sito archeologico della Necropoli di Concheddas de Istevene. La necropoli è costituita da sei Domus de janas ipogeiche, scavate nel contrafforte montuoso di granito che chiude a sud est la conca di Istevene. Sono piccole, sia monocellulari che pluricellulari, tutte realizzate con grande cura. La prima tomba ha un breve dromos, con sulla parete di fondo il portello quadrangolare, che porta nel primo vano rettangolare, oggi con la volta crollata. Sulla parete sinistra si apre l’ingresso della seconda camera, anch’essa rettangolare. La seconda tomba presenta un dromos a pianta triangolare, dal quale si accede a un vano a pianta ellittica. Sulla parete sinistra si apre l’ingresso della seconda camera, dalla quale si accede a un terzo vano quadrangolare. La terza tomba è la più grande ed anche la più importante. Ha un atrio con sulle pareti di fondo e di sinistra due portelli, ognuno dei quali conduce a una celletta rettangolare. Le cellette comunicano fra di loro per mezzo di un apertura interna. La cella con ingresso sulla parete di fondo è divisa in due settori da un gradino interno. Sulle pareti si vedono tracce d’intonaco rosso, sul lato destro sono scolpite delle incisioni verticali e sulla parete dell’ingresso una coppella circolare. Alcune fossette circolari sono scavate sul pavimento. Al centro della cella troviamo un pilastro a sezione rettangolare che presenta una protome taurina in rilievo. Si tratta di elementi piuttosto infrequenti nelle Domus de janas del nuorese. La quarta e sesta tomba sono monocellulari, così piccole che sembrano più delle nicchie che veri vani funerari. La quinta tomba è anch’essa monocellulare, costituita di un unico ambiente con la parete curva.

La prossima tappa del nostro viaggio

Nella prossima tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita dell’interno della Barbagia di Ollolai. Da Mamoiada ci recheremo a Fonni il paese più alto della Sardegna, posizionato a 1.000 metri di altezza ed adagiato sul lato settentrionale del massiccio del Gennargentu, famoso per il suo Palio.


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