Soleminis con la chiesa di San Giacomo il Maggiore ed i siti archeologici presenti nei suoi dintorni
In questa tappa del nostro viaggio, da Dolianova ci recheremo a Soleminis che visiteremo con il suo centro nel quale si trova la chiesa di San Giacomo il Maggiore ed i suoi dintorni con le Chiese campestri ed i diversi siti archeologici presenti nel suo territorio. La regione storica del Parteòlla A pochi chilometri da Cagliari si sviluppa il territorio del Parteòlla (nome in lingua sarda Partiolla) è una regione confinante con il Campidano, il Sarrabus e il Gerrei. Il Parteòlla è interamente compreso nella Provincia del Sud Sardegna e comprende i comuni: Dolianova, donori, Serdiana, Ussana. Il comune di Soleminis si trova tra il Campidano di Cagliari e il Parteòlla, per cui può appartenere all’una o all’altra di queste regioni, e noi preferiamo attribuirlo alla prima. È un territorio caratterizzato dal una grande varietà del paesaggio, come racconta lo storico sardo Giovanni Fara, che lo descrive in parte montuoso, in parte pianeggiante e coltivato, irrigato da brevi corsi d’acqua. Nel Parteòlla sono praticate l’agricoltura e la pastorizia, e sono particolarmente diffuse le produzioni di olii, vini e formaggi.
In viaggio verso SoleminisDal centro di Dolianova seguiamo verso sud il corso della repubblica che, passata la chiesa parrocchiale di San Biagio, prosegue con il nome di via Cagliari e, superata la linea ferroviaria, esce dall’abitato. Proseguiamo verso sud ovest per quasi due chilometri fino a che questa strada si immette sulla SS387 del Gerrei proveniente da Serdiana, e, seguendo le indicazioni per Cagliari, svoltiamo a sinistra, percorriamo un chilometro e duecento metri, all’altezza del chilometro 15, e prendiamo a sinistra la deviazione sulla SP13 verso Soleminis, che raggiungiamo dopo quasi un paio di chilometri. Dal Municipio di Dolianova a quello di Soleminis abbiamo percorso 6.8 chilometri. Il comune chiamato Soleminis Il comune chiamato Soleminis (nome in lingua sarda Solèminis, altezza metri 200 sul livello del mare, abitanti 1.840 al 31 dicembre 2021) è un piccolo centro situato in una zona collinare ad est della piana campidanese, che si trova in una zona dedita alle attività agro pastorali, tra le più fertili della Sardegna meridionale, le cui principali colture sono rappresentate dai vigneti, uliveti e cereali, mentre altre produzioni tipiche del paese sono il pane e il miele. Il paese è raggiungibile con la SS387 del Gerrei, che dista meno di due chilometri dall’abitato, ed è anche servito dalla fermata ferroviaria di Soleminis, posta alla periferia sud occidentale dell’abitato lungo la ferrovia che collega Cagliari con Isili. Il territorio, nel quale si trova la miniera di Terra Mala, un tempo nota per un filone di calcite e fluorite, presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate.
Il comune fa parte dell’Associazione nazionale delle città della Terra Cruda Questo paese fa parte dell’Associazione nazionale delle città della Terra Cruda, nata per promuovere il recupero delle tradizioni e del patrimonio edilizio, naturalistico, artistico e storico delle comunità. Questa associazione comprende, in Sardegna, i comuni di Decimoputzu, donori, Fluminimaggiore, Furtei, Gonnosfanadiga, Guspini, Musei, Nuraminis, Pabillonis, Samassi, Samatzai, San Gavino Monreale, San Sperate, Sardara, Segariu, Selargius, Serramanna, Serrenti, Settimo San Pietro, Solarussa, Soleminis, Ussana, Ussaramanna, Vallermosa, Villa San Pietro, Villacidro, Villamassargia, Villasor.
Origine del nomeIl nome, attestato nell anno 1346 come Ecclesie ville Solemini, non ha chiara origine ed è verosimilmente preromano. È probabile che derivi dal Cognomen latino Solemnius al vocativo, che sarebbe stato il nome di un proprietario romano che vi aveva una villa o una tenuta sul posto, ma secondo un’altra ipotesi il nome deriverebbe dal latino Sollemnis, ad indicare un luogo in cui ogni anno si tiene una festa religiosa. Un'altra interessante ipotesi, che permette di avere riscontri oggettivi sul territorio, è quella che lo vuole derivante da Sol, o divinità del sole, ed Eminens, cioè luogo elevato, forse ad indicare un sito in cui si venerava la divinità. La sua economiaSi tratta di un comune di pianura la cui economia è di tipo prevalentemente agricolo. Il settore economico primario è presente con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, agrumi, frutta, e la coltura principale è la vite, seguita dall’ulivo. Sono note le cantine Pili che producono vino di alta qualità. È presente anche l’allevamento di bovini, suini, ovini, equini, ed è arricchito soprattutto da allevamenti avicoli. Il settore secondario è costituito da imprese che operano nei comparti alimentare ed edile. Il terziario si compone di una sufficiente rete distributiva, ma necessita di servizi più qualificati. Sebbene non figuri tra le mete turistiche più ambite della zona, Soleminis si anima in occasione di alcune manifestazioni che in esso si svolgono. Le strutture ricettive, che comprendono un agriturismo, offrono possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciIl territorio di Soleminis è abitato sin dall’antichità come dimostrato dalle aree archeologiche di Facc'e 'Idda, Is Calitas e Cuccuru Cresia Arta presenti nei dintorni dell’abitato. Il paese viene citato per la prima volta nell’undicesimo secolo, quando appartiene al Giudicato di Arborea. In epoca giudicale, Soleminis fà parte del Giudicato di Càralis, nella curatoria del Parteolla. A seguito della scomparsa di quest'ultimo, nel 1258 il centro risulta in possesso della nobile famiglia pisana dei Gherardesca e nel 1297 del Comune di Pisa per disposizione testamentaria. La prima certezza storica sul villaggio di Soleminis ci è data da documenti che risalgono dal 1320 al 1323, che riguardano le statistiche pisane ed aragonesi relative alle rendite attribuite alle ville sarde. Dopo la conquista aragonese della Sardegna, viene dato in feudo all’aragonese Arnaldo Ballester e nel 1327 al mercante di Barcellona Pietro di Mediavilla. Successivamente nel 1345 il paese passa a Francesco di San Clemente che lo tiene fino alla morte dopo la quale viene nuovamente incamerato dalla Corona e successivamente ceduto nel 1392 a Giordano de Tola. Nel 1442 Giordano de Tola vende il feudo a Calcerando Torrelas e ai suoi fratelli in un momento in cui il villaggio è ormai in rovina e quasi spopolato. Nel corso del sedicesimo secolo il feudo passa in proprietà di diversi signori dei quali non si è riusciti ad accertare i nomi ad eccezione di don Pietro Massa. Nei primi decenni del 1600 Soleminis ancora spopolato, e, dopo la morte del suo ultimo possessore, rientra a disposizione della Corona. Nel 1637 il territorio, che oramai è coperto da un fitto bosco, viene acquistato per trentamila lire da Francesco Vico, figlio di un c rso funzionario del Sant’Uffizio che si era stabilito e sposato a Sassari, il quale nel 1651 ottiene il titolo di marchese di Soleminis e promuove la coltura dell’ulivo e l’introduzione della lavorazione della lana e della seta nell’Isola. Prima di morire Francesco Vico, non avendo discendenza maschile diretta, stabilisce il suo passaggio alla figlia Isabella sposata Zonza, con l’obbligo di anteporre il cognome Vico al proprio. La villa di Soleminis passa al suo figlio primogenito Francesco, che dopo la morte del nonno, per accettarla, muta il proprio cognome e diventa Francesco Vico Zonza, il quale avvia l’opera di ripopolamento del villaggio e nel 1651 ottiene il titolo di marchese di Soleminis. Purtroppo l’epidemia di peste del 1652 ne ritarda i progetti, che riprende alcuni anni dopo e porta a termine entro il 1678 grazie alla concessione di molte franchigie che attirano nuovi coloni, i quali lo rivitalizzano e nel 1678 gli viene dato il nome di Villanova Soleminis. La dominazione spagnola ha fine quando la Sardegna viene occupata dagli Austriaci nel 1708, ma il dominio austriaco dura poco. Nel 1718 la Sardegna passa ai Savoia, il Piemonte non abolisce in modo deciso il feudalesimo, ma preferisce liquidarlo legalmente addossando l’onere dell’operazione sulle spalle dei comuni. Il riscatto del feudo viene fissato in 740 lire che dovranno essere pagate a partire dal 1840. Nel 1812, alla morte di Speranza, ultima erede, il marchesato di Soleminis passa al marito Giuseppe Amat, marchese di San Filippo. Il 17 giugno 1836, con la caduta dei privilegi feudali a seguito della legge delle chiudende, si riunisce a Cagliari il consiglio comunale di Soleminis che decreta che i vassalli conservano la piena disponibilit delle proprie terre acquistate con i giusti titoli e mantengonno la facolt di disporne anche con i forestieri, lamentando, con questo, il fatto che il marchese considerasse forestieri i vassalli soleminesi trasferitisi in altri centri e che in conseguenza di ci li obbligasse al pagamento della portadia. E poco dopo, alla famiglia Amat il paese viene riscattato nel 1839 con l’abolizione del sistema feudale, per diventare un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio Comunale. Quando nel 1848 vengono abolite le province, Soleminis entra a far parte della divisione amministrativa di Cagliari e nel 1859 dell’omonima ricostituita provincia. Il comune di Soleminis resta nella Provincia di Cagliari fino alla riforma del 2016, quando il paese viene aggregato alla nuova Provincia del Sud Sardegna. Le principali feste e sagre che si svolgono a Soleminis A Soleminis è attivo il gruppo folk dell’associazione culturale Is Massaius di Santu Sidoru di Soleminis, costituito da uomini, donne e bambini, che si è formato in onore di Sant’Isidoro, protettore degli agricoltori, invocato con lo scopo di propiziare un buon raccolto ed allontanare le carestie. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Solemins, vanno citati, il primo sabato dopo il 17 gennaio, se questo ricade in settimana, la Festa di Sant’Antonio Abate, per la quale la sera il Santo, dopo essere stato abbellito con le arance che ricoprono il suo bastone, viene portato in processione e al rientro, dopo averlo benedetto, viene acceso un gran grande fal con distribuzione delle arance; la sera del 2 febbraio, la Festa della Candelora, che rappresenta la presentazione di Gesù al tempio, per la quale due bambine del borgo offrono in dono, durante la celebrazione della messa, il Bambin Ges e una coppia di tortorelle, vengono inoltre benedette le candele che vengono offerte ai fedeli; seguono, i festeggiameni per il Carnevale Soleminese; poi i riti della Settimana Santa, con la processione de S’Incontru, ed in occasione della Pasqua, la manifestazione Moscardulas, che valorizza due eccellenze del territorio, che sono il Moscato, vino dolce dal profumo intenso, e le Pardulas, tipico dolce pasquale sardo; l’ultima domenica di maggio, la Festa di Sant’Isidoro, in occasione della quale si svolge la Sagra delle fave; a fine giugno, la grande festa per Sa messadura de su trigu a manu; il 25 luglio, la Festa di San Giacomo, che è il Santo patrono del paese, con il giorno successivo la Festa di Sant’Anna, che è la Santa copatrona.

In estate, a Soleminis si svolgono le manifestazioni dell’Estate Saleminese, tra le quali significativo è anche il Carnevale Estivo. 
La grande festa per Sa messadura de su trigu a manu La grande festa per Sa messadura de su trigu a manu, organizzata dall’associazione culturale Is Massasius de Santu Sidoru, rappresenta la festa dell antica mietitura a mano del grano, e si tiene in località Su Forreddu, a circa un chilometro dal centro abitato. La festa ripropone la fatica del lavoro della mietitura ed il gusto del pane, e riporta indietro nel tempo facendo immergere i partecipanti in una realtà, quella dei loro nonni, oggi profondamente cambiata. La meccanizzazione dell agricoltura ha fatto passi da gigante, portando indubbiamente dei benefici, ma ha fatto perdere il modo genuino di socializzare ed il contatto con la terra. Un tempo si faticava molto di più ed appunto per questo si dava più valore ai frutti del lavoro. Tutto era più genuino, tutto aveva un sapore.
Visita del centro di Soleminis Da dove, dal chilometro 15 della SS387 del Gerrei, abbiamo preso la deviazione sulla SP13 che si dirige verso Soleminis, la percorriamo lasciando alla sinistra l’azienda Ovopollo che dal 1974 è attiva nella produzione di uova di gallina, gli impianti del Complesso Sportivo Comunale, e più avanti il cimitero di Soleminis. Percorsi quasi un paio di chilometri, arriviamo a una rotonda al centro della quale è presente un masso con l’indicazione del nome del paese, ed alla rotonda prendiamo seguendo le indicazioni la deviazione a sinistra nella via Funtanabasciu la quale porta all’interno dell’abitato, che è interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, ed è circondato da vigneti, uliveti e campi coltivati a cereali. Tra le vie del borgo è facile vedere le antiche case costruite con mattoni di terra cruda chiamati làdiri, tecnica costruttiva abbastanza diffusa in tutta l’Isola, soprattutto caratteristica dei paesi della piana del Campidano.
In piazza Montegranatico il murale di Antioco Cotza Dalla SP13, prendiamo a sinistra la via Funtana Basciu, con la quale procediamo in direzione nord per circa duecento metri, fino ad arrivare a una rotonda dove prendiamo la prima uscita che la via Roma, la seguiamo per quasi trecento metri e prendiamo a sinistra la via della Chiesa. Proprio all’inizio della via della Chiesa, alla sinistra ad angolo con la via Roma, si apre la piazza Montegranatico, su una parete della quale è presente il murale che rappresenta una Composizione con figure, architetture e animali, realizato nel 1996 dal muralista Antioco Cotza, nato a Villamar nel 1944, che ha insegnato per 37 anni in Istituti Professionali ed è considerato uno dei fondatori del muralismo sardo. Per il tipo di rappresentazione, questo murale potrebbe essere paragonato alla pittura di genere dato che, attraverso un’unica sequenza costituita da tanti differenti fotogrammi, racconta diversi momenti di vita contadina. Introduce il ciclo la figura di un grande ariete con gli occhi socchiusi, simbolo della primavera, che cede il passo al toro, simbolo dell’estate. La scena prosegue sotto l’auspicio dell’agricoltura, incarnata nella figura femminile in primo piano, mentre sullo sfondo una donna raccoglie i fasci di grano falciati dal contadino. La rappresentazione prosegue con la nuova aratura in autunno, quando un coltivatore semina il campo con l’aiuto di un cavallo e di un gioco, dopo che altri uomini hanno trasportato in campagna i sacchi con i preziosi chicchi di grano, presi da una casa campidanese. Chiude la composizione sulla destra una figura femminile intenta a preparare il pane, mentre sullo sfondo campeggia una collina con i campi arati.
Antioco Cotza, figura centrale del muralismo a Villamar, scomparso il 30 gennaio 2021, ma il suo ricordo vive ancora oggi attraverso i suoi murales. Il muralismo a Villamar ha origine in seguito agli eventi politici in Cile quando, nel 1964, Eduardo Frei Montalva, leader moderato del partito democristiano, diviene presidente, ma il suo programma di riforme incontra una forte opposizione da sinistra e destra. Nel 1970, Salvador Allende vince le elezioni, ma il suo governo viene rovesciato dal colpo di stato del generale Pinochet, che instaura la dittatura. Molti esiliati, tra cui intellettuali e artisti, si rifugiano all’estero, compresa l’Italia, e tra gli esiliati accolti in Italia vi è la Brigata Muralista Salvador Allende, di cui fa parte Alan Jofré, legato alla prestigiosa scuola d’arte cilena, che realizza un murale in via Roma a Villamar, portando con sé il messaggio di libertà del popolo cileno. Grazie all’impegno del Gruppo Arte e Ambiente guidato da Antioco Cotza e del Gruppo Artistico di Serramanna, in collaborazione con i membri della Brigata Muralista, si sviluppa un’intensa attività muralista nella Marmilla e nel Campidano.
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Il Municipio di Soleminis Presa la via della Chiesa e seguita per un centinaio di metri, alla sinistra della strada si sviluppa un giardino alberato, e vediamo, alla destra della strada, al civico numero 18 della via della Chiesa, l’edificio che ospita il Municipio di Soleminis, dove si trova la sua sede, e si trovano gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. Si tratta degli uffici del Segretario Comunale; degli uffici dell’Area Affari Generali, che comprende Cultura, Sport, Sistema Bibliotecario, servizi Demografici Anagrafe, servizi Demografici Elettorale, servizi Demografici Leva e Statistica, servizi Demografici Stato Civile, Personale, Segreteria Generale e Contratti, Servizio Sociale, Ufficio Protocollo, ed URP ossia l’Ufficio Relazioni con il Pubblico; degli uffici dell’Area Economica Finanziaria, che comprende Economato, Entrate Tributarie, Paghe, e Servizi Finanziari; degli uffici dell’Area Tecnica, che comprende Edilizia Privata e SUAPE, Lavori Pubblici, Pianificazione Urbanistica, Reti e Impianti Tecnologici.
La chiesa parrocchiale di San Giacomo il MaggioreLa via della Chiesa termina poche decine di metri più avanti, e partono a destra la via Emilio Lussu ed a sinistra la via del Municipio. Appena presa la via del Municipio, alla destra della strada, in località Sedd ’e Cresia, su un terrapieno sorge la Chiesa di San Giacomo il Maggiore, che è la parrocchiale di Soleminis. La posizione su uno dei punti più elevati del paese, la vicinanza alla zona cimiteriale, ed alcuni elementi architettonici della chiesa, inducono a considerare il luogo come tra i primi insediamenti di Soleminis. Le prime notizie risalgono, infatti, alla met del trecento, quando sappiamo che era rettore ecclesie ville Solemini il presbiterio Bonanato. La chiesa risulta esistente nel 1637, nel documento in cui Francesco Vico prende in possesso del feudo, quando il paese era ancora spopolato. Il paese viene rifondato nel 1673 e da subito risultano celebrati matrimoni e altri sacramenti. Nei conti delle cause pie di fine seicento risultano diverse spese per lavori sulla parrocchiale. Negli anni tra il 1701 ed il 1705 sono documentate altre spese per ampliare la chiesa, ormai troppo piccola e inidonea. Ed infatti il 23 giugno 1705 viene benedetto il nuovo tempio, per il quale si possono ipotizzare diverse fasi costruttive, la prima riguarda la navata con gli archi a sesto acuto in stile tardo gotico, coperta a capriate, che dovrebbe essere sorta sul preesistente impianto romanico, teoria sostenuta dalla presenza della porticina laterale rappresentativa di quel periodo. Successivamente vengono realizzati i contrafforti, il vano voltato a botte del presbiterio e la sacrestia. Per il campanile si ipotizza la costruzione a met Settecento. In epoca successiva sono poi documentati numerosi interventi di restauro. L’edificio nella sua forma attuale preceduto da una breve scalinata ed caratterizzato da un terminale curvilineo. Il portale ligneo risulta architravato con stipiti contraddistinti da capitelli a filo. Sovrasta lo stesso un’apertura finestrata. Il campanile cuspidato si erge a destra del prospetto. La sua struttura risulta alleggerita da monofore a sesto acuto poste in corrispondenza della cella campanaria. 
La chiesa presenta all’interno un unica navata ricoperta da capriate, con archi a sesto acuto in stile tardo gotico. La copertura lignea ad escusione dell’area presbiteriale. Sulla parete del presbiterio dietro l’altare sono visibili due quadri dipinti su tela. A sinistra si trova il quadro che rappresenta La Redenzione, realizzato nella seconda metà del diciottesimo secolo ed attribuito al pittore cagliaritano Sebastiano Scaleta, che secondo il canonico Giovanni Spano era figlio di un venditore di capre, ossia di un beccajo, es aveva compiuto il suo apprendistato nel corso di un viaggio fuori dall’Isola. Mentre a destra si trova il quadro che rappresenta La Trinità e la Sacra Famiglia, realizzato nella seconda metà del sedicesimo secolo, provenendo da una Scuola pittorica cagliaritana di bottega stampacina, ed è di un certo pregio. 
La chiesa conserva al suo interno manufatti artistici di grande pregio, tra i quali il bell’altare maggiore marmoreo ed il fonte battesimale, il crocifisso ligneo dell’arciconfraternita del Rosario, il simulacro settecentesco di San Giacomo il Maggiore coperto da una veste e da un ampio mantello, il simulacro di Sant’Anna, ed anche un importante corredo in argento. 
Dopo cerimonie religiose la sera della vigilia, il 25 luglio Soleminis celebra la Festa di San Giacomo il Maggiore, ossia Santu Jacu, patrono del paese, ed il 26 luglio la Festa di Sant Anna, copatrona del paese. Le due feste sono caratterizzate da cerimonie religiose solenni e dalle processioni per le vie del paese, accompagnate dal gruppo de Is Massaiusu de Santu Sidoru, dalle launeddas e con la rappresentanza dell’abito tradizionale, con la partecipazione di tutta la popolazione e l’accompagnamento della banda musicale, e sono seguite da numerose manifestazioni civili, che comprendono mostre dell’artigianato, lostre di pittura, rassegne cinematografiche e spettacoli pirotecnici. Il Cammino di San Giacomo o Cammino di Santu Jacu La chiesa di San Giacomo il Maggiore di Soleminis costituisce una delle tappe del progetto Il Cammino di San Giacomo, chiamato anche Cammino di Santu Jacu, che si svolge ogni anno in Sardegna. Un cammino che nella sua forma più completa attraversa tutta la Sardegna, con l’asse centrale da Cagliari a Porto Torres, la variante ovest da Noragugume a Oristano, la variante est da Orosei a Olbia, ed inoltre il tratto meridionale nel Sulcis e nelle isole, e che tocca e attraversa gli antichi luoghi di culto di San Giacomo il Maggiore nell’Isola. Il tutto per unire con un percorso coerente, il più possibile vario e percorribile da persone con zaino in spalla, in sintonia con l’andare all’imbarco verso ovest a Santiago di Compostela o est verso Roma e Gerusalemme, circa cento comuni con partenza e arrivo a Sant’Antioco e Carloforte, Cagliari, Orosei e Porto Torres, comprese le varianti verso Olbia e Oristano, e riuscendo a collegare la maggioranza delle Chiese dedicate a San Giacomo il Maggiore esistenti in Sardegna, più i resti di alcune antiche Chiese in rovina.
Gli impianti sportivi della parrocchiale di San GiacomoArrivati dalla via della Chiesa alla chiesa di San Giacomo il Maggiore, svoltiamo a destra e prendiamo, di fronte alla chiesa, la via del Municipio, la seguiamo per appena una trentina di metri, prendiamo a destra la via Giacomo Puccini, lungo la quale, dopo una cinquantina di metri, si trovano alla destra della strada i cancelli di accesso agli impianti sportivi della parrocchiale di San Giacomo, che comprendono un Campo da calcio, con fondo in terra battuta, il quale non è dotato di tribune in grado di ospitare gli spettatori. Oltre al campo da calcio, è presente anche un Campo da beach volley, anch’esso senza tribune per gli spettatori, nel quale è possibile praticare come discipline pallavolo e beach volley. 
Il Monumento ai CadutiArrivati dalla via della Chiesa alla chiesa di San Giacomo il Maggiore, svoltiamo a destra e prendiamo, di fronte alla chiesa, la via del Municipio, la seguiamo per centoventi metri, poi svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Melchiorre Murenu, lungo la quale, dopo poche decine di metri, si apre alla destra la piazza dei Caduti, al centro della quale si trova il Monumento ai Caduti edificato in onore dei caduti di Soleminis nella seconda guerra mondiale, i cui nomi sono scolpiti su una spada in bronzo, rappresentante il monumento stesso. Il monumento è stato realizzato per tutti i caduti sul fronte di cui si conserva il ricordo nelle incisioni della lapide e dei cippi presenti nella piazza dei Caduti. 
Nella piazza dei Caduti il murale di Giorgio Polo Nella piazza dei Caduti, sul muro di cinta presente dietro al Monumento ai Caduti, è presente il murale che rappresenta una Composizione con architettura e figura femminile, realizzato nel 1994 da Giorgio Polo, nato a Cagliari nel 1959, che ha iniziato a lavorare come muralista in Italia dal 1978 su differenti progetti e contesti. L’opera racconta una scena di vita quotidiana locale. Polo utilizza, in una rappresentazione sui generis rispetto al suo stile pittorico, la tecnica del trompe l’oeil, per dipingere l’immagine di una donna sull’uscio di casa, oggi difficilmente leggibile a causa della sovrapposizione di segni vandalici. La rappresentazione di fotografie del tempo che fu, rientra nella tendenza perseguita dal muralismo sardo della metà degli anni novanta del Novecento, di rievocare, attraverso le immagini dipinte, la memoria storica di un luogo, per valorizzarne gli usi e i costumi.
Giorgio Polo, coinvolto in alcune iniziative del Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, dal 1993 al 1997 ha lavorato nella ex-Yugoslavia con i rifugiati, nel 1997 a Deinze in Belgio si è impegnato con bambini affetti da difficiltà di apprendimento, e nel 1998 è stato invitato dalla Comunità Europea a partecipare all’evento World Artist for Tibet. Nel 1998 e nel 2000 ha lavorato in Nicaragua con i bambini di strada in un progetto chiamato Proyecto Los Quinchos per aiutare i bambini dipendenti dall’annusare colla. Nel 2000 ha collaborato in Palestina per ristrutturare un asilo nel più grande campo profughi della Cisgiordania. In seguito ha lanciato a Melbourne il progetto The Continuing Journey per la realizzazione di un dipinto murale collaborando con studenti locali e artisti aborigeni allo scopo di condividere idee e tecniche artistiche di arte di strada, riflettendo sui temi di emigrazione ed identità.
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La casa Spada CordaDalla via Funtana Basciu avevamo preso la via Roma, la avevamo seguita per quasi trecento metri per prendere a sinistra la via della Chiesa. Da qui proseguiamo verso ovest lungo la via Roma per centocinquanta metri, fino ad arrivare dove parte a destra la via Dritta all’inizio della quale, alla destra al civico numero 2, si trova l’edificio noto con il nome di Casa Spada Corda, ubicato nel centro storico che presenta, sia nella tipologia che nei materiali costruttivi, gli elementi caratteristici della casa campidanese. La struttura portante è costituita da muri in terra cruda e paglia chiamati làdiri, che rappresenta al meglio la cultura contadina. Si tratta di una casa padronale a doppia corte, con ampio loggiato sui due piani, forse di impianto settecentesco, che si sviluppa su due livelli, al piano terra sono presenti la cucina e le camere, ed al piano superiore c'è il magazzino di stoccaggio delle derrate alimentari. Il portone in legno a due ante costituisce l’unico accesso al cortile acciottolato principale, mentre una seconda corte è presente sul retro della casa. Gli ambienti separati, allineati lungo il muro di cinta con tetto in tegole, erano utilizzati come ricovero animali e magazzini per la paglia. La casa, il cui impianto risale ai primi del diciannovesimo e rimaneggiata nei primi del ventesimo secolo, è stata acquistata dal comune nel 1991. L acquisizione della struttura ed il successivo restauro sono stati voluti dall Amministrazione comunale allo scopo di farne il luogo della memoria. Si tratta di un tipico esempio di edificazione rurale che rappresenta al meglio la cultura contadina. In essa sono conservati mobili, utensili, manufatti ed attrezzi d’uso comune, inoltre a corredo della casa c'è anche una ricca collezione etnografica. 
L’edificio al momento dell’acquisto versava in cattivo stato di conservazione. Il restauro ha rispettato le stratigrafie storiche e lasciato tracce leggibili delle diverse fasi costruttive. Nel corso dei lavori, per ragioni di funzionalità, sono stati realizzati nuovi ambienti assolutamente rispettosi dei caratteri dell’architettura storico tradizionale, sia nella scelta dei materiali che delle tecniche costruttive. La casa propone arredi e utensili e permette a chi la visita di osservare le tracce della vecchia civiltà contadina e, con gli ausili introdotti, la storia passata e recente di Soleminis. L’insieme appare armonico e per il visitatore è facile distinguere il vecchio dal nuovo, osservare i manufatti esposti senza l’ausilio di etichette o didascalie. L’ospite può sfogliare il libro che racconta la nascita e l’evoluzione del paese, può ascoltare dalla viva voce di anziani esperienze di vita, il lavoro contadino e quello domestico, la festa ed il lutto, la religiosità e le superstizioni. La speranza è regalare un’emozione, vivere con naturalezza in un ambiente che ti sembra di conoscere, dove immagini di vivere e raccontare storie, protetto dentro un mondo che riscopre ritmi naturali. La piccola edicola in onore della Madonna Dal punto dove parte a destra la via Dritta nella quale abbiamo visto la casa Spada Corda, proseguiamo verso ovest lungo la via Roma, e dopo un centinaio di metri arriviamo a una rotonda, alla quale proseguiamo dritti. Percorsi altri duecentocinquanta metri, arriviamo dove la via Roma termina nella periferia ovest dell’abitato in un sottopasso al di sotto della linea ferroviaria, mentre la strada principale svolta a destra sulla via della Stazione. All’angolo tra le due strade, alla sinistra della via Roma prima del sottopasso, si vede la piccola edicola in onore della Madonna che è stata realizzata nel 1978 in occasione dell’Anno Mariano. Ogni anno, durante il mese di maggio, presso questa edicola dai fedeli viene recitato il Santo Rosario.
Il parco giochi del DonatoreAll’altro lato della via Roma, alla destra ad angolo tra questa strada e la via della Stazione, si sviluppa un parco giochi recentemente riqualificato denominato il Parco del Donatore, dedicato ai pi piccoli con la realizzazione di una palestra a cielo aperto dotata di nuovi attrezzi per l attivit fisica, una pavimentazione antitrauma e l installazione dei tavoli da picnic. Ed è stato installato un cartello con la scritta Attenzione rallentare. In questo paese i bambini giocano ancora per strada . Un pannello colorato che invita gli automobilisti a moderare la velocit all interno del centro abitato dove, come accadeva una volta, i bambini si intrattengono spesso a giocare per strada. 
La Stazione ferroviaria di SoleminisDal termine della via Roma, prendiamo a destra la via della Stazione. Dopo una cinquantina di metri la strada svolta a destra, e qui prendiamo dritti la continuazione che costeggia la linea ferroviaria, poi, dopo una sessantina di metri, si vede, alla sinistra della strada, l’edificio che ospita la Stazione ferroviaria di Soleminis. Si tratta oggi di una fermata ferroviaria passante in superficie posta lungo la linea che collega Cagliari con Isili. Lo scalo è stato realizzato con caratteristiche di stazione negli anni ottanta dell’Ottocento, durante la fase di costruzione della ferrovia da parte della Società italiana per le Strade Ferrate Secondarie della Sardegna, ed è stato inaugurato nel 1888. 
A questa prima concessionaria della linea, nel 1921 la gestione passa alla Ferrovie Complementari della Sardegna, a cui seguono nel 1989 la Ferrovie della Sardegna, che dal 2008 diventano ARST Gestione Ferrovie della Sardegna, e nel 2010 la gestione viene assunta direttamente dall’ARST. Sempre nel 2010 lo scalo viene sottoposto a lavori di ristrutturazione e soprattutto alla trasformazione della stazione in fermata, con la rimozione di tutti i binari al di fuori di quello di corsa. Nella via della Stazione il murale di Barbara Agus Evitando la deviazione che ci ha portati alla stazione ferroviaria, proseguiamo lungo la via della Stazione dopo la svolta a destra e, percorsi centoventi metri, si vede alla sinistra della strada, sulla facciata dell’edificio al civico numero 34, il murale che rappresenta una Composizione con architettura e figura femminile seduta, realizzato nel 2002 dalla pittrice e muralista Barbara Agus, scelta dall’Amministrazione Comunale per rappresentare il paese nel 350esimo anniversario della sua fondazione. L’opera rappresenta una figura femminile ritratta realisticamente fuori dall’uscio di casa. La donna, anziana e vestita di nero, è seduta su una seggiola e intenta ad intrecciare un cestino di paglia. Dalla porta dell’abitazione, lasciata aperta, fa capolino un gatto.
Gli impianti sportivi della Scuola PrimariaProseguendo per altri centocinquanta metri si vede, alla destra della strada al civico numero 17 della via della Stazione, l’ingresso della Scuola Primaria di Soleminis. All’interno di questo complesso scolastico è presente una Palestra Polivalente, senza tribune per gli spettatori, nella quale è possibile praticare come discipline pallacanestro e pallavolo. 
Nella via della Stazione il murale di Giorgio Polo Sulla facciata dell’ultimo edificio della Scuola Primaria, al civico numero 15a della via della Stazione, è presente il murale che rappresenta La terra, paesaggio con figure e animali, realizzato nel 1994 dal muralista Giorgio Polo, nato a Cagliari nel 1959, che ha iniziato a lavorare come muralista in Italia dal 1978 su differenti progetti e contesti. L’opera racconta attraverso un collage dai colori accesi distribuiti in modo equilibrato e composto sulla superficie intonacata, la piaga degli incendi. Due scene contribuiscono alla restituzione per fotogrammi dell’intera rappresentazione divisa in due dalla presenza di volti di pietra scolpiti sulla roccia, a destra una natura incontaminata lascia spazio alla quiete e alla presenza serena di una madre con i suoi bimbi, mentre a sinistra il divampare delle fiamme semina morte, devasta i campi e costringe gli animali alla fuga. Il murale è stato sottoposto ad un intervento di ripristino nel 2010, come evidenziato nell’iscrizione su esso riportata.
Giorgio Polo, coinvolto in alcune iniziative del Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, dal 1993 al 1997 ha lavorato nella ex-Yugoslavia con i rifugiati, nel 1997 a Deinze in Belgio si è impegnato con bambini affetti da difficiltà di apprendimento, e nel 1998 è stato invitato dalla Comunità Europea a partecipare all’evento World Artist for Tibet. Nel 1998 e nel 2000 ha lavorato in Nicaragua con i bambini di strada in un progetto chiamato Proyecto Los Quinchos per aiutare i bambini dipendenti dall’annusare colla. Nel 2000 ha collaborato in Palestina per ristrutturare un asilo nel più grande campo profughi della Cisgiordania. In seguito ha lanciato a Melbourne il progetto The Continuing Journey per la realizzazione di un dipinto murale collaborando con studenti locali e artisti aborigeni allo scopo di condividere idee e tecniche artistiche di arte di strada, riflettendo sui temi di emigrazione ed identità.
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Visita dei dintorni di SoleminisVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Soleminis non sono stati portati alla luce resti archeologici particolarmente significativi, i pricipali sono costituiti dall’area archeologica di Cuccuru Cresia Arta, dall’area archeologica di Facc'è Bidda, e dalla necropoli di Is Calitas. Il Cimitero Comunale di SoleminisArrivati con la via Roma al sottopasso al di sotto della linea ferroviaria, lo percorriamo e prendiamo la prosecuzione della via Roma. Dopo circa centocinquanta metri, parte alla sinistra della strada una deviazione in salita che immette sulla SP13, evitiamo questa deviazione e continuiamo lungo la prosecuzione della via Roma, fino a che, dopo un’ottantina di metri, si vede, alla destra della strada, il muro di cinta con il cancello di ingresso del Cimitero Comunale di Soleminis. 
L’edificazione dell’ingresso principale del cimitero risale intorno all’anno 1930 e presenta caratteri di tipo monumentale. Il prospetto è tripartito da lesene, al centro è situato l’accesso ad arco a tutto sesto sovrastato da cornice modanata in aggetto e frontone curvilineo superiore. Ai lati del corpo principale sono presenti due locali attigui adibiti a camera mortuaria e ossario. L’area cimiteriale interna è organizzata secondo settori delimitati dal camminamento rettilineo principale che conduce alla cappella cimiteriale. Il Campo Sportivo Comunale di SoleminisSuperato l’ingresso del Cimitero Comunale, la prosecuzione della via Roma va ad immettersi sulla SP13, lungo la quale, percorsi quasi duecento metri, in località Su Cungiau de Bitti si vede, alla destra della strada, il cancello di ingresso del Campo Sportivo Comunale di Soleminis. All’interno di questo complesso sportivo, è presente un Campo da Calcio, con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori. In questo campo gioca la squadra Soleminis, partecipante al campionato di calcio di Seconda Categoria Girone A in Sardegna. 
Oltre al campo da calcio, è presente un Campo da Calcetto, ossia da calcio a cinque pluriuso utilizzabile anche per la pallacanestro e la pallavolo, con fondo in erba artificiale, dotato di tribune per una cinquantina di spettatori, campo che è stato intitolato a Maurilio Vargiu, ispettore di polizia ucciso nel 2016, con un colpo di fucile in località Funtanasusu mentre cercava di far desistere il cognato da propositi suicidi. 
Sono presenti, inoltre, due campi da tennis con fondo in materiali sintetici vari, che sono il Campo da Tennis greenset, con tribune per un centinaio di spettatori, e alla sua destra il Campo da Tennis mateco, senza tribune; ed anche un Impianto di Skate Park, con fondo in legno tpo parquet, senza tribune, nel quale praticare attività diverse. 
All’interno di questo complesso sportivo, è presente, inoltre, un Bocciodromo, dotato di tribune per una cinquantina di spettatori, nel quale si trovano tre Campi per il gioco delle bocce, con fondo il materiali sintetici vari. 
A nord dell’abitato a breve distanza da Serdiana si trova la Cappella campestre di San MarzialePer vedere i siti che si trovano a nord dell’abitato, scendendo dalla via Roma a sud con la via Funtanabasciu, si raggiunge la rotonda al centro della quale è presente il masso con l’indicazione del nome del paese. Alla rotonda prendiamo la deviazione a destra verso ovest con la SP13 che, dopo circa un paio di chilometri, va ad immettersi sulla SS 387 del Gerrei. La prendiamo verso destra in direzione di Serdiana, la seguiamo per due chilometri e quattrocento metri, finché, all’altezza del chilometro 17.9, svoltiamo a destra sulla via Cagliari che si dirige verso il centro di Serdiana, che dista un solo chilometro. Seguita per duecento metri, troviamo a destra la deviazione per l’Agriturismo Santu Marcialis, che raggiungiamo in poco più di cinquecento metri. Accanto all’Agriturismo, è presente la Cappella dedicata a Santu Marcialis ossia a San Marziale che, pur essendo molto vicino a Serdiana, si trova però in territorio di Soleminis. 
Questa piccola chiesa campestre è stata costruita agli inizi del ventunesimo secolo, su iniziativa di devoti di Soleminis interessati a rivitalizzare il culto del Santo, al quale, come ricordano, doveva essere intitolata la scomparsa chiesa parrocchiale del villaggio medievale di Solomura. A sud dell’abitato si trovano le Tenute Carlo Pili con due vini inseriti nella guida 5StarWines di VinitalyPer vedere i siti che si trovano a sud dell’abitato, scendendo dalla via Roma a sud con la via Funtanabasciu, si raggiunge la rotonda al centro della quale è presente il masso con l’indicazione del nome del paese. Arrivati alla rotonda, la attraversiamo e continuiamo per una cinquantina di metri dritti per Agro, per poi prendere a sinistra una strada bianca che percorriamo per quattrocentocinquanta metri, per arrivare in località Sa Misa, dove alla destra della strada bianca, sulla sommità del colle, campeggiano le coltivazioni e la Cantina delle Tenute Carlo Pili.  Le Tenute Carlo Pili nascono dalla sinergia di due forti tradizioni vinicole, quelle della famiglia Pili di Monserrato, dove il vino lo sanno fare, e quella delle vigne di Soleminis, in cui le vigne le sanno curare. Paziente, sotto il sole, cresce la vite e con essa il profumo e le tradizioni dell’antico Campidano. Le Tenute di Carlo Pili hanno un nome che gli amanti del buon vino sanno riconoscere. Oggi, le Tenute occupano un posto di primo piano nel panorama vitivinicolo sardo per la qualità dei vini prodotti e per la modernità degli impianti. La frase che le identifica, Nei vini la nostra storia, rappresenta la ferma volontà di preservare quella continuità che, nel corso dei secoli, vendemmia dopo vendemmia, caratterizza la cultura del popolo sardo. Nel corso degli anni, le Tenute Carlo Pili hanno saputo interpretare il ruolo dei produttori legati alla terra e alla storia, ma aperti alle innovazioni. Ecco perché oggi le loro bottiglie sono apprezzate sia dagli appassionati che dagli intenditori.

Il vino Isola Dei nuraghi Igt Bianco Dejola 2020, ed il vino Vermentino di Sardegna Doc Ipno 2021, della Cantina delle Tenute Carlo Pili di Soleminis, sono stati inseriti nella 5StarWines del 2023 di Vinitaly. |
L’area archeologica di Facc'è BiddaDi fronte allo stablimento delle tenute Carlo Pili, alla sinistra della strada bianca che ci ha portato ad esso, si trovano i resti dell’area archeologica di Facc'è Bidda, che comprende forse i resti di un nuraghe ed il relativo villaggio nuragico, con attenzione particolare all’industria litica. Qui sono state trovate tra l’altro asce, martelli e teste di mazza in pietra levigata. Uno dei ritrovamenti più particolari è una raffigurazione di un pugnale su ceramica. Nell’area archeologica resta visibile solo poco materiale, qualche filare di conci grandi, alcuni angoli retti di muri, ma forse togliendo i cespugli si vedrebbe di più. 
A sud est dell’abitato si trova l’area archeologica di Cuccuru Cresia Arta Per vedere i siti che si trovano a sud est rispetto all’abitato, seguiamo la via Roma verso est fino alla sua fine, dove la strada continua come via Is Bovidas, mentre da sinistra arriva la via Dolia, mentre a desta parte la via Funtanasusu. Qui prendiamo a destra la via Funtanasusu, la seguiamo per centoventi metri, poi svoltiamo a destra per rimanere sulla via Funtanasusu e, dopo una cinquantina di metri, svoltiamo a sinistra nella via Funtanabasciu, la seguiamo e dopo circa centotrenta metri svoltiamo leggermente a sinistra seguendo le indicazioni per la località Sa Cavana. Lungo questa strada, dopo circa duecento metri svoltiamo a sinistra, sempre seguendo le indicazioni per la località Sa Cavana, in una traversale chiamata via Mitz'e Murgia, e lungo questa traversale, percorsi quattrocento metri, vediamo, alla sinistra della strada, una collinetta alta circa quaranta metri rispetto alla strada campestre d’accesso, sulla quale si trova l’area archeologica di Cuccuru Cresia Arta nella quale sono presenti numerosi resti archeologici. I lavori di scavo, finanziati dall’amministrazione Comunale, rientrano in un quadro più vasto di valorizzazione delle aree archeologiche del comune di Soleminis, concordato da tempo con la Soprintendenza.

Sulla sommit della collina sono state trovate deboli tracce di resti murari d et storica. emersa una struttura quadrangolare, costruita con pietre di medie dimensioni, impostata sul bancone roccioso sottostante, che è possibile sia da riferirsi ad un edificio di culto, considerato il nome della località e la presenza di una croce. Di certo, considerata la posizione strategica, la struttura dominava i fertili terreni circostanti e svolgeva, quindi, una funzione di controllo sul territorio. L elemento pi significativo dello scavo costituito dal rinvenimento di una struttura nuragica, di pianta ellittica, impostata al limite del costone, sul lato sud occidentale, che stata scavata per oltre due metri nel piano roccioso e rivestita, per quanto stato messo in luce, con dodici filari di pietre. I diversi strati di riempimento hanno restituito esclusivamente ceramiche e strumenti nuragici, i pi antichi dei quali sono attribuiti al bronzo medio. L ipotesi pi plausibile che si tratti della camera di combustione di una fornace, utilizzata per la cottura dei vasi. Campioni di ossa, prelevati da uno tra gli strati pi profondi, sono stati datati al Carbonio 14 tra il 1520 e il 1300 avanti Cristo. I resti della necropoli di Is Calitas Dalla fine della via Roma, prendiamo a destra la via Funtanasusu, la seguiamo per centoventi metri, poi svoltiamo a destra per rimanere sulla via Funtanasusu e, dopo una cinquantina di metri, svoltiamo a sinistra nella via Funtanabasciu, la seguiamo e dopo circa centotrenta metri svoltiamo leggermente a sinistra seguendo le indicazioni per la località Sa Cavana. Percorsi un chilometro e trecento metri, vediamo alla sinistra della strada un cancello passato il quale si arrica dove sono presenti i pochi resti della necropoli di Is Calitas costituita da tombe del tipo a fossa, scavate in parte nel terreno e in parte nella roccia, che è stata probabilmente ricoperta con lastre di pietra. Il sito si sviluppa sulla sommità di un basso rilievo dalla sommità pianeggiante, sfruttata per attività agricole, osia per un frutteto ed un vigneto. Il sito presentava, in seguito alle arature, 27 chiazze scure superficiali accompagnate dalla dispersione di ossa umane e manufatti antichi. In seguito allo scavo sono state evidenziate sacche di forma ellittica o circolare contenenti oggetti fittili e litici.

I corredi rinvenuti sono attribuibili alla Cultura di Bonnanaro, che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 2200 ed il 1900 avanti Cristo, e secondo una datazione più tradizionale tra il 1900 ed il 1600 avanti Cristo. Questi corredi mostrano in parte una derivazione dalla precedente cultura del Vaso Campaniforme, che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 2400 ed il 2200 avanti Cristo, e secondo una datazione più tradizionale tra il 2100 ed il 1900 avanti Cristo, ed in parte da una sua variante centro europea. Una fossa, di pianta ovale irregolare, lunga 2.77 metri, larga 1.82, e profonda 0.74, conteneva i resti di almeno 79 individui inumati. Trattandosi di una sepoltura collettiva, sono stati recuperati numerosi scheletri che hanno permesso di stabilire che la popolazione inumata era discretamente alta, con una altezza media degli uomini di 169 centimetri, e delle donne di 154 centimetri, era robusta, e non soffriva di particolari patologie. Dei 21 crani studiati, 14 sono dolicocefali e 7 brachicefali. Tra i vari reperti spiccano vasi tripodi, scodelle, tazze carenate, un brassard in pietra ossia una placchetta di forma rettangolare o ellittica provvista di due o quattro fori forse utilizzata dagli arcieri per proteggere la parte inferiore dell’avambraccio dalla corsa di ritorno della corda dell’arco, e diverse collane costituite da vaghi in osso, conchiglie, zanne di cinghiale, denti di animali. Questi reperti sono esposti nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. La chiesa campestre di Sant’Isidoro agricoltoreDalla fine della via Roma, prendiamo a destra la via Funtanasusu, la seguiamo per centoventi metri, poi svoltiamo a destra per rimanere sulla via Funtanasusu e, dopo una cinquantina di metri, svoltiamo a sinistra nella via Funtanabasciu, la seguiamo e dopo circa centotrenta metri svoltiamo leggermente a sinistra seguendo le indicazioni per la località Sa Cavana. Percorsi un chilometro e mezzo questa strada termina su una traversale chiamata via Terra Is Pars, sulla quale svoltiamo a sinistra e, percorsi trecentocinquanta metri, vediamo, sulla sinistra della strada, la piccola Chiesa di Sant’Isidoro agricoltore. Il Santo spagnolo protettore dei contadini, è sempre stato venerato in questo centro agricolo campidanese, nonostante in passato non abbia mai avuto una chiesa a lui dedicata. Nel corso degli anni ottanta del Novecento, un gruppo di devoti decide di costruire un luogo di culto in suo onore, l’Amministrazione Comunale accoglie favorevolmente l’iniziativa, progetta il fabbricato e vende il terreno a prezzo simbolico. Raccolti i primi fondi pubblici e privati, con il concorso di tutta la cittadinanza, nel 1990 viene posata la prima pietra ed appena due anni dopo, l’edificio viene completato. 
L’ultima domenica di maggio, a Soleminis si svolge la Festa di Sant’Isidoro, che ha inizio il sabato sera rievocando antiche tradizioni. Il Santo viene portato in processione dalla chiesa parrocchiale alla chiesa campestre passando per le vie del borgo, accompagnato da una sfilata di cavalli e cavalieri, gruppi folcloristici e i tradizionali Is Traccas addobbati, ossia i carri usati per la lavorazione dei campi. All’arrivo della processione alla piccola chiesa di Sant’Isidoro, dopo la benedizione, dai traccas vengono offerti prodotti locali. La domenica mattina viene celebrata la messa solenne nella piccola chiesa. La sera prima del rientro del Santo vengono distribuiti ai partecipanti prodotti tipici, quali la pecora in cappotto che è uno stufato di carne di pecora con l’aggiunta di vari ortaggi, fave lesse, olive, formaggio, vino e dolci.
La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Samatzai ci recheremo a Pimentel che visiteremo con il suo centro ed i dintorni nei quali si trovano le sue impotanti necropoli preistoriche, ossia la necropoli preistoriche di Corongiu e quella di Pranu Efis chiamata anche di S’Acqua Salida. |