Simaxis e la frazione San Vero Congius con i resti delle sue Chiese bizantine
Il questa tappa del nostro viaggio, da Siamaggiore ci recheremo a Simaxis che visiteremo con il suo centro ed i suoi dintorni nei quali si trova la frazione San Vero Congius con i resti delle Chiese bizantine presenti nei suoi dintorni. La regione storica del Campidano di OristanoIl Campidano è la grande pianura della Sardegna sud occidentale compresa tra il golfo di Cagliari e quello di Oristano, ha una lunghezza di circa cento chilometri e presenta la massima altitudine di settanta metri sul mare. Deve le sue origini al colmarsi di una depressione geologica terziaria da parte di sedimenti marini, fluviali e vulcanici. Sono frequenti gli stagni costieri con acque salmastre, nell’angolo nord ovest della regione sfocia il fiume Tirso, che contribuisce all’irrigazione del Campidano, la rete idrografica è inoltre formata da piccoli Torrenti. La principale risorsa è l’agricoltura e si coltivano specialmente grano, viti, olivi, frutta e agrumi. In particolare, il Campidano di Oristano è una regione della Sardegna occidentale il cui territorio apparteneva anticamente al Giudicato d’Arborea. Si sviluppa interamente nella Provincia di Oristano, e comprende i comuni di Arborea, Baratili San Pietro, Bauladu, Cabras, Marrubiu, Milis, Narbolia, Nurachi, Ollastra, Oristano, Palmas Arborea, Riola Sardo, San Nicolò d’Arcidano, San Vero Milis, Santa Giusta, Siamaggiore, Siamanna, Siapiccia, Simaxis, Solarussa, Terralba, Tramatza, Uras, Villaurbana, Zeddiani e Zerfaliu. È un territorio caratterizzato dalla presenza di zone umide di altissimo interesse naturalistico, con specie faunistiche rare. In viaggio verso SimaxisUsciamo da Siamaggiore e riprendiamo la SP9 verso est in direzione di Solarussa, la seguiamo per quasi tre chilometri, poi prendiamo a destra la SP15 che si dirige verso sud e, dopo altri circa tre chilometri svoltiamo a sinistra e prendiamo la strada che ci porta all’interno dell’abitato di Simaxis. Dal Municipio di Siamaggiore a quello di Simaxis si percorrono 7.2 chilometri. Ma questo non è il modo più semplice di raggiungere Simaxis, per cui vedremo come è possibile uscire verso sud da Ollastra con la SS388 del Tirso e del Mandrolisai, che in circa due chilometri ci porta alla frazione Simaxis denominata San Vero Congius, e, dopo altri due chilometri e mezzo, ci porta all’interno dell’abitato di Simaxis. Dal Municipio di Ollastra a quello di Simaxis si percorrono 5.4 chilometri. Visita della frazione San Vero CongiusDa Ollastra, presa verso sud ovest la SS388 del Tirso e del Mandrolisai, la seguiamo per un paio di chilometri e, all’altezza del chilometro 12.2 entriamo nella frazuine di Simaxis denominata San Vero Congius (altezza 18 matri sul livello del mare, distanza 2.37 chilometri dal comune di Simaxis di cui essa fa parte, abitanti 114). Il villaggio di San Vero Congius, attestato sin dal 1140 come Sant’Eru di Simagis, fino all’inizio del Novecento era un comune autonomo. Il nuovo centro abitato di San Vero Congius è stato costruito in epoca fascista, dopo che un’alluvione causata nel 1918 dallo straripamento del fiume Tirso aveva distrutto il nucleo precedente. Per evitare ulteriori allagamenti la frazione è stata ricostruita su una modesta altura, nel Salto di Sant’Elena, ma la maggiore attrattiva è costituita ancora oggi dall’abitato originario.Nonostante il recente relativo abbandono, nel sito precedente persistono le due Chiese di antica appartenenza, mentre vi sono scarsissime tracce delle abitazioni e degli edifici civili, tra l’altro non distinguibili. La storia all’origine del trasferimento dell’abitato è narrata nella Basciura, commedia il lingua sarda del commediografo Antonio Garau, nato nel 1907 a Oristano, autore di tredici commedie in lingua sarda che descrivono il modo di vivere della società sarda e i suoi mutamenti in un arco di tempo di circa mezzo secolo. Garau ambienta questa commedia in un piccolo centro dell’Oristanese che, appunto perché collocato in una Bassura, soffre continuamente per lo straripare del vicino fiume. |
Origine del nomeLa prima parte del nome è la traduzione italiana del sardo Santu Veru o Santu Eru. San Vero era un vescovo di Salerno che dagli storici viene assegnato al quinto secolo dopo Cristo. La seconda parte Congius, che significa Cogni ossia Vasi di argilla e deriva dal latino Congius, è stata aggiunta al fine di distinguere questo villaggio dall’altro, abbastanza vicino, che viene chiamato San Vero Milis, e probabilmente faceva riferimento a fabbriche di stoviglie di argilla presenti nel suo territorio. La sua economiaL’area, fertile e pianeggiante, grazie alle bonifiche e agli accorgimenti operati sui corsi d’acqua e sui canali irrigui, non soffre più delle inondazioni che la caratterizzarono sino ad un recente passato ed i suoi terreni sono ampiamente coltivati con produzioni di vario genere. Brevi cenni storiciLa cristianizzazione del centro abitato dovette avvenire in concomitanza con il diffondersi, in epoca vandalica, del culto di Santa Gusta e di San Lussorio. l’insediamento continua ad essere frequentato in epoca bizantina e a quest’epoca risalgono tre Chiese intitolate a culti e Santi del mondo cristiano orientale. Nella frazione San Vero Congius sorgono, infatti, i ruderi della Chiesa di San Nicolò di Mira e della Chiesa dell’Angelo con cupola emisferica, e sorge anche l’antica parrocchiale di San Teodoro di Amasea, Santo militare della tradizione bizantina, databile fra settimo ed il nono secolo, con pianta cruciforme e bracci voltati a botte, il cui incrocio è sormontato da una cupola. In periodo giudicale, San Vero Congius faceva parte della curatoria del Campidano di Simaxis, come ci testimoniano il documento datato 1203 facente parte del Condaghe di Santa Maria di Bonarcado in cui viene citato un certo Gunnari de Zuri di Sanctu Eru de Simmakis, e la pace del 1388 in cui si fa menzione di due Jurados e di un Majore de villa de Sanctu Haeru. Da queste fonti si evince che in epoca giudicale l’insediamento avesse il ruolo di villa anche se piccola, rispetto agli altri centri vicini. la villa di Santu Eru aveva una parrocchiale dedicata a San Nicola di Mira di cui oggi ridotta allo stato di rudere. Nel 1698 entra a far parte del Campidano di Simaxis e nel diciottesimo secolo entra a far parte dei territori del Marchesato di Arcais. Nell’ottocento il padre Vittorio Angius ci descrive un centro abitato in decadenza e ne attribuisce le cause all’aria insalubre dovuta dalle frequenti inondazioni del Tirso, per cui ne consigliava il trasferimento in una zona vicina e più elevata. Dai registri delle delibere consiliari e di Giunta risalenti alla fine dell’ottocento e i primi del Novecento si evince che San Vero Congius costituiva un comune a sé, prima di divenire frazione del Comune di Simaxis. Di esso si conservano le mappe catastali che mostrano la disposizione urbanistica del centro abitato e del territorio di sua pertinenza. Il grande problema del suo territorio sono state le continue inondazioni provocate dai vicini corsi d’acqua incontrollati, nonostante varie bonifiche effettuate nei tempi ma il colpo di grazia, causa del definitivo abbandono, è stata la costruzione della diga di Santa Chiara sul fiume Tirso che avrebbe dato vita al lago Omodeo completata nel 1924, che con l’apertura di canali di deflusso e d’irrigazione, ha creato notevoli disagi al sito. Allora, si decise di costruire un nuovo villaggio, posto a breve distanza, a cui venne dato lo stesso nome dell’antico villaggio, e trasferire la nuova popolazione in un pianoro distante un chilometro più a oriente lungo la SS388 del Tirso e del Mandrolisai, in quanto si riteneva possibile il rischio di una sommersione in seguito al rilascio delle acque della diga. Il Campo da Tennis di San Vero CongiusDalla SS388 del Tirso e del Mandrolisai, al chilometro 12.2, prendiamo a destra la deviazione nella via Oristano, e quasi subito, alla destra della strada, si vede il cancello di ingresso del Campo da Tennis di San Vero Congius, con fondo in materiali cementizi o asfaltoidi, che non è dotato di tribune per gli spettatori. La Chiesa parrocchiale di San Nicola VescovoDa dove avevamo preso la via Oristano, la seguiamo per un centinaio di metri, poi prendiamo a sinistra la via San Nicola che ci porta all’interno dell’abitato. Dopo duecentosettanta metri svoltiano a destra ed arriviamo nella grande piazza Giovanni XXIII, sulla quale si affaccia la Chiesa di San Nicola Vescovo è la parrocchiale del nuovo minuscolo villaggio di San Vero Congius, frazione Simaxis, costituitosi in seguito all’abbandono del vecchio paese. L’edificazione della Chiesa inizia nel 1962 e la prima messa viene celebrata al termine dei lavori nel 1965. La struttura portante della Chiesa è in cemento armato, con travi e pilastri che costituiscono quattro campate. I pilastri sono rivestiti di pietra trachitica locale, mentre le campiture murarie hanno un semplice intonaco bianco. Il campanile è una semplice struttura a canna quadra il cui unico chiaroscuro è dato dai pilastri che con il loro rivestimento in trachite sono leggermente aggettanti rispetto alle murature rivestite di mattoni laterizi. All’interno la Chiesa è ad aula unica, con una piccola Cappella che ospita il tabernacolo sul lato di fondo, alla sinistra del presbiterio. alla destra invece, lo spazio ad essa simmetrico è impiegato quale accesso alla sacrestia che si sviluppa alle spalle del presbiterio stesso. La parete di fondo del presbiterio è anch’essa rivestita di trachite rosa. I resti dell’antica Chiesa di San Teodoro di CongiusLungo la SS388 del Tirso e del Mandrolisai, da dove avevamo presa la deviazione nella via Oristano, proseguiamo per altri trecentocinquanta metri e svoltiamo a destra sulla SP9 che si dirige verso Zerfaliu, percorso un chilometro e trecento metri vediamo, alla sinistra della strada l’Antica Chiesa di San Teodoro di Congius. La prima Chiesa, tuttora esistente e recentemente restaurata, benché non officiata, è d’antichissimo impianto cruciforme, realizzata tra il settimo e l’ottavo secolo e dedicata a San Teodoro di Amasea, conosciuta con l’intitolazione al Santissimo Salvatore. La Chiesa è dedicata a San Teodoro, ossia Sant’Eru, che è un Santo militare della tradizione bizantina. Questa Chiesa è uno dei pochi monumenti bizantini conservati sino ad oggi nelle forme originarie, nonostante un lungo abbandono, a cui sono seguiti pesanti lavori di restauro che ne hanno però compromesso la leggibilità architettonica. Vicino ad essa si trovano i ruderi della Chiesa di San Nicolò di MiraSempre alla destra della SP9 che si dirige verzo Zerfaliu, a breve distanza dalla Chiesa bizantina di San Teodoro di Congius, un centinaio di metri più ad ovest, si trovavano i ruderi dell’antica Chiesa di San Nicolò di Mira, altro luogo di culto del vecchio villaggio abbandonato, che viene fatta risalire a fine cinquecento o inizi seicento. La Chiesa, oggi ridotta a miseri ruderi nel più completo abbandono, è la triste testimonianza della vicenda che ha interessato il paese di San Vero Congius nel 1918, quando venne spazzato via da una devastante inondazione del fiume Tirso. La Chiesa di San Nicolò è oggi invasa dalla vegetazione, con i resti del vecchio campanile poggiantesu un arco ogivale che è ormai del tutto crollato. Il comune chiamato SimaxisIl comune di Simaxis (altezza metri 17 sul livello del mare, abitanti 2.124 al 31 dicembre 2021) è situato sulla riva sinistra del rio Sant’Elena, un affluente del fiume Tiro, in un territorio originariamente paludoso a causa dei ristagni d’acqua dovuti alle piene del fiume ma che è stato in seguito bonificato, e che da sempre si coltiva a grano e di recente anche a riso. Si tratta di un comune di pianura di origine incerta, facente parte dell’Unione dei Comuni della Bassa Valle del Tirso e del Grighine, che basa la sua economia soprattutto sulle attività agricole, pastorali, ed industriali. Il territorio comunale presenta un profilo geometrico ondulato, con variazioni altimetriche appena accennate. L’abitato è attraversato dalla SS388 del Tirso e del Mandrolisai, che collega il comune di Ollastra con l’abitato di Oristano. Origine del nomeIl nome è di origine incerta. La tradizione locale fa derivare il nome del villaggio da quello di San Simmaco, in latino Symmachus, che vi sarebbe nato e che è stato papa dal 498 al 514. E di fatto la Chiesa parrocchiale è dedicata proprio a questo Santo. Questa tradizione sembra molto verosimile, anche perchché nella vicina Tharros è stata rinvenuta una iscrizione col nome di un individuo chiamato Symmacus. La esatta origine del suo nome, pertanto, sarebbe Villa Sancti Symmachi, ossia villaggio di San Simmaco, oppure Ecclesia Sancti Symmachi, ossia Chiesa di San Simmaco. La sua economiaIl perno dell’economia locale è l’agricoltura, che realizzata con le tecnologie più moderne, rappresenta una fonte di sostentamento importante per la popolazione, e le coltivazioni più diffuse sono quelle di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutteti. Si pratica anche l’allevamento, in particolare di bovini, ovini, equini, suini e avicoli. Il settore industriale risulta ancora di dimensioni alquanto modeste, tuttavia si registrano aziende che operano nei comparti dell’edilizia, dell’attività estrattiva, del vetro, dei materiali da costruzione, dei laterizi e della produzione alimentare. Il terziario si compone di una buona rete commerciale per soddisfare le esigenze primarie della popolazione. Simaxis è conosciuta per la ricchezza di reperti archeologici rinvenuti sul suo territorio, soprattutto per quanto riguarda il periodo dei primi insediamenti umani dell’età neolitica. La vicinanza del parco del Monte Arci, unico giacimento di ossidiana dell’Isola, l’Oro nero della preistoria nel Mediterraneo, e la fertilità del territorio, irrorato da numerose fonti, ha da sempre attirato un notevole flusso turistico sul posto. L’apparato ricettivo, comprendente un agriturismo, offre possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciL’area è abitata già in epoca preistorica, come dimostrato dalla presenza sul territorio di alcune testimonianze archeologiche. Vicino al fiume sono state rinvenute tracce di due villaggi del Neolitico recente, appartenenti alla Cultura di Ozieri, da cui provengono tracce di capanne e reperti sono venuti alla luce negli scavi di Su Cungiau de Is fundamentas, mentre a Campu a Cresia, sono stati rinvenuti tripodi di pietra, Dee madri e tantissima ceramica. reperti riproducenti la dea Madre. L’area fu fittamente popolata anche in età nuragica come testimoniato dalla presenza di un Nuraghe. Nella successiva Età del Ferro, l’insediamento si mantenne vivo in funzione della sua vicinanza al Tirso, via fluviale da cui transitavano le risorse agricole e zootecniche prodotte nel Campidano di Simaxis, nel Barigadu e nel Guilcer dirette verso la città fenicia di Othoca, fondata intorno alla metà dell’ottavo secolo avanti Cristo. Il ritrovamento di ceramica fenicia fa supporre che una comunità indigena avesse rapporti con i Fenici di Othoca. Nella successiva età punica l’insediamento faceva parte del territorio della città lagunare, come testimonia il ritrovamento di reperti risalenti a quest’epoca. In epoca romana il centro assume una sua ben distinta fisionomia lungo la via che congiungeva Othoca alle Aquae Hypsitane, l’attuale Fordongianus. Dell’antico insediamento romano sono stati individuati in alcuni lacerti di muratura in opus incertum insieme a materiale archeologico risalenti ad un periodo che va dal periodo tardo repubblicano al primo impero, fino al tardo impero. Nel medioevo appartiene al Giudicato di Arborea e fa parte della curatoria di Simaxis, di cui è il capoluogo. Nel 1410, alla caduta del Giudicato, entra a far parte del Marchesato di Oristano. alla sconfitta del Marchesato durante la conquista aragonese della Sardegna, passa sotto il dominio aragonese e diviene possesso della famiglia dei Carroz. Il villaggio originario viene distrutto dall’invasione francese del 1637 e ripopolato a metà dell’ottocento, quando le bonifiche risanano i terreni divenuti paludosi e l’attività agricola riprende a pieno regime. Intorno al 1767 viene incorporato nel Marchesato d’Arcais, feudo della famiglia dei Flores Nurra, ai quali viene riscattato nel 1839 con la soppressione del regime feudale. Al comune appartiene anche la frazione San Vero Congius, villaggio attestato sin dal 1140 come Sant’Eru di Simagis, che fino all’inizio del Novecento era un comune autonomo. Il comune di San Vero Congius nel 1928 viene aggregato al comune di Simaxis del quale costituisce una frazione. Del comune di Simaxis nel 1974, dopo la creazione della Provincia di Oristano, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella di Oristano Un personaggio forse nato a SimaxisLa tradizione popolare, ormai centenaria, vuole che a Simaxis sia nato San Simmaco. Sintratta di una radizione popolare basata sul toponimo, cioè sull’uguaglianza dei nomi Simmaco e Simaxis, non esiste però alcunedocumento che comprovi tale notizia. Nel periodo dell’occupazione vandalica, due Sardi diventano pontefici, il primo è Ilario che ha pontificato dal 461 al 468, ed il secondo è Simmaco che ha pontificati dal 498 al 514. L’unico documento storicamente attendibile che parli di San Simmaco il Liber Pontificalis, il quale ci fa conoscere le date del pontificato, ma non la sua origine. Comunque, in un’epistola, lo stesso Simmaco ribadisce la propria origine sarda, senza peraltro fornire indicazioni più precise. Simmaco è stato dunque, dopo Sant’Ilario, il secondo papa sardo. Simmaco è noto in particolare per lo scisma causato dalla sua lotta contro l’antipapa Lorenzo, e lui stesso nei suoi scritti asserisce di essere sardo di origine. È pervenuta a noi, tra le altre, una epistola di incoraggiamento, dedicata da Papa Simmaco, memore della sua terra di origine, al clero africano esiliato in Sardegna dal re vandalo Trasamondo, perchché non voleva riconoscere la religione ariana. muore nel 514 e viene sepolto nel portico di San Pietro, ma la sua tomba è andata perduta. |
Le principali feste e sagre che si svolgono a SimaxisA Simaxis è attivo il Gruppo Folk San Simmaco, nelle cui esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale del posto. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Simaxis vanno citate, a gennaio la Festa di San Simaco, con il falò e la favata; i festeggiamenti per il Carnevale di Simaxis; a maggio, la Festa di Sant’Isidoro; il 19 luglio, la Festa patronale in onore di San Simaco papa, con celebrazioni religiose e manifestazioni civili, per la quale un comitato di cinquantenni si impegna ad organizzare la Festa patronale che ha la durata di qualche giorno; a fine luglio, la Sagra della Melanzana; a settembre, la Festa di Santa Vitalia; a novembre, si svolge la Giornata del Riso per la quale, nello spazio allestito per la sagra, sono presenti numerosi stand ed è possibile degustare numerosi piatti tipici a base di riso locale e farine da esso derivate. Il Carnevale di SimaxisSimaxis è noto soprattutto per il Carnevale, che organizzato in chiave rchétro. La Festa in questione si festeggia solitamente il sabato della settimana del martedì grasso, ed è nota sotto il nome di Sa Coja de Tziu Damus, ossia il matrimonio di Signor Damus. La Festa prevede il matrimonio di una coppia di sposi, lei alta e robusta, lui basso e molto magro. Il matrimonio è celebrato da un attore che impersona il Sindaco, e tutta la popolazione partecipa indossando, così come gli sposi, abiti della tradizione agro-pastorale. Il corteo nuziale sfila poi per tutto il paese. La Festa si conclude con la cena di nozze, la cui peculiarità è che tutti gli invitati devono portarsi da casa propria le sedie e il cibo. Visita del centro di SimaxisL’abitato, che ha conservato la sua impronta rurale senza lasciarsi condizionare dal cambiamento dei tempi, come dimostra l’assenza di evidenti segni di espansione edilizia, ha l’andamento altimetrico tipico delle località di pianura. Raggiungiamo Simaxis provenendo da nord est con la SS388 del Tirso e del Mandrolisai e, poco dopo aver superato il chilometro 10.4, troviamo il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato, passato il quale la strada statale assume il nome di via San Simmaco. Il Monumento ai Caduti ed il Muncicpio di SimaxisPassato il cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato, seguendo la via San Simmaco, dopo duecentocinquanta metri raggiungiamo una rotonda, la superimo e, percorsi ancora seicento metri, vediamo alla destra della strada la nuova piazzetta Brigata Sassari, all’interno della quale si trova il Monumento ai Caduti di Siamzxis. Si tratta di un monumento a fontana di ambito sardo, nel quale non è presente un soggetto, realizzato in pietra ed acciaio, dell’inizio del ventunesimo secolo. Subito più avanti dopo la piazzetta, si vede alla destra della via San Simmaco l’edificio che ospita il Municipio di Simaxis, nel quale è presente al sua sede e si trovano gli uffici in grado di fronire i loro servizi agli abitanti del paese. Il Monte GranaticoPassato il Municipio, prendiamo subito a destra la via Giuseppe Garbaldi, la seguiamo per un’ottantina di metri, poi la strada svolta a destra ed assume il nome di via Brancaleone Doria, la quale poco più avanti costeggia sulla sinistra l’edifcio che ospita il Monte Granatico, un significtivo simbolo dell’attività agricola del paese, chiamato Sa Domu de su Monti, e risalente ai primi dell’ottocento, che è stato recentemente completamente ristrutturato. Si tratta del Monte frumentario, ed era il luogo dove i contadini accumulavano una parte del grano raccolto per poterlo distribuire gratuitamente ai poveri o venderlo alle persone che volevano iniziare una nuova coltivazione. Una campanella posta in un archetto fatto di mattoni rossi, sovrastante l’edificio, che veniva suonata per avvisare la popolazione, sia al tempo della raccolta, sia al tempo della distribuzione. La parte inferiore dell’edificio, che è costituito da un unico corpo longitudinale, suddiviso in tre campate da arcate a sesto acuto, in mattoni rossi. La Chiesa parrocchiale di San Simmaco papaPassato il Municipio, proseguiamo lungo la via San Simmaco e, dopo appena un cinquanina di metri, si vede alla sinistra della strada la facciata della Chiesa di San Simmaco papa, che è la parrocchiale di Simaxis consacrata nel 1833, come risulta dal libro della parrocchia. Secondo la tradizione popolare, non comprovata da documenti attendibili, la Chiesa sarebbe stata edificata dove vi era la casa paterna del Santo, ossia di San Simmaco, che per via della somiglianza del nome si ritiene fosse nato proprio a Simaxis. Si tratta di un edificio con una sola navata e con tre cappelle laterali per parte, realizzato in arenaria e mattoni rossi. La facciata fatta ad imitazione dello stile neoclassico si chiude con un timpano, con al centro un lunotto chiuso da una vetrata a spicchi colorati. Tutta la costruzione è realizzata in arenaria e mattoni rossi, mentre le fondamenta sono in pietra. L’interno è costituito da un’unica ampia navata con sei cappelle laterali, tre per parte, nelle quali sono presenti nicchie per contenere le statue dei Santi in gesso. Unico simulacro in legno, di cui non si conosce la data di fattura, è quello dedicato al patrono San Simmaco papa. La navata è voltata a botte, mentre il presbiterio ha una volta a semi cupola con un oculo circolare in sommità che proietta luce naturale sulla mensa dell’altare. Nella Chiesa sono presenti altre finestre sul perimetro e nelle cappelle, tutte fisse. Le pareti sono intonacate e pitturate in tinte chiare, l’unico tentativo di decorazione è rappresentato da cornici dipinte in colore rosso mattone. San Simmaco si celebra in due periodi dell’anno, ossia a fine gennaio ed a metà luglio, rispettivamente data della nascita e della morte del Santo, con cerimonie religiose e manifestazioni civili che coinvolgono tutta la popolazione del paese. La Festa invernale ricade l’ultima domenica di gennaio, mentre la Festa estiva ricade il 19 luglio, data della morte del Santo. La tradizione popolare, ormai centenaria, vuole che San Simmaco sia nato a Simaxis. Tradizione popolare basata sul toponimo, cioè sull’uguaglianza dei nomi Simmaco e Simaxis. Non esiste nessun documento che comprovi tale notizia. Di questo papa Santo risultano solo le date di elezione al pontificato e la morte, oltre al nome del padre, Fortunato. Le altre notizie riguardano il suo pontificato piuttosto travagliato. Il Cimitero Comunale di SimaxisPassata la Chiesa parrocchiale, proseguiamo lungo la via San Simmaco per un centinaio di metri, poi svoltiamo a sinsitra nella via Goffredo Mameli, che si dirige verso la parte meridionale dell’abitato. Seguiamo la via Goffredo Mameli per circa trecentocinquanta metri, ed arriviamo a una rotonda, dove prendiamo la seconda uscita, che è la via Fratelli Cervi, la quale inizia a costeggiare sul lato sinistra il muro di cinta del Cimitero Comunale di Siamaxis. Percorsi centocinuquanta metri, raggiungiamo un’ampia piazza sulla quale, a sinistra, si affaccia l’ingresso del Cmitero. Gli impianti sportivi di via GialetoDalla via San Simmaco avevamo svoltato a sinsitra nella via Goffredo Mameli, che si dirige verso la parte meridionale dell’abitato, la seguiamo per circa trecentocinquanta metri, ed arriviamo a una rotonda, dove prendiamo la terza uscita, che è la via Gialeto. Seguita la via Gialeto, dopo trecento metri incrociamo la via Pietro Nenni e, passato l’incrocio, alla destra della via Gialeto si trovano gli ingressi degli impianti sportivi di via Gialeto. All’interno di questo complesso sportivo, si trovano un Campo Sportivo polivalente, con fondo in erba sintetica, non dotato di tribune, nel quale praticare come discipline il Calcio, il Calcetto ossia calcio a cinque, ed il Tennis. Sono inoltre presenti accanto al Campo Sportivo polivalente diversi Campi da bocce outdoor; ed anche in una struttura a ciò predisposta i Campi da bocce indoor. I Campo da bocce sono dotati di fondo in materiali cementizi o asfaltoidi, e non sono dotati di tribune per gli spettatori Il Campo Sportivo ComunalePassato l’incrocio con la via Pietro Nenni, proseguiamo lungo la via Gialeto per duecentocinquanta metri, ed incrociamo la via Roma. All’incrocio prendiamo la via Roma verso destra e la seguiamo per circa centocinquanta metri, ficnché la strada va ad immettersi sulla via Alghero. Presa la via Alghero verso sinistra, la seguiamo ed alla sinistra della strada si trova il muro di cinta con i cancelli di ingresso del Campo Sportivo Comunale di Simaxis. All’interno di questo impianto sportivo si trova un Campo da Calcio, con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare oltre un migliaio di spettatori. Intorno al Campo da Calcio è presente una Pista di atletica leggera, con fondo in materialie cementizi o asfaldoidi, nella quale è possibile praticare come discipline diverse competizioni di atletica leggera, e soprattutto corse su pista. La Palestra ComunaleProseguiamo lungo la via Alghero e, dopo duecento metri, si vede alla destra della strada l’edificio che ospita la Palestra Comunale di Simaxis, con fondo in materiali sintetici vari, non dotata di tribune per gli spettatori, nella quale praticare come discipline diverse attività ginnico motorie, la pallacanestro e la pallavolo. Visita dei dintorni di SimaxisPer quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate, nei dintorni di Simaxis si trovano i resti del Nuraghe semplice Currelli, edificato all’altezza di 27 metri sul livello del mare, in materiale indeterminato. Dopo aver descritto la frazione San Vero Congius, vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. I resti della Stazione ferroviaria dismessa di SimaxisLungo la SP15, subito prima dell’incrocio con la SS388 del Tirso e del Mandrolisai, alla destra della strada si trova la Ex Stazione ferroviaria di Simaxis, una fermata ferroviaria in disuso posta lungo la linea che da Cagliari procede verso nord con il nome di Dorsale Sarda, dopo la stazione di Oristano e prima di quella di Solarussa, al servizio del comune di Simaxis. La fermata nasce nella seconda metà dell’ottocento, realizzata dalla Compagnia reale delle Ferrovie Sarde, che la inaugura il nel 1880 insieme al tronco ferroviario tra le stazioni di Oristano e Giave, e che inizia la regolare attività dal giorno successivo. Nel 1920 alle Ferrovie reali subentrano le Ferrovie dello Stato. La fermata continua ad essere utilizzata anche nei decenni successivi al secondo conflitto mondiale, sino alla fine degli anni Settanta del Novecento, quando in essa cessa il servizio passeggeri, e l’edificio viene destinato ad uso abitativo. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio da Simaxis effettueremo una deviazione a Siapiccia che visiteremo con il suo centro con la Chiesa campestre della Madonna del Rimedio ed i dintorni nei quali si trovano numerose sorgenti di origine termale. |