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Nel Neolitico Finale si afferma in tutta la Sardegna la Cultura di Ozieri con il fenomeno del Megalitismo


In questa pagina proseguiremo la descrizione della preistoria in Sardegna. Parleremo del Neolitico Finale, quando nasce la Cultura di Ozieri le cui espressioni si trovano uniformi in tutto il territorio dell’Isola. È durante questa fase che si sviluppa il fenomeno del Megalitismo nell’isola. Nascono le Domus de janas e le necropoli, ed iniziano a innalzarsi menhir, costruirsi Dolmen ed altre strutture ciclopiche in pietra. In base alla più recente interpretazione, l’epoca nuragica avrebbe avuto inizio quando l’isola era abitata da una popolazione dai tratti negroidi, che ha raggiunto il suo massimo splendore con questa Cultura.

Nel Neolitico Finale, tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo, si afferma la Cultura di Ozieri, la prima grande Civiltà sarda

Datazioni del Neolitico FinaleNel Neolitico Finale il periodo che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo e secondo la datazione tradizionale tra il 3200 ed il 2800 avanti Cristo, si trovano le manifestazioni materiali di una delle Culture più importanti della storia della Sardegna. Ed infatti, in questo periodo si sviluppa la Cultura di Ozieri chiamata anche Cultura di San Michele di Ozieri i cui primi resti sono stati trovati nella Grotta di San Michele, vicino ad Ozierile. Ozieri: ingresso della grotta di San MicheleSi tratta della prima Cultura, nella storia della Sardegna, che si può definire una Cultura basica, ossia la prima cultura le cui espressioni, della vita sociale, materiale e spirituale, si trovano uniformi in tutto il territorio dell’Isola. Il che ci permette di parlare non più di semplici aspetti culturali di alcune popolazioni, ma di una vera forma di Civiltà, che costituisce la Prima grande Civiltà sarda. Il nucleo principale della società è ancora costituita dalla famiglia, ossia dal clan, con tutti gli ascendenti e discendenti in vita. Le donne si occupano di accudire la prole e della fabbricazione delle suppellettili, oltre che della cucina. Le tipologie tombali si diversificano notevolmente. Abbiamo, infatti, le sepolture scavate nella roccia, le tombe a circolo, le allees couvertes, a cui spesso si accompagnano menhir e Dolmen.

L’economia della società di Ozieri

I reperti portano a ritenere che l’economia della società fosse basata sull’agricoltura, la pastorizia ed anche sulla caccia, e che fosse intensa l’attività commerciale. Tutto ci porta a vedere in queste comunità un’organizzazione sociale già avanzata, con anche una primitiva divisione del lavoro. Nei resti dei villaggi sono stati rinvenuti punte di frecce, raschiatoi, asce e mazze realizzati soprattutto in selce ed ossidiana, oltre a manufatti ceramici, tutti lavorati con grande abilità.

Le capanne ed i grandi villaggi preistorici

Le prime capanne vengono realizzate durante la Cultura di Bonu Inghinu e di San Ciriaco, ma è con la Cultura di Ozieri che si diffondono in tutta l’isola. Le abitazioni della popolazione sono capanne a pianta circolare o quadrangolare, con alla base un muro in pietra a secco ed una copertura di legno e frasche, forse a volte in pietra. Ancora oggi, anche se sempre di meno, i pastori costruiscono questo tipo di capanne che nome in lingua sarda si chiamano Pinnettas. Dopo le prime capanne realizzate come nelle epoche precedenti, compaioni le prime capanne lignee. Informazioni sulla struttura di queste capanne si possono ricavare da alcune tombe, realizzate imitando proprio la forma delle abitazioni. É frequente l’uso della capanna rettangolare, con copertura a doppio spiovente, sorretta da una solida travazione in legno. Dorgali-Villaggio di Serra OrriosDopo le prime capanne, si vedono nascere i primi grandi villaggi preistorici. In questa fase cresce notevolmente il numero e l’estensione dei villaggi, per rispondere alle accresciute esigenze demografiche, oltre allo sfruttamento, sempre più intenso ed esteso, delle risorse agricole. Si conoscono più di Duecento centri abitati di questa cultura, diffusi in tutta la Sardegna. Uno dei più noti, è il villaggio prestorico di Puisteris, vicino a Mogoro, costituito da 267 capanne erette su pali infissi nel terreno e coperte di travi e frasche, con i pavimenti realizzati con lastre di calcare, acciottolato di basalto o argilla battuta. Alcuni altri elementi, che sono stati trovati in una posizione più elevata, hanno fatto pensare anche alla presenza di un tempio. Sempre a Mogoro, in località Serranebis si trova una grotta naturale adibita a tomba. Importante anche il villaggio nuragico di Turriga, nei dintorni di Senorbì, realizzato nel periodo della Cultura di Ozieri, tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo, e riutilizzato poi in epoca successiva, al cui interno è stata ritrovata, nel 1935, dentro un cerchio di pietre, la Celebre statuina di divinità femminile in marmo alta 42 centimetri, intitolata alla Dea Madre, che è possibile ammirare al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.

La lavorazione della ceramica

Ceramiche preistoricheGli uomini della Cultura di Ozieri hanno raggiunto una alta abilità ed un’elevata perizia manuale, le quali portano alla raffinatezza ed al gusto per la decorazione, che troviamo soprattutto nei loro manufatti ceramici. Le forme vascolari sono molto varie e diversificate, comprendendo le tazze carenate e non, i vasi a cestello, le ciotole, i vasi a colletto e quelli biconici con anse a tunnel. Compaiono, infatti, in questo periodo, anche manufatti mai visti prima in Sardegna, ceramiche riccamente decorate, vasi a forma di pisside e tripode con decorazioni incise o impresse nell’argilla e spesso colorati come era in uso nel Mediterraneo orientale e nelle isole greche. Questo a dimostrare l’esistenza di significative relazioni commerciali fra le diverse popolazioni neolitiche. Spesso la ceramica appare riccamente ornata con motivi incisi o impressi, talvolta messi in risalto con ocra rossa o pasta bianca. Le produzioni ceramiche si arricchiscono di decorazioni con motivi a cerchi, a spirali, a festoni, a stella e di figure umane, confrontabili con quelle rinvenute in altri contesti al di fuori dalla Sardegna, in particolare nelle isole greche. Ozieri: la grotta di San Michele: vasi della Cultura di OzieriOzieri: la grotta di San Michele: il pisside decorataÈ anche presente una qualità di ceramica molto depurata, la cosiddetta ceramica figulina, prodotta con argilla privata delle impurità. In questo caso l’argilla, abbondantemente diluita con l’acqua fino allo stato liquido, veniva fatta depurare in fosse di decantazione in modo che le sostanze organiche, più leggere, venissero a galla e quelle più grossolane e pesanti si depositassero sul fondo. In argilla vengono realizzati e sono stati rinvenuti, anche, numerosi esemplari di fusaiole e pesi da telaio, talvolta decorati con motivi geometrici, che testimoniano una pratica notevolmente diffusa della tessitura.

L’industria litica

Nella lavorazione della pietra, si raggiunge una grande perizia sia nella tecnica della scheggiatura, che in quella della levigatura. Per quanto riguarda le armi, il materiale utilizzato per fabbricare le punte di freccia, le lame e le accette continua ad essere, come prima, la pietra, la selce e l’ossidiana, ma si trova una notevole differenza nel modo in cui vengono lavorati questi materiali. Si producono punte di freccia in ossidiana, con piccoli e regolari ritocchi coprenti, oltre a lunghe lame in selce e accette di varie dimensioni.

L’industria metallurgica

Oltre alla tradizionale lavorazione della selce e dell’ossidiana, nell’ultima fase della Cultura di Ozieri, preliminare alla fase Sub-Ozieri, abbiamo le prime attestazioni dell’estrazione e della lavorazione di metalli, in particolare del rame, come testimoniano lame di pugnali e monili rinvenuti in alcuni corredi funerari. Si tratta di conoscenze che vengono portate da popolazioni provenienti dal vicino Oriente, ma di questo parleremo nella prossima pagina, quando descriveremo l’Eneolitico.

Gli scambi commerciali e la struttura portuale

Come si è detto, la presenza di manufatti tipici del Mediterraneo orientale e delle isole greche dimostra l’esistenza di significative relazioni commerciali, che la storiografia tradizionale ha sempre visto la Sardegna come elemento passivo, che riceveva commerci dalle altre aree del Mediterraneo. Oggi si tende a ribaltare questa ipotesi, vedendo anche la popolazione della Sardegna portarsi sul continente e sulle altre isole.

La sepoltura nelle Domus de janas e nelle grandi necropoli

Nascono a nostro avviso già con la Cultura di Bonu Inghinu e con quella di San Ciriaco, certo si sviluppano nel periodo di Ozieri, le prime sepolture scavate nella roccia. Le sepolture sono scavate sia in rocce situate in superficie, che scavate nel sottosuolo, nel qual caso si parla di sepolture ipogeiche. In tutta la Sardegna se ne trova un migliaio, con una maggiore concentrazione nel Sassarese, nel Meilogu, nel Goceano e nel Monte Acuto, nell’Ogliastra marina ed anche nel Sulcis. Sono distribuite praticamente dappertutto, anche se in alcune zone non ne sono state quasi rinvenute. Sono chiamate Domus de janas, a volte anche Concheddas, Casi de li faddi, Epercias de fadas ossia case delle fate, oppure in opposizione Domus de rogas ossia case delle streghe, in quanto nella successiva tradizione si ritenne fossero le loro abitazioni. Le dimensioni sono soprattutto collegate al tipo di roccia nella quale sono state scavate, ed alle sue venature naturali. Si va, quindi, da grotte piccole ed anguste, scavate nel granito, ad ambienti alti e spaziosi, scavati nel calcare e nell’arenaria. Lo scavo, all’interno della roccia, veniva effettuato con strumenti di pietra grossolanamente appuntiti, sagomati in modo da renderne agevole l’impugnatura. E che, dopo l’utilizzo, venivano spesso abbandonati all’interno della grotta, dove infatti se ne sono rinvenuti di frequente. Le Domus de janas sono costituite da una o più stanze di forma quadrangolare o circolare, talvolta intercomunicanti, solitamente non più grandi un metro quadrato. Dal punto di vista della loro planimetria, esiste la massima varietà. Se ne sono rinvenute con forme monocellulari e pluricellulari, con schema a T, con schema cruciforme, o anche con schema centripeto. Sono provviste di un ingresso, di solito a forma quadrata, e riproducono le caratteristiche di un’abitazione, nelle quali i defunti si trovassero come in casa. Le più antiche sono molto rudi, successivamente in quelle più recenti spesso si trovano la rifinitura dei portelli esterni ed interni, ed all’interno elementi tipici delle case dei vivi, come zoccoli, pilastri con basi, architravi, la trave centrale con le più piccole travi trsversali del tetto; ed, inoltre, all’interno sedili, focolari ed altri elementi che arrivano a rappresentare fedelmente l’interno di una casa ben articolata. Le decorazioni interne erano spesso arricchite da colori usati per sottolineare ed abbellire gli ambienti. A volte vi sono rappresentati i simboli della spiritualità che vedremo più avanti quando parleremo della religiosità delle Cultura di Ozieri. Tra questi, soprattutto protomi taurine o le semplici teste e corna, a rappresentare l’elemento maschile, e cerchielli o spirali, a rappresentare quello femminile, da interpretare come le due forze cosmiche generatrici della vita. Siamo portati a ritenere che, davanti alla Domus de janas, nel suo dromos, e forse anche nel suo interno, si dovessero svolgersi riti sacri, come provano le molte cuppelle scavate nei pavimenti e sulle pareti della tomba, le riproduzioni di focolari scolpiti nella roccia, ed altro. Le Domus de janas si possono trovare isolate, ma più spesso sono riunite in grandi Necropoli di Domus de janas, e continueranno ad essere utilizzate anche dopo la fine della Cultura di Ozieri. La necropoli più famosa è quella di Sant’Andrea Priu, vicino a Bonorva, dove la tomba principale, chiamata tomba del capo, è costituita da ben 18 camere. Importante anche la necropoli ipogeica Su Crucifissu Mannu, vicino a Porto Torres. La riproduzione di particolari delle case d’abitazione si trova in molte necropoli, ad esempio ad Anghelu Ruju, vicino ad Alghero, si trovano porte finte e protomi taurine dipinte sugli architravi delle tombe.

Irgoli-Sa Conca ’e su Mortu Villaperuccio-Necropoli di montessu: tomba delle spirali Castelsardo-Multeddu: incisione della protome taurina nella Domus de janas dell’Elefante Porto Torres-Necropoli di su Crucifissu Mannu

La distribuzione in quasi tutta l’isola della Cultura di Ozieri, e la contestuale distribuzione in tutta l’isola delle sepolture in grotta, non possono essere definiti due fatti culturalmente assimilabili, e nulla ci fa supporre che si tratti di due fatti strettamente connessi tra loro. Per l’utilizzo ed il successivo riutilizzo delle aree sepolcrali, solo in pochi casi è stato possibile separare i contesti culturali ed individuare le sepolture realizzate sicuramente ed esclusivamente dalla cultura Ozieri. D’altra parte, è certo che alcune domus siano state realizzate durante l’età del Rame, come appare chiaro da alcune delle loro caratteristiche, in particolare dalle tecniche decorative.

La religiosità della Cultura di Ozieri

Bonorva: la necropoli di Sant’Andrea Priu-Toro di BonorvaPer quanto riguarda la religiosità, caratteristiche sono le riproduzioni astratte di una nuova rappresentazione della divinità, ossia dal Dio Toro, soprattutto protomi taurine o le semplici teste e corna, isolate o iterate, naturalistiche o schematiche, a rappresentare l’elemento maschile riferito a una divinità simbolo della vita e della potenza generatrice e perciò protettrice dei defunti e principio di rigenerazione. Questa riproduzione astratta della divinità, viene affiancata dalla rappresentazione della Dea Madre, attraverso Cerchielli o Spirali a rappresentare l’elemento femminile. E l’elemento maschile e quello femminile sono da interpretare come le due forze cosmiche generatrici della vita.

Gli dioletti in stile geometrico cruciforme

Senorbì-Villaggio nuragico di Turriga: statua della dea MadreNell’ambito della Cultura di Ozieri, si passa, per l’idolo femminile, dalle forme naturalistiche adipose, tipiche dello stile della Cultura di Bonu Ighinu e di quella di San Ciriaco, ad uno schema più fortemente stilizzato. Caratteristica della Cultura di Ozieri è, infatti, la figura di un idolo femminile con corpo fusiforme e con braccia ripiegate sul petto. La Dea Madre viene appresentata in stile geometrico cruciforme che deriva dallo schema del precedente idolo femminile obeso, ma tende a semplificarsi appiattendosi. Abbiamo circa una trentina di esemplari di questo tipo in marmo o, più spesso, in calcite e in argilla, collegate al culto della Dea Madre, ma questa rinvenuta nel villaggio di Turriga, nei dintorni di Senorbì, è la maggiore per dimensioni e la più curata nell’esecuzione dei particolari, e testimonia la notevole abilità degli artigiani locali.

Il fenomeno del Megalitismo

La cosiddetta Architettura megalitica inizia a svilupparsi in tutta Europa sul finire del Neolitico Antico, nel corso del Neolitico Medio e Recente. Il termine deriva dalle parole greche Megas e Lithos, ossia Grandi pietre, ed indica un periodo nel quale l’espressione della religiosità si manifesta attraverso l’innalzamento di grandi blocchi di pietra. Successivamente, nel Neolitico Finale, si esprime con l’edificazione di monumenti di varia natura realizzati con grandi blocchi di pietra tenuti insieme a incastro o semplicemente appoggiati l’uno all’altro, senza comunque l’impiego di malte leganti. La realizzazione delle costruzioni megalitiche, comportano un’organizzazione del lavoro complessa, possibile solo con la partecipazione di tutto il clan o tutta la tribù. Il reperimento dei grandi massi, lontani a volte anche decine di chilometri, il loro trasporto, il sollevamento e l’assemblaggio, sono il segno inconfutabile di una società basata su un’organizzazione gerarchica e autorevole. Il fenomeno del Megalitismo si sviluppa anche in Sardegna, iniziando nel Neolitico Medio, con la Cultura di Bonu Ighinu, e nel Neolitico Recente, con la facies culturale di San Ciriaco. Il suo maggior sviluppo avviene, comunque, nel Neolitico Finale, con la Cultura di Ozieri. Gli ultimi studi, ormai quasi universalmente accettati, che considerano le diverse culture in modo più dettagliato, spostano inoltre l’età nurgica dall’Età del Bronzo, dove era stata posizionata dalla datazione tradizionale, basate su considerazioni strettamente tecnologiche o etnologiche, al periodo del Megalitismo, nel quale è attualmente più probabile posizionarla.

I menhir e gli allineamenti di menhir

Nel periodo in cui si sviluppa il Megalitismo, forse a partire dalla Cultura di Bonu Ighinu e San Ciriaco, in ogni caso soprattutto dalla Cultura di Ozieri, vengono edificati in gran numeri i menhir, grandi massi di pietra piantati nel terreno, veri e propri monumenti anche se a prima vista possono apparire grezzi, a simboleggiare il culto del Cielo Fecondatore e della Gran Madre Terra.

Noragugume-Menhir Sa Pedra ’e TaleriIl nome Menhir deriva dalle parole bretoni Men e Hir, ossia Pietra lunga. In lingua vengono chiamati Pedras fittas, ossia pietre infisse nel terreno. Si ritiene se ne inizi la costruzione al tempo della Cultura di Ozieri, attraversano tutta l’età del Rame e del Bronzo, e nella Sardegna centrale i barbaricini li adoravano ancora in pieno periodo medioevale, infatti Gregorio Magno nel sesto secolo dopo Cristo Scrive: Ligna autem et lapides adorent. Vengono realizzati soprattutto nella Barbagia, ed in una prima fase si trovano isolati. Sono lisci e senza decorazioni, appuntiti o tondeggianti in cima, e svettano verso l’alto a simboleggiare il fallo maschile. Hanno un’altezza che di solito si aggira sui 3 metri, ma possono raggiungere anche i 5 metri. Barì Sardo: allineamento di tre menhir conficcati nel terrenoTroviamo anche più menhir raggruppati, allineati in una o più file. A Guardia della necropoli venivano collocati dei menhirs, quasi ad allontanare forze magiche maligne, e queste grandi pietre venivano spesso collocate in fila indiana quasi a tracciare una strada per giungere alla necropoli. Gli Allineamenti di menhir sono costituiti da massi meno imponenti di quelli isolati ed abbastanza informi. Tali allineamenti hanno spesso un significato connesso con i segni cardinali o con le posizioni astrali, il che presuppone che chi li ha edificati dovesse avere profonde conoscenze astronomiche. L’esempio più significativo di allineamento megalitico si trova a Pranu Muteddu, vicino a Goni, che è, come tanti altri, costruito a custodia di una o più tombe scavate nella roccia, che venivano circondate come un recinto inviolabile. Nella fase finale della Cultura di Ozieri, i menhir diventano Proto antropomorfi. Alcuni sono maschili, decorati con la rappresentazione di visi con il tipico schema a T, a rappresentare il Dio Padre. Su altri si trovano, invece, scolpite, come simboli tipici della Dea Madre, le mammelle.

I Dolmen probabili sepolture dei componenti di famiglie di alto rango

Mores-Dolmen Sa Coveccada, il più grande di tutta l’area mediterraneaIl nome Dolmen Deriva anch’esso dal bretone, è la composizione delle parole Tol e Men, ossia Tavola di pietra, e sta ad indicare i primi sepolcri megalitici. Si fanno risalire forse a partire dalla facies culturale di San Ciriaco, in ogni caso si edificano soprattutto nella Cultura di Ozieri, ed erano probabilmente le tombe riservate a famiglie di alto rango. In Sardegna sono documentati ad oggi 78 Dolmen, che sono tutti presenti solo nelle zone settentrionale e centrale dell’Isola. I Dolmen semplici Sono sepolture monumentali costituite da due, tre o più grosse pietre piantate verticalmente nel terreno, che sorreggono un’altra lastra che le copre orizzontalmente. Il Dolmen di Sa Coveccada, vicino a Mores, è il più grande ritrovato di tutta l’area mediterranea. I Dolmen complessi, chiamati anche tombe a galleria, hanno, invece, una forma allungata con più lastre di copertura, realizzati usando monoliti di grandi dimensioni dal peso di svariate tonnellate. Vengono chiamati Tombe a corridoio Oppure con termine francese Allèe couvert.

Le grandi sepolture collettive chiamate Tombe di giganti

Sono chiamate Tombe di giganti nome in lingua sarda Tumbas de Is gigantis, Gigantinu, Tumbas de sos paladinos, le grandi tombe collettive megalitiche. Sono probabilmente un’evoluzione dei Dolmen, e sono tanto grandi che si ritenne potessero servire a tumulare uomini giganteschi. Si trovano spesso in prossimità dei Nuraghi, lo stile e le pietre impiegate sono simili. Date le forti analogie costruttive con i Nuraghi, si ritiene che le Tombe di giganti siano state edificate nel periodo nuragico. Sono un’evoluzione dei Dolmen, e sono realizzate con massi disposti a formare Un corridoio Chiuso in alto da una serie di pietre di copertura disposte a piattabanda. Nel corridoio, ai lati, venivano disposte allineate le salme. Lo spazio antistante riservato ai riti funebri viene chiamato Esedra Ed è delimitato da una serie di lastre di pietra affiancate orizzontalmente ed infisse nel terreno, disposte a semicerchio a forma di corna taurine. Le Tombe di giganti del centro-nord della Sardegna hanno l’ingresso formato da una pietra centrale detta Stele, Molto più grande delle altre e possiede una piccola apertura che simula l’ingresso di una abitazione. All’estremità della tomba opposta alla stele è spesso presente l’Abside, realizzata con pietre disposte a semicerchio l’una sull’altra ed accuratamente lavorate. Nel sud della Sardegna, invece, la facciata della tomba non ha una stele ma è realizzata con tecnica ciclopica, ossia la tecnica usata nella costruzione dei Nuraghi, e il portello d’ingresso è sormontato da un lastrone orizzontale con funzione di Architrave E la facciata ed esedra realizzate con filari di pietre squadrate. La tomba era interamente ricoperta da un Grande cumulo di terra, sino all’altezza dell’arco della stele. recenti scavi hanno dimostrato che la sepoltura dei defunti avvenisse calandolo dall’alto, mediante lo spostamento di una delle lastre di copertura. Si spiegano così le ridotte dimensioni del portello che avrebbe avuto esclusivamente un valore simbolico.

Arzachena: la Tomba di giganti li lolghi Arzachena: la Tomba di giganti Coddu Vecchiu Dorgali-Tomba di giganti S’Ena de Thomes

Nell’esedra o vicino ad essa sono spesso infissi nel terreno uno o più Betili la cui funzione si ritiene fosse quella di vegliare sulla pace del defunto. Con il nome betili, parola che in ebraico indica il Luogo dove si sofferma il Signore, vengono chiamate steli o statue in pietra molto stilizzate. In un primo periodo troviamo Betili di forma conica, poi con Forme proto antropomorfe tanto da poter distinguere i betili maschili da quelli femminili. La funzione rituale assegnata ai betili era quella di vigilare sulla incolumità della tomba e quindi sulla pace dei defunti. Molto rare, a volte si trovano più tombe realizzate a poca distanza l’una dall’altra, a costituire nel loro insieme delle vere e proprie Necropoli di Tombe di giganti.

Gli oltre 7000 Nuraghi

Lettura di 'La Sardegna nuragica'Le datazioni ufficiali Del periodo nuragico, che si trovano in ogni ricostruzione storica ed anche sui cartelli indicatori posti accanto ai Nuraghi, derivano dalle ricerche di Giovanni Lilliu, lo scopritore della reggia nuragica di Barumini, che ha impegnato tutta la sua vita allo studio dell’archeologia del periodo prenuragico e nuragico in Sardegna. Secondo Lilliu, i Nuraghi sarebbero stati realizzati nell’Età del Bronzo. Nel Bronzo Antico i proto Nuraghi, nel Bronzo Medio i Nuraghi semplici e nell’Età del Bronzo Tardo i Nuraghi complessi. Giovanni Lilliu ha ricavato queste datazioni dall’analogia dei manufatti in essi rinvenuti con quelli presenti in altre culture di datazione più certa. Ma oggi è comunemente accettata l’ipotesi che tali manufatti siano successivi, presenti nel Nuraghe a causa di un suo successivo riutilizzo da parte di altre culture. La datazione storica ufficiale viene oggi ritenuta decisamente superata, e ci viene riferito che lo stesso Giovanni Lilliu lo avrebbe ammesso. Una datazione più credibile li fa vedere, però, edificati nel periodo del Megalitismo, ed è questa che prendiamo in considerazione nella nostra trattazione, anche per le evidenti analogie costruttive dei Nuraghi con le Tombe di giganti. Da qualche tempo studi più approfonditi, che iniziano ad essere accettati anche da archeologi tradizionali, portano ad anticipare di 1000-1500 anni la data di costruzione dei Nuraghi, quindi non all’Età del Bronzo ma al periodo del Megalitismo, quando in tutta Europa iniziarono a innalzarsi menhir, costruirsi Dolmen ed altre strutture ciclopiche in pietra. L’epoca nuragica avrebbe quindi avuto inizio poco dopo il 4700 avanti Cristo, quando l’isola era abitata da una popolazione dai tratti negroidi, che ha raggiunto il suo massimo splendore con la Cultura di Ozieri, che di sicuro ha realizzato menhir, Dolmen, Tombe di giganti ed altre strutture in pietra. Tra queste anche i Nuraghi, che sembrerebbero contemporanei alla Tombe di giganti, lo stile e le pietre impiegate, infatti, si somigliano e molte tombe sono costruite a fianco delle torri. E la fine dell’epoca nuragica sarebbe da collegarsi all’arrivo dall’oriente di popolazioni di origine semitica o indo-europea, che avrebbero portato sull’Isola la lavorazione dei metalli, la navigazione e diverse altre conoscenze. Sono quelli che vengono indicati come gli Shardana, che percorrevano il Mediterraneo alla guida dei Popoli del Mare, come ci raccontano gli Egizi e gli antichi Greci. La costruzione dei Nuraghi sarebbe quindi, secondo questa datazione, precedente al sorgere nel bacino del Mediterraneo delle prime costruzioni monumentali delle quali abbiamo evidenza storica. L’edificazione delle piramidi in Egitto inizia infatti dal 2700 avanti Cristo, mentre sono più recenti le mura ciclopiche di Micene, Tirinto, Gla, sulle coste dell’Anatolia, e di Troia. Ma che cosa sono i Nuraghi? Il nome Nuraghe potrebbe derivare da un’antica radice Nur che significa Mucchio cavo, ed indica una particolare forma di Megalitismo che trova la sua massima espressione nella costruzione dei queste torri, realizzate con blocchi squadrati di pietra disposti in cerchi sovrapposti, con blocchi di maggiori dimensioni in basso e sempre più piccoli verso l’alto, in modo da dare al Nuraghe la forma di un tronco di cono. I Nuraghi stanno in piedi, da migliaia di anni, grazie a una ben calibrata distribuzione di pesi, senza che vi sia alcuna traccia di materiale legante. Vediamo ora i diversi tipi di Nuraghi: dai proto Nuraghi ai Nuraghi semplici e successivamente ai Nuraghi complessi.

I proto Nuraghi

Arzachena: il Protonuraghe AlbucciuI cosiddetti Proto Nuraghi o pseudo Nuraghi, sono strutture rozze e basse, con un profilo che varia dal rettangolare a corridoio, all’ellittico, al rotondo. L’interno, al piano terra, presentano uno o più corridoi, ai lati del quale a volte si aprono cellette. Nel muro spesso sono ricavate delle scale a zig-zag, che portano al piano superiore dove si trovano altri vani solitamente rotondi o quadrangolari. Hanno la copertura realizzata il più delle volte con lastroni disposti orizzontalmente, ma si ritiene che a volte il tetto fosse realizzato in legno e frasche. Il momento di passaggio dai proto Nuraghi ai veri Nuraghi, si avrà con la comparsa della copertura a tholos che già vediamo realizzata in alcuni degli ultimi proto Nuraghi.

I Nuraghi semplici

Castelsardo: il Nuraghe Paddaggiu o Nuraghe Sa EniTra i circa 7000 Nuraghi esistenti in Sardegna, la maggior parte sono Nuraghi semplici ossia Nuraghi formati soltanto da una torre con un ingresso alla base, dal quale si entra in un grande vano interno nel quale sono presenti alcune nicchie scavate nell’intercapedine. Il più delle volte la camera interna ha una copertura tholos. È spesso presente all’interno una scala a chiocciola ricavata nel muro, che porta ad una camera al piano superiore e fino alla sommità della torre. Per motivi che non sono stati del tutto accertati, i Nuraghi arrivati a noi mancano tutti della copertura dell’ultima camera in alto, probabilmente distrutta in una fase successiva.

I Nuraghi complessi

In un periodo successivo iniziano a svilupparsi i Nuraghi complessi costituiti solitamente da un grande Nuraghe centrale solitamente indicato come mastio, attorno al quale vengono successivamente realizzate altre torri, due torri nei Nuraghi bilobati, tre neo Nuraghi trilobati, quattro nei Nuraghi quadrilobati, o più. Le torri sono collegate tra di loro da alti muraglioni, sui quali o all’interno dei quali sono presenti camminamenti per le vedette. Le torri hanno una o più stanze con copertura a tholos, collegate da corridoi, e possono avere più di un piano con varie scale. Intorno ai Nuraghi complessi sono spesso stati realizzati villaggi di capanne.

Barumini: complesso nuragico su Nuraxi Torralba: la reggia nuragica di Santu Antine Abbasanta-l Nuraghe Losa Orroli: il Nuraghe Arrubiu

L’edificazione dei Nuraghi da parte di una società gerarchicamente molto organizzata

Si suppone che solamente una società gerarchicamente molto organizzata, con un numero molto elevato di persone religiosamente assoggettate, poteva esprimere architetture così imponenti come la reggia nuragica de su Nuraxi o altre tipologie architettoniche. A tal proposito l’archeologo Giovanni Lilliu, pur considerando i Nuraghi edificati nell’Età del Bronzo, scrive che «Soltanto una società di pastori-guerrieri, organizzati in una struttura oligarchica-gerarchica con una massa religiosamente soggetta (non si può parlare di schiavismo o semi-schiavismo), poteva esprimere il miracolo architettonico di certi castelli nuragici, come il su Nuraxi di Barumini, il Santu Antine di Torralba, l’Arrubiu di Orroli, il Losa di Abbasanta e tanti altri consimili mirabili edifizi. Questi sono veramente il frutto di un alto sforzo solidale che solo la compattezza del gruppo tribale fondato sulla disciplina d’un ordinamento teocratico e militare era in grado di tradurre in opera».

Diverse ipotesi sul loro utilizzo

Diverse ipotesi sono state avanzate sul loro utilizzo. Per la maggior parte degfli studiosi, dato che i Nuraghi sono collocati o sulla sommità di una collina o ai margini di un altopiano, comunque in una posizione dominante, vanno ritenuti costruzioni difensive. Per altri potevano avere, invece, funzioni diverse, probabilmente di tipo mistico o religioso, oppure di tipo calendariale, oppure collegati con i segni cardinali o con le posizioni astrali. Secondo l’interpretazione di Giangiacomo Pisu, comandante di marina e grande esperto di mare, in base all’allineamento di Nuraghi di segnalazione, si può ritenere che alcuni approdi e porti, forse, potessero essere utilizzati già in epoca nuragica, che, come verrà descritto più avanti, siamo propensi a ritenere sia riferibile alla Cultura di Ozieri. Può risultare interessante, a questo proposito, quanto scrive Danilo Scintu in Torri del Cielo, dove sostiene che uno dei significati etimologici del termine Nuraghe possa essere desunto dalle parole Nur e Hag, ossia Torre di Fuoco, intesa come Torre della luce, forse come Faro. I Nuraghi edificati lungo la costa potevano forse avere una funzione di guida per le imbarcazioni del periodo nuragico, nei suoi spostamenti lungo la costa e dalla Sardegna verso altre località. Di sicuro, comunque, la popolazione locale ha avuto, ed ha ancora oggi, il massimo rispetto di queste costruzioni, nessuna delle quali è mai stata riutilizzata ad esempio dai pastori per alloggiare o ricoverare le greggi. Infatti le campagne sono disseminate di ovili, spesso costruiti accanto a Nuraghi, ma mai ricavati da essi, come sarebbe stato molto più logico e comodo.

La prossima pagina

Nella prossima pagina proseguiremo la descrizione della preistoria in Sardegna. Parleremo dell’Età del Rame e di quando, nell’Eneolitico Iniziale, arriva un’invasione da parte di popolazioni che portano la metallurgia e la lavorazione del rame, e con le loro armi determinando la fine della Cultura di Ozieri. Ma vedremo, poi, la successiva sconfitta delle popolazioni del rame, e la sopravvivenza dei nativi, in una facies culturale che viene denominata Sub-Ozieri.


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