La città di Oristano capoluogo della Provincia per assistere alla sua Sartiglia e visitare il suo centro storico
In questa tappa del nostro viaggio, da Cabras siamo arrivati alle porte di Oristano, La città che è stata capitale del Giudicato d’Arborea, e che è il capoluogo della Provincia omonima, della quale visiteremo il centro storico. La regione storica del Campidano di OristanoIl Campidano è la grande pianura della Sardegna sud occidentale compresa tra il golfo di Cagliari e quello di Oristano, ha una lunghezza di circa cento chilometri e presenta la massima altitudine di settanta metri sul mare. Deve le sue origini al colmarsi di una depressione geologica terziaria da parte di sedimenti marini, fluviali e vulcanici. Sono frequenti gli stagni costieri con acque salmastre, nell’angolo nord ovest della regione sfocia il fiume Tirso, che contribuisce all’irrigazione del Campidano, la rete idrografica è inoltre formata da piccoli Torrenti. La principale risorsa è l’agricoltura e si coltivano specialmente grano, viti, olivi, frutta e agrumi. In particolare, il Campidano di Oristano è una regione della Sardegna occidentale il cui territorio apparteneva anticamente al Giudicato d’Arborea. Si sviluppa interamente nella Provincia di Oristano, e comprende i comuni di Arborea, Baratili San Pietro, Bauladu, Cabras, Marrubiu, Milis, Narbolia, Nurachi, Ollastra, Oristano, Palmas Arborea, Riola Sardo, San Nicolò d’Arcidano, San Vero Milis, Santa Giusta, Siamaggiore, Siamanna, Siapiccia, Simaxis, Solarussa, Terralba, Tramatza, Uras, Villaurbana, Zeddiani e Zerfaliu. È un territorio caratterizzato dalla presenza di zone umide di altissimo interesse naturalistico, con specie faunistiche rare. In viaggio verso OristanoDa Cabras usciamo lungo corso Italia prendendo la SP3 verso sud est, la seguiamo per poco più di due chilometri fino a che questa strada provinciale va ad immettersi sulla SP1 che prendiamo verso sinistra. La seguiamo per poco meno di due chilometri e mezzo ed arriviamo allo svincolo, dove prendiamo verso destra la SP54bis, che seguiamo e che ci porta all’interno del comune di Oristano. Dal Municipio di Cabras a quello di Oristano si percorrono 8.6 chilometri. La città di Oristano capoluogo della Provincia omonimaSiamo arrivati a visitare Oristano (nome in lingua sarda Aristanis, altezza metri 9 sul livello del mare, abitanti 30.541 al 31 dicembre 2021), capoluogo della Provincia omonima, situata nella parte centro occidentale della sua provincia. La città è posta nella parte settentrionale della pianura del Campidano, nella piana che si affaccia sul golfo omonimo, lambita dal fiume Tirso, ed è anche un importante centro turistico balneare, con notevoli specialità enogastronomiche ed una importante produzione vinicola. alla città si arriva da nord ovest con la SS292 Nord Occidentale Sarda, da est con la SS388 del Tirso e del Mandrolisai del Tirso e del Mandrolisai, e accanto alla città passa la SS131 di Carlo Felice. La linea ferroviaria che collega Cagliari con Ozieri Chilivani ha uno scalo sul posto. La città è dotata di un piccolo aeroporto, ossia dell’Aeroporto civile di Oristano Fenosu, aperto al traffico di aviazione generale, ed è inoltre dotata di un piccolo porto. Gli abitanti si concentrano per la maggior parte nel capoluogo Comunale, mentre il resto della popolazione vive in alcune frazioni, nonche in alcune case sparse. Il territorio, classificato di pianura, comprende l’area speciale dello stagno di Santa Giusta, e presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate. Origine del nomeIl nome del paese, rappresenta, probabilmente, un personale latino chiamato Aristius, al quale si aggiunge il suffisso aggettivale -anus, nome del paese derivante in epoca romana dal nome di un possedimento terriero. La sua economiaOristano è una città rivierasca, capoluogo di provincia, con un’economia basata su tutti i settori produttivi, affiancata da un crescente sviluppo turistico. L’agricoltura produce cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutteti, ed è affiancata dall’allevamento. L’industria è costituita da aziende che operano in svariati comparti. È presente e sviluppato il terziario. Le strutture culturali sono rappresentate da numerose biblioteche e dal Museo Antiquarium Arborense. Famosa per la Sartiglia, la giostra equestre di origine spagnola, e conosciuta in tutto il mondo per la varietà del suo ambiente che ha condizionato la vita dei suoi abitanti, per i suoi i prodotti tipici tra i quali la Vernaccia Doc, il torrone e le conserve di mare, e per il prezioso patrimonio storico e architettonico, attira un notevole flusso turistico. Le strutture ricettive, comprendenti numerosi agriturismi, offrono un’ampia possibilità di ristorazione e di soggiorno. Brevi cenni storiciOristano è una città di antichissime origini, con un glorioso passato. La località e il nome vengono menzionati per la prima volta, ai tempi di Tiberio II, dall’antico geografo Giorgio Cipro in Descriptio Orbis Romani, con riferimento al vicino stagno. Documentazioni successive si ritrovano nei secoli dal dodicesimo al quattordicesimo, dove viene citata con i nomi Arestan, Aristanis, Arestano, Arestagno ed Aristanno. La città viene fondata in periodo medioevale dagli abitanti della città costiera di Tharros, che, per fronteggiare le invasioni dei pirati saraceni, sono alla ricerca di un luogo più sicuro, situato più all’interno, e la nuova città viene chiamata Maristanis o Aristanis, ossia fra gli stagni, perché è circondata da zone lagunari. Fino a qualche tempo fa, si credeva che l’abitato fosse stato edificato nel 1070, ma le recenti scoperte archeologiche, nella piazza della Cattedrale e in altre zone cittadine, ci riportano al periodo bizantino. Sono venute, infatti, alla luce le rovine di una Basilica e tombe del sesto e del settimo secolo, che hanno fatto presumere la sua esistenza già molto prima. Comunque, edificato l’abitato, l’interno delle mura cittadine viene chiamato Portu o Lacus, e la città con il suo territorio circostante viene governato da un comandante, il cosiddetto Judex provinciae, da cui proviene il termine Giudice. Nel 1070 diviene sede vescovile e capitale di uno dei quattro regni sardi detti Giudicati, ossia del Giudicato di Arborea. Raggiunge la sua massima importanza al tempo dei Giudicati, soprattutto nel periodo finale quando nel quattordicesimo secolo, quando viene guidata da sovrani illuminati, come Mariano IV e la figlia Eleonora d’Arborea, che arrivano a controllare quasi tutta l’isola. Sono gli ultimi che si battono contro gli Aragonesi per l’autonomia della Sardegna. Del giudice Mariano IV D’Arborea, nato a Oristano nel 1317 e morto sempre a Oristano nel 1376, che è stato probabilmente il più grande sovrano del Giudicato d’Arborea, e di sua figlia Eleonora nata in Catalogna nel 1340 e morta a Oristano nel 1404, chiamata la giudicessa, che regna nel Giudicato prima a nome del figlio Federico e poi del secondo figlio Mariano, la cui fama si fonda sull’essere stata l’ultima regnante indigena della Sardegna e per la promulgazione della Carta de logu, considerata uno dei primi esempi di costituzione al mondo, abbiamo abbondantemente parlato quando abbiamo raccontato la storia della Sardegna ed abbiamo descritto l’occupazione aragonese e l’ultima resistenza del Giudicato d’Arborea. |
L’epopea dei Giudicati è il più longevo degli stati sardi indipendenti, cadendo solo in seguito alla sconfitta subita dall’esercito arborense a Sanluri nel 1409. Conquistata dagli Aragonesi, viene trasformata in Marchesato. Leonardo Alagòn, ultimo marchese di Oristano, tenta di riportare la città all’antica gloria giudicale, ma viene sconfitto nel 1478 a Macomer. Da quel momento Oristano segue la storia della Sardegna con la dominazione aragonese e successivamente spagnola, e quella piemontese. Nel 1927 al comune di Oristano vengono aggregati il comune di Massama, quello di Nuraxinieddu e quello di Silì. Successivamente, nel periodo repubblicano, nel 1974, dopo la creazione della Provincia di Oristano, il comune di Oristano viene trasferito dalla Provincia di Cagliari nella nuova Provincia di Oristano. Oristano in età spagnola viene elevata al rango di cittàIn età spagnola, Oristano nel 1479 viene elevata dal re Ferdinando II detto il Cattolico al rango di città regia con carta reale del 15 agosto 1479, e viene a costituire una delle sette città regie. Esse non sono infeudate ma sottoposte alla diretta giurisdizione reale, e godono di privilegi e concessioni, derivanti dal loro status. Sostanzialmente le città hanno poteri amministrativi di autogoverno, che esercitano attraverso propri rappresentanti eletti chiamati consiglieri, sui quali l’amministrazione regia interviene per sancire o rigettare le decisioni assunte, tramite un rappresentante chiamato vicario, ossia Veguer, o podestà. Inoltre le città regie hanno anche poteri politici, in quanto i loro rappresentanti, chiamati sindaci, costituiscono uno dei tre bracci del Parlamento del regno, ossia dello stamento reale, e generalmente la rappresentanza è inibita ai nobili, che fanno invece parte dello stamento militare. Il governo sabaudo del Regno di Sardegna, utilizza ancora per gli stessi centri la terminologia di città, secondo la consuetudine diffusa in Piemonte, ma in modo puramente onorifico e senza privilegi. Titolo che viene confermato dal successivo regno d’Italia e dalla repubblica Italiana. Alcuni dei principali personaggi che sono nati ad OristanoTra i principali personaggi che sono nati ad Oristano, ricordiamo il bandito ottocentesco Leonardo Barracu Buzzarone, lo storico, editore ed intellettuale Raimondi Carta Raspi, ed, in anni più recenti, lo studioso Gianni Atzori ed il regista cinematografico Peter Marcias. Nella Sardegna ottocentesca, in particolare nel Nuorese e soprattutto nella Barbagia, si sviluppa il fenomeno del banditismo, ed in quel periodo, anche Oristano vede la nascita di un crudele bandito. Si tratta di Leonardo Barracu Buzzarone che nasce a Oristano nella seconda metà dell’ottocento, e che deve aver compiuto crimini tanto efferati, che gli hanno valsa l’imposizione, sulla sua testa, di una taglia di ben 7mila lire. Purtroppo non conosciamo alcun particolare della sua storia. |
A Oristano nasce, nel 1893, lo uno storico, editore ed intellettuale Raimondo Carta Raspi. Trasferitosi a Firenze, si laurea in scienze sociali e dopo la laurea torna in Sardegna nel 1922, dove si stabilisce a Cagliari. Sostenitore di un sardismo aperto al confronto con le altre culture, è convinto che la modernizzazione dell’isola passa attraverso L’istruzione e la cultura. Dà quindi vita, nel 1923, alla rivista e alla casa editrice Il Nuraghe. La casa editrice opera un recupero storiografico, pubblicando in copia anastatica opere importanti sulla Sardegna. Nel 1927 pubblica Artisti, poeti e prosatori di Sardegna e nel 1930 Sardegna terra di poesia: antologia poetica dialettale sarda, una delle prime raccolte in sardo, in un periodo nel quale l’uso di lingue diverse da quella italiana inizia ad essere combattuto dal fascismo. Nel 1931 pubblica l’Album di costumi sardi e nel 1933 Castelli medioevali di Sardegna, sulle fortificazioni in età giudicale. Nel 1938 scrive Le classi sociali nella Sardegna medioevale, nel 1944 Verso l’autonomia: la Sardegna dalla prima alla Seconda Guerra Mondiale. Nel dopoguerra si avvicina al Partito Sardo d’Azione di Emilio Lussu, ed è tra i sostenitori delle istanze autonomistiche isolane. Nel 1946 fonda la rivista Il Shardana, il cui nome ricorda l’antico popolo degli Shardana cui Carta Raspi fa risalire le origini del popolo sardo, e l’ipotesi del grande cataclisma del 1200 avanti Cristo con il quale si sarebbero avuti innalzamenti delle acque del Mediterraneo e la sommersione di alcune antiche città fenicie come Nora. muore a Cagliari nel 1965. La sua visione storica dell’isola è quella di una millenaria emarginazione, spezzata soltanto dalla grande epopea giudicale e dal movimento artistico e culturale sviluppatosi nel primo Novecento. La sua Storia di Sardegna viene pubblicata postuma. |
A Oristano nasce, nel 1925 Giovanni Atzori, noto come Gianni, insegnante elementare, figura politica oristanese, artigiano e uomo di cultura. È tra i primi a rendersi conto dell’importanza della penisola del Sinis nella preistoria sarda, collaborando con l’amico l’archeologo Enrico Atzeni nel rinvenimento di alcuni preziosi reperti, oggi esposti nei principali musei sardi. Insieme a Gigi Sanna, è poi autore anche di una delle prime pubblicazioni sulla letteratura in lingua sarda e sulla storia della Sardegna, ossia Sardegna, lingua Comunicazione e letteratura. Con questa pubblicazione prima, e con Omines dal Neolitico all’età Nuragica poi, attraverso l’esame delle tavolette bronzee di Tzricotu, nonostante l’inspiegabile silenzio e scetticismo di alcune autorità, ha contribuìito in maniera concreta a rilanciare il dibattito sul controverso tema dell’esistenza di una scrittura nuragica o paleosarda. |
Ad Oristano nel 1977 nasce il regista cinamatografico Peter Marcias che a cinque anni si trasferisce a Cagliari con i genitori. Dopo aver studiato per alcuni anni alla facoltà di Scienze Politiche, a venti anni decide di lavorare nel mondo del cinema, trasferendosi a Roma. Oltre a numerosi spot, documentari, cortometraggi e lavori di animazione, nel 2007 dirige la docu-Fiction Ma la Spagna non era cattolica?, nel 2008 il primo film Un attimo sospesi, nel 2010 il documentario Liliana Cavani, una donna nel cinema. Nel 2011, tornato a Cagliari, gira il suo secondo film dal titolo I bambini della sua vita, nel 2012 Dimmi che destino avrò, nel 2013 il documentario Tutte le storie di Piera sulla figura dell’attrice Piera Degli Esposti, nel 2015 dirige il film La nostra quarantena, mentre nel film documentario Silenzi e parole del 2017 mette in scena il confronto tra l’Ordine dei frati minori cappuccini e gli attivisti lGBT dell’Associazione Arc, durante la Quaresima. Nel 2018 realizza il documentario Uno sguardo alla Terra, primo film documentario della trilogia sulla Terra. |
Principali feste e sagre che si svolgono ad OristanoA Oristano è attiva l’Associazione Folkloristica città di Oristano, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località. A Oristano è stata costituita dalla Pro Loco l’Associazione Tamburini e Trombettieri Sa Sartiglia. Si tratta di un gruppo di amici che ha costituito l’associazione con lo scopo di divulgare nel mondo l’immagine della Sartiglia di Oristano, partecipando a manifestazioni locali, nazionali e internazionali. Tra le numerose principali feste e sagre che si svolgono a Oristano e nei suoi dintorni vanno citati il 15 gennaio, la Festa patronale di Sant’Efisio Martire presso la sua Chiesa parrocchiale; il 20 gennaio la Festa del patrono Sant’Archelao; sempre il 20 gennaio, si svolge la Festa patronale di San Sebastiano, presso la sua Chiesa parrocchiale; i festeggiamenti del Carnevale con la Sartiglia; a febbraio la mostra Mediterranea di Arte e Segni di festa; i suggestivi riti della Settimana Santa; il terzo venerdì dopo Pentecoste, la Festa patronale del Sacro Cuore di Gesù presso la sua Chiesa parrocchiale; il giorno 1 maggio, la Festa patronale di San Giuseppe lavoratore presso la sua Chiesa parrocchiale; a maggio la Gara nazionale di Biliardo; sempre a maggio la Festa della Beata Vergine d’Itria; il 15 maggio o il sabato successivo la Festa di Sant’Isidoro, presso la Chiesa di San Giovanni dei fiori; il 24 giugno, sempre presso questa Chiesa, la Festa di San Giovanni, con relativa processione a cavallo; il 29 giugno, la Festa patronale di San Paolo Apostolo presso la sua Chiesa parrocchiale; il 15 agosto, la Festa patronale della Beata Vergine Assunta, presso la cattedrale; il 29 agosto la Festa che ricorda il martirio di San Giovanni; a settembre la Rassegna dei Cori Polifonici, il Concorso Ippico, il Motoraduno Internazionale, la Mostra Canina; alla fine della prima settimana di settembre la Festa di Nostra Signora del Rimedio; a metà settembre la Festa della Santa Croce; e dopo la metà di settembre la Festa di Sant’Efisio; l’8 dicembre, la Festa patronale della Beata Vergine Maria Immacolata presso la sua Chies parrocchiale; il 27 dicembre la Festa patronale di San Giovanni Evangelista presso la sua Chiesa parrocchiale. Il Carnevale con la Sartiglia di OristanoIl Carnevale di Oristano è caratterizzato dalla Sartiglia di Oristano una giostra cavalleresca di antichissima tradizione, in cui si sfidano numerosi audaci cavalieri. La parola Sartiglia si suppone derivi dal castigliano Sortija, che a sua volta ha origine dal latino Sorticola, ossia anello, diminutivo di Sors, ossia fortuna. Nel significato si coglie il senso della gara che è una corsa all’anello, ma anche una Festa legata alla sorte. Un evento nel quale è facile rintracciare reminiscenze di antichi riti agrari attraverso i quali i popoli intendevano garantirsi la fertilità della terra e l’abbondanza del raccolto. Le radici della giostra sono sicuramente molto antiche e vanno fatte risalire ai giochi militari utilizzati per l’addestramento delle milizie, la loro introduzione in Europa è avvenuta probabilmente grazie ai Crociati intorno all’undicesimo secolo, i quali a loro volta ne avevano appreso la pratica dai loro nemici Saraceni. In Sardegna, le gare cavalleresche di stampo orientale furono importate dalla Spagna, dove già le praticavano i Mori, e ad Oristano la Sartiglia è presente dalla metà del tredicesimo secolo. È probabile che molti giudici e donzelli del Giudicato di Arborea, educati alla Corte Aragonese dove era praticato l’esercizio all’anello, una volta saliti al trono giudicale abbiano introdotto in città la Sortija spagnola. A partire dal sedicesimo secolo, in Oristano, contadini, sarti, falegnami, muratori, vasai o figoli, calzolai e fabbri, erano riuniti in corporazioni, chiamate originariamente Maestranzas o Confrarias, poi GremI, ovvero posti in grembo sotto la protezione di un Santo patrono. Ogni gremio aveva una propria sede e, per gli uffici divini, aveva una Cappella in una Chiesa accanto alla sede della Congregazione, dove gli iscritti solevano radunarsi, e, durante la Festa del patrono, il gremio sorteggiava o eleggeva i nuovi amministratori e le altre cariche. L’attività dei gremi è documentata fino a una legge del 1864 che li abolì, obbligandoli alla trasformazione in società di mutuo soccorso. Nella città di Oristano risultano ancora oggi costituiti il gremio dei contadini di San Giovanni Battista, il gremio dei falegnami di San Giuseppe ed il gremio dei muratori di Santa Lucia. Organizzata l’ultima domenica di Carnevale dalla corporazione, detta con parola spagnola Gremio dei Contadini, posto sotto la tutela di San Giovanni Battista, ed il martedì grasso dal Gremio dei Falegnami, protetto da San Giuseppe, la famosa Sartiglia di Oristano parte dalla piazza del Duomo. All’inizio un gruppo di ragazze in costume, chiamate Is Massaieddas, procede alla vestizione di Su Componitori il protagonista assoluto del Carnevale di Oristano, che è uno dei riti più impenetrabili della tradizione sarda. Egli, che veste una strana maschera androgina sul caratteristico abbigliamento, è il signore della festa, uomo e donna al tempo stesso, ne femmina ne maschio. Il cavaliere prescelto, accompagnato da un drappello di tamburini e trombettieri, vestito con una maglietta bianca, calzoni corti di pelle aderenti e con stivali di pelle, al suono delle launeddas, salesu un tavolo che costituisce un vero e proprio altare, posto all’interno della sala, dove abbondano grano e fiori. Da quel momento, Su Cumponidori non può più toccare terra, qualunque contatto diretto con la Grande Madre deve essere evitato perché egli conservi la purezza necessaria a gareggiare e vincere, ed a lui non è nemmeno consentito di toccare gli abiti. È un rito lungo, seguito in silenzio da un numero ristretto di persone, i cui passi salienti sono sottolineati da squilli di tromba, rullare di tamburi e applausi, ed il cui culmine è il momento in cui viene cucita sul viso la maschera. L’espressione profonda di questa maschera trasforma Su Cumponidori, lo rende inavvicinabile, e da quel momento sino alla fine della corsa, egli diventa quasi un semidio, sceso tra i mortali per portare loro fortuna e mandare via gli spiriti maligni. alla fine della vestizione Su Cumponidori, abbigliato con in capo un cilindro nero, la mantiglia, una camicia ricca di sbuffi e pizzi, il gilet e il cinturone di pelle, sale sul cavallo che è stato fatto entrare nella sala, gli viene consegnato un mazzo di violette legato a steli di pervinca, chiamato Sa Pippia e Maju, e, completamente sdraiato sul cavallo, passa sotto la porta ed esce all’esterno, dove lo attendono gli altri cavalieri e una folla plaudente, che egli subito inizia a benedire con Sa Pippia e Maju. Inizia, quindi, la giostra vera e propria, durante la quale, uno alla volta, i cavalieri al galoppo devono infilzare con la spada una piccola stella di metallo sospesa con un filo di seta verde a quasi tre metri da terra. Il cavaliere che infilza la stella rientra tra gli applausi del pubblico, che nella tradizione dal civico numero delle stelle infilzate traeva auspici per il prossimo raccolto. Essendo la giostra di origine cavalleresca, ogni momento è scandito dai ritmi dei tamburi e dai suoni delle trombe, a sottolinearne l’importanza e contribuendo così alla sua solennità. Ogni passo ha il suo significato, viene tramandato da secoli e imparato a memoria. Il suono dei tamburi e gli squilli delle trombe hanno inoltre una funzione di sicurezza, avvisano infatti della discesa in pista di un cavaliere, invitando così a sgomberare il percorso per evitare incidenti. Seguono la corsa, le Pariglie che si esibiscono in spericolate acrobazie in piedi sulla groppa dei propri destrieri. Al termine delle pariglie, Su Cumponidori saluta la folla benedicendola ancora una volta supino sul cavallo al galoppo, e si dirige verso il luogo dove qualche ora prima si era celebrato il rito della vestizione. Qui, sempre a cavallo, si avvicina al tavolo, scende dalla sella badando a non toccare terra, e Is Massaieddas provvedono a rimuovere gli abiti. Al contrario della vestizione, che è un rito quasi privato a cui è difficile accedere, la svestizione, è in genere aperta a tutti. Iniziano, quindi, i festeggiamenti, tutti i cavalieri, tamburini e trombettieri e i componenti del gremio si riuniscono per la ricca cena offerta dal gremio stesso, mentre la folla presente si accalca per le vie del centro storico della città mangiando e bevendo sino a notte fonda. I riti della Settimana Santa a OristanoImportanti sono anche a oristano i Riti della Settimana Santa. Il Lunedì Santo, ad opera della Confraternita del Santissimo Nome di Gesù, dalla ex Chiesa medievale di San Martino parte la processione de Is Misterios, ossia dei Misteri. Si tratta di sette simulacri lignei della passione di Cristo fanno sosta in altrettante Chiese cittadine. Il Giovedì Santo si svolge la Processione de su Gesus. Il Venerdì Santo si svolge la Processione de Sa Maria. Segue il rituale de Su Scravamentu, ossia la deposizione di Gesù, e la processione de S’Interru. La Domenica di Pasqua si svolge la cerimonia di S’Incontru, con l’incontro del simulacro del Cristo risorto con quello della Madonna. La visita del centro storico della città di OristanoEntriamo in Oristano con la SP54bis, che all’interno dell’abitato assume il nome di via Cagliari. La seguiamo ed arriviamo a una rotonda, alla quale prendiamo verso sinistra la via Tirso che, in circa cinquecento metri, ci porta all’interno del centro storico, in piazza Roma. Il centro storico di Oristano ha il tipico tracciato medievale, che viene mantenuto in parte anche nei quartieri moderni che si sviluppano radialmente intorno ad esso. Ancora oggi la sua struttura urbanistica ricalca il suo nucleo originario, dato che tre sono i punti di confluenza delle strade, corrispondenti ad altrettante contrade, ossia piazza Roma a nord, largo Mazzini a nord est, piazza Mannu a sud. Intorno al centro storico si sviluppava la cinta muraria, ossia il circuito murario della città di Oristano, che si snodava per un percorso di due chilometri lungo le attuali piazza Roma con la Torre di San Cristoforo o Port'a Ponti o Porta Manna, via Giuseppe Mazzini, largo Mazzini con la torre Portixedda, via Giovanni Maria Anjoy, via Vittorio Emanuele II, piazza Mannu dove si trovava la Torre di San Filippo o Port'a Mari, via Duomo e via Salvator Angelo De Castro. La cinta muraria era rafforzata da torrioni difensivi merlati in corrispondenza delle porte, e da ventotto torrette quadrilatere. |
La piazza Roma con la Torre di San CristoforoLa visita di Oristano inizia da piazza Roma, che ci conduce al centro della città. Nella piazza, alla destra, si può vedere il Palazzo della Società Tirrena Costruzioni l’cui progetto è dell’architetto sassarese Vico Mossa, sicuramente noto agli oristanesi più per il suo palese contrasto con la Torre di San Cristoforo e con l’intera piazza, che per la sua gradevolezza. Al centro della piazza si trova la bella Torre di San Cristoforo che viene chiamata anche Torre di Mariano II dal nome del giudice d’Arborea Mariano II, che nel 1291 fece costruire la cinta muraria attorno alla città. La torre, detta anche di Port'a Ponti, o Porta Manna, ossia la porta principale della città, che era una delle due principali porte d’ingresso dell’antica cinta muraria. Ha una struttura in blocchi di arenaria, ed è posta al limite settentrionale della cerchia muraria, e, con la opposta torre Portixedda che si trova in largo Mazzini, costituiscono l’unica traccia dell’antica cerchia muraria. La via Dritta ossia il corso Umberto I che ci porta nella piazza Eleonora d’ArboreaDa qui percorriamo la cosiddetta via Dritta, ossia il corso Umberto I, che è la principale strada della passeggiata degli Oristanesi, e che ci porta in circa duecento metri fino in piazza Eleonora d’Arborea. A metà della via Dritta, sulla sinistra, si trova il Palazzo d’Arcais un palazzo nobiliare voluto da Francesco Maria Nurra, cavaliere di re Carlo Emanuele III, e realizzato grazie al figlio Damiano, marchese d’Arcais. Edificato nella seconda metà del settecento, la sua costruzione viene affidata al celebre architetto Giuseppe Viana. L’edificio si sviluppa su tre piani attorno ad un asse centrale, rappresentato da una scala imperiale, e culmina in una lanterna rivestita in maioliche policrome. Al piano nobile si nota la presenza di caratteristici balconcini semicircolari in ferro battuto. Le sue trenta sale interamente restaurate, insieme a magazzini, depositi e stalle, sono oggi di proprietà della Provincia di Oristano, e vengono utilizzate quale sede di rappresentanza, mentre al piano terra trovano posto esposizioni temporanee. Poco più avanti, sempre sulla sinistra, il portico Corrias porta alla piccola piazza Corrias, che visiteremo più avanti. Di fronte al portico, sul lato destro della strada, al civico numero 30 della via Dritta, si trova il Palazzo Falchi, realizzato agli inizi del 900 ad opera del costruttore Salvatore Sanna noto con il soprannome di Corriazzu. Egli, rientrato dall’America con un prezioso bagaglio di esperienze, contribuisce a realizzare per conto di Giovanni Falchi, uno dei signori di Oristano, e su progetto di Giorgio Luigi Pintus, l’edificio a quattro piani nella via Dritta, primo esempio di costruzione in cemento armato nella città di Oristano. Si tratta di una costruzione imponente segnata da uno stile eclettico. La piazza Eleonora d’Arborea che ospita il palazzo CivicoLa via Dritta ci ha portato in piazza Eleonora d’Arborea, la principale piazza del centro storico di Oristano, che un tempo era anche chiamata Piazza di città, e che poi nella prima metà dell’ottocento è stata completamente ristrutturata. Per fortuna poco è stato cambiato e la piazza conserva tutto il suo fascino, con al centro il Monumento dedicato a Eleonora d’Arborea, la giudicessa, la più conosciuta tra i regnanti giudici della casa di Arborea. La statua è un’opera accademica e celebrativa dovuta a due fiorentini: lo scultore Ulisse Cambi e l’architetto Mariano Falcini. La statua della giudicessa è stata inaugurata con la maggiore solennità possibile il 22 maggio 1881. Nei bassorilievi in bronzo, ai piedi della statua, sono scolpite la messa in rotta del campo aragonese nel Castello di Sanluri, e la promulgazione della Carta de logu. Sulla piazza si affaccia il Palazzo degli Scolopi nel quale si trova la Casa de la Ciudad ossia Palazzo Civico che ospita la sede e gli uffici del Municipio, di cui consigliamo di visitare il bel chiosco interno. Il complesso è stato prima il convento degli Scolopi, dopo che nel 1650 circa cercano di aprire una Scuola ad Oristano, e, finanziati dal ricco commerciante Michele Pira, si stabilscono in un vecchio monastero presso la Chiesa di San Vincenzo, oggi incorporata nell’attuale palazzo Civico ed utilizzata come sala del Consiglio Civico. Nel gennaio 1682 gli Scolopi aprono la loro Scuola che occupa il piano inferiore del convento, e svolgono le loro attività fino al 1866, quando la Scuola degli Scolopi viene soppressa per dare luogo ad un regio Ginnasio dedicato a Salvator Angelo De Castro. Il palazzo ospita oggi i principali servizi comunali ed è anche la sede dell’Archivio Storico. alla sinistra della piazza, nel tratto terminale della via Dritta all’innesto con la piazza Eleonora d’Arborea, della quale asseconda lo sviluppo verso est, si trova il Palazzo Corrias Carta un palazzo nobiliare edificato per conto del nobile Giuseppe Corrias. Andati persi i progetti originali non è dato conoscere l’anno di inizio dei lavori, ma l’edificio compare in una planimetria del 1859 e doveva essere quasi ultimato nel 1874, quando lo studioso Giovanni Spano lo cita, assegnandone la paternità del disegno al Gaetano Cima, il più importante architetto sardo. Il palazzo è stato completato nel 1874, mentre affreschi e decorazioni interne sono opera di Giovanni Dancardi e Davide Dechiffer. La struttura viene considerata una delle massime espressioni dell’edilizia sarda del diciannovesimo secolo. Più a destra nella piazza, passato l’imbocco della via Eleonora d’Arborea, proprio di fronte al palazzo Civico, si trova il Palazzo Campus Colonna uno storico edificio signorile di grande pregio artistico, acquistato in tempi recenti dall’Amministrazione Comunale. La struttura attuale ha preso il posto di un precedente edificio, dalle linee più semplici, del quale sono state mantenute le finestre della facciata principale, rese più aggraziate da particolari decorativi. Il palazzo accoglie al suo interno opere di pregevole fattura realizzate dai più grandi artisti del Novecento sardo, tra i quali sono molto intereSanti i dipinti riguardanti Eleonora d’Arborea. Oggi il palazzo ospita numerosi servizi pubblici e gli uffici di rappresentanza del comune. Il Santuario di San Francesco dedicato al Santissimo Crocifisso con l’annesso conventoProseguiamo la visita del centro di Oristano prendendo, con le spalle al Municipio, la strada sulla destra. A circa cento metri di distanza lungo la via Duomo troviamo, alla sinistra della strada, il Santuario di San Francesco dedicato al Santissimo Crocifisso. Il primitivo edificio viene realizzato al termine del duecento nei pressi della Cattedrale di Santa Maria Assunta, ed il Santuario è in dedicazione al Santo di Assisi anche se la denominazione del Santissimo Crocifisso si deve al crocifisso il legno venerato all’interno dai frati Minori conventuali. La Chiesa come oggi si presenta risale all’ultimo lavoro di riedificazione risalente agli anni ra il 1835 ed il 1838 in stile neoclassico ispirato al Pantheon di Roma, su progetto di Gaetano Cima sul luogo della preesistente Chiesa gotica risalente al tredicesimo secolo, abbattuta poiché in degrado, della quale non rimangono che pochi resti. La facciata, che presenta sei colonne con capitelli ionici, è stata recentemente restaurata. All’interno, Gaetano Cima realizza, oltre all’altare maggiore e a un piccolo coro semicircolare, quattro cappelle alte e due cappelle finte e basse. Il crocifissio al quale è dedicata la Chiesa è denominato anche Cristo di Nicodemo ed appartiene all’iconografia del crocifisso doloroso gotico molto diffusa nel tredicesimo secolo dagli Ordini Mendicanti. La tradizione lo vorrebbe attribuire a Nicodemo, ovvero colui che, assieme a Giuseppe d’Arimatea, depose e seppellì le spoglie del Cristo. Si tratta di una scultura policroma opera di ignoto autore catalano, creduto di Scuola valenzana e di sicura ispirazione renana, che viene fatto risalire al 1350. La scultura è posta nella Cappella di sinistra ed è in policromia originaria. Negli anni tra il 1952 ed il 1955 la scultura lignea ha subito un intervento di restauro. La Chiesa ospita, inoltre, la suo interno anche la statua in marmo del Santo Vescovo Basilio di Nino Pisano, del 1368; il pannello centrale di un retablo di Pietro Cavaro, del 1533, che rappresenta San Francesco che riceve le stimmate; e numerose altre opere. La Chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli al crocefisso detto di Nicodemo conservato al suo interno, che è al centro delle cerimonie che si svolgono ad Oristano a metà settembre per la Festa della Santa Croce, che appartiene alla più antica tradizione di Oristano, e che tradizionalmente segnava l’apertura dell’annata agraria, momento di contrattazione e scambi di prodotti agricoli e di bestiame. In passato la era la Festa grande, abbinata alla Fiera del bestiame che si teneva in quella che era conosciuta come Sa prazza de Is bois e che oggi è più nota come il Foro Boario. Oggi, la Festa vive attorno alle celebrazioni religiose, alle iniziative del Comitato organizzatore, ed al Palio equestre che si corre sulla pista di Sa Rodia. Accanto alla Chiesa, alla sua destra, ad angolo con la via Sant’Antonio, si trova il convento di San Francesco dei Frati Minori Conventuali, che viene citato nel testamento del giudice d’Arborea Ugone II del 1335 e che è stato testimone di importanti momenti storici del Giudicato d’Arborea. Nel refettorio erano, infatti, solite riunirsi le massime autorità, e nella stessa aula è stato firmato il trattato di pace nel 1388 tra Eleonora e il re aragonese Giovanni I il Cacciatore. Il vasto complesso è stato completamente ricostruito, con la Chiesa, tra il 1835 e il 1838. Nel 1855, per effetto della soppressione degli Ordini religiosi, parte del convento viene incamerato dal Demanio ed occupato dal Distretto Militare, e l’orto adiacente viene dato in concessione gratuita ai religiosi, che continuano a officiare la Chiesa, ma vivendo in case private. Nel gennaio 1875 i francescani riscattano la piccola infermeria del convento e vi si stabiliscono. L’ex Ospedale di Sant’Antonio Abate ossia l’Hospitalis Sancti Antoni all’interno del quale si trovava la sua ChiesaSeguendo per un centinaio di metri la via Sant’Antonio verso nord est, sul lato sinistro si trova l’Ospedale di Sant’Antonio Abate detto Hospitalis Sancti Antoni situato all’interno di quella che era a cinta murata. Ancora oggi non si hanno notizie sulla sua fondazione, che viene attribuita al giudice Barisone I de Lacon-Serra nel 1175, che sorge nell’omonimo convento dei Gerosolimitani, che sono i suoi primi amministratori. Questa importante istituzione viene menzionata nel 1335 nel testamento di Ugone II de Bas-Serra, giudice d’Arborea, nel quale il sovrano ordina il rispetto dell’offerta abitualmente elargita sia all’Ospedale di San'Antonio intra muros che a quello di San Lazzaro extra muros, strutture adibite all’assistenza dei malati e dei lebbrosi. Nel 1640 l’Ospedale viene affidato all’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, detti poi Fatebenefratelli, e successivamente, nel 1834, viene trasferito nei locali della Chiesa e del monastero di San Martino. Nel diciannovesimo secolo i vecchi locali dell’Ospedale vengono destinati alle Pie Maestre Venerine, giunte in Oristano per aprirvi il primo Asilo Infantile della città, la cui inaugurazione avviene nel 1866. Attualmente l’edificio è sede della Biblioteca e della pinacoteca Comunale intestata a Carlo Contini, dispone di un locale per esposizioni e di una sala concerti. Probabilmente all’interno del complesso di Sant’Antonio vi era anche la Chiesa di Sant’Antonio Abate questo fatto trova riscontro in una planimetria di epoca settecentesca, depositata negli archivi comunali, nella quale vengono indicate le Chiese del paese con un quadratino rosso. Nel caso in questione, posti alle estremità del medesimo corpo dell’Ospedale intramurario di Sant’Antonio, possono essere notati due contrassegni che dovrebbero indicare senza ombra di dubbio la compresenza dei due edifici religiosi. La Chiesa, di origine gotica del tardo tredicesimo secolo, annessa all’Ospedale, risultava a lato del convento, dove aveva sede l’ex Distretto Militare, e, da una fotografia dell’ottocento, si deduce che presentava un campanile a vela a due luci e risultava con l’orientamento della facciata ad ovest. La Chiesa di San Mauro AbateSubito più avanti si trova la Chiesa di San Mauro Abate che sorge in prossimità del lato occidentale della cinta muraria medievale, al termine della via Sant’Antonio. La Chiesa è oggi visibile sia sul lato nord, quello della facciata laterale costruita nel 1878, che da alla via Sant’Antonio, che sul lato ovest, verso la via Cagliari, dove si trova la facciata laterale del tardo periodo neoclassico. Sulla facciata antica, oggi adibito a piazzetta che ospita alcuni resti dell’antica cinta muraria, si trova il campanile a vela. All’interno della Chiesa vi sono tre navate, che si prolungano fino ad inglobare il presbiterio. Durante gli ultimi lavori di restauro, gli archeologi hanno individuato l’abside di un’antica Chiesa bizantina, mentre per quanto concerne la datazione della Chiesa attuale, attraverso l’analisi dei paramenti murari, si può ipotizzare tra il quindicesimo ed il diciassettesimo secolo. La Chiesa di San Mauro ospitava anticamente la Cappella del Gremio dei Calzolai e quella della Confraternita della Pietà, due istituzioni delle quali esistono importanti fonti documentarie, specchio di un mondo in cui si muovevano, ciascuno con compiti disciplinati da regole precise, ad esempio i calzolai oristanesi erano impegnati in opere caritatevoli, quali quella di garantire il funerale ai poveri. La ex Chiesa dello Spirito Santo nota come Oratorio della PietàRitornando indietro lungo la via Sant’Antonio, verso la Santuario del Santissimo Crocifisso in San Francesco, sull’altro lato della strada di trova il cancello che permette l’accesso alla Chiesa dello Spirito Santo noto anche come Oratorio della Pietà che si trova di fronte al complesso di San Francesco. Si può supporre che anche la Chiesa intitolata allo Spirito Santo, così come la Cattedrale di Santa Maria Assunta, sia di impianto bizantino risalente a prima dell’anno mille, ma si ignora la sua intitolazione originaria. Dall’analisi della stratigrafia muraria si ricava come la Chiesa abbia conosciuto diverse fasi edilizie, la pianta dell’edificio originario può ipotizzarsi di tipo centrale, probabilmente cruciforme, e ad indicare la sua origine in epoca bizantina sono alcuni elementi architettonici e strutturali, poi, nel settecento, la Chiesa ha subito pesanti rimaneggiamenti e attualmente si presenta con l’attuale pianta longitudinale. Per decreto dell’arcivescovo Giovanni Maria Bua, che aveva deciso la demolizione della vicina Chiesa della Maddalena, vi viene trasferita la sede della Confraternita dello Spirito Santo, tra le più antiche della città, istituita nel 1594 da papa Clemente ottavo, e che ha operato sino al 1958. La ex Chiesa dell’Immacolata Concezione nota come Oratorio della PurissimaAl civico numero 11 di via Sant’Antonio si trovano i resti della Chiesa dell’immacolata Concezione noto anche come Oratorio della Purissima, che era l’antica Cappella Oratorio della Confraternita dell’Immacolata Concezione detta della Purissima, documentata già dal diciassettesimo secolo. L’antica struttura nella quale era presente l’Oratorio della Purissima è assai mal ridotta, con un vecchio portone che immette nell’aula la quale oggi ospita il Coro città di Oristano, nato nel febbraio del 1976 con lo scopo di contribuire alla diffusione della musica corale e strumentale. Questo coro ha curato, per diversi anni, l’organizzazione della rassegna Incontri Musicali Oristanesi e di altre manifestazioni corali alle quali hanno partecipato cori provenienti dalla Sardegna, dalla Penisola, e da diversi Paesi esteri. Dall’anno della sua fondazione, inoltre, il Coro città di Oristano presta il suo servizio liturgico nella Chiesa Conventuale di San Francesco di Oristano. La piccola Chiesa della Santissima TrinitàRitornati davanti alla Santuario del Santissimo Crocifisso in San Francesco, prendiamo, guardando la facciata, verso sinistra la via Duomo. Qui, sulla sinistra, percorsi appena una cinquantina di metri, proprio di fronte alla piazza del Duomo, al civico numero 18 si trova la piccola Chiesa della Santissima Trinità che, nonostante le profonde ristrutturazioni effettuate ai primi del Novecento, presenta ancora il gusto neoclassico del prospetto con il piccolo timpano nascentesu un cornicione sostenuto da due paraste capitellate. I primi documenti concernenti la Chiesa della Santissima Trinità risalgono al 1600, ed è stato la sede della Congregazione Mariana degli Operai, e di alcuni gremi, fra i quali il Gremio dei Ferrai, che aveva come patrono Sant’Eligio. Oggi questa piccola Chiesa è sede della redazione di L’Arborense, settimanale dell’arcidiocesi di Oristano. La Cattedrale della Beata Vergine Assuntaalla destra della via del Duomo, si trova la piazza del Duomo, sulla quale si affaccia il Duomo, ossia la Cattedrale della Beata Vergine Assunta, definita cattedrale essendo la Chiesa più importante della diocesi, di cui costituisce il centro liturgico e spirituale, e che contiene la cattedra del vescovo della Arcidiocesi di Oristano metropolitana, che ha come suffraganea la Diocesi di Ales e Terralba. La Chiesa è stata eretta in forme romaniche intorno al 1130 sul sito dove si trovava un precedente insediamento bizantino, come conferma la scoperta sotto il sagrato di tombe dell’epoca. della primitiva Chiesa bizantina si trovano ancora alcuni resti all’interno del giardino, mentre dell’edificio romanico restano solo due frammenti della tribuna rialzata romanica con interessanti assorilievi raffiguranti leoni che abbattono due cerbiatti, ed il profeta Daniele nella fossa dei leoni. La Chiesa romanica viene probabilmente parzialmente distrutta in seguito ai danni riportati nell’occupazione della città nel 1195 da parte di Guglielmo di Massa giudice di Càralis, ma già nel 1228, per volere di Mariano II di Torres, viene ricostruita, e della struttura originale rimangono solo basi dell’abside e del campanile, e la Cappella del Rimedio. Si ipotizza che la Cattedrale di Oristano sia stato luogo di sepoltura delle famiglie giudicali arborensi, dato che nel 1335 Ugone II Chiese nel suo testamento di essere seppellito all’interno della Chiesa, nella Cappella di San Bartolomeo, che all’epoca era ancora da terminare, nella quale avrebbero dovuto riposare sia i suoi predecessori che i suoi successori. Ma tali sepolture non sono ancora state individuate, e si ritiene che le dominazioni che si sono avvicendate abbiano cancellato ogni traccia di sepolcri. Tra il 1721 ed il 1733 l’edificio viene abbattuto per far posto a un altro edificato in stile barocco ad opera dell’architetto Giovanni Battista Arieti, a eccezione di tre cappelle del transetto, con gli interni portati a termine nel 1745 e la facciata rimasta incompiuta. Accanto alla Chiesa si trova il campanile a pianta ottagonale, che sorge isolato, con tutta la parte inferiore risalente alventi0, risale al quattrocento, a eccezione della cella campanaria e della cupola iridescente, che sono invece un innesto settecentesco. La pianta interna è a croce latina, costituita da un’unica, ampia navata, con tre cappelle su ciascun lato, un transetto e l’abside quadrangolare, e l’incrocio della navata col transetto è coperto dalla cupola ottagonale, impostata su quattro pennacchi con dipinti gli Evangelisti. Nella parete dell’ingresso principale, in alto, pendono quattro vessilli che i Sardi tolsero ai francesi durante l’assedio del 1637. L’interno del tempio è ornato da numerose opere d’arte, tra le quali si trovano, nella prima Cappella a destra, la statua lignea dell’Annunziata del quattordicesimo secolo di Nino pisano, successivamente restaurata, e l’altare settecentesco in stile barocco di Pietro Pozzo, e nella Cappella del Martire, sono custodite dal 1611 le reliquie di Sant’Archelao, patrono di Oristano. Il presbiterio è rialzato, chiuso da balaustra marmorea con due leoni alla base della scala di accesso. L’altare maggiore è opera di Pietro Pozzo, e dietro l’altare si trova il pregevole coro ligneo, settecentesco, mentre sulla parete di fondo dell’abside è collocata la grande tela tonda, in cui è raffigurata l’Assunzione della Vergine, attribuito a Vittorio Amedeo Rapous, con vicino la statua di Sant’Archelao, patrono della città. Alle pareti laterali sono poste invece due grandi tele ottocentesche di Giovanni Marghinotti, raffiguranti l’Adorazione dei Magi e L’Ultima cena. Nel transetto si trovano le cappelle gotiche risalenti al Trecento, tra cui la Cappella della Madonna del Rimedio, con volta a crociera gemmata, che custodisce la trecentesca lastra tombale del canonico di Tramatza Filippo Mameli, dottore di diritto civile e penale, datata 1348, e l’altare ornato dai resti dei due frammenti dell’antica Chiesa romanica. Sempre nel transetto si aprono le due grandi cappelle opera di Giuseppe Cominotti che risalgono al 1830, in stile neoclassico, dedicate a San Luigi Gonzaga nel braccio nord, e a San Giovanni Nepomuceno nel braccio sud, ornate dalle sculture di Andrea Galassi. Fino dal 1642 il Gremio dei Falegnami ha la sua Cappella nella Cattedrale di Oristano, situata nella navata sinistra, e comprende l’altare di bottega sarda e la statua di San Giuseppe, eseguita da Lorenzo Gerasuolo nel 1760. Alle spalle dell’altare maggiore, l’aula capitolare custodisce un’importante tesoro, visitabile solo su richiesta. La Cattedrale conserva al proprio interno le reliquie di Sant’Archelao e di Santa Giusta. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Oristano va citata, il 15 agosto, la Festa patronale della Beata Vegine Assunta; ed inoltre il 20 del mese di gennaio, la Festa di Sant’Archelao, che è un altro Santo patrono, con la processione attraverso le vie della città, riti religiosi e cerimonie civili. Nato a Fordongianus, Sant’Archelao sacerdote dei primi tempi del Cristianesimo e ora patrono principale dell’Archidiocesi arborense. Il culto del Santo si ricollega con le memorie del suo martirio, avvenuto nel 304 per ordine di Diocleziano in Forum Traiani, oggi Fordongianus, che a quel tempo era l’ultimo avamposto di difesa alle porte della Barbagia, un centro militare e politico di grande importanza per i Romani di cui si trovano diverse testimonianze materiali. L’immolazione in nome di Dio ha determinato la nascita del culto del Santo, che si pensa fosse stato sepolto proprio a Fordongianus in una Cripta sotto la Chiesa di San Lussorio, Chiesa romanica eretta nel 1120, ma la tomba viene scoperta soltanto nel 1609. Due anni più tardi le reliquie di Sant’Archelao vengono portate a Oristano, dove sono conservate in una Cappella del Duomo, caratteristica per due grandi angeli di marmo che sono rappresentati quasi in atto di vigile custodia delle stesse reliquie. |
Il seminario arcivescovileSempre in piazza del Duomo, guardando il duomo, alla sua destra, si vede il bel palazzo del Seminario arcivescovile dell’Immacolata detto anche Seminario Tridentino Arborense che è la sede del palazzo arcivescovile e dell’arcidiocesi arborense. Inaugurato nel 1712 ed intitolato a Santa Maria Assunta, titolare del Duomo, nel 1746 è stato demolito ed è iniziata la costruzione del nuovo seminario, molto più stabile e di forme ampie e grandiose, con una nuova Cappella dedicata all’Immacolata. In questa struttura assume da subito una rilevante importanza la Biblioteca, che raccoglie e conserva libri di notevole interesse storico. L’edificio viene ampliato fra il 1876 e il1910, quando viene eretta anche la maestosa scala di ingresso a doppia rampa, tutta in calcare bianco, su progetto di Giuseppe Sartorio. Con la Cattedrale ed il campanile, il seminario forma un complesso architettonico di notevole rilevanza. Dall’anno della sua edificazione, fino a pochi anni addietro, questo palazzo costituiva il più grande edificio cittadino, la cui notevole massa non risulta però invadente, data la bella tonalità conferitagli dalla muratura mista in pietrame e laterizi. La piazza Giuseppe Mannu con il palazzo giudicaleDalla piazza del Duomo, percorsa la via del Duomo fino alla sua fine, dopo un’ottantina di metri, troviamo uno slargo e proseguiamo dritti sulla via Vittorio Emanuele II, che, in circa centocinquanta metri, ci porta nella piazza Giuseppe Mannu. Nella piazza si trovava la Torre di San Filippo detta anche di Port 'a Mari gemella della Torre di San Cristoforo, che è stata abbattuta nel 1907, quando in grave stato di abbandono e fatiscenza è stata giudicata Di nessun valore artistico o culturale da parte del Ministero della Pubblica Istruzione. Nella piazza si trova il Palazzo giudicale. Le prime fonti che ne testimoniano l’esistenza si trovano nelle cronache dell’arrivo nel 1263 in Oristano dell’arcivescovo di Pisa, Federico Visconti, notizia poi confermata nel testamento del giudice Ugone II nel 1335, che lo situa su un lato della Piazza de Sa Majoria, l’odierna piazza Giuseppe Mannu. In questo luogo il giudice e la corte esercitavano il proprio potere, poi, dopo la fine del Giudicato d’Arborea, l’edificio è stato adibito a caserma e, dal 1911, a carcere. Fino a pochi mesi fa la struttura è stata utilizzata come casa Circondariale, e ci si aspetta che, a seguito di un patto del comune con il Demanio, la costruzione possa tornare nella disponibilità degli studiosi e degli oristanesi. L’ex Teatro San MartinoDalla piazza del Duomo, percorsi un’ottantina di metri sulla via del Duomo, allo slargo prendiamo verso sinistra la via Ciutadella de Menorca, e, dopo meno di cento metri, si incontra alla sinistra della strada il vecchio Ex Teatro San Martino. Inaugurato nel 1874, per volontà di trentasette fra nobili e borghesi oristanesi che avevano fondato la Società Teatro San Martino di Oristano, era stato edificato in stile neoclassico, con la consueta sequenza di paraste raccordate superiormente da un fregio timpanato, e poteva ospitare circa quattrocento spettatori. È stato per molto tempo chiuso, abbandonato a se stesso, e versava in uno stato di grave degrado. A più di quarant’anni dalla chiusura definitiva avvenuta nel 1962, dopo un lungo restauro, nel 2013 è stato riaperto per ospitare convegni, conferenze, corsi di formazione e anche iniziative di carattere culturale e di spettacolo, con un solo limite, quello del numero ridotto di spettatori che la struttura potrà accogliere, un centinaio o poco più, non tanto per le ridotte dimensioni quanto per motivi legati alla sicurezza. Nel 2022, a 139 anni dall’inaugurazione, il Teatro San Martino ha finalmente ripreso a vivere. La Chiesa della Beata Vergine del Carmine con l’ex convento dei Frati CarmelitaniProseguendo per una ventina di metri lungo la via Ciutadella de Menorca, prendiamo a destra la via del Carmine. Dopo un’ottantina di metri, troviamo sulla sinistra della strada un vero gioiello dello stile barocco rococò italiano. È la Chiesa della Beata Vergine del Carmine che costituisce, con l’annesso convento, un unico fabbricato di stile barocco realizzato tra il 1776 e il 1785. L’opera, attribuita all’architetto piemontese Giuseppe Viana, il quale merita con la sua realizzazione il titolo di Architetto regio per il Regno di Sardegna, viene realizzata a spese di don Damiano Nurra Conca, marchese d’Arcais, che il 27 aprile 1782 la dona all’Ordine dei Carmelitani.La Chiesa sorge in un’area che non ha rilevato testimonianze archeologiche riferibili ad edifici di culto preesistenti, ed occupa la parte sud est dell’Isolato nel quale è presente il convento, con il frontale sporgente rispetto al piano di facciata dell’attiguo convento. esternamente presenta semplicità di forme, con la facciata che culmina con un terminale a doppio spiovente, con un unico elemento decorativo, un oculo di forma ottagonale sopra il portale d’accesso. Internamente l’edificio è costruito su pianta ovoidale, movimentata dall’inserimento di quattro cappellette e dall’altare maggiore, mentre l’area presbiteriale è di forma quadrata con copertura a crociera. Conserva un dipinto di grandi dimensioni, eseguito nel 1653 da don Gasparre Pira, copia fedele dell’Albero Genealogico dei tre Ordini Francescani. Annesso alla Chiesa, si trova l’Ex convento dei Frati Carmelitani il cui schema si snoda attorno ad un chiostro quadrangolare bordato ai lati da un percorso scandito, per tutti i tre piani, da volte a vela, che si prolunga sul lato ovest con una cadenza di volte a crociera. Il monastero, soppresso nel 1866 a seguito della confisca dei beni ecclesiastici da parte del regno Sabaudo, dal 1962 al 1986 viene utilizzato come Caserma di una Compagnia di Carabinieri e, in seguito, ospita uffici amministrativi. Oggi, dopo gli ultimi restauri avvenuti tra il 1986 e il 1989, costituisce la sede di una sezione staccata delle Università di Sassari e di Cagliari, e viene anche utilizzato per iniziative culturali. In via Pietro Pinna Parpaglia si trova la cosiddetta casa di EleonoraRiprendiamo la visita del centro storico ripartendo dalla piazza Roma, dalla quale prendiamo, un poco più a sinistra della via Dritta, la via Pietro Pinna Parpaglia. Percorse poche decine di metri, sulla sinistra della strada si trova la cosiddetta Casa di Eleonora anche se questa attribuzione pare esserle stata data impropriamente. Si tratta di un palazzo a due piani, edificato in due tempi distinti. Il piano terra, voltato a botte si può far risalire al periodo giudicale, mentre il primo piano, riccamente ornato sulla facciata, è di epoca spagnola. Le finestre al primo piano sono incorniciate e sormontate da un coronamento arricchito da due stemmi, in uno dei quali si distingue uno scudo recante, a sinistra, l’albero deradicato d’Arborea e, a destra, un cavallo rampante. Il Teatro Comunale Antonio GarauLungo la via Pietro Pinna Parpaglia, passata la casa di Eleonora, si trova sulla sinistra il vicolo Josto, ad angolo con il quale è presente l’ingresso delll’edificio che ospita il Teatro Comunale Antonio Garau, la cui sede è in via Pietro Pinna Parpaglia al civico numero 11. L’edificio, recentemente restaurato, rappresenta il salotto cittadino che ospita importanti eventi legati alla cultura, dalla prosa al Teatro, dai concerti alle conferenze. Il Teatro, che nei suoi due ambienti, della sala al piano terreno e nella galleria, può ospitare circa 400 posti a sedere,, è intitolato all’importante commediografo oristanese Antonio Garau, che è stato autore di tredici commedie in lingua sarda, nella quale unisce, al comico della farsa, anche tematiche umane e sociali. Le sue commedie descrivono il modo di vivere della società sarda e i suoi mutamenti in un arco di tempo di circa mezzo secolo. L’Antiquarium ArborensePercorse poche decine di metri, prendiamo verso sinistra la via Aquila, che ci porta nella piazza Giovanni Corrias. Potevamo arrivarci anche, a due terzi della via Dritta da piazza Roma a piazza Eleonora d’Arborea, prendendo a sinistra il portico Giovanni Corrias, che ci porta anch’esso nella piazza. Qui troviamo, nello storico palazzo Pietro Pinna Parpaglia, che si trova proprio di fronte all’uscita dal portico e che presenta la facciata posteriore sulla via Pietro Pinna Parpaglia, l’Antiquarium Arborense, sorto nel 1938 con l’acquisizione, da parte del podestà della zona, della collezione dell’avvocato Efisio Pischedda, la più grande raccolta privata di reperti archeologici della Sardegna. Viene anche chiamato Museo Archeologico Giuseppe Pau è il più importante Museo di Oristano, e conserva al suo interno principalmente reperti archeologici provenienti dai Nuraghi della zona e dalla città di Tharros. È organizzato in tre sale: la prima ospita reperti preistorici e nuragici, materiale di origine fenicio: il punica e ceramiche etrusche, greche, romane; la seconda ospita tre retabli, oltre ad elaborate pale d’altare provenienti da Chiese oristanesi la terza sala è dedicata al periodo dei Giudicati. I pezzi forti sono la coppa di produzione micenea e attica con Ercole che lotta con il toro di Creta, un bruciaprofumi di epoca cartaginese che raffigura Ercole con la Leontè ossia con la pelle di Leone, la collezione di ceramica etrusca proveniente da Tharros che costituisce la più ricca ritrovata fuori dell’Etruria, e i vasi in vetro soffiato di età romana. Di particolare rilevanza storica per la città, sono due iscrizioni medievali che documentano la costruzione della torre e delle mura, risalenti al tredicesimo secolo. La ex Chiesa di San Domenico con il relativo ex convento dei Frati DomenicaniProseguendo oltre la piazza Giovanni Corrias, la via Aquila ci porta in piazza Pietro Martini, da dove prendiamo verso destra, in direzione nord est, la via Alberto lamarmora. Subito si trova, sulla destra, la facciata della Ex Chiesa di San Domenico. Edificata, con l’annesso convento, nel 1634 per opera del nobile oristanese don Baldassarre Paderi, la Chiesa è la più grande e spaziosa presente ad Oristano dopo la cattedrale, la sua facciata è stata largamente rimaneggiata nel corso dei secoli per esigenze urbanistiche, ma gli interni mantengono lo stile gotico originario. Con un alto prospetto timpanato, la Chiesa presenta una navata unica, l’altare maggiore e il pulpito in stile gotico, e due cappelle sul lato destro, una dedicata a San Vincenzo, e l’altra al Santissimo Nome di Gesù, direttamente legata all’Arciconfraternita del Santissimo Nome di Gesù. Di recente l’edificio ecclesiastico ha subito un importante intervento di restauro che ha messo in evidenza, nel presbiterio, la bellissima volta costolonata in stile gotico catalano, attualmente, sede dell’Azione Cattolica del paese. Oggi l’edificio costituisce un Auditorium per piccoli congressi, conferenze e concerti musicali organizzati dall’azione cattolica del luogo. Annesso alla Chiesa è presente il relativo Ex convento dei Frati Domenicani che già operavano nel complesso del San Martino, il quale era posto fuori dalle mura cittadine e che visiteremo più avanti. In seguito alla soppressione degli Ordini religiosi, i Domenicani di San Martino nel 1832 dovettero lasciare il convento, nel quale vennero aperti gli uffici dei preposti alle gabelle, in seguito, nel 1924, divenne sede della Caserma delle Guardie di Finanza. La Chiesa di Santa Lucia ed il convento di clausura delle suore CappuccineProseguendo per circa cento metri lungo la via Alberto lamarmora, parte sulla sinistra la via Pietro Pinna Parpaglia, che avevamo già seguito in senso inverso da piazza Roma fino a dopo il Teatro Comunale Antonio Garau. Proprio all’incrocio tra le due strade, con la facciata sulla via Pietro Pinna Parpaglia, si trova la Chiesa di Santa Lucia edificata insieme al convento di clausura che si trova all’altro lato della strada. L’attuale prospetto della Chiesa, realizzato nella prima metà dell’ottocento, si mostra in stile neoclassico, con un timpano sostenuto da quattro colonne massicce. Oltre all’altare maggiore dedicato all’Immacolata, il cui simulacro è esposto al centro dell’altare, gli altri due altarini sono dedicati, rispettivamente, al Sacro Cuore di Gesù, che si festeggia nel mese di giugno, e alla Vergine della Salette. La Chiesa è, dal 1770, la Cappella del Gremio dei Muratori, che vi festeggiano la solennità di Santa Lucia e di Sant’Antioco. All’altro lato della via Alberto lamarmora, al civico numero 11, si trova il convento di clausura delle suore Cappuccine una costruzione dallo stile neoclassico edificata nel 1738 dal facoltoso cittadino oristanese Pietro Ibba, che, volendo appagare il desiderio delle sue due figlie di monacarsi, fece edificare a sue spese la Chiesa di Santa Lucia con il relativo convento. Con l’arrivo di tre monache spagnole da Ozieri, si forma così la prima comunità di monache cappuccine nella città di Oristano. Nel monastero le suore svolgevano una vita di clausura, nella preghiera e nel lavoro, inizialmente seguendo la regola di Santa Colletta, successivamente quella di Santa Chiara. La Chiesa di Santa Chiara ed il convento di clausura delle suore ClarissePresa a sinistra la via Pietro Pinna Parpaglia, e poi, a destra, la via Santa Chiara, la seguiamo fino alla fine e troviamo, alla destra della strada, il complesso conventuale di Santa Chiara. La presenza delle Clarisse in città risale al 1260-1265, ma il complesso fu fatto edificare nel 1343 dal giudice d’Arborea Pietro III de Bas-Serra su invito della consorte Costanza di Saluzzo, in ricordo della vicenda di alcuni marinai Pisani che nel mezzo di una bufera invocarono l’intervento della Santa, che li avrebbe condotti sani e salvi in porto. La Chiesa di Santa Chiara eretta probabilmente sulla preesistente Chiesa dedicata a San Vincenzo, è un edificio in forme gotiche, con la facciata in arenaria, con un rosone centrale ed il campanile a vela. All’interno ha una singola navata e conserva l’abside e non pochi resti dei fianchi e dell’antico monastero. Nell’arcone dell’abside sono ancora evidenti gli emblemi della famiglia regnante, ossia l’albero deradicato, alternati ai pali d’Aragona. All’interno contiene un’importante epigrafe latina che documenta la sepoltura di Costanza di Saluzzo, moglie del giudice Pietro III, morta nel 1348, e custodisce un frammento d’affresco riproducente Mariano IV che pone il primogenito Ugone III sotto la protezione della Santa, restaurato nel 2009. alla destra della Chiesa di Santa Chiara, si vede il convento di clausura delle suore Clarisse, ed attraverso la Ruota e la Grata le suore di clausura comunicano con il mondo esterno. All’interno del convento si trova la tomba nella quale è sepolta Costanza Saluzzo, che scelse come estrema dimora quel convento dove gli Arborea erano ospiti frequenti. Nel 1356 il pontefice Innocenzo VI autorizzò Timbora di Roccabertì, moglie del re Mariano IV d’Arborea, ad avere libero accesso nella clausura del monastero, in compagnia delle due figlie Eleonora e Beatrice, per sette volte l’anno. La sua vicenda conferma che, lungi dal chiudersi in se stessa, la casata sarda intrecciò intensi legami con realtà extraisolane. Il torrione di PortixeddaNel punto in cui il tratto di mura medioevali provenienti da sud est, parallele all’attuale via Mazzini, svoltavano per dirigesi verso sud ovest, nella direzione seguita dall’attuale via Solferino, si ergeva, già a partire dall’epoca giudicale, una torre che, come dimostrano gli scavi archeologici eseguiti in tempi recenti, doveva essere in tutto e per tutto simile alle più note torri di San Cristoforo e di San Filippo. Durante la dominazione spagnola, tale torre viene sostituita da un torrione a base circolare, che prende il nome dal piccolo ingresso che ad essa era connesso all’interno della cinta muraria difensiva della città, ossia Torre di Portixedda. Per raggiungerla, proseguendo lungo la via Santa Chiara, prendiamo a destra via Giuseppe Garibaldi, che, dopo centotrenta metri, svolta a sinistra e ci porta all’incrocio con la via Solferino e la via Giuseppe Mazzini, dove troviamo il orrione di forma circolare, costituito da due corpi cilindrici sovrapposti a diverso raggio di curvatura, raccordati da una superficie inclinata troncoconica. I blocchi di arenaria ben squadrati sono usati solo nell’anello di raccordo fra i cilindri. Il resto della struttura risulta essere di fattura più rozza rispetto alle torri più antiche, in quanto è stata edificata con l’uso di basalti appena sbozzati e materiali di riporto legati da malta di calce. Di foggia molto più raffinata appaiono, invece, le tre saettiere che si aprono sul cilindro più alto. Visita del resto della città di OristanoDopo aver visitato il centro storico di Oristano, vediamo ora che cosa si posiziona al di fuori da esso, con le diverse Chiese parrrocchiali dei quartieri periferici, per completare la visita della città capoluogo della Provincia omonima. Entrando ad Oristano incontriamo l’Hotel MistralEntriamo in Oristano con la SP54bis, che all’interno dell’abitato assume il nome di via Cagliari. La seguiamo ed arriviamo a una rotonda, alla quale prendiamo verso destra la prosecuzione della via Cagliari. Dopo poco più di duecento metri, ad angolo con il cinema Ariston, prendiamo a destra la via Armando Diaz, la seguiamo per una sessantina di metri, poi svoltiamo a destra e prendiamo la via Martiri di Belfiore lungo la quale subito, alla sinistra della strada, la civico numero 2, si trova l’Hotel Mistral, nel quale abbiamo soggiornato spesso nelle nostre permanenze ad Oristano. L’Hotel Mistral si trova a soli centro metri dal centro storico di Oristano, ed è una moderna struttura che offre la connessione Wi-Fi gratuita, un parcheggio incluso nella tariffa e sistemazioni confortevoli. L’Hotel serve un buffet gratuito per la colazione e ospita un ristorante interno specializzato in piatti tipici. |
La Chiesa parrocchiale di San Giuseppe LavoratorePresa la via Armando Diaz, dopo duecentocinquanta metri prendiamo a destra il viale della repubblica. Dopo centottanta metri, prendiamo a destra la via Giuseppe Toniolo, che in duecento metri si immette sulla via Fratelli Cairoli, la prendiamo verso sinistra, passiamo la traversa via Alcide De Gasperi, ed, alla sinistra della strada, al civico numero 38, vediamo la moderna Chiesa di San Giuseppe Lavoratore che è la Chiesa parrocchiale edificata nella nuova zona periferica denominata Sa Rodia, ed è l’unica nella Diocesi Arborense a essere intitolata al padre putativo di Gesù. La forma della Chiesa non ha la tradizionale facciata nché i consueti muri perimetrali, all’esterno predominano una serie di paramenti semicircolari rivestiti in pietre tufacee, bucciardate e scolpite in maniera certosina, accanto a poche altre rettangolari. L’interno è delimitato da un piano a tronco di cono che confluisce nell’elegante e massiccia mensa d’Altare. Sull’altare e sull’intero edificio pende il sublime Crocifisso ligneo, vero centro di tutto l’ambiente, mentre sullo sfondo absidale è stato posizionato un luminoso mosaico, eseguito dal maestro senese Albero Positano, che rappresenta l’interno della bottega del falegname, nel quale il titolare della parrocchia è in piedi, intento a operare sul suo tavolo da falegname, al centro suo figlio adolescente che pare avanzare verso i fedeli, Maria è, invece, rappresentata in un momento di meditazione e preghiera. Ogni anno, il giorno 1 maggio si svolge la Festa patronale di San Giuseppe lavoratore. Il galoppatoio di Sa RodiaAd angolo con il cinema Ariston, abbiamo preso a destra la via Armando Diaz, e, dopo duecentocinquanta metri, a destra il viale della repubblica. La seguiamo evitando la deviazione su via della repubblica, e, dopo circa un chilometro, vediamo alla sinistra della strada il Galoppatoio di Sa Rodia costituito da una pista per gare piane di galoppo che anni viene utilizzato oltre che dai sartiglianti per i loro allenamenti e dai cavalieri del Palio della Santa Croce, anche per altre manifestazioni sportive di rilievo internazionale. Vicino ad esso si trovano gli impianti sportivi della S.O.E, ossia della Società Oristanese di Equitazione. All’interno dell’anello adibito a galoppatoio è presente l’Hostel Rodia, una struttura di recente costruzione localizzata nella più importante zona verde di Oristano. Gli impianti sportivi di Sa Rodia nel viale della repubblicaLungo la strada che ci ha portato al galoppatoio, circa duecento metri prima, si vedono, sempre alla sinistra della strada, gli impianti sportivi di Sa Rodia ossia del viale della repubblica. Si tratta di un complesso sportivo intitolato a Mario Baroli, conosciuto come Il professore, che ha dato grande lustro allo sport oristanese, ha fatto crescere generazioni di atleti, tecnici e dirigenti, ed è stato lui stesso un ottimo atleta: campione sardo e italiano di ginnastica artistica, vice campione sardo di rally, medaglia d’oro di scherma e golfista. Il complesso sportivo comprende impianti all’aperto, tra i quali un Campo da Calcio on fondo in erba naturale, dotato di tribune in grado di ospitare 150 spettatori; un Campo da Calcetto, ossia da Calcio a cinque, con fondo in erba sintetica, dotato di tribune per una cinquantina di spettatori; un Campo da pallacanestro, con fondo in materiali cementizi o asfaltoidi, senza tribune per gli spettatori; due Campi da Tennis, con fondo in materiali sintetici vari, anch’esso senza tribune. Sono inoltre presenti impianti al chiuso, come la Piscina Comunale di Oristano, in grado di ospitare 220 persone; una Palestra, in grado di ospitare 420 spettatori, nella quale praticare come discipline soprattutto la pallacanestro. È, infine, presente anche un Campo pratico da golf, attrezzato, con fondo in erba naturale, senza tribune per gli spettatori. La stazione delle AutocorriereDall’incrocio della via Cagliari con la via Armando Diaz, proseguiamo lungo la via Cagliari per circa Ottocento metri, e troviamo alla sinistra della strada, al civico numero 177, la Stazione delle Autocorriere dell’A.R.S.T., che opera in tutta la Sardegna prevalentemente con servizi extraurbani, nonche con servizi urbani nelle città di Alghero, Carbonia, Iglesias, Macomer ed anche di Oristano. La stazione è un piccolo e semplice edificio, ma per le sue dimensioni è relativamente ben attrezzata, dato che contiene anche una struttura per il deposito dei bagagli in funzione durante il giorno. La Chiesa di San Saturno e l’Istituto dell’Immacolata ConcezionePercorriamo altri duecento metri lungo la via Cagliari ed arriviamo in piazza Indipendenza, dove si trova una rotonda. Qui prendiamo a destra la strada che attraversa la piazza Giuseppe Mannu, arrivati al suo punto più a nord arriva da sinistra la via Vittorio Emanuele II ed a destra la via Giò Maria Angioj. Prendiamo quest'ultima e, dopo centocinquanta metri, prendiamo a destra la via San Saturno, che, in una cinquantina di metri, ci porta davanti alla facciata della Chiesa di San Saturno denominata anche Oratorio dell’Immacolata Concezione. In questo luogo sorgeva un’antica Chiesa dedicata al Martire San Saturno, risalente probabilmente al periodo bizantino, in seguito abbattuta. L’antico edificio presentava, probabilmente, una pianta quadrata con corpo cruciforme cupolato, del tutto simile alla Chiesa omonima cagliaritana, ed in età giudicale ha dato il nome all’intero quartiere che veniva chiamato di Santu Sadurru. L’attuale edificio è stato edificato nel 1901 e ripete, con i mattoni in laterizio rosso, il profilo e le linee delle Chiese romaniche, ed ospita al suo interno un altare maggiore realizzato in pregevole marmo toscano. Accanto alla Chiesa, alla sua sinistra, è presente l’Istituto dell’Immacolata Concezione, fondato anch’esso nel 1901 grazie all’intervento dei nobili coniugi oristanesi Vincenzo Boy e Vincenzina Carta. L’Istituto, destinato all’accoglienza nella città delle piccole orfanelle, è stato retto per oltre cinquant’anni dalla figlia dei fondatori, Suor Maria Vincenzina Boy. Attualmente, l’Istituto Immacolata Concezione, che dal 1951 è gestito dalle Suore Francescane Missionarie di Assisi, ospita una Scuola dell’infanzia ed un semiconvitto. La Chiesa parrocchiale della Beata Vergine Immacolata con il convento dei Frati CappucciniArrivando dalla via Cagliari in piazza Indipendenza, dove si trova una rotonda, prendiamo a sinistra il viale San Martino. Percorsi circa cento metri, alla sinistra della strada si trovano la Chiesa ed il convento officiati dai padri Cappuccini, che furono eretti nel primo decennio del diciassettesimo secolo, grazie alla munificenza del nobile oristanese Domenico Paderi, appena fuori la cinta muraria della città, sulla strada che porta verso la Chiesa e il convento di San Martino. La Chiesa della Beata Vergine Immacolata, che è una delle parrocchiali di Oristano, si presenta ad un’unica navata, con tetto a doppia falda, e una serie di cappelle laterali. Il prospetto appare di assoluta semplicità con una modesta lunetta sormontante il portale ed un oculo ottagonale. La Chiesa conserva un calice d’argento del 1609 e un quadro del 1626 rappresentante l’albero genealogico francescano, raffigurante San Francesco ai piedi una maestosa quercia. Presso questa Chiesa, ogni anno l’8 dicembre si svolge la Festa patronale della Beata Vergine Maria Immacolata. Accanto alla Chiesa, alla sua sinistra, si trova il convento dei Frati Cappuccini il cui chiostro, luogo di meditazione e di preghiera. Ha una forma quadrangolare e negli anni è stato ripetutamente ristrutturato, e, fino al 1970, era ricco di alberi da frutta. Al centro esiste ancora la cisterna che anticamente raccoglieva le acque piovane utilizzate per irrigazione dell’orto. Questo occupava anche l’area, alla destra della Chiesa, dove sono stati in seguito edificati gli attuali impianti sportivi, ed i Frati coltivavano tutto ciò che occorreva al loro sostentamento. Dal 2005 sono state posizionate, in apposite nicchie di mattoni le quindici stazioni della via Crucis, donate da un benefattore di Cagliari. La ex Chiesa di San Martino con il relativo convento che ha ospitato il vecchio Ospedale civile San MartinoRipresa la via San Martino, arriviamo subito a un bivio, dove la via San Martino prosegue sulla destra con la circolazione in senso contrario, mentre sulla sinistra muove la via del Cimitero. Seguiamo quest'ultima per circa cento metri, poi prendiamo a destra la via Michele Pira che, in circa centotrenta metri, ci riporta sul viale San Martino. Dopo una cinquantina di metri, alla sinistra della strada si trova la piazza San Martino, dove si trova la Ex Chiesa di San Martino con il relativo convento, costruiti presumibilmente nel tredicesimo o nel quattordicesimo secolo nelle campagne acquitrinose poste a sud ovest della città di Oristano, fuori dalla cinta muraria della città. La sua prima menzione figura in un atto di donazione del giudice Pietro II d’Arborea e della moglie Diana, del 1128, ai monaci Benedettini. Il 29 marzo 1410 l’edificio sacro accolse la stesura del trattato della pace di San Martino, firmata da Pietro Torrelles, luogotenente del re d’Aragona Martino il Vecchio, e da Leonardo Cubello, che aveva guidato le armate sarde, con il quale il regno d’Aragona, vincitore nella sanguinosa battaglia di Sanluri del 1409, decreta la fine del Giudicato d’Arborea e, avocandone il territorio, lo infeuda al vassallo Leonardo Cubello, con il titolo di marchese di Oristano e conte del Goceano. Eretta di primo impianto gotico per volontà dell’Arciconfraternita del Rosario, mostra, scolpitisu un capitello, gli stemmi con i pali d’Aragona affiancati all’albero eradicato d’Arborea. Di notevole importanza in essa, è la Cappella dedicata alla Madonna del Rosario, che ospitava i condannati a morte la notte prima dell’esecuzione, e scrive uno storico, il canonico Raimondo Bonu, che Il condannato usciva dalla porta principale della Chiesa e percorreva una sessantina di passi fino al posto del patibolo. Il cadavere del giustiziato veniva seppellito in un tratto rettangolare del terreno lungo l’abside esterna della Chiesa. La Chiesa di San Martino è stata recentemente restaurata. alla destra della Chiesa si trova l’edificio che ospitava il convento di San Martino nel quale, fino alla prima metà del cinquecento vengono ospitate le monache Benedettine, che possiedono un consistente patrimonio immobiliare. Con la bolla Sacrae religionis Sinceritas, Nel 1568, papa Pio V concede ai Domenicani la facoltà di erigere in Sardegna conventi dell’Ordine, accettando l’anno successivo la fondazione del loro primo convento in Oristano. Il convento domenicano di Oristano viene soppresso nel 1832 e occupato nello stesso anno dall’ordine degli Ospedalieri, che, lasciando il vecchio Ospedale di Sant’Antonio Abate, chiamano il nuovo con la denominazione di Ospedale di San Martino. Parte della struttura viene ancora oggi occupata da servizi di assistenza sanitaria. Il nuovo Ospedale civile San MartinoProseguendo oltre la piazza San Martino, si imbocca il viale della Fondazione Rockfeller, e, sulla sinistra, si trova l’ingresso del nuovo Ospedale civile San Martino una grande ed importante struttura realizzata nel 1995, dopo che con Breve Pontificio di Gregorio XVI del 17 luglio 1832, era stato trasferito nel convento domenicano di San Martino l’antico Ospedale di Sant’Antonio Abate, la cui fondazione è attribuita al Giudice Barisone I de Lacon Serra nel 1175, che sorgeva nell’omonimo convento dei Gerosolimitani. L’Ospedale civile San Martino ha ricevuto la menzione speciale al concorso nazionale Best Practice 2014 promosso dall’Osservatorio nazionale sulla Salute della donna, per l’impegno nei confronti della presa in carico delle vittime di violenza, dato che quella di Oristano è risultata essere una delle migliori strutture ospedaliere italiane nell’accoglienza delle donne che subiscono aggressioni, lesioni o stupro. Il Cimitero Monumentale di San PietroRitornati a dove la via San Martino, arrivati a un bivio, prosegue sulla destra, mentre sulla sinistra muove la via del Cimitero. Seguiamo quest'ultima per circa trecentocinquanta metri, poi, a un bivio, prendiamo la deviazione sulla sinistra che, in una settantina di metri, ci porta all’ingresso del Cimitero Monumentale di San Pietro. Fu l’arcivescovo monsignor Bua a indicare, il primo settembre 1835, nell’area denominata Su Cuccuru de Santu Perdu, il sito più idoneo per l’erezione del nuovo Cimitero, fuori le mura secondo le nuove disposizione legislative, circondato dalla campagna e in prossimità del complesso di San Martino, mentre Salvator Angelo De Castro, la cui tomba è ancora conservata nel viale centrale del Camposanto, aveva dettata la bella iscrizione del portale d’accesso. Il suo nucleo originario conserva la forma di quadrilatero, scompartito da due viali ortogonali ombreggiati da cipressi, sui quali S’affacciano i monumenti funebri dei personaggi e delle famiglie che hanno realizzato la storia di Oristano. Il parco e la Chiesa di San Giovanni dei fioriSubito prima di arrivare al bivio che ci ha portato al Cimitero, dalla via del Cimitero prendiamo sulla sinistra la via Dorando Petri, dopo una cinquantina di metri prendiamo a destra la via lisbona, che fiancheggia sulla sinistra il Cimitero. Percorso meno di un chilometro, vediamo alla destra della strada il parco di San Giovanni dei fiori, all’interno del quale si trova la Chiesa di San Giovanni dei fiori, inizialmente chiamata San Giovanni di fuori, che era una delle piccole Chiese campestre della città medievale. Conosciuta tradizionalmente come Santu Giuanni de froris ossia dei fiori, viene realizzata in epoca giudicale e documentata in un testamento del 1301 con l’intitolazione di Ecclesia Sancti Johannis de Venis, cioè delle acque sorgive, ed è ricordata nel testamento di Ugone II d’Arborea del 1335. Ristrutturata in epoca spagnola, precisamente nel sedicesimo secolo, e successivamente nel diciannovesimo secolo, all’esterno sul lato sinistro e su quello frontale è addossato un porticato di epoca spagnola, sorretto da pilastrini in arenaria sui quali si posa la copertura in canne protetta da tegole e sorretta da pilastrini di arenaria. Il tetto a due falde, che culmina con un campaniletto a vela, poggia su capriate. All’interno, ha una pianta quadrata, con quattro pilastri che delimitano lo spazio della navata centrale. L’altare maggiore, di fattura tardo barocca, è affiancato da due altarini, in uno dei quali si trova la statua seiecentesca di San Giovanni Battista, che in occasione della natività viene vestita a festa, mentre l’altro altare è dedicato a Sant’Isidoro Agricoltore, protettore dei contadini, ed ospita il suo seicentesco simulacro ligneo policromo. Il Gremio dei Contadini, custode da secoli di questa Chiesa, nel 1701 ha commissionato un quadro raffigurante il martirio di San Giovanni, che è affisso alla parete destra. Durante i lavori di restauro dell’altare nella Cappella del Gremio dei Contadini, è stato rinvenuto un angelo nero, con una spada e una palma nelle mani. L’angelo nero si trova alla sinistra di San Giovanni Battista, ma anche l’angelo alla destra, oggi bianco, secondo il restauratore Alberto Severino in realtà originariamente era nero. Due angeli, dunque, presumibilmente entrambi neri, realizzati con la tecnica dell’affresco sull’intonaco, una tecnica rarissima in Sardegna dove solitamente si preferiva la tempera. E proprio con la tempera furono eseguiti i dipinti che coprivano i due angeli, scoperti durante i lavori di restauro. Attualmente la Chiesa, che viene aperta solo in occasione delle ricorrenze del Santo patrono, ospita le feste legate al gremio dei Contadini. Il 15 maggio od il sabato successivo, vi si svolge la Festa di Sant’Isidoro, patrono del gremio dei Contadini. Il 24 giugno vi si svolge la Festa di San Giovanni, con relativa processione a cavallo. La sera della vigilia, la bandiera, custodita nella casa de S’Oberaju Majore, viene sistemata su un carro a buoi e parte alla volta della Chiesa, dove vengono celebrati i vespri. Il giorno della ricorrenza, vengono officiate nella Chiesa diverse messe, ed il 25 è dedicato ai soci defunti. Il 29 agosto si celebra la Festa che ricorda il martirio di San Giovanni, con una celebrazione serale. Il Campo Sportivo Comunale TharrosSubito prima di arrivare al bivio che ci ha portato al Cimitero, dalla via del Cimitero prendiamo sulla sinistra la via Dorando Petri, alla sinistra della quale si trova l’ingresso del Campo Sportivo Comunale Tharros. All’interno di questo complesso sportivo è presente il Campo da Calcio Comunale, con fondo in erba naturale, dotato di tribune in grado di ospitare un migliaio di spettatori. La Società Polisportiva Tharros è la principale squadra di calcio di Oristano, nonche una delle tre più vecchie della Sardegna, nata nel 1905 alle spalle soltanto della Torres di Sassari e in contemporanea con l’Olbia. Attualmente è attiva solo il settore calcistico, che dalla stagione 2014/2015 milita nel girone D sardo di Prima Categoria. Accanto al Campo da Calcio, è presente la Palestra Comunale, dotata di tribune per 400 spettatori, nella quale praticare pallavolo e ginnastica varia. E ci si trova anche una Palestra per pugilato, senza tribune per gli spettatori. La Chiesa parrocchiale di San Giovanni EvangelistaSubito prima di arrivare al bivio che ci ha portato al Cimitero, dalla via del Cimitero prendiamo sulla sinistra la via Dorando Petri, la seguiamo per centocinquanta metri ed arriviamo a una rotonda, alla quale prendiamo la seconda uscita, che è la via limbara. Dopo poco meno di altri centocinquanta metri, incrociamo la via Pergolesi, la prendiamo verso sinistra, e, dopo una cinquantina di metri, diventa via San Giovanni Battista. alla sua sinistra si può vedere la moderna Chiesa di San Giovanni Evangelista che si trova nel quartiere San Nicola, ed è una delle Chiese parrocchiali di Oristano. Ogni anno presso questa Chiesa il 27 dicembre si svolge la Festa patronale di San Giovanni Evangelista. Il centro sportivo San NicolaPassata la Chiesa di San Giovanni Evangelista, dalla via San Giovanni Battista prendiamo subito a destra la via Luca Marenzo, dopo centoventi metri sbocca sulla via Gennargentu, la prendiamo verso sinistra e, dopopoche decine di metri, si vede alla destra della strada il cancello di ingresso del Centro sportivo San Nicola. All’interno di questo complesso sportivo, si trova un Campo da Calcio, con fondo in terra battuta, dotato di tribune per una novantina di spettatori. Sul retro del Campo da Calcio, è presente un Campo da Tennis non in buone condizioni, con tribune per 150 spettatori. All’interno del centro sportivo San Nicola, è presente, inoltre, la Palestra San Nicola, dotata di tribune in grado di ospitare 210 spettatori, nella quale praticare come discipline il calcio ed il calcetto ossia calcio a cinque. La Chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di GesùPassata la Chiesa di San Giovanni Evangelista, dalla via San Giovanni Battista prendiamo subito a destra la via Luca Marenzo, dopo centoventi metri a sinistra la via Gennargentu, che percorsi circa trecentocinquanta metri diventa la via Amsicora, la quale in quasi trecento metri arriva a una rotonda, dove prendiamo la prima uscita che è la via Santu Lussurgiu, ed ad angolo tra le due strade si trova la piazza del Sacro Cuore. Qui si affaccia la moderna Chiesa del Sacro Cuore di Gesù che è una delle Chiese parrocchiali di Oristano, la cui attività religiosa inizia nel 1952, quando viene aperta al culto la Chiesa in cemento armato, che si trova nella zona periferica che prima era chiamata Corea, e che oggi prende il suo nome. Presso questa Chiesa parrocchiale ogni anno, il terzo venerdì dopo Pentecoste, si svolge la Festa patronale Sacro Cuore di Gesù. Il Campo Sportivo CONIDalla via Amsicora arriviamo nella piazza del Sacro Cuore, e qui prendiamo verso destra la via Santu Lussurgiu. Dopo poco meno di trecento metri troviamo alla destra della strada il cancello di ingresso del Campo Sportivo CONI di Oristano intestato a laura Nurra e Roberto Sinis. Si tratta di uno stadio di atletica leggera dotato di tribune in grado di ospitare 400 spettatori, nel quale è possibile praticare come discipline l’atletica leggera, corse su pista, salto in alto, salti in estensione, salto con l’asta, lancio del disco, lancio del peso, lancio del martello, e lancio del giavellotto. La Stazione ferroviaria di OristanoDalla via Amsicora arriviamo nella piazza del Sacro Cuore, e qui prendiamo questa volta verso sinistra la via Santu Lussurgiu. Dopo centotrenta metri prendiamo a destra la via Tempio, dopo quattrocentocinquanta metri arriviamo a una rotonda, e prendiamo la terza uscita, che è la via Nuoro. Percorsa per trecento metri, arriviamo in piazza Ungheria, sulla quale si affaccia, al civico numero 10, sulla destra, la Stazione ferroviaria di Oristano, una stazione di categoria Silver posta sulla linea ferroviaria a scartamento ordinario denominata Dorsale Sarda, dopo la stazione di Marrubiu Terralba Arborea e quella dismessa di Sant’Anna, e prima di quella dismessa di Simaxis e della successiva stazione di Solarussa, nella tratta che da San Gavino Monreale procede su binario unico. Costruita dalla Compagnia reale delle Ferrovie Sarde, la struttura ospitato i primi treni nel 1872, anno di apertura al traffico del tronco che collega San Gavino Monreale con Oristano. Da allora lo scalo, passato alle Ferrovie dello Stato nel 1920, diviene uno dei più importanti in Sardegna per numero di viaggiatori. La stazione è dotata di tre binari adibiti al servizio passeggeri, di cui due attualmente raggiungibili tramite un sottopassaggio di recente realizzazione, ed, a fianco a questi, sono presenti altri binari di servizio. La Chiesa parrocchiale di Sant’Efisio MartireDalla piazza Ungheria, prendiamo davanti alla Stazione ferroviaria la via Falliti Torbeno, dopo duecentocinquanta metri a destra la via Palmas, dopo centotrenta metri a sinistra la via Sassari, lungo la quale si trova la piazza Sant’Efisio, sulla quale al civico numero 8 si affaccia la Chiesa di Sant’Efisio una Chiesa barocca la cui costruzione è iniziata nel 1792 e che è stata aperta al culto nel 1809, che è la parrocchiale del quartiere Su Brugu, il primo sorto fuori delle mura della città, ed è stata edificata per sciogliere un voto fatto in occasione dell’invasione delle coste della Sardegna da parte della flotta francese. Una iscrizione in latino, riportata nel libro storico della parrocchia, ricorda tale avvenimento. Ogni anno, presso questa Chiesa il 15 gennaio si svolge la Festa patronale di Sant’Efisio Martire. Inolte, dopo la metà di settembre a Oristano si celebra la Festa di Sant’Efisio, che pare abbia avuto inizio nel 1913 ad opera di un devoto. Ogni anno il simulacro di Sant’Efisio viene issato su un carro trainato da una copia di buoi e scortato da uomini a cavallo che ne aprono la processione per le vie della città. Il Santo fa tappa nella Basilica del Rimedio, a Donigala Fenughedu, diretta poi verso San Giovanni del Sinis. La Festa rievoca quando, secondo la tradizione, spinta da una tempesta, la flotta romana sarebbe sbarcata a Tharros e qui Efisio, che si era già convertito al cristianesimo, avrebbe deciso di combattere contro i barbari pagani. In un dipinto del 1600, conservato a Fonni, viene descritta quella battaglia svoltasi a Tharros. In piazza Mariano si trova il Monumento ai CadutiDalla piazza Sant’Efisio prendiamo verso nord est la via San Simaco, poi, dopo centocinquanta metri, prendiamo a sinistra la via Lepanto, che, in poco meno di duecento metri, ci porta nella piazza Mariano, una ampia piazza al centro nella quale si trova il Monumento ai Caduti della Grande Guerra del 1915, sul quale vi sono tutti i nomi dei caduti della Prima Guerra Mondiale nati ad Oristano. In seguito, il monumento è stato dedicato Ai caduti di tutte le guerre. Il monumento si caratterizza per la struttura a tempietto, poco usata negli altri monumenti ai caduti della Prima Guerra Mondiale, e un’altra caratteristica atipica rispetto agli altri monumenti del circondario è il colore bianco dato dall’utilizzo del travertino. L’Istituto Suore Missionarie del Sacro CostatoRipresa indietro la via Lepanto, prendiamo verso destra la Vittorio Veneto, dove, al civico numero 28, si trova l’Istituto Suore Missionarie del Sacro Costato che inizia la sua attività nel 1927, quando, sotto la denominazione Istituto San Francesco, sorge La Scuola Elementare parificata Madre Teresa Quaranta, e vengono chiamate a gestirla da Gravina di Puglia le Suore Missionarie del Sacro Costato e di Maria Santissima Addolorata. Nel 1945 nel quartiere di Sant’Efisio, in piazza del Popolo, apre la Scuola Materna Sant’Efisio, che, nel dopoguerra, accogli le figlie dei carcerati di Cagliari, ed in seguito accoglie anche i bambini del quartiere Su Brugu. In seguito, nel 1968, viene ultimato il nuovo edificio in via Vittorio Veneto del quale qui viene fotografato l’ingresso. La Chiesa parrocchiale di San Sebastiano MartireDalla piazza Mariano, prendiamo la prosecuzione della via Lepanto, che è la via Mariano IV d’Arborea, la quale, dopo poco meno di trecento metri, svolta leggermente a sinistra e diventa la via Figoli. Percorsa per duecento metri, ci porta in piazza Roma, dove, al civico numero 59, si trova la Chiesa di San Sebastiano Martire una Chiesa parrocchiale conosciuta anche come San Sebastiano fuori le mura, dato che era l’unica Chiesa medievale, insieme a quella di San Martino, che si trovava fuori dal circuito murario della città. Edificata sul finire del sedicesimo e gli inizi del diciassettesimo secolo, è considerata la più antica Chiesa parrocchiale dei quartieri periferici della città, ed era frequentata soprattutto da pellegrini e contadini. L’edificio, che presenta una facciata restaurata di recente, ha l’interno con un’unica navata e alcune cappelle su entrambi i lati. Un’ampia scalinata conduce verso l’ingresso dell’edificio al quale, un tempo, era annesso un antico Cimitero, ed un ex voto del 1860, custodito all’interno della Chiesa, documenta come le esondazioni del fiume Tirso, ancora sprovvisto di solidi argini, un tempo allagassero l’intera piazza Roma. alla sinistra della Chiesa si sviluppa la via Figoli, che era chiamata Sa Ruga de Is Congiolargius, e era l’antica strada che un tempo era occupata dalle botteghe degli artigiani della ceramica che producevano stoviglie, vasellame e brocche in terracotta. Per diversi secoli, il 20 gennaio, giorno di San Sebastiano, per la Festa di San Sebastiano una lunga processione dal Duomo si indirizzava verso la Chiesa dedicato al Santo, che in più occasioni avrebbe liberato la città dalla peste. Anche oggi in quel giorno si svolge la sua Festa patronale. L’intero isolato, occupato dalla Chiesa di San Sebastiano, dalle sue pertinenze e dagli altri edifici compresi nelle vie Figoli, Mazzini, Vico Mazzini e piazza Roma, sino agli anni cinquanta del Novecento, costituivano il Teatro dell’Ardia di San Costantino, la tradizionale corsa di cavalli che si correva in città il 6 e 7 luglio in onore del Santo Imperatore la cui statua ancora oggi si trova all’interno della Chiesa. La Chiesa parrocchiale di San Paolo ApostoloRipresa all’indietro la via Figoli, dopo una sessantina di metri prendiamo a sinistra la via Giuseppe Verdi, e, percorsa una cinquantina di metri, a destra la via Giacomo Puccini. Dopo centotrenta metri, questa prosegue leggermente verso sinistra nella via Domenico Cimarosa, dopo meno di duecentocinquanta metri a destra in via Sardegna e, subito, a sinistra in via Carnia, che seguiamo per centottanta metri. La strada sbocca sulla via Versiglia, che prendiamo a sinistra e, poi, subito a destra in via Enrico Fermi, che, dopo circa duecento metri, ci porta a fiancheggiare il lato sinistro della moderna Chiesa di San Paolo Apostolo che è la Chiesa parrocchiale dei quartieri di Torangius e Axi Anadis. Costruita negli anni novanta del Novecento, è stata mantenuta dai Frati Francescani di San Francesco fino al 2013, ora è mantenuta dal parroco di San Sebastiano Martire. Ogni anno, il 29 giugno presso questa Chiesa si svolge la Festa patronale di San Paolo Apostolo, per la quale si svolge la procesione con il simulacro del Santo, seguita da cerimonie religiose e manifestazioni civili. Il centro sportivo San PaoloArrivati con la via Enrico Fermi alla Chiesa parrocchiale di San Paolo Apostolo, proseguiamo lungo questa strada che si dirige verso le periferia nord orientale dell’abitato. Percorsi meno di trecento metri si vede, alla sinistra della strada, il cancello di ingresso del Centro sportivo San Paolo, aveva ospitato un Campo da Calcio con tribune per 320 spettatori, campi da Tennis ed altri impianti sportivi. Dopo la chiusura della San Paolo, la più importante squadra di calcio giovanile di Oristano, era cominciata per la struttura l’abbandono, culminato a giugno del 2020 con un incendio doloso che aveva devastato i locali della vecchia club house e che avrebbe potuto spezzare sul nascere ogni speranza. A distanza di due anni, però, il Rugby OristanO ha quasi terminato i lavori di risistemazione di quello che era il Campo da Calcio e che diventerà un capo da rugby. La Palestra TorangiusProseguendo per un altro centinaio di metri lungo la via Enrico Fermi, prendiamo una deviazione a sinistra e, in una cinquantina di metri, arriviamo nella piazza Baden Powell, nella quale si affaccia la Palestra Torangius, nella quale è possibile praticare come discipline la pallacanestro, la pallavolo, il calcio, ed il calcetto ossia calcio a cinque. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, dopo aver visitato il centro storico di Oristano, visiteremo i Dintorni di Oristano. con le sue frazioni. Ci recheremo poi a Marina di Torre Grande per vedere lo sbocco sul mare di Oristano ed infine le aree umide nei dintorni, con lo stagno di Mistas e le sue pescherie. |