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Dal sesto al terzo secolo avanti Cristo si sviluppa in Sardegna la colonizzazione cartaginese


In questa pagina apriremo le porte sull’età storica, e vedremo come, dal sesto al terzo secolo, si sviluppa in Sardegna la colonizzazione cartaginese. I Cartaginesi verranno chiamati in latino Phoenici, con riferimento alle loro origini fenicie, e da questo termine deriva la loro denominazione di Punici.

Chi sono i Cartaginesi

CartagineCome è noto, i cosiddetti Fenici che sappiamo appartenevano ai Popoli del Mare sarebbero stati grandi navigatori, e con i loro commerci hanno portato in diverse località del Mediterraneo occidentale la loro cultura e la loro religione. Così sarebbe nata Cartagine una città-stato fondata sulle coste dell’africa settentrionale, dove oggi è la Tunisia, secondo lo storico greco Timeo nell’814 avanti Cristo, mentre secondo lo storico romano Giuseppe Flavio la data di fondazione sarebbe l’826 avanti Cristo. La sua fondazione sarebbe dovuta a coloni Fenici provenienti dalla città di Tiro, che portavano con loro il culto del dio Melqart, protettore dei naviganti, il cui nome significa Re della città.

Secondo la leggenda, Cartagine sarebbe stata fondata dalla principessa fenicia Didone, una figura mitologica che era stata precedentemente regina di Tiro, e che, secondo il racconto di Virgilio, si sarebbe innamorata di Enea esule da Troia e, disperata per il suo allontanamento, si sarebbe uccisa. Ma se Troia, o se preferiamo Ilio, fu distrutta nel 1200 avanti Cristo, risulta difficile da sostenere che Cartagine non esistesse già prima delle datazioni ufficiali relative alla sua fondazione, e che soprattutto Enea e compagni impiegassero più di Trecentoanni per arrivare da Troia in terra laziale. Ed infatti, secondo lo studioso Leonardo Melis, Cartagine sarebbe stata fondata molto prima di queste date dai Libu, appartenenti ai Popoli del Mare, con il nome di Kharkhe.dona. Cartagine ha sempre conservato, comunque, con le città fenicie importanti rapporti commerciali, ed ha avuto una grande importanza nell’espansione coloniale dapprima fenicia e successivamente cartaginese. Mercanti ed esploratori Cartaginesi, con i loro commerci, portano una grande prosperità e un ampio potere alla città-stato, tanto che, durante il sesto secolo avanti Cristo, Cartagine comincia ad imporre il suo dominio nel Mediterraneo Occidentale.

L’organizzazione della società cartaginese

I primi anni di Cartagine vedono una forte rivalità fra i proprietari terrieri e le famiglie dei commercianti e marinai, i quali ultimi, a causa dell’importanza dei commerci per la città, arrivano a controllarne il governo. A Cartagine e in tutte le colonie fenicie è in vigore un ordinamento di tipo repubblicano. Il governo di Cartagine è retto da un’Oligarchia, diella quale non conosciamoche pochi dettagli. La più alta magistratura dei Cartaginesi sono i Suffeti, o giudici, che verosimilmente era il titolo del governatore della città-Madre Tiro, in numero di due. Si suppone che i Suffeti esercitassero il potere giudiziario ed esecutivo, ma non quello militare, che era affidato a generali di nomina pluriennale, chiamati Strategoi. I suffeti vengono eletti annualmente, fra gli esponenti delle famiglie più potenti e influenti. Sono affiancati da due assemblee: quella degli anziani e quella del popolo. La prima, chiamata Consiglio Supremo, è una sorta di senato, di Trecento membri appartenenti all’aristocrazia, che esprime un consiglio ristretto di cento membri, chiamata appunto Consiglio dei Cento. L’Assemblea Popolare è invece composta da tutti gli altri cittadini. Non si sa, però, se i Suffeti venissero eletti dal Consiglio o direttamente dall’Assemblea Popolare. In ogni caso, gli elementi democratici, piuttosto deboli con l’amministrazione della città sotto il fermo controllo degli oligarchi, a partire dal quarto secolo avanti Cristo tendono a rafforzarsi, e l’Assemblea Popolare accresce il suo potere. Alla base della piramide sociale stanno gli schiavi senza diritti politici e civili.

L’economia della società cartaginese

La sua economia è basata su attività agricole, pastorizia, ed artigianato, oltre che sulla produzione del Garum, una salsa liquida piccante di interiora di pesce e pesce salato, che viene anche esportata. Data l’origine fenicia della città di Cartagine, l’economia della società cartaginese si volge, però, presto in direzione delle attività commerciali e marinare.

L’espansione del dominio cartaginese nel Mediterraneo occidentale

L’occupazione cartaginese nelle varie aree del MediterraneoDurante il sesto secolo avanti Cristo, le navi puniche si sostituiscono a quelle fenicie, e Cartagine acquisisce il dominio del Mediterraneo Occidentale. Mercanti ed esploratori costruiscono una vasta rete di commerci che portarono una grande prosperità ed un grande potere alla città-stato. Cartagine inizia la conquista delle antiche colonie fenicie in Tunisia, come Adrumeto, Utica e Kerkouane, allargando la sua dominazione su tutta la costa settentrionale dell’Africa, dall’odierno Marocco ai confini dell’Egitto. La sua influenza si allarga, poi, nel Mar Mediterraneo. La prima colonia cartaginese viene fondata nel 654 avanti Cristo ed è la città di Ibiza, fondata col nome di Ebusa nel settimo secolo avanti Cristo. Tucidide descrive, nel 600 avanti Cristo, il tentativo dei Cartaginesi di impedire, ai marinai greci originari di Focea, in Turchia, la fondazione di Marsiglia, che comunque va in porto tanto che i suoi abitanti vengono chiamati ancora oggi focesi. Nel 565 avanti Cristo i Focesi fondano, in Corsica, un emporio chiamato Alalia, e nel 546 avanti Cristo, a seguito della conquista della loro città da parte di Ciro il Grande, l’emporio viene incrementato con l’arrivo di profughi Focesi. L’espansione cartaginese nel Mediterraneo è dovuta alla necessità di garantire a Cartagine la sicurezza dei propri traffici commerciali, minacciata dall’insediamento dei coloni greci ad Alalia, sulle coste orientali della Corsica, da dove potrebbero insediarsi in Sardegna. Secondo Erodoto, la città Alalia entra in contrasto con Etruschi e Cartaginesi, che si confederano e, con la battaglia di Alalia, svoltasi tra il 540 avanti Cristo e il 535 avanti Cristo, costringono i suoi abitanti ad abbandonano la città, e la Corsica passa sotto il controllo cartaginese ed etrusco. Nel 409 avanti Cristo, Selinunte, fondata da coloni greci provenienti dalla colonia di Megara Hyblaea, vicina ad Augusta, viene assediata e distrutta dai Cartaginesi, che successivamente la ricostruiscono. Qui la cultura punica si innesta sulla precedente tradizione di origine greca, e se ne notano i simboli religiosi in un mosaico, nel quale sono presenti il simbolo di Tanit, rappresentazione schematica della figura femminile con il triangolo della fertilità, con i betili, simbolo della presenza divina, e il disco solare, simbolo del ciclo vegetativo della rinascita primaverile. In tutto il Mediterraneo occidentale resistono alla conquista cartaginese solo Marsiglia, le colonie greche della costa italiana, e gli Etruschi, che riescono a malapena a mantenere il controllo delle coste italiane del Mar Tirreno.

L’arrivo dei Cartaginesi in Sardegna

Datazioni dell’Età del BronzoNel giro di pochi decenni ai Fenici, che erano stati ospitati amichevolmente nell’isola, si sostituiscono i Cartaginesi che, inizialmente, intervengono in difesa delle colonie fenicie, ma successivamente trasformano la loro presenza in una vera e propria occupazione militare. L’intervento di Cartagine in Sardegna viene descritto, soprattutto, nei testi dello storico romano Giustino. Il condottiero Malco guida, nel 540 avanti Cristo, la prima spedizione dei Cartaginesi per invadere l’isola. L’insediamento fenicio di Cuccureddus, presso Villasimius, rimane vittima di un’aggressione da parte dei Cartaginesi, che l’incendiano. Ma Malco si scontra contro la Resistenza della popolazione locale che, con la sua tattica di guerriglia, distrugge la fortezza di Monte Sirai, dove i Cartaginesi si erano insediati, e respinge gli invasori. Malco è costretto a reimbarcarsi verso Cartagine, dove, con un colpo di stato, assume i pieni poteri, ma viene poi spodestato da Magone e giustiziato. Nel 535 avanti Cristo i Cartaginesi, alleati con gli Etruschi, sconfiggono i Greci in una battaglia navale di fronte ad Alalia, e, verso il 520, iniziano un secondo tentativo di invasione della Sardegna. Le truppe sono guidate da Asdrubale e Amilcare, Figli di Magone, il vero fondatore della potenza cartaginese, successo a Malco. Asdrubale muore in battaglia nel 510 avanti Cristo, ma la guerra viene portata a termine vittoriosamente da Amilcare, il quale prevale sui sardi che riparano nelle zone montagnose dell’interno. I Cartaginesi si spingono nell’interno fino a distruggere la reggia nuragica di Barumini, ricostruiscono la fortezza di Monte Sirai e ne costruiscono altre in posizioni strategiche, per contenere eventuali incursioni della popolazione locale. I resti degli insediamenti fortificati dimostrano la presenza diffusa di truppe, probabilmente mercenarie. Quella cartaginese è un’occupazione militare molto più estesa della penetrazione commerciale fenicia. Arriverà nelle pianure e nelle zone collinari dove saranno fondati diversi centri abitati che serviranno da un lato a proteggere i loro commerci e dall’altro a sfruttare le ricchezze agricole e minerarie dell’interno. Dopo la conquista della Sardegna, Cartagine trasporta nell’isola una grande quantità di indigeni berberi dal nord Africa, destinati alla coltivazione intensiva del grano nel Campidano. Molte zone dell’isola vengono abbandonate poiché inadatte all’agricoltura, mentre numerosi nuovi insediamenti sorgoro nelle pianure.

Lettura di 'Fenici e Cartaginesi in Sardegna'Lettura di 'Sardegna punica'Mentre nei secoli precedenti la Sardegna era stato un importante nodo di scambio commerciale soprattutto con l’Etruria e con Roma, l’isola viene inserita nel territorio metropolitano di Cartagine. Di conseguenza viene chiusa ai commerci esteri, da quel momento cessano le importazioni dall’Etruria mentre si instaurano quelle con Atene, che vengono però mediate da Cartagine. A questo scopo, Cartagine stipula con Roma e con molte altre città, soprattutto etrusche, alcuni trattati che di fatto impongono una rigorosa limitazione ai traffici commerciali da e per la Sardegna, che vengono sempre sottoposti al ferreo controllo di Cartagine.

Il primo trattato - del 509 avanti Cristo - tra Cartagine e Roma

Nel 509 Cartagine stipula il Primo trattato con Roma che riconosce a Cartagine il possesso della Sardegna, ed in base al quale ai Romani viene vietato ogni commercio con l’isola. Ormai, Cartagine si impone come uno dei principali attori nel bacino mediterraneo, ma quello che risulta più evidente è la volontà di assoggettamento delle antiche colonie fenice, che risultano ormai completamente asservite al nuovo padrone. Ne deriva il ridimensionamento, se non la distruzione, di alcuni centri di origine fenicia, ed in quest’ottica va vista la crisi di Sulki, ossia Sant’Antioco; la crisi, se non addirittura il temporaneo abbandono, di Bythia, a Chia in territorio di Domus de Maria; ed inoltre la definitiva rovina di Sarcapos, nella frazione Santa Maria di Villaputzu; e quella di Cuccureddus, la cui attività commerciale cessa definitivamente. La rovina di questi due centri comporta l’interruzione dei commerci tra le città fenice della Sardegna e l’Etruria, nel quale Sarcapos e Cuccureddus, favorite dalla posizione geografica sulla costa orientale dell’Isola, erano particolarmente attive. Quindi, gli Etruschi sono costretti a ritirarsi, dai loro commerci con la Sardegna.

Il secondo trattato del 348 avanti Cristo tra Cartagine e Roma

Nel 378 avanti Cristo Risulta che i Romani costituiscano una loro colonia a Sardonia, di cui si ignora la localizzazione, ma che potrebbe indicare proprio a Sardegna, e nella metà del quarto secolo avanti Cristo i Romani inviano una flotta in Corsica per fondarvi una città. Tanto che, attorno al 360 avanti Cristo, Cartagine decide di ristrutturare, ampliare e fortificare alcune tra le città più importanti della Sardegna, forse a causa dei potenziali pericoli derivanti dalla crescita della Repubblica romana, e quindi dalla necessità di irrobustire i punti nevralgici dell’Isola. Tra gli altri centri dell’Isola, vengono cinte di mura le città di Tharros, Sulcis, Nora, Karalis, ed anche Padria ed Olbia; vengono, inoltre, fortificati gli insediamenti extraurbani di Santu Antine e di Genoni. Quando, nel 368 avanti Cristo, scoppia la guerra tra Dionigi I di Siracusa ed i Cartaginesi, i Sardi si ribellano nuovamente, forse sobillati da emissari greci. La sollevazione però si conclude prima del 348 avanti Cristo. Nello stesso anno, il 348 avanti Cristo, Cartagine stipula il Secondo trattato con Roma che evita ulteriori scontri tra le due potenze, almeno fino alla prima guerra punica. Alle importazioni etrusche, che scompaiono quasi del tutto, si sostituiscono quelle dalla Grecia, soprattutto dall’Attica. Il che sta a dimostrare un nuovo orientamento, imposto da Cartagine nel quadro di una politica filoateniese, non potendosi supporre che derivasse da un’iniziativa autonoma delle città puniche dell’Isola.

L’influenza della presenza punica in Sardegna

Al controllo militare del territorio, segue uno stanziamento massiccio di popolazioni puniche nell’isola, dimostrata, tra l’altro, dalla presenza di oggetti riconducibili a tale cultura in località che prima di allora non erano state colonizzate, come la Gallura. Si verifica, inoltre, l’adozione di ceramiche appartenenti a modelli attici, esportati nell’isola da Cartagine. Lo attesta anche il passaggio, per i defunti, dal rito dell’incinerazione all’inumazione. I Cartaginesi effettuano una notevole occupazione tenitoriale del Sinis, del Campidano e del Sulcis Iglesiente, ed inoltre della Marmilla e della Trexenta. Nella loro occupazione del territorio si nota soprattutto la volontà di sfruttare tutte le risorse economiche dell’Isola. L’occupazione cartaginese ha molta influenza sulla storia della Sardegna, soprattutto nelle zone costiere dove edificano i loro porti e le loro città. L’occupazione punica trasforma anche l’organizzazione della società sarda. Le città diventano il centro del potere politico, economico, religioso, militare, e vengono punicizzate, viene imposta alla popolazione locale una cultura del tutto estranea e per questo, almeno in un primo tempo, male assimilata. Ma dopo un primo periodo di forte scontro, il contatto con la popolazione locale, in queste località, migliorerà al punto da far nascere la Cultura punico-sarda.

L’economia

Principali caratteristiche dell’economia, nel periodo della presenza punica in Sardegna, sono quelle legate all’Agricoltura. L’economia dell’isola viene indirizzata forzatamente verso l’agricoltura, e migliaia di ettari vengono disboscati per lasciar posto alle colture. La politica agraria prevede la coltura estensiva del grano e dei cereali, e la proibizione di coltivare frutta. I terreni fertili sono nelle mani di una classe di proprietari che possedono vasti latifondi, che vengono coltivati dagli schiavi, ed il raccolto viene inviato a Cartagine per soddisfare le necessità della capitale e degli eserciti dislocati nelle varie regioni del Mediterraneo. Comunque le granaglie vengono conservate in modo che l’esercito possa accedervi liberamente. Importante economicamente è anche lo Sfruttamento minerario. Le risorse minerarie, estratte nelle molte miniere della Sardegna, anch’esse dagli schiavi, finiscono a Cartagine. Dai principali centri minerari dell’isola viene allontanata la popolazione locale, ed i Cartaginesi vengono ad assumere il controllo diretto delle miniere. I Cartaginesi sfruttano intensamente le ricchezze minerarie dell’Iglesiente, dove sono state rinvenute tracce di escavazioni e scorie di fusione attribuibili a questo periodo. un’intensa attività metallurgica, sia estrattiva che fusoria, è testimoniata, dal punto di vista archeologico, anche presso i ricchi giacimenti metalliferi del Sarrabus. L’Introduzione della moneta la sua coniazione e la sua larga circolazione nell’isola, rappresentano un ulteriore elemento di sviluppo economico in età punica, sostituendo il tradizionale baratto che costituiva, per le popolazioni locali, il normale mezzo di scambio commerciale.

Come si caratterizzano le città Cartaginesi

La diffusione di popolazioni puniche nell’isola, determina una sostanziale modifica nella tipologia degli insediamenti abitativi, dal momento che vengono fondati nuovi centri, che rispondono ad obiettivi di controllo del territorio e di controllo economico, che non erano presenti nel periodo nel quale si è verificata la creazione della prima rete di colonie fenice. Sulle rovine delle città fenicie vengono edificate, dal sesto secolo fino al terzo secolo avanti Cristo, le città puniche, delle quali restano soprattutto le necropoli, dato che sul centro abitato verranno successivamente edificate le città romane. Altre ne vengono realizzate di nuove. Vengono realizzati ora nuovi tipi di strutture urbane. Si tratta di grandi insediamenti urbani, creati nelle regioni costiere o interne, con l’obiettivo primario dello sfruttamento agricolo dei rispettivi comprensori. Sorgono, poi, abitati spesso di modesta entità, realizzati ai margini delle zone minerarie, attraverso i quali Cartagine si assicura il controllo delle fasi della produzione, della raffinazione e del trasporto della materia prima. Ed, infine, di piccoli borghi a carattere rurale, che vengono realizzati in diverse zone soprattutto il basso Campidano e l’Oristanese. Le città puniche sono il centro del potere politico, economico, religioso e militare. È questo un modello di organizzazione sociale sconosciuto, fino a questo momento, alle popolazioni dei piccoli villaggi della Sardegna. Sono città ricche di edifici pubblici e privati, hanno strade, acquedotti e fognature. Le città restano autonome nel controllo del territorio e per l’amministrazione civica, secondo una politica tipica delle città stato; ma non nelle decisioni internazionali, che dipendono direttamente da Cartagine. Per quanto riguarda l’organizzazione militare, i resti di insediamenti fortificati dimostrano la presenza diffusa di truppe, probabilmente mercenarie.

Carbonia-Monte Sirai: una via interna tra le abitazioni del paese Carbonia-Monte Sirai: resti dell’abitato

L’artigianato dell’epoca cartaginese

Sant’Antioco: vasi trovati nella necropoli punicaL’Artigianato cartaginese produce, oltre a numerose ceramiche e altro materiale di devozione, anche teste femminili ed un vasto repertorio di stele votive, ed inoltre sono stati rinvenuto numerosi altri prodotti dell’artigianato. Significativo è il ritrovamento di gioielli ed altri oggetti di oreficeria trovati in diverse località, ma soprattutto a Tharros. Nelle tombe sono state rinvenuri, tra l’altro, gusci di uova di struzzo variamente tagliate e dipinte, il cui uso allude al valore simbolico di cui l’uovo è sempre stato portatore. Nei contesti funerari sono stati rinvenuti anche rasoi in bronzo, spesso fortemente decorati, simboli della depilazione purificatrice del cadavere, e forse anche delle persone venute in contatto con esso, che avrebbero raccolto le impurità strappate a lui ed ai suoi manipolatori rituali. Sono stati rinvenuti anche, in grande numero, scarabei in pietra dura, realizzati soprattutto a Tharros ed esportati in tutta la Sardegna ed all’esterno, anche a Cartagine. Inoltre, pietre vitree multicolori per amuleti e collane, oggetti di oreficeria, idoli in bronzo, statuette e bruciatori di profumi in terracotta.

Sant’Antioco: collane trovate nella necropoli punica Sant’Antioco: anelli trovati nella necropoli punica Tharros: orecchini in oro Tharros: scarabeo realizzato in corniola Antiquarium Arborense: spilloni in osso usati dalle ragazze per raccogliere i capelli, rinvenuti nella necropoli di Tharros Tharros: uova di struzzo decorate Antiquarium Arborense: valve di conchiglia con resti di belletto rosso cinabro depositate nelle tombe, rinvenuti nella necropoli di Tharros Sant’Antioco: il placchetta votiva in terracotta a forma di volto umano del quinto secolo avanti Cristo (Museo di Cagliari) Antiquarium Arborense: statua di Ercole in bronzo di fattura umbro-sabellica databile quarto secolo avanti Cristo Antiquarium Arborense: anfora attica con Ercole e Antaios databile 520 avanti Cristo rinvenuti nella necropoli di Tharros

La terracotta viene utilizzata anche per realizzare le cosiddette Maschere orride, ossia maschere con il volto deforme e la bocca ghignante, fatte con funzione apotropaica, cioè con la capacità di tenere lontani gli spiriti del male. La più nota è quella ritrovata a San Sperate e conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.

San Sperate: la maschera orrida: maschera punica del quinto secolo avanti Cristo con il caratteristico volto deforme e la bocca ghignante per tenere lontani gli spiriti maligni Porto Torres: antiquarium Turritano: maschera orrida del periodo punico Antiquarium Arborense-Maschera apotropaica (che allontana il male) databile quinto secolo avanti Cristo Rinvenuta in una tomba punica a Tharros

La religiosità

Oltre che per i Fenici, anche per i Cartaginesi la Religiosità ha avuto quell’importanza che da sempre i popoli orientali hanno verso la spiritualità. Nelle loro imprese commerciali realizzano città, nelle quali è stato sempre realizzato un tempio ed introdotta la relativa casta sacerdotale, che custodisce il tesoro, il loro capitale. I Cartaginesi introducono in Sardegna il culto delle loro molte divinità. Anche i Cartaginesi, come i Fenici e, precedentemente, i Sardi, adorano i due principi della vita, quello maschile e quello femminile. La suprema coppia divina è formata da Baal Hammon e Tanit. Baal HammonBaal Hammon, la suprema divinità maschile, deriva dalle divinità fenicie El e Baal, unite in un’unica divinità. Rappresenta il dio delle fertilità, e quindi anche la personificazione del sole benefico. I nomi propri che vengono dati ai Cartaginesi aiutano a comprendere l’etimologia di questo dio: così Aderbale, ossia Baal è potente;Annibale, ossia Baal ha favorito; Asdrubale, ossia Baal ha aiutato. Il simbolo di TanitMentre la dea Tanit deriva dalla fenicia Astarte o Ashtart, e rappresenta la dea della fecondità e del piacere, per la quale viene edificato un Santuario a Nora. Il nome di Tanit sembra essere di origine libica, ed il suo culto sarebbe stato accolto dai Cartaginesi, mescolato ed adattato agli elementi religiosi importati dalla madrepatria. Esistono due tipi di raffigurazione di Tanit: quella antropomorfa e quella simbolica. La prima si ritrova nelle statuette, che la rappresentano come una donna nuda che si stringe i seni, evidente indicazione di fertilità. La seconda è costituita, invece, da un disegno, chiamato il simbolo di Tanit, nel quale sono combinati un triangolo equilatero, sovrastato da una linea orizzontale, sulla quale è appoggiato un disco, in modo da voler quasi rappresentare una figura umana. Ma Tanit era anche il nome che i Cartaginesi davano alla luna, che veniva rappresentata in un’immagine femminile, stilizzata tra gruppi di stelle, che le dava l’idea dell’eternità. Il dio Sid è ritenuto dai Cartaginesi figlio di Baal Hammon e protettore della caccia, alcuni ritengono fosse già venerato dai Fenici e forse fino dal tempo degli Shardana. Massima espressione della fusione della religiosità sarda con quella punica si ha nel Santuario del dio Sid, nella valle di Antas presso Fluminimaggiore, chiamato comunemente tempio di Antas. Babai è il dio eponimo dei Sardi, e nel Santuario viene venerato il dio Sir Addir Babai, o Sir Babai, ossia il signore Padre, una fusione tra le due divinità che viene a costituire una sorta di divinità nazionale sarda. i Romani lo ribattezzeranno Sardus Pater Babai. La costruzione del tempio di Antas risale al cinquecento avanti Cristo con successive modifiche nel 300 avanti Cristo. Numerose sono, in Sardegna, le località nelle quali si cura il culto per gli dei punici. Ad Antas c’è il tempio dedicato al dio Sid, ed a Nora quello dedicato alla dea Tanit. Ritroviamo Tanit anche nel pozzo sacro di Santa Cristina, a Paulilatino. Nelle necropoli sono dedicati spazi e simboli scolpiti a Baal Hammon e a Tanit, ed è spesso presente il Simbolo di Tanit capovolto, ad indicare il passaggio verso il mondo dei morti. A Cagliari ed a Tharros, vicino a Oristano, è presente il culto della dea Astarte, dalla quale è derivato il culto di Tanit. Accanto a Bal Hammon, a Tanit ed a Sid, compaiono anche numerose altre divinità derivate dalla precedente religione fenicia, oltre che da quella greca, egizia, etrusca e da altre religioni. A Tharros è presente il culto di Melqart, nume tutelare della città fenicia di Tiro. Ancora a Cagliari e a San Nicolò Gerrei, invece, si ritrova il culto di Eshmun, nume tutelare della città fenicia di Sidone. Nei santuari di Villanovaforru, Sanluri, Santa Margherita di Pula è documentato il culto per Demetra, dea greca del grano e dell’agricoltura, e quello di Kore, altra una figura della mitologia greca, il culto delle quali è stato accettato a Cartagine nel 394 avanti Cristo. Ne ignoriamo la ragione, ma sappiamo che, a differenza del resto della popolazione, I sacerdoti si radono il viso. Nei primi secoli i rituali della città includono danze ritmiche tratte dalla tradizione fenicia, e sembra che la dea Tanit sia molto popolare.

Il culti dei morti con la realizzazione delle necropoli

Con la comparsa dei Cartaginesi, improvvisamente mutano i costumi funerari, dato che dalla cremazione, presente nel culto dei morti di origine fenicio, si passa all’inumazione. Ogni città punica ha una Necropoli. Dove un tempo sorgevano Sulci, Bithia, Monte Sirai, Tharros e Tuvixeddu, sono ancora oggi visibili i resti delle necropoli puniche. La sepoltura, come si è detto, è per inumazione, solo in una fase molto successiva si ritorna all’incinerazione, rito mutuato dalla cultura greca. Nelle necropoli puniche le tombe sono vere e proprie camere sepolcrali, solitamente scavate nella roccia. Sono tombe a camera a cui si accede tramite un pozzo con una scaletta scavata nella roccia, che porta a una piccola stanza al cui interno si trova il sarcofago, che viene ricoperto di terra dopo la deposizione; mentre in altri casi vi si accede attraverso un corridoio d’accesso chiamato dromos.

Carbonia-Monte Sirai: la necropoli punica costituita da 14 tombe a camera Carbonia-Monte Sirai: ingresso di una tomba a camera della necropoli punica Carbonia-Monte Sirai: interno di una tomba a camera della necropoli punica Carbonia-Monte Sirai: sarcofaghi scavati nella pietra nella necropoli punica Carbonia-Monte Sirai:su una colonna nella necropoli punica è scolpito il cosiddetto 'segno di Tanit' rovesciato

Molte di queste tombe sono decorate da pitture o rilievi e spesso sulle pareti interne è raffigurato il caratteristico simbolo della dea Tanit capovolto. Nelle tombe a camera, gli oggetti personali del defunto, come ad esempio gli anelli, i gioielli, vengono sepolti nel sarcofago insieme ad esso, mentre il corredo funerario, costituito da piatti, brocche, lucerne, coppe, vasetti per gli oli profumati, ampolle, viene collocato all’interno della camera vicino al sarcofago.

Le principali città puniche in Sardegna e la prima rete stradale

Mentre i Fenici avevano lasciato autonomia alle città sarde da loro fondate, che erano appunto definite città-stato, i Cartaginesi hanno affermato il loro dominio sulla Sardegna con funzionari inviati direttamente da Cartagine. L’isola diventa, quindi, una vera e propria colonia, e, nelle zone sotto il loro controllo, viene instaurato un sistema amministrativo e giudiziario fortemente dipendente dalla madrepatria. Sugli insediamenti Fenici, vengono costruite le città puniche e diverse opere di difesa. Il forte controllo che Cartagine esercita sul commercio determina la crisi di alcuni importanti centri Fenici, favorendo l’ascesa di altre città, soprattutto di quelle attraverso le quali passa tutta la produzione agricola. È questo il caso di Tharros e di Karalis, che sono i capoluoghi di due tra le regioni più fertili della Sardegna, il Sinis e il Campidano. Oltre ad esse, fulcro del dominio punico rimangono altre delle città che erano state create dai Fenici: Cornus, Othoca e Neapolis, Sulki con i villaggi fortificati di Monte Sirai e di Pani loriga, Bithia, Nora, Olbia. Vengono realizzati anche diversi centri minori. In questo periodo i principali grandi abitati edificati nel periodo della presenza fenicia, vengono dotati di robuste fortificazioni difensive, per contrastare l’opposizione della popolazione locale.

Cornus, oggi Columbaris nel comune di Cuglieri

Nell’Oristanese, vicino a Cuglieri, dove i Fenici vi aveveano realizzato un primo emporio commerciale, dai Cartaginesi subito dopo la conquista della Sardegna nel sesto secolo avanti Cristo, sull’altopiano di Corchinas, tra Santa Caterina di Pittinuri e S’Archittu, viene edificata la città punica di Cornus dapprima colonia fenicia e, successivamente, importante presidio militare e scalo commerciale cartaginese. L’intera area era occupata dalla città, della quale sono state rinvenute parecchie testimonianze, tra le quali le più importanti sono i resti della cinta muraria che cingeva il colle di Corchinas, dove presumibilmente sorgeva l’Acropoli della città, mentre l’area adiacente che doveva ospitare i quartieri abitativi. Sull’altopiano di Campu ’e Corra, invece, dovevano sorgere gli edifici più importanti. L’area non è stata, finora, interessata da scavi sistematici, ma ha restituito materiali ceramici sicuramente riferibili all’età punica. È stata rinvenuta anche una necropoli con varie aree funerarie, con tombe a camera scavate nella roccia, e diverse stipi votive. Mentre il porto punico doveva trovarsi tra S’Archittu e la Cala di su Pallosu.

Tharros, oggi San Giovanni del Sinis

Nel quinto secolo avanti Cristo, con l’arrivo dei Cartaginesi, Tharros riceve una vera e propria organizzazione urbanistica e diventa una città punica assai monumentale, con la costruzione di numerosi edifici abitativi e di edifici pubblici. Vi si trovano i resti di numerose botteghe artigiane per la fusione del ferro. L’assetto urbanistico di Tharros ricalca i tratti peculiari urbani di tutte le città puniche. Un asse stradale portante, la divide in due quartieri: quello abitativo ad occidente, e quello orientale, dove sono stati trovati molti edifici pubblici, affacciato direttamente sul golfo di Oristano. La città viene cinta di mura difensive con il rafforzamento delle mura settentrionali, dato che Tharros è la più ricca tra le città isolane. È importante per il controllo della Regione agricola del Sinis, e per il traffico con l’Iberia non punica e con la Gallia, con l’Etruria e con le città greche della Sicilia e della Magna Grecia. Inoltre, Tharros ha quasi l’esclusiva della produzione degli scarabei di pietra dura, che esporta in tutti i paesi, compresa Cartagine, e dei gioielli. Vengono edificati numerosi edifici di culto, il tempietto rustico di capo San Marco, il tempio delle Gole Egizie, il tempio di Demetra e Core. Riveste una particolare importanza il tempio Monumentale, chiamato anche tempio delle Semicolonne Doriche, parzialmente intagliato nella roccia e con la decorazione a semicolonne scolpite in rilievo con e lesene di alcuni lati del basamento. Sono di età punica, secondo gli archeologi, le tombe a camera visibili nell’area di capo San Marco. Nelle tombe sono stati ritrovati moltissimi reperti archeologici.

Othoca, oggi Santa Giusta

Sul precedente insediamento fenicio nei pressi di Santa Giusta, situata sulla riva dell’omonimo stagno poco a sud di Oristano, i Cartaginesi, preso posesso della Sardegna, nel sesto secolo avanti Cristo edificano la città di Othoca. Il nome Othoca, a giudizio di molti studiosi, costituisce l’adattamento latino del semitico Tq, ad indicare Antica sottintendendo città. Avremmo perciò Othoca, una città vecchia, così denominata per distinguerla dalla città nuova, identificata con Neapolis, che in greco sta ad indicare, appunto, la città nuova. Non siamo molto propensi a credere a questa ricostruzione, dato che le due denominazioni hanno diverse origini, una semitica e l’altra greca. Inoltre Othoca risulta avere la stessa radice linguistica di una lunga serie di toponimi sardi, come ad esempio Othaqe, ossia Oliena, che sono di sicura matrice nuragica o shardana. Gli scavi condotti ad Othoca hanno rinvenuto i resti di una cinta muraria a duplice paramento, che riteniamo datata nel quarto Secolo avanti Cristo, come le altre cinte murarie puniche della Sardegna. Nella necropoli sono state rinvenute anche tombe del periodo punico ad inumazione.

Neapolis, oggi Santa Maria di Nabui

La città di Neapolis è stata fondata dai Cartaginesi, nell’ambito del grande processo di colonizzazione, nella seconda metà del sesto secolo avanti Cristo, anch’essa sulle sponde meridionali del medesimo complesso lagunare. Il suo porto costituiva un buon punto di imbarco per i cereali coltivati nel Campidano, e per le risorse minerarie di Montevecchio. Purtroppo l’assetto della Neapolis punica non è al momento individuabile, data la sovrapposizione alle sue strutture di quelle di età romana. Sono, comunque, ancora visibili i resti di una cinta muraria del quarto secolo avanti Cristo, costruita con grandi blocchi poligonali e subsquadrati in arenaria. L’area della necropoli non è stata ancora localizzata con certezza, ma a ridosso della cinta muraria sono stati individuati i resti di diverse tombe a fossa, che sono state però distrutte durante nel corso dei successivi lavori agricoli. In prossimità delle mura, al di fuori del perimetro urbano, è stato rinvenuto un ricco deposito votivo, che testimonia la presenza nella zona di un importante Santuario.

Sulki o Sulci, oggi Sant’Antioco

Simo propensi a ritenere che l’insediamento fenicio di Sulki o Sulci sia stato penalizzato dalla conquista cartaginese dell’Isola; comunque, dal quarto secolo avanti Cristo, ne è attestata una ripresa economica, che ne ha rinnovato ruolo di capoluogo della Regione sud occidentale dell’Isola, una Regione ampia e popolata. Sant’Antioco: i leoni di Sulci esposti nel Museo ArcheologicoNel quarto secolo avanti Cristo la città viene circondata da una cinta muraria fortificata, con alcune torri, e con una porta a vestibolo con due leoni monumentali, posti all’ingresso della città. Viene edificata anche una sorta di fortilizio nella zona nella quale è situato il Tophet. La necropoli punica, la cui cronologia va dai primi anni del V alla fine del terzo secolo avanti Cristo, si trova sotto l’attuale abitato, ed è una delle importanti del Mediterraneo, con circa 1.500 tombe, un numero molto alto, tra le quali prevalgono quelle a camera ipogea, caratteristiche del periodo punico, e alcuni rari esempi di tombe a fossa con copertura a lastre di tufo. Continua l’utilizzo del Tophet, riservato esclusivamente ai bambini.

La città fortificata di Monte Sirai

Nel Sulcis, dopo la distruzione di Monte Sirai Cartagine vi inserisce coloni di origine berbera portatori di una nuova cultura e di nuove usanze. Ciò si deduce dalla presenza, nella necropoli relativa a quel periodo, accanto alle sepolture di epoca fenicia per le quali si usava il rito della incinerazione ed il seppellimento in piccole fosse, di tredici sepolture di tipo punico a camera sotterranea, che rappresentavano altrettante tombe di famiglia. I nuovi venuti si insediano attorno al Mastio e, quindi, ripristinano parte degli edifici intorno a questo luogo sacro. monte Sirai diventa una zona marginale ed economicamente depressa, i cui pochi abitanti si dedicano all’agricoltura. Attorno al 360 avanti Cristo, Cartagine fortifica, tra le città più importanti della Sardegna, anche monte Sirai, che, grazie anche alla sua posizione naturale, viene resa praticamente inespugnabile. Dopo la costruzione della cinta muraria, l’insediamento di Monte Sirai cresce di importanza, si amplia e si sovrappone alle rovine del precedente insediamento fenicio.

La città fortificata di Pani loriga

La fortezza di Pani loriga nel comune di Santadi, fondata da coloni Fenici, si sviluppa maggiormente dopo la conquista cartaginese dell’Isola. L’insediamento punico è composto da un’Acropoli, con le abitazioni dell’insediamento civile, e da tre cinte murarie e altri apparati difensivi. L’Acropoli ha un’estensione di 50 per 230 metri, e si trova all’interno di una prima cinta di mura. A valle è presente una seconda cinta muraria, distante circa 30 metri dalla prima, che avvolgeva l’Acropoli e l’area urbana. Intorno alle pendici della collina si vedono i resti di una terza cinta muraria. Due torrioni difendevano l’accesso all’Acropoli, trasformandolo in uno stretto passaggio che portava ad uno slargo. Si tratta del tipico ingresso a tenaglia. Nella seconda fase di utilizzo della necropoli, quella punica, vengono realizzate tombe a camera, con accesso a gradini, costituite da un breve corridoio che immetteva nella camera sepolcrale. Questa aveva il soffitto piatto e le pareti verticali, e conteneva nicchie rettangolari per le offerte funebri. Le tombe a camera ipogea erano destinate alla deposizione collettiva dei membri di intere famiglie.

Bithia, oggi Chia

Risultano importante anche, a Chia, nel comune di Domus de Maria, i resti della città punica di Bithia edificati sopra la preesistente città fenicia. L’analisi dei contesti funebri ha evidenziato una forte riduzione dell’abitato tra la fine del sesto ed i primi anni del quinto secolo avanti Cristo, in concomitanza con l’intervento cartaginese in Sardegna. Nell’isolotto Su Cardolinu, dove si trovava il Tophet fenicio che ha cessato la sua funzione con la conquista cartaginese, nei primi anni del quarto secolo avanti Cristo è stato edificato, in luogo della precedente area sacra fenicia, un tempio punico, con un recinto sacro posto tutto attorno, nel quale si trovano basamenti per l’erezione di edicole cultuali che non potevano esser conservati all’interno del tempio. un tempio punico, di cui rimangono resti di mura. A Bithia vicino a Chia nel Tempio di Bes: statua del dio BesAlla destra della spiaggia di Chia, sul promontorio sul quale si trova la Torre di Chia, nel giardino di una villa, è stato rinvenuto un edificio sacro chiamato il Tempio di Bes, dato che all’interno si è trovata una statua monumentale tardo punica del dio Bes. Qui è stata rinvenuta anche un’importante iscrizione neo punica dei primi anni del terzo secolo dopo Cristo, che ha permesso di conoscere l’antico nome della città, ossia BYT'N. É stata dimostrata la persistenza sul posto, ancora in Età Imperiale romana, della magistratura punica dei Suffeti. Dalle indagini archeologiche risulta che la necropoli punica si estendeva per una larghezza di circa cinquanta metri presso la necropoli fenicia, che si sviluppa dal Tempio di Bes fino allo stagno di Chia, retrostante la spiaggia di Sa Colonia. Nell’età punica si diffonde in maniera quasi esclusiva la tomba A cassone, con grosse pietre disposte lungo i lati delle fosse contenenti gli individui inumati, con il relativo corredo. Vicino alla necropoli, al centro della spiaggia, si possono vedere anche alcuni blocchi squadrati di arenaria, che costituiscono i resti ancora sepolti della città di Bithia, della quale sono stati portati alla luce solo pochi resti di mura e di abitazioni, e grandi quantità di reperti dell’età punico-ellenistica.

Nora

Resti delle città puniche si trovano in diverse località della Sardegna, tra le quali Nora che ha il primato e ha la sede del governatore militare. Della città punica, le uniche tracce si trovano nei reperti materiali che sopravvivono alla ricostruzione dell’abitato effettuata in epoca romana. Gli edifici sicuramente punici sono pochi. É stato rinvenuto un complesso quadrato, ormai quasi distrutto, che è stato considerato il tempio della dea Tanit, dato che, durante gli scavi, è stata scoperta una pietra di forma piramidale che si presupponeva fosse il simbolo della divinità; ma gli ultimi studi considerano la costruzione come i resti della fortificazione punica della città. Sono sicuramente di epoca punica, inoltre, i resti di muri a telaio rinvenuti nei livelli inferiori della zona a mare; la cosiddetta Fonderia, di età punica ma utilizzata ancora in epoca romana; ed anche alcuni resti di fortificazioni presenti sulla punta di Coltellazzo, di fronte all’isola omonima. All’interno delle tombe della necropoli sono stati rinvenuti ricchi corredi ceramica, sia prodotta sul posto che importata dalla Grecia; ed inoltre amuleti, gioielli realizzati in metalli preziosi, e diversi oggetti di ornamento personale. Se ne deduce che Nora, durante il periodo punico, ha avuto una notevole rilevanza fra le città della costa meridionale dell’Isola, superiore anche a Cagliari.

Karalis o Càralis, oggi Cagliari

Con l’arrivo dei Cartaginesi, l’insediamento di Karalis o Càralis assume le caratteristiche di una vera e propria città, e, dopo un primo antagonismo con Nora, prende il sopravvento e diventa il centro politico di tutta la Sardegna cartaginese, dipendente direttamente da Cartagine, con funzionari punici che amministrano le finanze e la giustizia. Le principali figure istituzionali risiedono nella città, con la conseguente immigrazione di soldati, funzionari, ed anche di deportati. I Cartaginesi dotano l’abitato di un impianto organico e funzionale, e Karalis diviene una città molto importante per il controllo della zona agricole del Campidano, e per i suoi rapporti con le diverse città dell’interno, perché in questa città confluiscono tutti i minerali estratti nell’isola. Cagliari: la necropoli di Tuvixeddu: veduta aereaLe maggiori testimonianze di questo periodo provengono dalla necropoli di Tuvixeddu, la più grande necropoli punica esistente sull’isola, il cui nome sta ad indicare il Colle dei piccoli fori. Deriva, infatti, dal termine sardo Tuvu, che indica appunto una Cavità, ed è dovuto proprio alla presenza delle numerose tombe scavate nella roccia calcarea. La necropoli si estende all’interno della città di Cagliari, ed è stata creata tra il sesto ed il terzo secolo avanti Cristo, quando i Cartaginesi hanno scelto il colle omonimo per seppellirvi i loro morti. Alle sepolture si accedeva attraverso un pozzo scavato nella roccia calcarea, profondo dai due metri e mezzo sino ad undici metri. All’interno del pozzo una piccola apertura introduceva alla camera funeraria. Le camere funerarie erano in gran parte decorate, e sono state trovate all’interno suppellettili funerarie, anfore anch’esse decorate, ed ampolle destinate a contenere essenze profumate. Molto interessanti sono la Tomba dell’Ureo e la Tomba del Combattente, decorate con palme e con maschere, che sono ancora ben conservate.

Olbia

Tra le città di nuova fondazione, a nord viene fondata la città di Olbia l’unico centro della costa nord orientale della Sardegna che, in età punica, raggiunse il livello delle città costiere centro e sud occidentali. Il maggior numero di resti del periodo punico hanno fatto supporre, sino a un decennio fa, la fondazione di Olbia nel quarto secolo avanti Cristo, ma la presenza di materiali risalenti alla seconda metà del settimo secolo, fa ipotizzare un primo insediamento realizzato già dai Fenici. Il primo insediamento del quale si ha certezza storica è, comunque, quello dei Cartaginesi, che nel quarto secolo avanti Cristo fondano una città con un impianto ortogonale, con orientamento secondo i punti cardinali, ed edificano nella parte più alta dove ora si trova la chiesa di San Paolo un’Acropoli, ove edificano un tempio dedicato a Melqart, divinità venerata anche a Cartagine. restano alcuni tratti delle fortificazioni, realizzate nella prima metà del quarto secolo avanti Cristo, consistenti in un muro realizzato in grossi blocchi squadrati, e di una Torre di cinta, che è conservata entro un cortile privato. Cagliari-Museo Archeologico: collana di origine fenicia o punica in pasta vitrea del quarto secolo avanti Cristo rinvenuta nella necropoli di Funtana Noa presso OlbiaL’estensione dell’abitato punico si può dedurre dall’ubicazione delle necropoli puniche extraurbane, a nord ovest dell’abitato, quelle di Funtana Noa, del quarto secolo avanti Cristo, e di Abba Noa, dal III al primo secolo avanti Cristo ; ed a sud dell’abitato quella di Joanne Canu, dalla metà del III agli inizi secondo secolo avanti Cristo. A Funtana Noa è stata rinvenuta una collana di origine fenicia o punica, in pasta vitrea, del quarto secolo avanti Cristo, che è oggi conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Le sepolture erano generalmente a fossa terragna e a pozzo, in numero minore del tipo a cassone. Nelle tombe a pozzo i corpi venivano spesso deposti in bare in legno, con a volte grosse anfore per chiuderne l’accesso. Nella necropoli di Joanne Canu, si ritrova il rito della incinerazione di derivazione greca. Le ceneri venivano deposte in urne di terracotta o di piombo, o collocate semplicemente sul terreno e protette da frammenti di anfora.

Altre città puniche

Il quarto secolo avanti Cristo è il periodo nel quale la penetrazione punica raggiunge il suo massimo sviluppo. Vengono fondati nuovi centri, che assumono una fisionomia urbana. Inoltre alcuni insediamenti precedenti, che erano stati penalizzati e ridimensionati nel periodo del primo intervento punico nell’isola, vengono rivitalizzanti e portati a dimensioni che non erano mai state raggiunte in precedenza. Acquista grande importanza Antas dove si trova il famoso tempio di Antas. Nato come Santuario in periodo preistorio, probabilmente intercantonale, è stato attivo anche in epoca precoloniale, punica e romana, ma non rivela tracce di un periodo fenicio. Il Santuario viene fondato attorno al quinto secolo avanti Cristo, subito dopo la conquista cartaginese dell’Isola. Viene successivamente ampliato, in una fase punico ellenistica, attorno al terzo secolo avanti Cristo, che il tempio in età punica fosse molto importante, è testimoniato dai numerosi ex voto, rinvenuti però frammentati, il che ha portato gli studiosi a ipotizzare una deliberata distruzione del Santuario. Tracce delle due fasi sono state individuate sotto la scalinata monumentale, realizzata in età romana. Vengono, inoltre, costruiti in età punica i centri fortificati di Tertenia Colostrai vicino a Muravera, Villaputzu. Più a nord a Dorgali restano influssi punici nella tecnica edilizia di alcuni vani del villaggio di Nuraghe Mannu, oltre al ritrovamenti di alcune monete puniche provenienti dal Dolmen di Motorra e dal villaggio di S’Ena de Thomes, e di lcuni frammenti di collane in pasta di vetro. Il sorgere di centri abitati si sviluppa anche in località dell’interno, come, in Trexenta, vicino a Senorbì quello di Santu Teru con la vicina necropoli di Monte luna. Sono stati, poi, rinvenuti resti o trovati accenni ad altre località, nelle quali erano stati edificati insediamenti punici, tra i quali ricordiamo: Erucium oggi Sedini Iafe oggi Giave; Saracapos oggi San Vito.

La prima rete stradale

Dai Cartaginesi viene realizzata anche una prima Rete stradale che collega tra loro le principali città dell’Isola. Si traccia, inoltre, una linea di confine tra la zona occupata dai Cartaginesi, quella verso sud ovest, e la zona rimasta a disposizione della popolazione locale, quella che sarà la futura Barbagia. Vengono creati avamposti lungo la linea di confine, che va da Monteleone Rocca Doria a Padria ed a Bonorva, da Bolotana a Macomer, da Borore a Sedilo, da Neoneli a Fordongianus, da Samugheo ad Asuni, da Genoni ad Isili, Orrolì, Goni, Ballao, e da qui fino alla foce del Flumendosa.

La prossima pagina

Nella prossima pagina vedremo come, al termine delle guerre puniche, sconfitti i Cartaginesi, nel 232 avanti Cristo arrivano in Sardegna i Romani. Inizia una occupazione che durerà oltre sette secoli, producendo la romanizzazione della Sardegna.


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