Le frazioni e la costiera di Cabras nella parte meridionale della penisola del Sinis
In questa tappa del nostro viaggio, visiteremo la costiera di Cabras che si sviluppa nella parte meridionale della penisola del Sinis, con le frazioni costiere del comune di Cabras. La parte meridionale della costa, verso San Giovanni, è rocciosa, per poi diventare risalendo dapprima sabbiosa, con la splendida spiaggia di quarzo di Is Arutas. Quindi verso nord la costa viene caratterizzata da alte falesie che si prolungano fino alla sommità di Capo Mannu. La regione storica del Campidano di OristanoIl Campidano è la grande pianura della Sardegna sud occidentale compresa tra il golfo di Cagliari e quello di Oristano, ha una lunghezza di circa cento chilometri e presenta la massima altitudine di settanta metri sul mare. Deve le sue origini al colmarsi di una depressione geologica terziaria da parte di sedimenti marini, fluviali e vulcanici. Sono frequenti gli stagni costieri con acque salmastre, nell’angolo nord ovest della regione sfocia il fiume Tirso, che contribuisce all’irrigazione del Campidano, la rete idrografica è inoltre formata da piccoli Torrenti. La principale risorsa è l’agricoltura e si coltivano specialmente grano, viti, olivi, frutta e agrumi. In particolare, il Campidano di Oristano è una regione della Sardegna occidentale il cui territorio apparteneva anticamente al Giudicato d’Arborea. Si sviluppa interamente nella Provincia di Oristano, e comprende i comuni di Arborea, Baratili San Pietro, Bauladu, Cabras, Marrubiu, Milis, Narbolia, Nurachi, Ollastra, Oristano, Palmas Arborea, Riola Sardo, San Nicolò d’Arcidano, San Vero Milis, Santa Giusta, Siamaggiore, Siamanna, Siapiccia, Simaxis, Solarussa, Terralba, Tramatza, Uras, Villaurbana, Zeddiani e Zerfaliu. È un territorio caratterizzato dalla presenza di zone umide di altissimo interesse naturalistico, con specie faunistiche rare. La frazione San Salvatore con il suo ipogeo e con la corsa degli scalziDal centro del comune di Cabras prendiamo la SP6 seguendo le indicazioni per Tharros. A una rotonda lasciamo sulla sinistra la deviazione sulla SP1 per Marina di Torre Grande, e proseguiamo sulla SP6, che, dopo circa sei chilometri, ci porta a un grande incrocio. Qui troviamo la deviazione sulla destra al bivio di San Salvatore, dove prendiamo la SP7, la strada provinciale che si sviluppa nell’entroterra, e che permette di attraversare tutta la penisola del Sinis, da sud a nord. Dopo circa cinquecento metri arriviamo nella frazione San Salvatore (altezza metri 6, distanza 9,08 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 2), una piccola e bella frazione Cabras. Visita del centro dell’abitatoLa frazione è costituita dal villaggio di San Salvatore del Sinis una borgata di origine medievale che, per gli abitanti di Cabras, è ben oltre che un semplice insieme di case, dato che tutto quì trasuda misticismo per chi aspetta la Festa del Santo più venerato per gli abitanti, che poi è il Cristo Gesù nella figura del Santo Salvatore. Il comune deve il suo nome all’omonima Chiesa situata nel suo centro, nel cui sotterraneo si trova un antico Santuario pagano di origine nuragica, nel quale si svolgeva il culto delle acque, e che è stato ricostruito poi, dai Romani, nel sesto secolo. Il villaggio religioso di San Salvatore è stato utilizzato come Set per la ripresa di tanti film western nella metà anni ’60, trasformandolo nella ricostruzione artificiale di un villaggio del Far West. Tra i film ricordiamo Giarrettiera Colt del 1968, con la regia di Andrea Rocco, detto Gian Rocco, che merita di essere menzionato, non tanto per la qualità, quanto per i rimandi ad esso legati. Protagonista era Nicoletta Macchiavelli, e tra gli interpreti va citato Il Rosso, ovvero, Claudio Camaso, nome d’arte di Claudio Volonte, fratello di uno dei più grandi attori italiani di sempre, ossia di Gian Maria Volonte. In seguito, nel 1990, l’abitato di San Salvatore è stato restaurato, ed oggi il villaggio si ripresenta nel suo stato originario. |
Il Santuario di San Salvatore e la suggestiva corsa degli scalziProprio al centro del villaggio, nella piazza di San Salvatore, si trova il piccolo Santuario dedicato a Cristo Salvatore che è stato edificato verso la fine del diciassettesimo secolo. Il Santuario è caratterizzato da un impianto molto semplice con pianta di forma rettangolare e, in principio, ad una navata poi trasformata in due navate suddivise da pilastri. Sulla destra si colloca la sagrestia con volta a botte. Si trovano invece tre nicchie nel presbiterio. Nel corso dell’ottocento si segnalano modifiche di ampliamento sulla navata di destra. All’interno del Santuario si venera il simulacro di Gesù Salvatore risalente al settecento, che rappresenta il Cristo con la barba, un globo nella mano sinistra e sulla destra un mazzetto di fiori. La statua viene collocata dentro una portantina come oggetto di culto nella processione che si tiene si sabato mattina e la domenica sera nella prima settimana del mese di settembre. Intorno al Santuario sono presenti le piccole abitazioni rurali dette Cumbessias, che venivano utilizzate dai proprietari per ospitare i pellegrini accorsi per le celebrazioni, ed in particolar modo durante le novene. La Chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli al settecentesco simulacro di Gesù Salvatore in essa conservato. La Festa di San Salvatore si celebra dal sabato alla prima domenica del mese di settembre, per la quale i festeggiamenti iniziano il sabato mattina con la famosa corsa degli Scalzi. Il Santuario è stato dedicato a Cristo Salvatore, in ricordo della tradizione che ricorda la fuga del simulacro del Santo, portato a braccia in salvo dagli abitanti di Cabras in una località che sarebbe stata poi chiamata appunto San Salvatore, per sottrarlo al saccheggio degli invasori saraceni che giungevano dal mare. A sciogliere il voto per la salvezza del Santo ed in rievocazione di questo episodio, in concomitanza con i festeggiamenti di San Salvatore, si svolge, da Cabras alla piccola Chiesa presente nella borgata di San Salvatore, La corsa degli scalzi. All’alba del primo sabato di settembre, dai quattrocento ai cinquecento giovani detti Curridoris, vestiti con un saio bianco ed a piedi nudi, da qui il nome di corsa degli scalzi, portano di corsa il simulacro del Santo, da Cabras al Santuario del villaggio di San Salvatore, per una distanza complessiva di circa nove chilometri. Una volta arrivata nel paesino, la statua rimane nella Chiesa fino alla domenica sera, quando i fedeli la riportano, sempre di corsa, nella Chiesa di Santa Maria a Cabras, dove verrà riposta nella propria cappella. L’ipogeo di San SalvatoreLa piccola Chiesa è stata edificata sopra l’Ipogeo di San Salvatore, un luogo di culto preistorico costruito sotto terra attorno a un pozzo di acque medicamentose, dove si svolgevano le cerimonie legate al culto delle acque in età nuragica. All’ipogeo si accede mediante una stretta scalinata, presente all’interno della Chiesa, per giungere in un andito con ai lati due camere rettangolari coperte con volte a botte. Procedendo lungo il corridoio, si entra in una rotonda coperta a cupola, con un pozzo di aerazione centrale. Al centro del pavimento si trova un pozzo circolare con un betilo nuragico, le cui acque erano ritenute medicamentose, che costituiscono il punto di partenza del culto. Dalla rotonda si accede ad altri tre vani, uno semicircolare, nel punto dove c'è un altare, e due laterali rettangolari. Sicuramente di origine pagana, l’ipogeo è stato usato forse come catacombe, come carceri e come rifugio nei primi tempi del Cristianesimo. È forse nel quarto secolo che viene adibito a culto cristiano ed è probabile che il pozzo del nucleo centrale venisse usato come battistero. Lo stato attuale dell’ipogeo risale al periodo della dominazione romana, nel quarto secolo dopo Cristo, e vi si notano affreschi neri sul calcare bianco, a rappresentare scene di un ippodromo, disegni di scarsissima qualità di animali e altri invece di pregevole fattura, lettere dell’alfabeto greco, forse testimonianze di esercitazioni di scrittura, ed altre rappresentazioni di divinità legate al culto delle acque, ossia ad Afrodite, Eros, le Ninfe ed Ercole che strozza il Leone Nemeo. inoltresu una parete è presente una iscrizione in arabo, un’invocazione ad allah, probabile resto di qualche assalto riuscito da parte di predoni Saraceni in epoca medievale. La frazione San Giovanni del Sinis con gli scavi archeologici di TharrosDopo la deviazione per San Salvatore, proseguiamo sulla SP6 che ci porta in meno di cinque chilometri alla frazione San Giovanni del Sinis (altezza metri 7, distanza 11.94 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 10). Raggiunto l’abitato della frazione, arriviamo nella piccola piazza ove e presente un centro di informazioni turistiche, e il parcheggio nello sterrato. Ci possiamo recare a visitare, sul lato destro della costa, il paese chiamato San Giovanni del Sinis, e sul lato sinistro, che si affaccia sul golfo di Oristano, verso la punta del promontorio quasi in prossimità di capo San Marco, gli scavi archeologici della città di Tharros. Il Santuario di San Giovanni BattistaIl nome del paese deriva da quello del bellissimo Santuario di San Giovanni Battista che si trova in territorio di Cabras ma la cui giurisizione ecclesiastica è da sempre appartenuta alla parrocchia di Nurachi. Questa Chiesa che costituisce, insieme alla Chiesa di San Saturno a Cagliari, il principale esempio di architettura paleocristiana dell’Isola, risale al periodo dell’occupazione bizantina. Eretta con un aspetto massiccio e rustico intorno al 470, caratterizzata da una pianta a croce greca e forse con funzione battisteriale, nell’undicesimo secolo subisce una profonda ristrutturazione, probabilmente ad opera dei monaci Benedettini di San Vittore di Marsiglia, che aggiungono, al transetto centrale su cui insiste la cupola, il corpo centrale a tre navate. Questo corpo centrale termina con la facciata, in un evidente stile bizantino, sulla quale si apre la porta d’ingresso, formata, sia negli stipiti che nell’architrave, da grossi conci in arenaria. Una piccola finestra ottagonale si apre nel muro mediano, in corrispondenza della navata centrale, e due bifore spartite da colonnine, si aprono nelle testate del transetto e dell’abside. La Chiesa doveva essere sicuramente esposta alle scorrerie saracene, oltre che alle intemperie, tanto che un’ordinanza di papa Vittore III, datata 29 agosto 1087, raccomandava ai vescovi la restaurazione delle Chiese isolane rovinate. Nel 1826 incomincia a cadere in rovina, e per un decennio viene addirittura utilizzata come ricovero per bestiame, finché, nel 1838, un privato cittadino ne restaura la volta. Nel 1965 la Sovrintendenza provvede a risanare l’interno ma, per proteggere le parti esterne, le ricopre con lastroni e colate di cemento. In seguito, nel 1995 si rimuovono i lastroni e le colate di cemento, riparando a questo danno. Nel semplice e suggestivo interno della Chiesa, è conservata una acquasantiera in stile barocco del sedicesimo secolo, che proviene dalla Chiesa parrocchiale di Nurachi. All’interno si venera un simulacro in legno colorato di San Giovanni Battista, che si può ascrivere al diciassettesimo i diciottesimo secolo, ed è posta sulla navata di destra. Nel 1995, in seguito agli interventi di restauro sulla Chiesa, anche il simulacro è stato interessato da un restauro. La Chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla statua in legno colorato di San Giovanni Battista in essa coservata. La Festa di San Giovanni Battista viene celebrata, insieme a quella di Sant’Agostino Vescovo di Ippona, il cui simulacro si trova nella parrocchia di Nurachi. Qualche secolo fa la prerogativa di organizzare i festeggiamenti dei due Santi spettava a Nurachi, finche, nel diciottesimo secolo, coloro che riportavano le statue dei Santi a Nurachi, per un violento temporale furono costretti a riparare nella parrocchiale di Cabras. Al cessare della tempesta, gli abitanti di Cabras pretendono che le due statue restino nella loro Chiesa, e, nella furibonda zuffa che ne deriva, qualcuno riesce a trafugare il simulacro di San Giovanni, che rimane a Cabras. Il 27 agosto, alle quattro del mattino, dopo una notte di veglia, gli abitanti di Nurachi partono per la Chiesa di San Giovanni Battista, scalzi e con indosso le tuniche bianche o rosse, portando il simulacro di Sant’Agostino, che all’arrivo, viene accolto da quello di San Giovanni. Il 28 e 29 agosto, i due Santi sono portati in processione per le vie della borgata marina. Nel tardo pomeriggio del 29, il simulacro di Sant’Agostino fa rientro a Nurachi, con la stessa processione dell’andata. Il mare morto con la spiaggia di Su Siccu conosciuta anche con il nome di spiaggia del Mare MortoCome dicevamo, il lato sinistro della strada si affaccia sulla vasta insenatura del golfo di Oristano. Si tratta di una insenatura protetta, ottima per il riparo delle barche al punto di prendere il nome di Mare morto perché calmo, con un moto ondoso quasi assente anche quando il mare aperto si presenta agitato, e questa posizione fa comprendere l’importanza che ha avuto fino dal tempo dei Fenici come base per il commercio ed ha portato all’edificazione della città e del porto di Tharros. Arrivati a San Giovanni del Sinis, nella piccola piazza ove e presente un piccolo centro di informazioni turistiche, parcheggiamo e svoltiamo a sinistra prendendo lo sterrato, che ci fa arrivare sino alla spiaggia di su Siccu, conosciuta anche come spiaggia del Mare Morto. La spiaggia di su Siccu conosciuta anche con il nome di spiaggia del mare morto prende il nome dalla tranquillità del suo mare. L’arenile e lungo circa tre kilometri ma e molto sottile, e si presenta con un fondo di sabbia bianca a grani medi molto compatta, affacciato su un mare trasparente e pulito, con un colore tra il verde chiaro e l’azzurro, e con un fondale sabbioso e poco profondo. Ssendo un approdo facile e sicuro, non e raro incontrare piccole imbarcazione ormeggiate. Poco frequentata nei mesi estivi, non sono presenti servizi su questa spiaggia. |
A nord della spiaggia si sviluppa l’ampio stagno laguna di Mistras, che descriveremo nella prossima tappa del nostro viaggio, quando visiteremo la città di Oristano con i suoi dintorni. Interessante sotto l’aspetto faunistico e paesistico, intorno ad esso si trovano una dozzina di bellissimi Nuraghi. Le ultime capanne dei pescatori del SinisRimangono lungo questa strada, sul suo lato sinistro, le ultime caratteristiche Capanne dei pescatori del Sinis con telaio in legno ed il tetto realizzato con un’erba palustre, il Falasco, meglio noto col nome sardo di Sessini o Cruccuri. Con lo stelo dell’infiorescenza Su Sessini si costruivano Is Fassonis, le tradizionali barche dei pescatori del Sinis, mentre con la pianta venivano realizzati i tetti delle capanne dei pescatori. Ho incontrato un gruppo di bambini che vendevano conchiglie e stelle marine, e mi hanno accompagnato a visitare la capanna abitata da Luigi Garau, personaggio unico e fonte inesauribile di conoscenza del territorio, che serve tuttora alla famiglia come punto di appoggio per la pesca praticata da tre dei cinque figli del signor Garau. Ho fotografato una capanna nel 2001, poi un visitatore mi ha scritto che le ultime capanne dei pescatori sarebbero state abbattute, ma a quanto mi risulta ci sono ancora, anche se nell’ottobre del 2002 sono state incendiate le due in prossimità del Mare Morto. La notizia dell’abbattimento è da correlare forse a una ordinanza che imponeva la distruzione della capanna fotografata, ma il caso si è risolto positivamente dopo molte pressioni dell’opinione pubblica e diverse cause civili. Comunque anche nel Sinis molte cose stanno cambiando, ci sono progetti di edificazione sulle colline sovrastanti Is Arutas, speriamo che la speculazione edilizia non porti alla cementificazione di questo incredibile paesaggio, come è minacciato nella parte settentrionale del Sinis, per la sconfinata spiaggia e per la pineta di Is Arenas. La spiaggia di San GiovanniSuperata la Chiesa, oltre le villette sulla della piccola frazione San Giovanni, che si trovano alla destra della strada, si sviluppa la spiaggia di San Giovanni. La spiaggia di San Giovanni è lunga quattro chilometri, ed arriva fino quasi a capo San Marco, al termine del promontorio dominato dalla torre spagnola. L’arenile è costituito da sabbia bianca chiara, piuttosto fine, soffice al tatto e calda, che si affaccia su un bellissimo mare lucente, con sfumature tra l’azzurro, il turchese ed il verde smeraldo chiaro. Ha un fondale mediamente basso e sabbioso, con la presenza di alcuni massi e scogli in alcuni punti del mare e dell’arenile. Parzialmente affollata in alta stagione, grazie alla vastità dell’arenile, e anche meta dei surfisti che sfuttano il maestrale che soffia nella zona. Non sono presenti servizi sulla spiaggia, ma nell’abitati di San Giovanni, che si trova dietro la spiaggia, sono disponibili bar, alberghi, ristoranti, negozi e servizi vari. |
La Torre di San Giovanni del SinisA sud della spiaggia, di lato all’insediamento di Tharros, e presente la Torre di San Giovanni, così denominata per essere vicina alla Chiesa di San Giovanni di Sinis, che è la seconda torre costiera più grande della Sardegna, dopo la torre Grande di Oristano. La torre stata edificata a cinquanta metri sul mare in periodo spagnolo, probabilmente nel 1591, come difesa dalle incursioni dei pirati saraceni. Di notevoli dimensioni e con ampio dominio visivo sul Golfo di Oristano e verso il mare aperto, era armata con cannoni e spingarde e presidiata da una guarnigione composta da un alcaide, un artigliere e quattro soldati. l’ingresso si apre ad una quota di circa otto metri da terra, raggiungibile oggi tramite un vano scala esterno realizzato nell’ottocento. Un’ampia sala circolare voltata a cupola, illuminata dall’alto tramite un lucernario, presenta sul pavimento una botola che permetteva l’accesso alla cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, mentre intorno si collocano il caminetto e il locale della Santabarbara. Sulla terrazza, accessibile tramite una scala interna, nella seconda metà del diciannovesimo secolo, quando la torre è stata presidiata per reprimere il contrabbando, vengono costruiti due alloggi. L’edificio è stato restaurato tra il 1987 ed 1990. I resti della città fenicia, punica e successivamente romana di TharrosProseguendo fino verso l’estremo del promontorio che si spinge fino al mare, a piedi raggiungiamo gli scavi dei resti della città di Tharros. Nel 2016 l’area archeologica di Tharros ha fatto registrare la presenza di 105.738 visitatori. Fondata dai Fenici nell’ottavo secolo avanti Cristo nei pressi del preesistente villaggio nuragico di Su Muru Mannu, che viene abbandonato pacificamente dai suoi abitanti i quali, stando ai dati archeologici, collaborano con i Fenici alla costruzione del nuovo centro urbano. Tharros diviene quindi, nel quinto secolo avanti Cristo, un centro cartaginese, la città viene fortificata e ampliata, e vive un periodo di crescita economica con l’intensificarsi dei rapporti commerciali con l’Africa e con la penisola iberica. Conquistata dai Romani nel 238 avanti Cristo, dopo pochi decenni diviene uno dei principali centri della rivolta antiromana capeggiata da Ampsicora. In età imperiale si realizza un significativo rinnovamento urbanistico, con la costruzione delle terme, dell’acquedotto e la sistemazione della rete viaria con lastricato in basalto, e la città ottiene lo status di Municipium di cittadini romani. Dopo la caduta dell’impero romano d’occidente, Tharros viene governata prima dai Vandali e poi dai Bizantini. Nel primo periodo medioevale, è la prima capitale del Giudicato di Arborea. Appena salito sul trono, nel 1070 Orzocco I d’Arborea sposta la capitale del Giudicato, da Tharros, ad Oristano, trasferendo il vescovo, il clero e gran parte della popolazione. Questo trasferimento viene determinato, con ogni probabilità, dal ripetersi delle frequenti incursioni piratesche saracene, che in quegli anni imperversano sul litorale occidentale sardo, e alle quali la città di Tharros è soggetta, tanto che, dopo vari secoli di declino, risultava completamente Ruinata a causa di esse. Celebre è, a questo proposito, il detto Portant de Tharros sas pedras a carros, letteralmente Portano da Tharros le pietre coi carri, a dimostrazione del fatto che Oristano viene fondata con i resti materiali dell’antica città fenicia. Ciò che è possibile vedere oggi nell’area estratta dagli scavi, risale soprattutto al periodo della dominazione romana ed in quello della prima Cristianità. Tra le strutture più interessanti vi sono il Tophet, le terme, le fondamenta del tempio e una parte della città romana, con le case e con le botteghe artigiane. Attualmente, gli scavi vanno avanti, e continuano a portare alla luce maggiori notizie sul passato di questa città. Molti dei reperti rinvenuti durante gli scavi della città di Tharros sono conservati nell’Antiquarium Arborense, il Museo Archeologico di Oristano. Tra quelli che ho visitato è il più affascinante sito archeologico della Sardegna: molto ben conservata soprattutto la parte relativa alla città romana, gran parte della quale è ancora sepolta dalla sabbia e dal mare, bellissimo il panorama del mare di fronte ai resti della città. Qui, tra le rovine romane che la sera vengono illuminate offrendo uno spettacolo suggestivo, ho assistito qualche anno fa a un affascinante concerto dei Tazenda, che allora erano ancora uniti come gruppo musicale, con la favolosa voce di Andrea Parodi ed i canti dei Tenores, sotto il cielo stellato mentre dietro il palco al di là della laguna brillavano le luci della città di Oristano. I ruderi della Chiesa paleocristiana di San Marco EvangelistaAll’interno dell’area archeologica di Tharros, immediatamente a nord delle Terme, si trovano i resti di un’area paleocristiana, che utilizzava il Calidarium della zona termale, e, successivamente, sono state realizzate altre strutture. A nord, sono presenti i resti di un battistero rettangolare, del quale restano i muri perimetrali settentrionale ed occidentale, mentre risultano scarsamente conservati gli altri muri. La piscina battesimale ha una forma esagonale, con fondo in arenaria e lati delimitati da lastre di basalto e di arenaria, e presenta tre gradini per agevolare la discesa. Sul bordo della vasca sono presenti due capitelli dorici riutilizzati come basi di colonne che dovevano sorreggere, insieme ad altre, un baldacchino, e, tra le basi, è collocato un sedile in arenaria. Sul poggio che domina a settentrione il battistero, si trovano i resti di una Chiesa, con aula rettangolare, edificata in blocchi squadrati di arenaria. È assai probabile l’identificazione della piccola Basilica con la Ecclesia di S. Marci, ossia con la Chiesa di San Marco della quale si parla nelle carte medioevali, e gli ambienti contigui potrebbero essere relativi ad un complesso monastico. Il capo San Marco che costituisce il punto più a sud della penisola del Sinis con la torre Vecchia di capo San MarcoLa punta estrema del promontorio è Capo San Marco che rappresenta l’estremo sud della penisola del Sinis. Il mare attorno al Capo San Marco offre interessanti spunti, sia per gli amanti dello Snorkeling, ossia del nuota a pelo d’acqua muniti di boccaglio, sia per quelli delle immersioni in subacquea. Sul lato orientale del promontorio, a sud dell’insediamento di Tharros, si trova la Torre Vecchia di capo San Marco, chiamata anche Torre di San Marco. Situata sul promontorio omonimo, la torre è stata costruita dagli aragonesi, secondo Rocco Capellino, nel 1577. È solo nel 1587 che viene posta sotto l’egida della regia amministrazione delle torri. La sua funzione era quella di controllare la costa non solo per evitare gli attacchi barbareschi, ma anche l’arrivo di navi che potevano portare malattie o che contrabbandavano. realizzata in pietrame di calcare, sorge a cinque metri sul mare, ha un’altezza di circa otto metri, ed è edificata in pietrame di calcare. Viene chiamata Vecchia perché già dai primi del settecento è stata abbandonata e sostituita dalla vicina Torre di San Giovanni.. La torre si trova in un contesto ambientale invidiabile, su di un alto promontorio che si riflette nel bellissimo mare cristallino dalle acque turchesi, sovrastato dalla verde macchia mediterranea. La si può raggiungere in circa mezz’ora a piedi dai parcheggi della spiaggia di San Giovanni. Il faro di capo San MarcoSull’estremo sud del promontorio è presente il Faro di capo San Marco, costituito da una torre a pianta rettangolare sul quale poggia la torre cilindrica con la lanterna con segnalazione ad ottica rotante, che si eleva a 57 metri di altezza. Si tratta di una struttura edificata nel 1924, generalmente inaccessibile al pubblico, che domina le sottostanti rovine della città fenicia di Tharros. Nelle giornate di maestrale il mare aperto è sempre particolarmente mosso, diventando poco sicuro, contrariamente le spiagge del mar morto hanno sempre un mare calmo. Il faro è abitato, e con la sua luce segnala anche la presenza, nel mare ad ovest, dello Scoglio il Catalano, detto anche Isolotto Coscia di donna, che costituisce un pericolo per la navigazione. Sotto il faro di capo San Marco si trova l’insenatura chiamata la CalettaArrivati al faro di capo San Marco, dall’alto del promontorio La Caletta di Cabras è perfettamente visibile, guardando verso est la piccola cala, che è, infatti, situata nella parte orientale di capo San Marco. Questa spiaggia rappresenta la linea di confine immaginaria, tra il mare calmo del Golfo di Oristano, e quello più vivace del mar di Sardegna. La spiaggia de la Caletta di Cabras è una piccola spiaggia, che veniva utilizzata in passato come approdo per i pescatori di aragoste, come testimonia il pontile per l’ormegggio per le loro imbarcazioni, che ancora oggi è disponibile sul lato occidentale della spiaggia. L’arenile e formato principalmente da sabbia bianca a grani medi, affacciato su un mare di un colore verde cangiante, e con il fondale basso e sabbioso. Alle due estremità e protetta da una bassa scogliera, con qualche roccia e scoglio che invadono leggermente l’arenile. Poco affollata in alta stagione per la lunga strada che si deve percorrere per raggiungerla, non sono presenti servizi su questa spiaggia. |
La penisola del SinisVisitiamo, ora, l’area Marina Protetta dell’affascinante penisola del Sinis, con le sue coste e le sue spiagge. Nel 2017 Legambiente attore protagonista dell’ambientalismo italiano, con le rilevazioni effettuate dalla sua Goletta Verde, e con la collaborazione del Touring Club Italiano, ha assegnato il riconoscimento di 4 Vele al comprensorio del Golfo di Oristano e dell’area Marina Protetta della penisola del Sinis. I parametri considerati per l’assegnazione delle vele sono la qualità delle acque di balneazione, efficacia della raccolta differenziata dei rifiuti, la gestione delle risorse idriche, la presenza di aree pedonali, efficienza dei servizi, la valorizzazione del paesaggio e delle produzioni locali. |
La parte meridionale della penisola del Sinis con le sue spiaggeDa capo San Marco risaliremo, verso nord, tutta la costiera fino a raggiungere Capo Mannu che si posiziona al suo estremo settentrionale. Iniziamo, ora, la visita della parte meridionale della penisola del Sinis, quella che si trova in territorio di Cabras. La frazione Funtana MeigaDal borgo di San Giovanni del Sinis, ci dirigiamo verso Cabras, e, passate le ultime case dell’abitato, troviamo una deviazione a sinistra, cioè verso nord, che ci fa prendere la strada costiera, che sale per un breve tratto. Lasciamo la continuazione sterrata verso nord, e, con un ulteriore breve percorso in leggera discesa, arriviamo, a circa due chilometri e mezzo da San Giovanni del Sinis, alla frazione Funtana Meiga (altezza metri 25, distanza 10.21 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 33). Ci si può arrivare più comodamente direttamente da Cabras, prendendo la SP6 in direzione di San Giovanni del Sinis, superando il grande incrocio con la deviazione per San Salvatore del Sinis. Dopo poco circa due chilometri e settecento metri, troviamo sulla destra una strada appositamente segnalata per Funtana Meiga e l’Oasi di Seu. Giriamo su questa strada sulla destra e procediamo dritti, dopo circa cinquecento metri troviamo una deviazione sulla destra per l’Oasi di Seu, dove invece proseguiamo dritti, sino ad arrivare, dopo altri cinquecento metri, all’area di sosta dell’insediamento turistico. L’insediamento turistico di Funtana Meiga è una borgata marina, frazione del comune di Cabras, che, in estate, arriva a contare tra i 900 e i 1000 abitanti. Il nome Funtana Meiga significa letteralmente, in lingua sarda, Fonte Guaritrice, nome che deriva dalla presenza di una piccola sorgente d’acqua dolce dalle proprietà terapeutiche, sprofondata nel mare nei pressi della spiaggia, alla quale vengono attribuiti notevoli effetti benefici. L’insedaimento turistico si affaccia sulla costa con la spiaggia di Funtana Meiga. La spiaggia di Funtana Meiga è costituita da un arenile di modeste dimensioni, con un fondo misto, sabbioso in alcuni punti, con sabbia bianco grigia e fine, mentre in altre parti la sabbia lascia spazio a un terricciò rosso, caratteristica assai rara in Sardegna. L’arenile si affaccia su un mare trasparente, con bellissime sfumature tra il verde smeraldo, il turchese e l’azzurro, ed ha un fondale prevalentemente sabbioso e basso. Ciottoli, scogli ed altre rocce, sono presenti lungo tutta la spiaggia e pure in acqua. Alle spalle della spiaggia si trova una piccola scogliera di colore rosso, oltre la quale si sviluppa l’abitato di Funtana Meiga. Mediamente frequentata in alta stagione, la spiaggia è conosciuta ai surfisti di tutto il mondo, perché è il paradiso delle onde, grazie soprattutto al maestrale favorevole. Non sono presenti servizi su questa spiaggia. |
Noi però non amiamo molto questo insediamento turistico, perché ci sembra deturpi, con il suo insieme di villette, un tratto di costa che era, precedentemente, molto più selvaggio ed affascinante. Il pianoro di Su Pranu Nuragheddus con l’oasi naturalistica di SeuLa parte centrale della penisola del Sinis è quasi desertica. Nel vasto deserto del Sinis esistono alcune piccole e grandi oasi nelle quali si sviluppa la vegetazione, in particolare la macchia mediterranea.Al suo centro è posizionato, nel bel mezzo del deserto, un ampio pianoro vegetato, chiamato Su Pranu Nuragheddus che può essere paragonato, come conformazione, alla Giara di Gesturi o a quella Di Genoni. Il pianoro domina, con la sua forma ondulata e le numerose torri nuragiche, che si ergono come vedette sulle principali alture, il territorio, e raggiunge la sua massima elevazione a Punta S’Ragara, alta circa 92 metri. Pur non presentando una altezza media molto elevata, raggiunge in alcuni tratti delle pendenze particolarmente significative, tanto da giustificare l’appellativo Su Monti, e cioè Il monte, con il quale veniva indicato. Tra le oasi che si trovano nella penisola del Sinis, la principale è l’Oasi naturalistica di Seu situata su un promontorio calcareo che si affaccia sul suo mare occidentale, caratterizzato da una falesia alta oltre quindici metri. L’Oasi di Seu, è stata istituita nel 1981 come Oasi del WWF, e negli anni 90 è diventata Parco Comunale del comune di Cabras. È caratterizzata da una natura importante sia sotto l’aspetto floristico che faunistico, per la presenza di diverse specie rare di uccelli che abitualmente frequentano la zona. La Torre del Sevo o Torre di Cala Moscaalla base del promontorio sul quale si trova l’oasi naturalistica di Seu si trova la Torre del Sevo chiamata in lingua sarda Turre ’e Seu, o anche Torre di Cala Mosca, che si ergesu una piccola falesia a tredici metri di altezza. Costruita in epoca spagnola, probabilmente nel 1720, per difendere le coste dalle incursioni dei pirati saraceni. L’edificio è realizzato in blocchi in arenaria, ed è rivestita da un intonaco in malta di calce. Ha forma troncoconica, con diametro alla base di oltre sette metri e mezzo, e l’ingresso, posto a quattro metri da terra, introduce in un ambiente voltato a cupola. A destra dello stesso si trova un piccolo vano con finestra, probabilmente adibito a Santabarbara, mentre a sinistra parte una scala che conduce alla terrazza, che è dotata di un parapetto con tre aperture in cui trovavano alloggio i cannoni. La torre conserva tre delle quattro mensole; le due rivolte verso il mare dovevano sostenere una garitta di Guardia, le altre erano funzionali al sollevamento della scala in cordame. Nella zona e presente anche un pozzo sacro e si trovano diversi Nuraghi. Visita dell’oasi di Seu con le sue spiaggePer arrivare a visitare l’Oasi di Seu, si può arrivare lungo il litorale proseguendo verso nord dalla spiaggia di Funtana Meiga, il ma il percorso va compiuto quasi interamente a piedi. Conviene decisamente arrivarci provenendo da Cabras verso San Giovanni del Sinis sulla SP6, superando il grande incrocio con la deviazione per San Salvatore del Sinis. Dopo poco circa 2,7 chilometri, alla deviazione appositamente segnalata per Funtana Meiga e l’Oasi di Seu, giriamo su questa strada sulla destra e procediamo dritti. Dopo circa cinquecento metri, al bivio, invece di proseguire dritti verso Funtana Meiga, prendiamo la deviazione sulla destra. Proseguiamo su questa deviazione per una lunga strada interna, ed infine, dopo circa un chilometro e mezzo, giriamo a sinistra in prossimità di un gruppo di alberi di eucalyptus e raggiungiamo l’Oasi di Seu. Qui, entrati nell’oasi, scendiamo sulla costa, prendendo la prima stradina a sinistra, che ci porta alla piccola Cala di Seu, con la spiaggia di Seu. Si trova alla fine del litorale che, partendo da San Giovanni del Sinis, passando per Funtana Meiga, arriva fino al promontorio che lo chiude a nord, sul quale si trova la torre aragonese. La piccola spiaggia di Seu è inserita in una piccola cala, protetta alle spalle da una scogliera in terra di colore rossastro, ed inserita in uno spettacolare contesto incontaminato. Il piccolo arenile è costituito da sabbia ambrata chiara, quasi bianca, a grani medio fini, molto compatta, e sono presenti anche alcuni granuli di quarzo candidi e traslucidi, e nella parte nord termina con scogli e rocce che si protendono sino in acqua. L’arenile si affaccia su un mare con acque cristalline di un colore tra il verde smeraldo e l’azzurro chiaro, che si presenta con un fondale sabbioso abbastanza basso, che degrada lentamente. La spiaggia, ben riparata dal vento, è scarsamente frequentata nei mesi estivi a causa delle difficoltà che si incontrano per raggiungerla. Non sono presenti servizi su questa spiaggia. |
Entrati nell’oasi, scendiamo sulla costa, e, prendendo la seconda stradina che si incontra a sinistra, si arriva alla bellissima spiaggia di Is Caogheddas, decisamente più ampia, che si affaccia sul lato settentrionale del promontorio sul quale si trova la torre aragonese. La spiaggia di Is Caogheddas è costituita da un arenile formato da un fondo prevalentemente sabbioso, con alcuni granuli di quarzo candidi e traslucidi, che degrada velocemente verso il mare, e sono presenti rocce e scogli, sia sull’arenile che nell’acqua. Il mare si presenta con acque cristalline di un colore tra il verde smeraldo e l’azzurro chiaro, e con un fondale mediamente basso. Alle sue spalle e riparata da una bassa parete di terricciò rosso, sopra la quale e adagiata l’incantevole natura dell’oasi. Non sono presenti servizi sulla spiaggia. La spiaggia ha al centro un piccolo promontorio sabbioso, e, di fronte ad esso, davanti alla spiaggia e facilmente visibile l’Isolotto de Is Caogheddas. |
La spiaggia di Maimoni ossia del diavoloSuperata, sempre in direzione nord, la spiaggia Coagheddas, continuiamo fino al promontorio roccioso, oltre il quale inizia la successiva spiaggia, che è la spiaggia di Maimoni. Per arrivare a visitarla, ci si può arrivare lungo il litorale proseguendo verso nord dalla spiaggia di Is Caogheddas, ma il percorso va compiuto quasi interamente a piedi. Oppure ci si può arrivare continuando fino alla fine la strada che ci ha portato all’Oasi di Seu, che sbocca sul mare proprio davanti a questa spiaggia. Ma è più comodo arrivarci provenendo da Cabras verso San Giovanni del Sinis sulla SP6, superando il grande incrocio con la deviazione per San Salvatore del Sinis. Dopo poco circa 2,3 chilometri, prendiamo la deviazione appositamente segnalata per la spiaggia di Maimoni ed un agriturismo, percorrere tutta la stretta stradina sino ad arrivare, dopo 3,3 chilometri, alla spiaggia, separata dalla spiaggia de Is Concheddas dal promontorio, sul quale si trova la Scogliera di Maimoni. La spiaggia di Maimoni ossia Del diavolo in lingua sarda, è una bella spiaggia ben identificabile grazie alle sue dimensioni ed alla solitudine che la caratterizza, nella quale cominciamo a vedere, sulla sabbia, i granelli di quarzo che troveremo più avanti in grande quantità, più belli e raffinati, sulla spiaggia di Is Arutas. L’arenile e, infatti, formato da una distesa di sabbia bianca chiara ma non candida, con piccolissimi granellini compatti di quarzo, affacciato su un mare di un verde cangiante a seconda della profondità del fondale, quindi più chiaro in riva, mentre diventa verde intenso allontanandosi dalla riva, e con un fondale sabbioso e mediamente basso, con la presenza di qualche scoglio alle estremità della spiaggia. Paradiso dei surfisti per il suo vivace moto ondoso, alimentato dal maestrale. La spiaggia non è mai affollata, neanche in alta stagione, grazie alla vastità dell’arenile, ed alle difficoltà per raggiungerla. Alle spalle della spiaggia si alzano le dune di sabbia quarzosa ricoperte di macchia mediterranea, ed e presente un punto ristoro. |
Sopravvivono, nel suo entroterra, le uniche dune di sabbia quarzosa della penisola del Sinis, formate cioè da piccolissimi sassolini rotondeggianti di quarzo traslucido, di aspetto vetroso, levigati dall’azione del mare. Queste dune erano, un tempo, molto più diffuse, ma sono state completamente distrutte dalle cave di sabbia. Le spiagge lungo la costiera tra Maimoni ed Is ArutasDalla spiaggia di Maimoni, prendendo la strada che segue il litorale verso nord, e percorrendola per circa un chilometro, arriviamo alla spiaggia di Sassiniviri. Ci si può anche arrivare più comodamente percorrendo tutta la stretta stradina verso la spiaggia di Maimoni, dopo circa due chilometri e mezzo prendiamo a destra ai due bivi seguenti, ed arriviamo alla spiaggia, situata proprio alla destra della spiaggia di Maimoni. La spiaggia di Sassiniviri e formata da un piccolo arenile costituito da sabbia chiara, non finissima, nella quale cominciamo a vedere, sulla sabbia i granelli di quarzo, e si affccia su un mare dalla colorazione con varie sfumature di verde, e si presenta con un fondale sabbiso. Tutta la zona e battuta dal vento di maestrale. Non e altamente frequentata nemmeno in alta stagione, per le difficoltà che si devono affrontare per raggiungerla. Alle spalle della spiaggia e presente un punto ristoro. |
Proseguendo lungo la strada che segue il litorale dalla spiaggia di Sassiniviri verso nord, e percorrendola per poco meno di un chilometro, arriviamo alla spiaggia di S’Archeddu ’e Sa Canna. A poche decine di metri dalla spiaggia, sorge il Nuraghe di S’Archeddu ’e Sa Canna, e procedendo verso l’interno si possono ammirare i resti di altri quattro Nuraghi che sorgono nelle vicinanze. La spiaggia di S’Archeddu ’e Sa Canna ha un arenile caratterizzato da una distesa di sabbia quarzosa, di colore bianco, non candido, piuttosto compatta al tatto, e si affaccia su un mare di un colore tra l’azzurro cangiante ed il verde, con un fondale basso a prevalenza sabbioso, nel quale sono presenti ciottoli levigati. Poco frequentata in alta stagione, per le difficoltà che si devono affrontare per raggiungerla, non sono presenti servizi su questa spiaggia. |
Proseguendo lungo la strada che segue il litorale dalla spiaggia di S’Archeddu ’e Sa Canna verso nord, più avanti, dopo poco meno di un chilometro, arriviamo alla spiaggia di Corrighias. È, comunque, più comodo arrivarci dalla strada che porta alla spiaggia di Is Arutas, che vedremo più avanti, ed, al bivio che a sinistra porta sulla SP59 verso il Campeggio di Is Arutas, prendendo questa strada. Procediamo dritti fiancheggiando il campeggio, poi, dopo meno di un chilometro, giriamo a sinistra e procediamo per circa cento metri, sino ai parcheggi della spiaggia. La spiaggia di Corrighias e costituita da un arenile di non grandi dimensioni, caratterizzato da una distesa di sabbia bianca di quarzite a grani medi, con la presenza di piccoli sassolini levigati dall’azione del mare, che degrada velocemente verso il mare spesso agitato, che si presenta di colore azzurro, con un fondale sabbioso di media profondità. Poco frequentata in alta stagione, non sono presenti servizi su questa spiaggia. |
Proseguendo lungo la strada che segue il litorale dalla spiaggia di Corrighias verso nord, più avanti, dopo poco più di un chilometro, arriviamo alla piccola spiaggia di su Crastu Biancu. È, comunque, più comodo arrivarci dalla strada che porta alla spiaggia di Is Arutas, che vedremo più avanti, ed, al bivio che a sinistra porta sulla SP59 verso il Campeggio di Is Arutas, prendendo questa strada. Procediamo dritti fiancheggiando il campeggio, dopo meno di un chilometro giriamo a sinistra, procediamo per quasi un chilumetro fiancheggiando la costa, ed infine giriamo subito a destra, e raggiungiamo la spiaggia. La spiaggia di su Crastu Biancu è situata in un’insenatura chiusa alle estremità da due promontori, quello a sud che la separa dalla spiaggia di Corrighias, e quello a nord, chiamato Punta Is Arutas, dove si trova un’antica cava romana, che la separa dalla spiaggia omonima. La piccola spiaggia di su Crastu Biancu è costituita da un arenile con un fondo sabbioso di colore grigio chiaro, piuttosto fine e compatto, e si affaccia su un mare che degrada velocemente, dai bellissimi colori tra il turchese e l’azzurro cangianti, e con un fondale sabbioso. Mediamente frequentata in alta stagione, non sono presenti servizi su questa spiaggia. |
La splendida spiaggia di quarzo di Is ArutasProseguendo lungo la strada che segue il litorale dalla spiaggia di su Crastu Biancu verso nord, più avanti, dopo meno di un chilometro, raggiungiamo la spiaggia di Is Arutas, la più nota tra le spiagge raggiungibili con strade bianche che attraversano la zona desertica della penisola del Sinis. Ci possiamo arrivare più comodamente prendendo dal centro di Cabras la SP6, seguendo le indicazioni per Tharros. A una rotonda lasciamo sulla sinistra la deviazione sulla SP1 per Marina di Torre Grande, e proseguiamo sulla SP6, che, dopo circa sei chilometri, ci porta a un grande incrocio. Qui troviamo la deviazione sulla destra al bivio di San Salvatore, dove prendiamo la SP7, la strada provinciale che si sviluppa nell’entroterra e che permette di attraversare tutta la penisola del Sinis, da sud a nord. Dopo poco più di un chilometro e mezzo, seguendo le indicazioni, svoltiamo a sinistra sulla SP59, procediamo sempre dritti e, dopo circa cinque chilometri, al bivio che a sinistra porta al Campeggio di Is Arutas, prendiamo a destra in direzione della spiaggia, che raggiungiamo dopo un chilometro, percorriamo un breve sterrato ed arriviamo ai parcheggi della spiaggia di Is Arutas. La bellissima spiaggia di Is Arutas ossia spiaggia delle grotte, è nota anche come spiaggia di quarzo perché, invece della sabbia, vi troviamo piccoli granelli di quarzo delle dimensioni di mezzo chicco di riso, candidi ed a volte rosati, levigati dal mare e lucidissimi, che rimangono freschissimi anche sotto il sole estremamente cocente dell’estate sarda. L’arenile e in leggera pendenza verso il mare, ed è costituito da una bellissima distesa di sabbia bianca composta da granellini di quarzo, affacciato su un mare cristallino, con una colorazione che comprende le diverse sfumature del verde e dell’azzurro, e, per via del colore candido dei suoi granelli di quarzo, tende ad assumere, nel bassofondale, un bellissimo colore azzurro carico, ed ha un fondale mediamente basso. Molto frequentata in alta stagione, accanto alla spiaggia è presente un punto ristoro, e vicino ad essa si trova il Campeggio di Is Arutas. Nella classifica stesa da TripAdvisor sulla base della qualità e quantità delle recensioni e del giudizio attribuito dai suoi viaggiatori nel 2017, la spiaggia di Is Arutas si posiziona al decimo posto tra le dieci spiagge più belle d’Italia. |
Oltre 10 anni fa, la prima volta che la ho visitata, la spiaggia era un mare di granelli di quarzo. Poi l’asportazione dei granelli da parte dei turisti la ha molto ridimensionata, al punto da farla quasi sparire. È iniziata una campagna di sensibilizzazione e difesa, per la quale è stato realizzato un significativo manifesto con la frase: Da milioni di anni sto qui, nato negli abissi del mare, confuso tra i bianchi silenzi del Sinis. Per favore non portarmi Via! (Lamento di un granello di quarzo). Anch’io avevo prelevato una manciata di granelli di quarzo, tanti anni fa quando non c'’era il problema del prelievo esagerato, e ogni volta che l’amico sardo Gianluca veniva a trovarmi a casa, mi dava del ladro, dicendomi che dovevo riportarla sul posto. Così nel 2002 ho deciso di restituire a Is Arutas quello che era suo, ed ho Chiesto a un guarda spiaggia di farmi una foto mentre versavo sulla spiaggia quella manciata di granelli, che, dopo 10 anni, sono finalmente tornati a casa... Nei pressi della spiaggia di Is Arutas, in corrispondenza del suo estremo meridionale, si trova l’unica domus de janas che è stata finora scoperta nella penisola del Sinis. La si raggiunge dalla strada che porta da Is Arutas alla spiaggia di su Crastu Biancu. La spiaggia di Mari ErmiA nord della spiaggia di Is Arutas si trova la spiaggia di Mari Ermi, che è costituita da due spiegge diverse. La prima è la spiaggia di Mari Ermi vera e propria, che prosegue verso nord con la spiaggia di Portu Suedda. Noi le consideremo due spiagge separate, anche se con caratteristiche assai simili tra loro. Tra le due, si trova l’Agricampeggio Tanca Is Muras. Proseguendo lungo la strada che segue il litorale dalla spiaggia di Is Arutas verso nord, più avanti, dopo circa cinquecento metri, arriviamo ai parcheggi della spiaggia di Mari Ermi. La spiaggia di Mari Ermi è costituita da un arenile di sabbia bianca, fine, composta in parte dai caratteristici granuli di quarzo vetroso che abbiamo cominciato a vedere a Maimoni, ed abbiamo incontrato in abbondanza a Is Arutas. Si affaccia su un mare cristallino, di un bellissimo colore che abbraccia diverse sfumature di verde, e con un fondale basso e sabbioso. La costa e spesso battuta dal vento di maestrale, che fa accorrere numerosi surfisti. Mediamente frequentata nei mesi estivi, sulla spiaggia sono presenti punti di ristoro. |
Il litorale di Mari Ermi è molto ampio, orlato da suggestive formazioni dunali e bassa vegetazione, che lo separano dallo stagno retrodunale di Mari Ermi, il quale si trova alle sue spalle. La spiaggia, infatti, si sviluppa tra il mare e lo stagno retrodunale. Lo stagno di Mari Ermi, che ha una superficie di venti ettari ed è ricco di vegetazione. Si tratta di uno stagno senza alcuna comunicazione diretta col mare, se non nei momenti di burrasca. È inoltre uno stagno temporaneo, soggetto al completo prosciugamento durante la stagione calda e secca, le cui acque provengono dal mare che supera il cordone di sabbia, anche infiltrandosi tra la sabbia, e dal dilavamento da parte delle acque meteoriche del territorio retrostante. La spiaggia di Portu SueddaLa spiaggia di Portu Suedda è raggiungibile direttamente dal litorale di Mari Ermi procedendo verso nord. Per raggiungere la spiaggia di Portu Suedda, da Oristano, percorrendo la SP6 e svoltando a destra sulla SP7 in direzione di San Salvatore, procediamo sempre dritti. Superiamo, dopo poco più di un chilometro e mezzo, il primo bivio sulla SP59 che porta a Is Arutas, e proseguiamo per circa tre chilometri e mezzo, fino ad arrivare al bivio segnalato per Portu Sedda e Putzu Idu. Giriamo, quindi, a sinistra e procediamo sempre dritti, per circa cinque chilometri e mezzo, sino alla spiaggia. La spiaggia di Portu Suedda è la prosecuzione verso nord della spiaggia di Mari Ermi, ed è, quindi, anch’essa caratterizzata da un arenile molto ampio, con un fondo di sabbia bianca, fine, composta in parte dai caratteristici granuli di quarzo vetroso. L’arenile si affaccia in discesa, verso un mare dalle particolari trasparenze, con una colorazione tra le sfumature di verde e d’azzurro, e dal fondale sabbioso e profondo già dai primi metri. La costa e spesso battuta dal vento di maestrale, e la zona fa accorrere numerosi amanti del wind surf e del Kytesurf. Mediamente frequentata nel periodo estivo grazie alla sua estensione, in essa sono presenti diversi punti di ristoro, poco distanti dall’area parcheggi. |
Alle spalle della spiaggia di Portu Suedda si trovano i due piccoli Stagni retrodunali di Portu Suedda che occorre attraversare, con una passerella, per poter accedere alla spiaggia. Le spiagge verso su TingiosuPassiamo il promontorio che chiude a nord la costiera che si sviluppa partendo dall’Oasi di Seu fino alla spiaggia di Portu Suedda, sul quale si trova la strettissima spiaggia di su Bardoni. La spiaggia di su Bardoni è caratterizzata da un arenile molto stretto, costituito da accumuli di sabbia bianca, fine, composta in parte dai caratteristici granuli di quarzo vetroso, che si affaccia in discesa, verso un mare trasparente, con una colorazione tra le sfumature di verde e d’azzurro. Poco frequentata in alta stagione, in essa non sono presenti servizi. Sulla spiaggia è possibile vedere ancora alcune capanne realizzate con un’erba palustre, il Falasco, meglio noto col nome sardo di Sessini o Cruccuri, che ostituiscono le tipiche abitazioni dei pescatori locali, un tempo molto più numerose. |
Passato, quindi, Capo Sa Sturaggia, inziamo a percorrere un tratto di costa nel quale si apre Cala Sa Sturaggia e che ci porta verso la Scogliera di su Tingiosu. Per arrivare alla Cala da Oristano, prendiamo la strada per Portu Sedda e Putzu Idu e procediamo dritti. Giunti, dopo quattro chilometri e mezzo, alla rotonda di Portu Suedda, prendiamo la strada verso destra, ossia verso nord ovest, e procediamo dritti sino alla piccola spiaggia di Sa Sturaggia, posta prima della grande scogliera . La spiaggia di Sa Sturaggia è una piccola spiaggia, prevalentemente rocciosa, con poca sabbia chiara di colore ambrato, che si trova davanti ad un mare dal colore turchese cangiante, con un fondale mediamente profondo e roccioso. Poco frequentata in alta stagione, non sono presenti servizi su questa spiaggia. |
Le alte falesie di su TingiosuLa strada costiera prosegue all’interno per immettersi poi sulla provinciale verso Putzu Idu, mentre lungo la costa iniziano le Falesie di su Tingiosu, che è possibile raggiungere a piedi percorrendo la costa verso nord dopo la Cala Sa Sturaggia. La spiaggia sommersa è assente, in questo tratto settentrionale di costa, dove si trovano fondali rocciosi immediatamente adiacenti alla battigia. Le alte falesie di su Tingio su sono una formazione calcarea di colore bianco, con un’altezza di oltre venticinque metri, che si affacciano su un mare di un colore turchese cangiante, con un fondale piuttosto profondo. Con le sue insenature, questo tratto di costa costituisce l’habitat ideale per varie specie di uccelli, e per questo è una delle mete preferite per gli appassionati di Bird watching. In queste alte falesie si riscontra la presenza di diverse sorgenti d’acqua dolce, che sgorgano dalla roccia con un continuo flusso fino al mare, lasciando i segni del suo passaggio lungo la roccia. Non sono presenti servizi in questo tratto di costa. Al largo di capo Sa Sturaggia si trova l’isola di Mal di VentreDi fronte alla penisola del Sinis si vede la selvaggia e famosa Isola di Mal di Ventre cinque miglia marine, ossia oltre nove chilometri, al largo di Capo Sa Sturaggia, cui si arriva, solitamente con barconi o gommoni, da diverse spiagge del Sinis, principalmente da quella di Putzu Idu. Non esistendo ne porto ne pontile sull’isola, il trasbordo sui barconi o gommoni avviene direttamente dall’acqua, per cui sembra di tornare indietro nel tempo, fino a un tipo di turismo databile alla metà del ventesimo secolo. In ogni caso, quando ci si reca sull’isola, è utile portare con se l’ombrellone, dato che l’isola è priva di vegetazione alta, oltre ad ampie riserve di acqua potabile che non presente nell’isola, cibo in quantità superiore al consumo prevedibile e indumenti per coprirsi, in quanto, se si alza il maestrale, non si può escludere un inatteso prolugamento del soggiorno. Si tratta di una piccola isola disabitata, con belle spiagge ed uno splendido mare, che visiteremo Nella prossima tappa del nostro viaggio. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, decideremo di abbandonare la terra ferma ed affrontare una escursione indimenticabile in barca a vela all’Isola di Mal di Ventre. È facilmente raggiungibile in gommone o motoscafo prestando però molta attenzione alle condizioni del mare poiché è posizionata in una zona aperta alle correnti ed è quindi facile che le acque si agitino in poco tempo. Non disponendo di un mezzo proprio, si possono utilizzare i numerosi barconi che la collegano alla terra ferma. Questo servizio turistico è disponibile in diverse località della costa, soprattutto a Putzu Idu. |