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Dalla dominazione aragonese a quella valenciana e castigliana poi a quella del regno di Spagna


In questa pagina vedremo come, dopo la dominazione catalano-aragonese, dal 1412 si passa a quella valenciana, in seguiro dal 1479 si passa alla dominazione castigliana che porta alla costituzione del regno di Sardegna La cui dominazione si prolungherà fino al 1713.

Aggiunta del territorio valenciano a quello catalano-aragonese

Con la morte il 25 luglio 1409 di Martino il Giovane, ultimo infante del casato, e la successsiva morte, il 31 maggio 1410, di Martino I d’Aragona il Vecchio, si estingue la dinastia che ha governato per quasi cinquecentoanni la grande confederazione delle province d’Aragona e Catalogna.

alla dinastia nativa catalano-aragonese il compromesso di Caspe ne sostituisce una valenciana

alla morte di Martino I d’Aragona il Vecchio, avvenuta il 31 maggio 1410, inizia un difficile periodo di interregno. Per far fronte alla crisi dinastica e di potere apertasi, il governatore generale Gherardo Alemany nomina un consiglio di dodici saggi che prende in mano la situazione del regno ed è incaricato di mantenere l’ordine e di salvaguardare l’impero mediterraneo tanto faticosamente conquistato. Successivamente il Parlamento, riunitosi a Barcellona, designa una delegazione col compito di risolvere la crisi dinastica tra i varî pretendenti alla corona, tutti imparentati con gli ultimi sovrani catalani. La lotta propriamente si svolge tra due di questi aspiranti, ossia Giacomo lo Sventurato conte d’Urgel, e l’infante castigliano Ferdinando Trastàmara detto d’Antequera. Estensione della Corona di Aragona con l’aggiunta del territorio valenzianoIl Compromesso di CaspeDopo aspri dissensi interni, l’Aragona, la Catalogna e Valenza si accordano nel nominare nove compromissarî, tre per ciascuna parte trascurando però di invitare i rappresentanti di Maiorca, Sicilia e Sardegna, i quali dopo due anni di interregno, il 28 giugno 1412, riunitisi nel Castello di Caspe in Provincia di Saragozza, con il Compromesso di Caspe scelgono il nuovo re nella persona di Ferdinando Trastàmara che è il re di Valencia, e quindi alla dinastia nativa catalano-aragonese si sostituisce una dinastia valenciana. Il regno di Valencia era stato istituito da Giacomo I d’Aragona il Conquistatore come regno vassallo della Corona d’Aragona ma da essa indipendente, subito dopo la conquista nel 1238 della città di Valencia ai Mori.

Il regno di Ferdinando di Trastàmara che diventa Ferdinando I d’Aragona detto il Giusto

Ferdinando I d’AragonaNuovo re d’Aragona diviene il valenciano Ferdinando di Trastámara, detto Ferdinando di Antequera dal nome di una cittadina a nord di Malaga, da lui strappata ai mori nel 1410. Si tratta del figlio primogenito di Giovanni I di Trastamara, e di Eleonora d’Aragona figlia di Pietro IV il Cerimonioso, la quale quindi gli trasmette il titolo. Egli prende il nome di Ferdinando I d’Aragona detto il Giusto, e regna fino alla morte nel 1416. Egli è un buon combattente, un sagace uomo politico e un abile diplomatico. La nuova dinastia valenciana è di cultura castigliana, ed i suoi membri sono gli assertori della trasformazione dello stato in senso assolutistico processo che, nei decenni successivi, causerà la trasformazione della cultura e della organizzazione del regno. La trasformare dello stato in assoluto si scontra con i Catalani, con le loro tradizioni basate su autonomie locali, e che costituiscono una nazione unita. La diversità di cultura e di interessi costringono la nuova dinastia ad affrontare una grave crisi politico istituzionale che esplode in Catalogna, dove un tentativo di rivolta dei Catalani viene stroncato sul nascere. La regione che era stata la culla del regno d’Aragona, essendo stata economicamente il motore che aveva sorretto il formarsi dell’impero mediterraneo. Quando Valencia sostituisce Barcellona come capitale finanziaria della Corona, l’economia catalana viene travolta da una grave crisi. Inoltre, con l’unificazione del regno d’Aragona con quello di Valencia, viene abbandonata la lingua catalana a favore del valenciano che è la varietà della lingua catalana parlata nel proprio territorio e del castigliano, che finirà per diventare la lingua ufficiale del regno di Spagna.

Guglielmo II d’Arborea pattuisce la cessione del Giudicato d’Arborea a Ferdinando I d’Aragona

Con la pace di San Martino tra gli Aragonesi e Leonardo Cubello, nel 1410 il Giudicato d’Arborea viene trasformato nel Marchesato di Oristano e Leonardo Cubello riceve il titolo di primo marchese di Oristano, ma viene relegato al ruolo di semplice vassallo della Corona d’Aragona. Tradito da Leonardo Cubello, verso la fine della primavera del 1410, Guglielmo II d’Arborea rientra in Sardegna proveniente dalla Francia, dove si era recato dopo la battaglia di Sanluri per cercare aiuti, riorganizza in parte i territori giudicali superstiti nel vano tentativo di riconquistare il suo regno. In aprile, con l’aiuto dei Genovesi e di Nicolò figlio naturale di Brancaleone Doria, tenta la rivincita. Stabilisce la capitale a Sassari, occupa il Castello di longonsardo, ed arriva a minacciare direttamente Oristano. Si dirige, poi, verso Alghero dove si era installato Pietro Torrelles, il quale muore però di malaria nel 1411. Tra il 5 ed il 6 maggio 1412, Guglielmo II cerca di impadronirsi di Alghero al comando di un esercito composto da Francesi e Sassaresi, ma gli abitanti della città, che sono Catalani, li respingono. La Marmilla, che dopo il 1410 è governata direttamente da Cagliari, nel 1415 viene promessa da Ferdinando I d’Aragona a Leonardo Cubello, per non essersi schierato coi ribelli sardi. Gli viene ceduta nel marzo del 1416 per la somma di 25mila fiorini d’oro d’Aragona versati al fisco regio. restano fuori dall’accordo Gesturi, Tuili e Villamar e alcuni castelli, infeudati a Gerardo de doni durante la battaglia di Sanluri. Convinto di non poter raddrizzare la situazione, Guglielmo II tratta prima con Ferdinando I d’Aragona, poi con il figlio Alfonso V il Magnanimo. L’accordo viene raggiunto il 17 agosto 1420, quando Guglielmo II, scoraggiato, disperando di riuscire a mantenere il suo dominio e non più interessato ai territori sardi, anche perché fondamentalmente lui è uno straniero, pensa di lucrare sulla futura ed inevitabile sconfitta. Dopo lunghe trattative, egli con Gli accordi Saragozza del 25 maggio 1414 pattuisce la cessione del Giudicato d’Arborea con le sue prerogative sovrane sul Giudicato, compresa la Libertà dei Sardi, contro la somma di 100mila fiorini d’oro a Ferdinando I d’Aragona, il quale però muore nel 1416, prima di arrivare a una sua conclusione.

Il regno di Alfonso V d’Aragona detto il Magnanimo

Alfonso V d’AragonaNel 1416, morto Ferdinando I, il titolo passa al figlio Alfonso di Trastámara, che sale al trono con il nome di Alfonso V d’Aragona detto il Magnanimo, che regna fino alla morte nel 1458. Giovane, dalla personalità complessa, è di piacevole aspetto, di buona cultura, di profonda religiosità e di grande energia. Con Alfonso V, la Corona raggiungerà la massima estensione territoriale, ed egli prende sul serio l’idea di unificare definitivamente tutti i territori del regno di Sardegna e Corsica. Come suo padre, Alfonso ha radicato in sé il concetto dell’assolutismo monarchico importato dalla Castiglia. Nei pochi anni che sta in patria, appena dieci in quarantadue anni di regno, Alfonso si scontra con le Corti del Paese, col Consiglio di Barcellona, ed altri organismi che manifestano contro l’arbitraria nomina di non Catalani negli uffici pubblici di Catalogna, Sicilia e Sardegna. Eppure, malgrado la forte opposizione interna, Alfonso V prosegue nel suo atteggiamento dispotico, non cambia la sua politica filo castigliana che porta al declino della Catalogna come forza trainante della confederazione iberica. Tutto ciò mentre la corona è all’apice della sua potenza imperiale nel Mediterraneo, e sta per raggiungere con la conquista del napoletano il suo massimo sviluppo geografico.

Alfonso giunge in Sardegna e ratifica gli accordi Saragozza con i quali gli vengono ceduti tutti i diritti sulla Sardegna

Per conservare il possesso dell’impero mediterraneo ereditato dal padre, è necessario chiudere all’influenza genovese la Corsica, riaffermare il dominio aragonese in Sicilia e, possibilmente, estenderlo all’intera Italia meridionale. Per conseguire questi obiettivi Alfonso V predispone un’importante apparato militare. Raduna una flotta di settantacinque navi e un consistente insieme di fanti e cavalieri per invadere la Corsica, ed Alfonso V rompe unilateralmente la pace con Genova ed i vari trattati sottoscritti con la repubblica marinara. Vuole, inoltre, portare prima a termine le trattative, già intavolate dal padre, per l’acquisto dei diritti sull’Arborea. Nel maggio del 1420, si imbarca e giunge ad Alghero il 14 giugno. Al suo arrivo in Sardegna come prima azione Ratifica gli accordi Saragozza sul contenzioso dell’ex Giudicato d’Arborea. Con l’isola totalmente o quasi totalmente sotto controllo, il Regnum Sardiniae et Corsicae raggiunge la sua massima e definitiva espressione storica. Il 17 agosto 1420, ad Alghero, dopo più di cinque secoli, per 100mila fiorini d’oro da pagare in trenta anni, Guglielmo II d’Arborea cede la sua sovranità, e finisce per sempre il Giudicato d’Arborea e con esso i sogni di una Sardegna libera sotto una dinastia locale. Si conclude così la terza guerra sardo-aragonese, iniziata nel 1390 da Brancaleone Doria, una dispendiosa e sanguinosa guerra che aveva impoverito e devastato tutta la Sardegna per quasi cinquant’anni. Ritenendo pacificata la Sardegna, Alfonso si rivolge alla Corsica, ma la spedizione non va secondo le sue speranze, infatti qusta isola non diventerà mai aragonese. Nel gennaio 1421 Alfonso decide di recarsi a Cagliari per Mettere in ordine in brevissimo tempo il regno di Sardegna. L’isola è realmente in pessimo stato. Conta circa 240mila abitanti, Duecentomila in meno rispetto alle stime di un secolo prima, al principio della occupazione catalano-aragonese. A Cagliari dal 26 gennaio al 6 febbraio 1421 Alfonso V Riunisce per la seconda volta il Parlamento sardo e, nella sede del palazzo regio del Castello a Cagliari, conferma la Carta de logu, che viene dichiarata legge vigente in tutta la Sardegna escluse le sette città di diritto regio, ed i tre stamenti accordano al sovrano un donativo di 50mila fiorini d’oro d’Aragona, pagabili in cinque anni. Da segnalare, inoltre, che dopo tale assemblea, molti Sardi finiscono per essere investiti di uffici reali, anche di livello elevato. Inoltre, con la caduta di Monteleone nel 1436 e la resa di Castel Genovese nel 1448, si dissolvono anche i resti del patrimonio fondiario dei Doria. Il regno di Sardegna nel sedicesimo secoloE solo allora i re d’Aragona possono vantarsi di avere, in un solo momento, comprato quel regno, che in cento anni di guerra, non erano mai riusciti a piegare. Alfonso V, che per diritto ereditario è anche re di Sicilia, conquista nel 1443 il regno di Napoli, nella cui capitale stabilisce la propria corte, costituendo il regno delle due Sicilie, che diviene il fulcro della Corona d’Aragona. Alfonso V muore nel 1458 di malaria, contratta durante una battuta di caccia in Puglia, oppure, secondo un’altra versione, muore a Napoli. Lascia il regno di Napoli al suo figlio illegittimo Ferdinando, mentre tutti gli altri titoli della Corona d’Aragona, inclusa la Sardegna, inclusa la Sicilia che era tornata alla Corona, vanno al suo fratello minore Giovanni.

Il regno di Giovanni II d’Aragona detto il Senza Fede

Giovanni II d’AragonaLa conte  di Quirra ed il Marchesato di Oristanoalla morte nel 1458 di Alfonso V gli succede il fratello minore Giovanni di Trastámara, che sale al trono come Giovanni II d’Aragona detto il Senza Fede, o anche il Grande, che regna fino alla morte nel 1479. Il suo regno è disastroso a causa del suo dispotismo senza scrupoli, dato che combatte contro figli, parenti e sudditi facendo precipitare il paese in una delle più brutte guerre civili della storia. La sua contorta personalità lo spinge ad assumere una condotta poco leale anche nei confronti del fratello Alfonso V, approfittando della sua lontananza, canalizzando il malcontento dei Catalani in una serie di ribellioni aperte. In Sardegna, nel 1470 alla morte del marchese di Oristano e del conte di Quirra che, da soli, possedevano oltre la metà dei feudi dell’Isola, scoppia una lotta per la successione a questi grandi patrimoni. Negli ultimi anni di regno di questo sovrano avviene in Sardegna la rivolta di Leonardo de Alagon che già da tempo S’andava maturando.

L’eredità della conte di Quirra

Violante II contessa di Quirra nota come 'sa Marchesa'Erede della conte di Quirra viene designata nel 1469 la tredicenne Violante II di Quirra nata nel 1456 da Violante de Centelles e dal viceré e conte Giacomo Carroz d’Arborea, che verrà ricordata come Sa Marchesa quando i feudi Quirra verranno elevati da contea a Marchesato. Data la minore età, Violante si trova sotto tutela del vicerè Niccolò Carroz, signore di Mandas e di Terranova, che aspira al possesso di quei territori. Subito le viene imposto il matrimonio con Dalmazzo figlio del suo tutore con lo scopo di unificare il patrimonio dei due rami della famiglia Carroz, ma il giovane nel 1478 muore prematuramente, ed anche il suo secondo matrimonio non ha lunga vita dato che Filippo de Castre Sol muore nel 1482, lasciandole due figli. Violante si trasferisce a Barcellona con i suoi figli un anno prima della seconda vedovanza, per difendere i suoi diritti patrimoniali dinnanzi al re e vi rimane per quindici anni. Rientrata in Sardegna vive tra il Castello di San Michele, presso la nonna Eleonora a Cagliari, ed il Castello di Quirra. Nel 1503 perde anche i suoi due figli, ed oltre alle liti riguardanti i beni patrimoniali, deve anche scontrarsi con i Carroz d’Arborea. Il sarcofago di Violante II contessa di QuirraRitorna a Barcellona per aver giustizia direttamente dal re, e nel 1508 al suo rientro nel Castello di Quirra si sostiene che abbia fatto impiccare il suo confessore perché aveva rivelato al Vescovo di Ales una sua relazione amorosa. Il Vescovo la scomunica, fatto che desta nel popolo una pesante avversione nei suoi confronti facendola chiamare La Sanguinaria. Violante muore nel 1511 ad appena 42 anni, viene sepolta in un sarcofago all’esterno della chiesa di San Francesco in Stampace, del quale dopo la demolizione della chiesa sul finire dell’ottocento vengono perse le tracce per molti anni, fino a che viene ritrovato a Decimo, un paese vicino a Cagliari, adibito a fioriera.

Il Marchesato di Oristano

Stemma del Marchesato di OristanoIl primo marchese di Oristano e conte del Goceano Leonardo Cubello è morto a Oristano nel 1427, lasciando la vedova Quirica Deiana oltre a due figli, Antonio e Salvatore, che gli succederanno l’uno dopo l’altro nel Marchesato, ed una figlia, Benedetta che sposerà il nobile aragonese Artaldo Alagon y luna. alla sua morte gli succede il primo figlio, Antonio Cubello che diviene marchese di Oristano e conte del Goceano dal 1427 al 1463; ed alla morte di questo, il secondo figlio Salvatore Cubello dal 1463 al 1470. Nel frattempo, nel 1436 è nato da don Artaldo Alagon y luna e da donna Benedetta Cubello, discendente dal marchese di Oristano Leonardo Cubello, Leonardo de Alagon quarto e ultimo marchese di Oristano e conte del Goceano in quanto discendente per parte di madre dai Cubello.

L’ultimo tentativo di indipendenza della Sardegna condotto da Leonardo de Alagon

Leonardo De Alagon quarto ed ultimo marchese di OristanoErede dei feudi e del titolo dello zio materno Salvatore Cubello, morto senza eredi diretti, con atto testamentario viene designato marchese di Oristano Leonardo de Alagon che già nel 1410 durante il regno di Ferdinando I d’Aragona, si era ribellato agli Aragonesi, ed, al comando di quattro navi, con Cassiano Doria aveva espugnato longone, oggi Santa Teresa di Gallura, che era difeso dagli Aragonesi. Il vicerè aragonese dell’Isola, Nicolò Carroz, asserisce che il testamento di Salvatore Cubello non può aver alcun valore, in quanto il re aveva già deciso che, alla morte di Salvatore Cubello, il Marchesato di Oristano e la conte del Goceano sarebbero stati incorporati nella Corona d’Aragona. Ne deriva uno scontro aperto, poiché il vicerè è nemico giurato di Leonardo de Alagon, ed è deciso ad impedirne la successione al Marchesato, per il quale egli stesso ha delle pretese.

La battaglia di Uras

Leonardo de Alagon si ribella al vicerè Nicolò Carroz, si mette alla testa di un esercito di Oristanesi e riaccendendo lo spirito nazionalista mai completamente sopito ed il sogno di un’isola sotto l’egida arborense. A causa di queste tensioni fra opposte fazioni, ad Oristano scoppia una rivolta capeggiata da Leonardo de Alagon. Il mattino del sabato delle Palme, il 13 aprile 1470, mentre le campane delle Chiese di Uras chiamano i fedeli, Leonardo de Alagon riunisce nella sua tenda i capitani del suo esercito per decidere il piano di battaglia. Nei due giorni precedenti aveva provveduto a stancare l’esercito di Nicolò Carroz, viceré aragonese dell’Isola, tenendolo sveglio con falsi allarmi. Il campo sardo era stato tenuto fintamente in festa, ed a mezzanotte si spengono i fuochi, in modo da far credere al nemico che i Sardi siano stati vinti dal sonno e che il campo sia indifeso. La fanteria aragonese si mette in marcia all’una di notte del 14 aprile e, convinta di trovare il campo sardo sguarnito, lo attacca al grido di Viva Aragona, ma un nutrito lancio di frecce e lance la investe, e l’intera prima linea viene annientata. I superstiti tornano indietro, ma gli ufficiali li spingono a un nuovo attacco, ormai verso le due. I Sardi respingono anche questo attacco al grido di Arborea, Arborea, e gli Aragonesi si danno alla fuga. Allora millecinquecento cavalieri aragonesi attaccano la fanteria sarda, che si ritira al riparo delle palizzate, e li respinge con lance e picche. L’attacco della cavalleria aragonese viene fatto cessare quando la brigata al comando del Leonardo de Alagon esce sul campo, ed i cavalieri aragonesi, temendo l’accerchiamento, si ritirano. Si è ormai giunti alle prime luci dell’alba, e la battaglia era durata già da diverse ore, con molte perdite da entrambe le parti. La battaglia di Uras in un quadro di Mauro FerrerGli eserciti si affrontano, quindi, in campo aperto in una battaglia che si svolge nella piana di Uras. Inizialmente prevalgono i reggimenti sardi, mettendo in fuga gli Aragonesi. Il viceré Carroz decide, allora, di utilizzare una nuova arma, le colubrine, costringendo i Sardi a ritirarsi per le ingenti perdite. Ma il meglio della cavalleria sarda, al comando dell’ufficiale Ubaldo, muove contro gli artiglieri aragonesi, impadronendosi delle loro colubrine, ma rischia di essere isolata e sopraffatta. Allora Leonardo de Alagon incita i suoi con un discorso, e porta in aiuto la fanteria al grido Aragona a morte, Arborea vince. La battaglia infuria, e il viceré Carroz decide di usare la sua riserva, costituita da Sardi sottomessi che si era portato dietro da Cagliari, ma questi, invece di attaccare i Sardi, investono sul fianco gli Aragonesi. Leonardo de Alagon arriva allo scontro diretto con il viceré Carroz, conficcando la lancia nel petto del suo cavallo e provocandone la caduta. Alagon potrebbe finirlo, ma ne è impedito da un pugno di cavalieri aragonesi che gli fanno scudo. Alagon si scontra anche, direttamente, con Leonardo Dessena, visconte di Sanluri, ma i fanti sardi sono ormai padroni dal campo e, senza ascoltare Alagon che ordina di prenderlo prigioniero, lo feriscono gravemente, tanto che, trasportato nella chiesa di San Salvatore, il visconte muore il giorno stesso. Caduto il visconte, gli Aragonesi si danno alla fuga, inseguiti dai Sardi vittoriosi sul campo, molti cavalieri aragonesi sono catturati, e lo stesso viceré Carroz si salva la vita dandosi alla fuga e riparando nel Castello di Cagliari. Dopo la clamorosa vittoria, famosa è la frase di Leonardo de Alagon che afferma miei soldati, domani ascolteremo messa a Bonaria. L’esito di questa battaglia attira nell’esercito di Leonardo de Alagon numerosi volontari, e, nel 1474, si raggiunge la pace di Urgelles, una pace vantaggiosa per l’Alagon, al quale Giovanni II d’Aragona riconosce il diritto di successione sul trono di Arborea.

La battaglia di Macomer

Ma, successivamente, Nicolò Carroz insiste con Giovanni II sul pericolo che Leonardo de Alagon rappresenta, temendo che possa scatenare una rivoluzione generale su tutta l’Isola. Infatti il malcontento verso gli Aragonesi aumenta tra gli Arborensi, che non hanno mai abbandonato il sogno di un’isola tutta gestita da una dinastia locale. Giovanni II d’Aragona accoglie le recriminazioni del Carroz, che lo convince a procedere contro Leonardo de Alagon con l’accusa di lesa maestà e fellonia, e nell’ottobre del 1477 emana una sentenza di morte per l’intera famiglia Alagon, con la confisca di tutti i beni che erano stati loro concessi. A quel punto, nel 1475, la rivolta si allarga ulteriormente, ed il conflitto si estende anche alle zone settentrionali, dove all’Alagon sono stati promessi aiuti da parte dei Genovesi e del duca di Milano, che però non arrivano. Invece il Carroz ottiene truppe bene armate dalla Sicilia e da Napoli, dalla Spagna e dagli altri stati della Corona, mentre sull’isola una violenta epidemia di peste bubbonica devasta i villaggi e le città. A Macomer il murale che rappresenta la battaglia di MacomerAl grido di Arborea! Arborea!, insorgono contro gli Aragonesi le regioni della Barbagia, del Goceano, il Marghine, il Mandrolisai, i Campidani, e tutta la Sardegna viene scossa da violenti tumulti. La battaglia decisiva viene preceduta da sanguinosi scontri a Mores e ad Ardara. Lo scontro sfocia nella sanguinosa battaglia di Macomer del 19 maggio 1478, che si svolge in località Campu Castigadu, meglio conosciuta oggi come Tossilo, nella quale i Sardi ribelli vengono sconfitti dalle soverchianti forze aragonesi, formate da contingenti di Spingarderos, e armate con potenti artiglierie giunte dalla Sicilia. Al termine del combattimento il vicerè Carroz occupa il Castello di Macomer, sul quale sventolava il vessillo degli Arborea, e dopo tre giorni lo distrugge. Sul campo periscono dagli 8mila ai 10mila uomini, e, tra i molti, muore anche Artale de Alagon, figlio maggiore di Leonardo, che prima della disfatta abbandona il campo di battaglia, e con i fratelli, i figli, ed il visconte di Sanluri, fugge a Bosa, da dove si imbarca su una nave con l’intento di raggiungere prima la Corsica e successivamente Genova. Ancora oggi in Sardegna viene ricordato Leonardo de AlagonIn alto mare viene, però, tradito. Viene imprigionato e consegnato all’ammiraglio aragonese Giovanni Villamari, che lo conduce in catene nel Castello di Decimoàtiva, a Valenza, dove muore il 3 novembre 1494. Dopo la sconfitta del marchese Leonardo de Alagon nella battaglia di Macomer, il Marchesato d’Arborea e la conte del Goceano passano sotto il dominio aragonese e vengono incorporati nel patrimonio regio, e il suo governo viene affidato ad un funzionario regio. È la fine dell’indipendenza della Sardegna. Finiti il Marchesato di Oristano e la conte del Goceano, non si estinguono i titoli, che passano al re di Spagna e, poi, ai Savoia, che li ereditano e li conservano anche dopo l’unità d’italia avvenuta il 17 marzo 1486, assumendo insieme al titolo di re di Sardegna anche quello di Marchesi di Oristano e conti del Goceano.

Dal 1479 la Sardegna passa sotto la dominazione spagnola

Datazioni dell’occupazione aragonese e spagnolaVediamo, ora, come avviene il passaggio dalla dominazione aragonese, con sovrani prima catalano-aragonesi e poi valenciani, alla dominazione spagnola, dopo che nel 1479 è avvenuta la nascita del regno di Spagna. Viene data quindi origine alla Corona di Spagna, e questo passaggio determina la definitiva fine del periodo medioevale sardo. La Sardegna, passata sotto il dominio spagnolo, vi resterà, con alterne vicende, sino al 1713, quando con il Trattato di Utrecht, al re Filippo V verrà concesso di rimanere sul trono di Spagna, ma dovrà cedere il possesso di Minorca e Gibilterra alla Gran Bretagna; quello dei Paesi Bassi, di Napoli, del Ducato di Milano e della Sardegna, agli Asburgo; e la Sicilia e una parte del milanese ai Savoia.

Il matrimonio di Ferdinando di Trastàmara con Isabella di Castiglia porta alla nascita del regno di Spagna

Le nozze tra Ferdinando II d’Aragona e Isabella di CastigliaFusione del regno di Aragona con quello di CastigliaIl figlio di Giovanni II d’Aragona detto il Senza Fede, Ferdinando di Trastàmara viene indotto dal padre a Sposare a Valladolid il 17 ottobre 1469 Isabella di Castiglia, nata a Madrigal de las Altas Torres il 22 aprile 1451 e che morirà a Medina del campo il 26 novembre 1504, iniziando in questo modo l’unificazione del regno d’Aragona con quello di Castiglia. L’unificazione delle corone di Aragona e Castiglia pone le basi per la moderna Spagna e per l’impero spagnolo. Nella seconda metà del quattrocento Barcellona si trova al centro di una grave, prolungata crisi di potere che investe città e campagne della Catalogna vecchia. Si apre un decennio, dal 1462 al 1472, di turbamento politico durante il quale gli oligarchi si trovano contro quelli della montagna, che svolgono un ruolo non indifferente nel successo militare della Corona.

La salita sul trono di IsabelI di Castiglia detta la Cattolica e di Ferdinando II d’Aragona detto il Cattolico

IsabelI di Castiglia detta la CattolicaFerdinando II d’Aragona detto il CattolicoQuando nel 1474 Isabella sale sul trono di Castiglia con il nome di IsabelI di Castiglia detta la Cattolica, eredita un regno dove l’anarchia feudale è giunta al massimo. Il conseguente confronto armato con i pretendenti è inevitabile e Ferdinando ha la meglio riuscendo così a rendere stabile il governo di sua moglie in Castiglia. Insieme fermarono l’anarchia feudale, fanno giustiziare i responsabili e riportano l’ordine nel piccolo regno. Nel 1475, con un accordo, conosciuto anche come la Concordia di Segovia, i due sovrani giurano che non fonderanno le due corone in un unico stato, esse rimarranno giuridicamente autonomie, e ciascuna entità conserverà le sue istituzioni e le sue leggi. In seguito nel 1479 alla morte del padre Giovanni II d’Aragona, Ferdinando di Trastàmara nato a Sos del rey Católico il 10 marzo 1452 e che morirà a Madrigalejo il 23 gennaio 1516, diviene re con il nome di Ferdinando II d’Aragona detto il Cattolico, il quale, essendo re d’Aragona, signore delle Indie e reggente di Castiglia, viene anche considerato il primo re di Spagna e da alcuni chiamato per questo Ferdinando I di Spagna. I due sposi assumeranno i titoli di: re di Castiglia, d’Aragona, di lean, di Sicilia, di Sardegna, di Cordova, di Murcia, di Jahen, di Algarve, di Algeciras di Gibilterra, di Napoli, conti di Barcellona, signori di Vizcaya e di Molina, duchi di Atene e di Neopatria, conti di Rossiglione e di Sardegna, Marchesi di Oristano e conti del Goceano. Ferdinando ed Isabella danno vita ad un governo diarchico attuando un programma autoritario e accentratore. E dal 1479 viene portata a termine l’unificazione dei due regni d’Aragona e di Castiglia. Da questo momento, la Sardegna e la Corsica, ossia le due isole gemelle del Tirreno, vengono separate nei titoli regi. Tranne che per il papato, il regno di Sardegna e Corsica viene chiamato, in tutta Europa, unicamente regno di Sardegna. L’isola, posta sotto la potente corona di Spagna, diviene un mondo definitivamente spagnolo, e ciò segna la fine del periodo medioevale sardo. Sotto il regno di Ferdinando II d’Aragona il 4 febbraio 1482 Viene convocato per la terza volta il Parlamento sardo riunito prima a Oristano, poi trasferito a Cagliari.

I due sovrani cattolici fanno istituire e introducono in tutti i territori da loro dipendenti la Santa Inquisizione

Il papa Sisto IV che ha instituito in Spagna la Santa InquisizioneIl cardinale Torquemada priore del convento domenicano della Santa Cruz di SegoviaSubito dopo aver assunto il potere, Ferdinando, in accordo con la moglie Isabella, nel 1480 introduce in Castiglia, e quattro anni dopo anche in Aragona, la Santa Inquisizione istituita nel 1478 su loro riChiesta dal papa Sisto IV. Adottano una forte limitazione dei poteri dei grandi feudatari; aboliscono qualsiasi potere politico delle Corti, limitano la dipendenza della chiesa spagnola dalla curia di Roma avocando al re la nomina dei titolari dei benefici ecclesiastici e trasformando l’inquisizione in un Tribunale di stato per il controllo della vita spirituale dei sudditi. Il sultano di Granada Boabdil detto el ChicoE, grazie agli accordi stipulati che consentono loro di nominare inquisitori uomini di fiducia, viene nominato nel 1483 come inquisitore generale il Cardinale Torquemada priore del convento domenicano della Santa Cruz di Segovia e confessore dei re cattolici. A partire dal 1482 viene intrapresa in Spagna da Ferdinando la guerra di Granada contro il Sultanato di Granada, retto dalla dinastia dei Nasridi, l’ultima dinastia musulmana, che culmina con la resa nel 1492 del sultano Boabdil detto el Chico. La Spagna musulmana si era rivelata un porto sicuro per gli ebrei ed era divenuta velocemente il centro della vita intellettuale ebraica. In seguito nel 1492 il nuovo pontefice Alessandro sesto convince il cardinale Torquemada a ritirarsi in un convento ad Avila. Il papa Alessandro sestoL’espulsione degli ebrei dai territori dipendenti da Ferdinando d’Aragona e Idabella di CastigliaComunque anche da lì, qualche mese dopo la caduta di Granada, il cardinale riesce ad ottenere dai re cattolici Ferdinando d’Aragona ed Isabella d’Castiglia l’emissione del Decreto di Alhambra, noto anche come Editto di Granada, con il quale impongono l’espulsione dal regno di Spagna delle comunità ebraiche che non accettano di convertirsi al Cristianesimo. Questo editto ordina agli Ebrei di tutte le età di lasciare il Paese entro l’ultimo giorno di luglio, permettendo loro, però, di portare via tutti i loro beni e non onorare gli impegni finanziari. Il cardinale Torquemada ha istituito processi molto rigorosi nei confronti di quegli ebrei, convertiti al cattolicesimo ossia dei Marranos che fossero sospettati di falsa conversione.

Estensione alla Sardegna del provvedimento di espulsione delle comunità ebraiche

Il provvedimento voluto da Torquemada di Espulsione delle comunità ebraiche viene esteso anche alla Sardegna. La comunità ebraica di Cagliari è costretta ad abbandonare la città, e la sinagoga di Cagliari viene distrutta ed al suo posto, a partire dal 1530, sorgerà l’attuale basilica della Santa Croce, essendo stata adottata la consuetudine di intitolare alla Santa Croce ogni chiesa cristiana sorta sulle vestigia di una sinagoga distrutta. Cagliari: la via Santa Croce che era l’antica Ruga JudeorumAl suo posto, a partire dal 1530, sorgerà l’attuale basilica della Santa Croce, essendo stata adottata la consuetudine di intitolare alla Santa Croce ogni chiesa cristiana sorta sulle vestigia di una sinagoga distrutta. Dopo l’espulsione degli ebrei, Torquemada si dedica con lo stesso rigore ai processi nei confronti dei musulmani convertiti al cattolicesimo ossia dei Moriscos sospettati di falsa conversione. Con la riconquista di Granada, il 2 gennaio 1492, e l’unificazione di tutta la Spagna, e con la scoperta dell’America ad ottobre dello stesso anno, la Sardegna rimane ai margini geografici del regno, senza avere più nessun valore economico e politico. Ferdinando muore nel 1516 e gli succede il nipote Carlo, con il titolo di Carlo V d’Asburgo, Imperatore del Sacro Romano Impero, o anche Carlo I di Spagna.

Giovanna che nel 1504 eredita tutti i beni di Castiglia sposa Filippo d’Asburgo che diventa Filippo I di Navarra

Giovanna di Castiglia detta Giovanna la PazzaFilippo d’Asburgo detto il Bello che diventerà il re consorte Filippo I di CastigliaNel 1496 Massimiliano I d’Asburgo, arciduca d’Austria ed Imperatore del Sacro Romano Impero, fa sposare il proprio figlio Filippo d’Asburgo detto il Bello, con Giovanna di Castiglia, figlia di Ferdinando II d’Aragona e IsabelI di Castiglia. Nel 1504, con la morte di Isabella di Castiglia, diviene erede di tutti i beni di Castiglia e leon la sua figlia Giovanna, nata a Toledo il 6 novembre 1479 e che morirà a Tordesillas il 12 aprile 1555, e che assume il nome di Giovanna I di Navarra. Grazie al matrimonio con lei, il marito Filippo, nato a Bruges il 22 luglio 1478 e che morirà a Burgos il 25 settembre 1506, diviene Jure uxoris re consorte di Castiglia e leon, con il nome di Filippo I di Navarra. Subito dopo, però, Giovanna viene colpita da follia e si trova nell’impossibilità di governare, venendo sostituita nel governo da suo padre, e per questo verrà ricordata come Giovanna la Pazza. La bandiera del regno di SpagnaLa pazzia di Giovanna non è documentata, sebbene sia profondamente innamorata di Filippo la loro vita coniugale viene resa estremamente infelice dalla infedeltà di lui e dagli anni di insicurezza politica, durante i quali lui tenta costantemente di usurparle i diritti del potere che le spettavano per nascita. Ciò porta in gran parte alle voci della sua follia a causa di resoconti di atti depressivi o nevrotici commessi mentre veniva imprigionata o costretta dal marito, voci di cui Filippo beneficia politicamente. Infine nel 1506 scompare prematuramente anche il padre Ferdinando II, lasciando a Giovanna anche il regno d’Aragona, e quindi la Castiglia e l’Aragona diventano un unico stato, dal quale nascerà il regno di Spagna. Dalla unione di Filippo e Giovanna nasce Carlo di Gand, predestinato a diventare in breve tempo il sovrano più potente del mondo.

Il regno di Carlo V d’Asburgo noto come Carlo I di Spagna

Carlo V d’Asburgo noto come Carlo I di SpagnaIsabella di Portogallo moglie di Carlo V d’AsburgoIl figlio Carlo di Gand, all’età di soli sei anni, si trova ad essere il potenziale erede non solo dei beni di Castiglia e d’Aragona, ricevuti dalla madre, ma anche di quelli d’Austria e di Borgogna, questi ultimi ricevuti in eredità dai nonni paterni. Carlo, nato a Gand il 24 febbraio 1500 e che morirà a Cuacos de Yuste il 21 settembre 1558, dieci anni dopo la morte nel 1506 del padre Filippo d’Asburgo, nel 1516 a soli sedici anni eredita con il nome di Carlo I di Spagna il regno di Castiglia, di leon e tutte le colonie americane; da sua nonna Maria di Borgogna eredita le Fiandre, l’Artois, la Franca contea; dal nonno materno Ferdinando II d’Aragona il Cattolico eredita la Catalogna, il Rossiglione, i regni di Napoli, di Navarra, di Sardegna e di Sicilia. Quando poi, nel 1519, muore l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo che è il suo nonno paterno, eredita i paesi austriaci, la Boemia, l’Ungheria e diviene imperatore del Sacro Romano Impero Germanico con il nome di Carlo V d’Asburgo. Contrariamente a quanto avveniva comunemente in quei tempi, Carlo contrae un solo matrimonio l’11 marzo 1526 con la cugina Isabella del Portogallo dalla quale nascono sei figli legittimi dei quali tre morti in fasce, ed inoltre Carlo ha anche cinque figli illegittimi. Si tratta di una delle più importanti figure della storia d’Europa, padrone di un impero talmente vasto, esteso su tre continenti, che gli viene tradizionalmente attribuita l’affermazione secondo cui Sul suo regno non tramontava mai il sole. Imbevuto di conoscenze profonde sulla funzione dell’impero, che gli deriva dalla lettura del De Monarchia di Dante, in sintonia con il suo gran cancelliere Mercurino di Gattinara, egli dà corpo all’immagine medioevale del primato dell’impero e della sua funzione provvidenziale di guida della Cristianità. Erasmo da Rotterdam diviene suo consigliere personale e per lui scrive L’istitutio principis christiani. Per via dei diffusi timori che la sua vasta eredità possa portare all’instaurarsi di una monarchia universale e di un’egemonia europea, Carlo subisce le ostilità da parte dei molti nemici. La storia del suo regno è costellata da numerose guerre e in particolare da tre grandi e simultanei conflitti, ossia le guerre contro la Francia, gli scontri per fermare l’avanzata ottomana, ed i conflitti con i principi tedeschi conseguenti alla riforma protestante alla quale si oppone fermamente.

La rifroma protestante alla quale si oppone fermamente

L’eretico frate agostiniano Martin luteroCarlo V è l’ultimo grande imperatore cattolico, fedele alla chiesa di Roma in un periodo turbolento e drammatico per la storia del cristianesimo, segnato dalla frattura epocale dello scisma protestante, una spaccatura dolorosa che porterà a sanguinose ritorsioni politiche ed all’arroccamento del papa e dei vertici ecclesiastici su posizioni conservatrici ed oscurantiste. Tutto ha inizio nel 1517, due anni prima dell’elezione imperiale di Carlo V, quando in Germania il frate agostiniano Martin lutero condanna pubblicamente la vendita delle indulgenze, vale a dire la pratica che, in cambio di denaro, prometteva l’attenuazione delle pene ai fedeli. Nel negare il valore delle indulgenze, lutero contesta che la salvezza eterna possa essere ottenuta con le buone opere, ed al contrario sostiene che essa possa essere raggiunta solo per mezzo della fede. A partire da questi presupposti, e prendendo come punto di riferimento normativo le sole Scritture, il frate agostiniano mette in discussione i punti centrali della dottrina cattolica, dal numero dei sacramenti al ruolo dei sacerdoti, dalla natura dell’eucarestia alla funzione stessa del papa. Il papa Leone decimoMartin lutero brucia la bolla papaleIl 15 giugno 1520 il papa Leone decimo emana la bolla Exsurge Domine, con la quale dà a lutero sessanta giorni di tempo per ritrattare, pena la scomunica. Per tutta risposta lutero, il 10 dicembre 1520, dà pubblicamente fuoco ai volumi di diritto canonico, e brucia anche La stessa bolla papale. Il 3 gennaio dell’anno seguente, la bolla Decet Romanum Pontificem sancisce la scomunica di lutero. A questo punto spetta all’autorità laica e quindi all’Imperatore assicurare l’arresto dell’eretico e consegnarlo a Roma. Martin lutero interrogato alla Dieta di WormsNel giugno del 1519, Carlo d’Asburgo era stato eletto imperatore, e non può certo ignorare il vasto consenso che il riformatore ha aggregato. Così nell’aprile del 1521 convoca lutero alla Dieta di Worms per verificare ulteriormente la possibilità di ritrattare. L’editto di Worms del maggio 1521, col quale lutero viene posto al bando, formalizza queste decisioni. Pochi giorni dopo, però, Carlo V abbandona la Germania: non tornaterà per nove anni a causa della bellicosità francese, della situazione spagnola e dell’avanzata dei Turchi che lo preoccupano certo più di quell’ostinato monaco ribelle. Questa sua lunga assenza rende qindi del tutto inefficaci le deliberazioni assunte.

La guerra contro la Francia

Il sacco di Roma del 6 maggio 1527I suoi stati hanno assunto una consistenza tanto imponente da inasprire la vecchia rivalità fra la Spagna e la Francia, rivalità che continuerà nei secoli futuri fra i Borboni e gli Asburgo. La politica egemonistica ed espansionistica dei due stati conducono ad una lunga e sanguinosa guerra che sconvolge l’Europa e il Mediterraneo e coinvolge anche altre potenze europee. Questa guerra dura circa quarant’anni, dal 1521 al 1559, dato che per cercare di contrastare il potere degli Asburgo che in tutta Europa si sta facendo sempre più importante, il re Francesco I di Francia si fà promotore di un’alleanza contro l’imperatore, chiamata lega di Cognac, alla quale aderiscono il papa Clemente settimo, il Ducato di Milano, la repubblica di Venezia, la repubblica di Genova e la Firenze dei Medici. La guerra si svolge soprattutto in Italia. Il 12 novembre 1526 circa 14mila miliziani mercenari, comandati in campo dal generale Georg von Frundsberg, lasciano Trento in direzione di Roma. Le truppe di Carlo V incontrarono alcuni tentativi di resistenza nella loro discesa della penisola, tra cui quello di Giovanni dalle Bande Nere sul Mincio. Il papa Clemente settimoL’incoronazione di Carlo VEd il 6 maggio del 1527 la stessa Roma subisce il terribile saccheggio che viene ricordato come il Sacco di Roma e che la asserve al nuovo imperatore. In seguito Carlo stesso viene in Italia per compiere l’antico rito medievale dell’incoronazione, ed a Bologna il 22 ed il 24 febbraio 1530 Clemente settimo lo Incorona ponendogli sul capo prima la corona ferrea o corona del regno d’Italia, e poi quella imperiale. Per Carlo V le continue e ingenti spese militari vengono rese possibili in buona parte dalle rendite in oro e argento che gli provengono dalle colonie e che, se anche non regolari, sono sempre cospicue.

Gli scontri per fermare l’avanzata ottomana

L’Impero Ottomano, ossia il Sublime Stato Ottomano, è nato nel 1299 ed è arrivato al suo apice a controllare buona parte dell’Europa sud-orientale, dell’Asia occidentale e del nord Africa. Ii componenti della marineria ottomana che partivano dalle basi maghrebine sono sovente stati identificati con l’espressione pirati barbareschi. Nel Mediterraneo, nonostante alcuni successi, Carlo non riesce pienamente a impedire la dominazione marittima degli ottomani e gli attacchi dei pirati barbareschi. Il sultano Solimano II detto il GrandeL’ammiraglio saraceno Khayr al: din detto Ariadeno BarbarossaEgli deve affrontare le incursioni dei turchi ottomani guidati dal sultano Solimano II detto il Grande, che sono alleati con i Francesi e con i pirati barbareschi tunisini e algerini guidati da Khayr al: dīn Barbarossa, chiamato in lingua italiana Ariadeno Barbarossa Bey di Algeri e di Tlemcen nonchché ammiraglio della flotta ottomana, che razziano costantemente le coste spagnole, italiane e sarde. Nel 1509, i pirati barbareschi mettono a ferro e a fuoco Cabras, nel 1514 subisce la stessa sorte Siniscola, e l’anno successivo di nuovo Cabras. Nel 1520 devastano Sant’Antioco, Pula, Carbonara. Si ha notizia di uno sbarco di truppe francesi nel porto di Marceddì nel 1522, dove una grossa squadra di galee ha trovato riparo per il cattivo tempo, pronta a scendere per depredare gli abitanti, ma a Terralba drappelli di Campidanesi dopo una feroce battaglia li respingono. Nel 1522 i Cavalieri Ospitalieri perdono per mano degli Ottomani l’isola di Rodi, fino a quel momento loro dimora, e da sette anni girovagano per il Mediterraneo in cerca di una nuova terra. La situazione non è facile perchché i Cavalieri di San Giovanni non accettano di essere sudditi di nessuno e ambiscono a un luogo in cui essere sovrani in un Mediterraneo completamente occupato da altre potenze. Cavalieri del Sovrano Militare Ordine Gerosolimitano di MaltaNel 1524 Carlo offre loro l’isola di Malta, che è sotto il suo diretto controllo essendo parte del regno di Sicilia, ed alla fine, dopo lunghe trattative, essi accettano l’isola ponendo la condizione di essere sovrani e non sudditi dell’imperatore, e chiedendo che sia loro assicurato dalla Sicilia l’approvvigionamento del necessario per vivere, che dalla venuta nell’isola divengon il Sovrano Militare Ordine Gerosolimitano di Malta. Nel 1527 la Sardegna subisce un’altra incursione delle truppe francesi capitanate da renzo Ursino da Ceri, e la flotta degli alleati di Francesco I di Francia capitanata dal famoso Andrea Doria assedia Castel Aragonese, l’odierna Castelsardo, che resiste. Segue l’occupazione ed il saccheggio di Sassari. Nel 1527 si assiste a un altro attacco alle spiagge di Terralba, questa volta per opera dei pirati barbareschi, fatale per Terralba, Uras, Bonorcili e Arcidano, che vengono completamente distrutti.

Carlo si sposta in Sardegna per contrastare la pirateria babaresca

Appena ne ha la possibilità, Carlo Si sposta in Sardegna e va a risiedere nel 1533 a Cagliari nel palazzo regio in piazza Castello, da dove arma una potente flotta. Cagliari viene trasformata in una piazzaforte dalla quale partono 82 galee e Duecento vascelli galee affidati ad Andrea Doria, che riconquista la città di Tunisi, base dei navigli dei predoni, ottenendo dopo un saccheggio di due giorni ben 10mila schiavi, senza però conseguire apprezzabili risultati, visto che le scorrerie continuano. Non tarda, infatti, una pronta risposta degli Ottomani. Nel 1538 i pirati ottomani saccheggiano Porto Torres, nel 1540 è la volta di Olmedo. Nel tentativo di porre rimedio a questa piaga, nel 1541, Carlo allestisce un’altra spedizione, avente come obiettivo di assalire Algeri, ma la flotta viene distrutta da una terribile tempesta prima ancora di raggiungere la costa maghrebina. Carlo non riesce, quindi, ad ottenere risultati concreti. Il 16 gennaio del 1556 Carlo V abdica, cedendo le corone di Spagna, Castiglia, Sicilia e delle Nuove Indie al figlio Filippo, al quale cede anche i Paesi Bassi e la Franca conte nel giugno dello stesso anno e la corona aragonese nel mese di luglio, mentre il 12 settembre dello stesso anno cede la corona imperiale al fratello Ferdinando. Subito dopo, accompagnato dalle sorelle Eleonora e Maria, parte per la Spagna diretto al monastero di San Jeronimo di Yuste nell’Estremadura, dove i monaci lo accolgono in processione, intonando il Te Deum. Carlo non risiede mai all’interno del monastero, bensì in una modesta palazzina che si era fatto costruire anni addietro, in adiacenza al muro di cinta, ma all’esterno, orientata a sud e ben soleggiata.

Il regno di Filippo II d’Asburgo noto come Filippo II di Spagna che fa edificare le 105 torri costiere

Filippo II d’Asburgo noto come Filippo II di Spagnaalla abdicazione nel 1556 di Carlo V d’Asburgo, a lui succede come erede al trono della corona spagnoL’unico figlio maschio sopravvissuto, Filippo II d’Asburgo noto anche come Filippo II di Spagna detto Il Prudente, nato Valladolid il 21 maggio 1527 e che regna fino alla morte a San Lorenzo de El Escorial 13 settembre 1598. Egli sposa Maria Emanuela d’Aviz infante del Portogallo e principassa della Asturie, dalla quale ha il figlio Carlo che diventerà principe della Asturie; in seconde nozze Maria I d’Inghilterra dalla quale non ha figli; poi Elisabetta di Valois dalla quale ha due figlie femmine; ed infine Anna d’Austria dalla quale ha quattro figli, tra i quali Filippo che gli succederà sul trono di Spagna. Filippo II non riuscirà mai a eguagliare il padre, dato che manca di ogni conoscenza della cultura tedesca, essendo nato, cresciuto ed educato in Spagna, sentendosi culturalmente spagnolo e considerando il proprio paese come il baricentro dell’impero, è quidni il più spagnolo degli Asburgo. Animato da una fede profonda, è assolutamente incapace di comprendere i non credenti per cui diventa spesso fanatico e vendicativo. Si impegna in primo luogo nella difesa della fede cattolica con ogni mezzo a disposizione. Gran parte dei suoi sforzi sono rivolti a impedire che il protestantesimo si diffonda in Spagna, ed è quindi fedele esecutore dei dettami del Concilio di Trento e, servendosi dell’inquisizione, cerca di controllare e di scoraggiare ogni manifestazione che non sia ad essa conforme. Nel 1559 arrivano in Sardegna i primi Gesuiti. Viene inviato in Sardegna quale primo rappresentante della Compagnia San Francesco de Borja che, come persona di fiducia di Carlo V, era già stato a Cagliari nel 1535 al seguito dell’imperatore. Il primo collegio viene aperto a Sassari e nel 1562 iniziano le lezioni. Due anni dopo i Gesuiti inizieranno le lezioni di grammatica, di teologia, di filosofia e di lettere umane nel collegio della Santa Croce a Cagliari. Nell’autunno del 1562 prende a circolare la voce della cessione della Sardegna al pretendente al trono di Navarra, i negoziati iniziano ma la cosa viene alla lice e la Corona ha il suo da fare per rassicurare i rappresentanti dell’Isola. Il giurista e letterato Sigismondo Arquer mandato al rogoDurante il suo regno muore, nel 1563, Emanuele di Castelvy y Alagon signore di Samassi e Serrenti, cui è dedicato un mausoleo edificato nel 1586 da Scipione Aprile nella chiesa romanica di San Geminiano a Samassi. Sempre durante il uo regno proseguono i processi del tribunale della Santa Inquisizione, e, tra i processi più clamorosi intentati dagli inquisitori, va ricordato quello contro il giurista e letterato sardo Sigismondo Arquer chimato il Giordano Bruno sardo, che viene accusato di luteranesimo, arrestato in Spagna e processato, e dopo oltre otto anni di carcerazione durante i quali subisce per due volte la tortura viene mandato al rogo a Toledo, in Plaza de Zocodover, la sera del 4 giugno 1571, poche settimane prima della battaglia di Lepanto.

La battaglia di Lepanto

La battaglia di LepantoDurante il suo regno, proseguono le incursioni dei pirati ottomani, e, nel 1571, si svolge la battaglia di Lepanto nel corso della guerra di Cipro, tra le flotte musulmane dell’Impero ottomano e quelle cristiane federate sotto le insegne pontificie della lega Santa. L’impero spagnolo e la repubblica di Venezia sono le principali potenze della coalizione, poiché la lega è in gran parte finanziata da Filippo II di Spagna, e Venezia è il principale contributore di navi. La metà delle navi provengono infatti dalla repubblica di Venezia, e l’altra metà composta congiuntamente dalle galee dell’Impero spagnolo con il regno di Napoli e il regno di Sicilia, dello stato Pontificio, della repubblica di Genova, dei Cavalieri di Malta, del Ducato di Savoia, del granDucato di Toscana, del Ducato di Urbino, della repubblica di lucca, del Ducato di Ferrara e del Ducato di Mantova. Questa flotta dell’alleanza cristiana era composta da 40.000 marinai e rematori ed Inoltre trasporta circa 20mila truppe da combattimento. Müezzinzade Alì PasciàLa principale battaglia, la quarta in ordine di tempo e la maggiore, si conclude con una schiacciante vittoria delle forze alleate su quelle ottomane di Müezzinzade Alì Pascià La cui nave ammiraglia viene abbordata e, sebbene il comandante della flotta cristiana, Giovanni d’Austria fratello del re di Sardegna, avesse impartito l’ordine di catturarlo vivo, viene ucciso. Discordanti sono le versioni sulla sua morte, secondo alcune fonti viene colpito alla testa da una pallottola, secondo altre viiene ferito e poi finito da un soldato spagnolo, altri ancora riportano che si suicida tagliandosi la gola. Certo è che viene decapitato e la sua testa ostentatamente infilzata su una picca; inoltre sull’albero maestro della Sultana, la sua nave ammiraglia, viene ammainato lo stendardo ottomano e innalzato quello cristiano. Lo stendardo della nave portato a Cagliari dal 'Tercio viejo de Cerdeña'A questa battaglia partecipa attivamente il Tercio viejo de Cerdeña l’unità militare spagnola situata in Sardegna. Di questa partecipazione, sentita e condivisa dagli isolani, è rimasta una tradizione ricordata da molti dei maggiori storici sardi e lungamente manifestata nella fede popolare, secondo la quale i quattrocento archibugieri che prendono parte alla battaglia di Lepanto nelle galere di Giovanni d’Austria sarebbero stati sardi, ed il principe, dopo la vittoria, darà loro lo stendardo della nave che essi, una volta tornati in patria, portano in trionfo nella chiesa di San Domenico deponendola nella Cappella di Nostra Signora del Rosario. Secondo la tradizione la bandiera veniva portata in processione, a ottobre, tutti gli anni. Ciò fu motivo d’orgoglio per gli isolani, e perfino Gabriele D’Annunzio li ricorda nella Canzone dei Trofei dove scrive O Cagliari / i quattrocento archibugieri sardi / che Giovanni d’Austria alla battaglia / sotto il vessillo della sua reale / s’ebbe per incrollabile muraglia. Dragut RaisDopo la temporanea presa di Tunisi nel 1573, nel 1577 l’importante base barbaresca viene riconquista dai saraceni. E, nonostante la sconfitta nella battaglia di Lepanto, la pressione turca nel Mediterraneo aumenta ulteriormente. I pirati ottomani, comandati dal successore di Khayr al: dīn Barbarossa, l’ammiraglio e pirata Turghud Alì detto Dragut Rais continuano ad attaccare la Sardegna, depredandola e facendo schiave le popolazioni. Gli Spagnoli vengono obbligati ad arretrare la frontiera difensiva, e la Sardegna, che fino ad allora aveva avuto un ruolo secondario nello scacchiere difensivo mediterraneo, diviene un avamposto contro l’espansione ottomana. Per l’isola passa, infatti, quel confine invisibile, che costituisce la frontiera tra paesi Cristiani e musulmani. Le loro incursioni espongono la Sardegna ad una mobilitazione militare quasi continua.

Il potenziamento delle difese sarde con la costruzione delle torri di Guardia sulle coste

Si pone allora, urgentemente, il problema del potenziamento delle difese delle tre più importanti piazzeforti marittime, ossia Cagliari capitale del regno, la città di Alghero e la rocca di Castel Aragonese oggi Castelsardo, che costituiscono l’ossatura nevralgica del sistema difensivo. E, proprio nel 1571, Filippo II ordina che sui litorali venga costruita una Cinta dì torri di Guardia. A partire dal 1572, sotto la direzione di Marco Antonio Camos, si inizia la costruzione delle torri di avvistamento e segnalazione contro le incursioni barbaresche, poste in vista l’una dell’altra, in modo da allertare la popolazione. Dei grandi contenitori in ferro battuto, collocati in cima alle torri, servono per bruciare l’erica bagnata ed il bitume, in modo da formare un fumo denso e scuro, ben visibile da lontano. Le Torri costiere avrebbero dovuto essere 132, ma nel 1594 di torri risulta essersene costituite solo 66, la esatta metà. Gli intoppi finanziari rendono infatti contraddittori gli sforzi volti a migliorare le difese e l’armamento. Nonostante gli sforzi sostenuti per rafforzare la sicurezza dell’Isola, la difesa continua ad essere abbastanza precaria, anche perché le torri hanno il compito di segnalare l’imminente pericolo e dare l’allarme, ma gran parte di esse sono prive di adeguate guarnigioni e di armamento pesante.

Alghero-Torre di San Joan Alghero-Torre dello Sperone Alghero-Torre di San Giacomo Oristano-Torre Grande: la Gran Torre Sant’Antioco-Torre Cannai nota come Turri Domus de Maria: la Torre di Chia Tertenia: la Torre di San Giovanni di Sarrala Arbatax: la Torre di San Michele dopo il restauro

è il sistema difensivo delle torri costiere che ancora oggi dominano le colline prospicienti le coste sarde. Si possono ammirare soprattutto, nella parte settentrionale dell’Isola, lungo la costa da Stintino fino a Santa Teresa di Gallura; sulla costa occidentale, da Carloforte ad Alghero; e, lungo la costa orientale, da Posada a Villasimius. restano attive fino al 1815, quando, dal Congresso di Vienna, verrà imposta agli stati barbareschi la fine della tratta degli schiavi. E verranno smilitarizzate nel 1867, dal nascente regno d’Italia.

Lo scontro con l’Inghilterra e gli ultimi anni di Filippo II

I galeoni dell’Invincibile Armata circondati dalla agile flotta ingleseFilippo si dovrà scontrare con l’Inghilterra, e per questo nel 1587 allestisce la famosa Invincibile Armata per contrastare la crescente potenza marittimo-Commerciale dell’Inghilterra e per porre termine al conflitto che ormai da due anni veniva combattuto con atti di pirateria da entrambe le parti. L’armata è costituita da centotrenta galeoni e trentamila uomini a bordo, ma una serie di tre violentissime tempeste si abbatte sugli spagnoli. La prima li sorprese il 12 agosto, al largo delle Isole Orcadi e presso le Isole Shetland; la seconda il 12 settembre al largo delle coste irlandesi; seguita dopo pochi giorni da una terza al largo delle coste del Connacht sempre in Irlanda. Queste tempeste distruggono le sue speranze e permettono alla piccola e agile flotta inglese di sconfiggere i pesanti galeoni spagnoli. Questi eventi segnano la fine del predominio spagnolo sui mari e l’inizio delle conquiste coloniali inglesi e olandesi ai danni della Spagna. In ogni caso, Filippo dispone pensioni e compensazioni per le famiglie dei caduti dell’Invicibile Armada. Negli ultimi anni egli soffre un lento e costante deterioramento delle sue condizioni di salute a causa di un cancro che lo porta alla morte il 13 settembre del 1598, dopo 52 giorni di agonia in cui soffre una costante febbre, idropisia e gotta. Gli succede il figlio ultimogenito, Filippo, con il nome di Filippo III.

Il regno di Filippo III d’Asburgo noto come Filippo III di Spagna

Filippo III d’Asburgo noto come Filippo III di SpagnaNel 1598 alla morte di Filippo II succede il figlio Filippo III d’Asburgo, noto anche come Filippo III di Spagna detto Il Pio, nato a Madrid il 14 aprile 1578 e che regna fino alla morte a Madrid il 31 marzo 1621. Nel 1599, Filippo III sposa la cugina, Margherita d’Austria-Stiria, sorella del futuro Ferdinando II d’Asburgo, la quale assume sino dall’inizio un notevole ascendente sul re, e nascono sei figli, Anna, Filippo che regnerà dopo di lui con il nome di Filippo IV, Maria Anna, Carlo, Ferdinando ed Alfonso. alla sua salita al trono, Filippo III eredita una situazione finanziaria disastrosa a causa dei debiti nei confronti dei banchieri che avevano anticipato i mezzi necessari a sostenere la politica militare di suo padre Filippo II. Il nuovo sovrano avvia una politica di disimpegno militare su tutto lo scacchiere europeo, e così nel 1604 viene fatta la pace con l’Inghilterra dove alla implacabile Elisabetta era succeduto Giacomo I Stuart. Nel 1609 viene stipulata anche una tregua di dodici anni con l’Olanda, che sancisce la definitiva perdita delle province settentrionali, e sempre nel 1609 emette il decreto di espulsione dei Moriscos, che erano i discendenti di quei musulmani che si erano convertiti al cristianesimo durante la reconquista dei secoli precedenti ma che avevano mantenuto una propria cultura, tra cui molte pratiche islamiche. Nel 1618, con l’inizio della guerra dei trent’anni si avvia il disastroso confronto della Spagna con i protestanti. Intanto l’amministrazione dello stato viene afflitta dagli scandali e dalla corruzione, in un ambiente in cui la nobiltà cortigiana diventa arbitra delle sorti del decadente paese.

Il risveglio culturale nella Sardegna con le Università di Cagliari e di Sassari e con il Parlamento sardo

Sassari: il palazzo dell’UniversitàAl tempo di Filippo III la Sardegna diviene ancora più estranea, ed il suo isolamento dalle grandi questioni internazionali è totale. Paradossalmente però conosce un breve periodo di pace, che porta ad un certo risveglio culturale che porta all’apertura della Università di Sassari La quale è legata alla figura di Alessio Fontana, funzionario della cancelleria imperiale di Carlo V, che nel 1558 aveva lasciato i suoi beni nel proprio testamento alla municipalità per l’istituzione di un collegio di studi. Tuttavia soltanto il 9 febbraio 1617, il re Filippo III concede lo statuto di università regia al collegio gesuitico, consacrando quella di Sassari come prima Università regia. Il risveglio culturale è stimolato anche dal nuovo arcivescovo di Cagliari, Francesco d’Esquivel, che si impegna per ottenere l’apertura dell’Università di Cagliari egli aveva ottenuto nel 1606 il riconoscimento del pontefice Paolo V e conseguito nel 1620 il privilegio di fondazione da parte di Filippo III di Spagna dell’Universitas Studiorum Caralitana, che inizia la propria attività nel 1626. Comunque entrambe le istituzioni non hanno avuto una grande fortuna, tanto che alla fine del secolo le cattedre sono già in gran parte deserte o sospese. Il Parlamento viene riunito periodicamente, circa ogni dieci anni, e vi partecipano i rappresentanti delle città non infeudate, ossia delle ville regie ossia le principali città della Sardegna che sono governate direttamente dal rappresentante del re. Le città regie della Sardegna non infeudate ma governate direttamente dal rappresentante del reAlle prime città non infeudate che erano tre, dal 7 giugno 1327 Iglesias già Villa di chiesa, dal 25 agosto 1327 Cagliari noto come Castel de Càller, dal 20 agosto 1331 Sassari chiamata Sàsser, si sono aggiunte dal 1448 Castelsardo noto come Castillo Aragonés ossia Castello Aragonese, dal 15 agosto 1479 Oristano noto come Oristán, dal 1499 Bosa, dal 28 agosto 1501 Alghero noto come L’Alguer. Alle riunioni del Parlamento vengono posti i problemi della sicurezza, delle comunicazioni interne, dei sostegni all’agricoltura ed alla pastorizia. La pesca del corallo viene rilanciata anche con la costruzione delle torri litoranee di difesa, specie nella zona costiera tra Bosa, Alghero e Castel Aragonese. A questa attività vengono dedicate, nei periodi migliori, circa Trecento barche provenienti dalla liguria e, al traino, da Marsiglia, sempre meno dalla Catalogna. Ed in tutta l’isola vengono realizzate cinque tonnare. Già dal 1605 viene denunciato che, col crescere del commercio e del benessere, crescono parimenti i delitti, l’epicentro del fenomeno si colloca in uno dei poli più cospicui dell’allevamento sardo, il Monteacuto che, col vicino Goceano, resta un focolaio attivo di fatti banditeschi. In quest’area, tra il 1610 e il 1612, opera una nutrita banda di malfattori capeggiata da due elementi di Bono, Maurizio Flore e Andrea Addis, che reclutando i suoi componenti tra i paesi limitrofi, soprattutto Benetutti e Illorai, poteva mettere insieme fino a una ventina di uomini tutti a cavallo e ben armati con archibugi e balestre.

Il banditismo e la controversia tra gli arcivescovi di Cagliari e di Sassari

I vent’anni di regno di Filippo III sono caratterizzati dall’insorgere in Sardegna di una controversia tra l’arcivescovo di Cagliari e quello di Sassari per il primato religioso. La polemica ha profonde radici storiche che risalivano al medioevo, quando la Sardegna era divisa in Giudicati e il titolo di primate di Sardegna e Corsica era attribuito all’arcivescovo di Pisa. L’arcivescovo di Cagliari, tuttavia, perchché la città è la sede del vicerè, comincia ad intitolarsi come primate con grande contrarietà dell’arcivescovo di Sassari. A Sassari ed a Cagliari inizia una frenetica attività di scavi archeologici Per rintracciare le reliquie dei Santi martiri che comprovassero quale delle due città avesse contribuito prima e maggiormente al radicamento del cristianesimo in Sardegna. Così, nel giugno del 1614, vengno avviati scavi nella basilica di Porto Torres alla ricerca dei corpi dei martiri turritani Gavino, Proto e Gianuario. contemporaneamente vengono eseguiti scavi nella basilica di San Saturno a Cagliari. La disputa continua negli anni successivi senza però sortire alcun risultato. Il papa non prende alcuna decisione, e così il titolo di primate continua ad essere portato dall’arcivescovo di Pisa il quale, nel frattempo, interviene nella disputa per difendere le sue prerogative. Dopo la morte di Filippo III nel 1621, dovuta ad una febbre contratta nel 1619, sulla via del ritorno da un viaggio in Portogallo, gli succede il figlio maggiore, di solo sedici anni. Filippo III viene considerato un sovrano corrotto e crudele, ed accresce con la sua incapacità al disfacimento del grande impero spagnolo.

Il regno di Filippo IV d’Asburgo noto come Filippo IV di Spagna

Filippo IV d’Asburgo noto come Filippo IV di SpagnaNel 1621 a Filippo III succede il figlio maggiore, Filippo IV d’Asburgo, noto anche come Filippo IV di Spagna detto il Grande o Il re Pianeta, nato a Valladolid l’8 aprile 1605 e che regna fino alla morte a Madrid il 17 settembre 1665. Egli sale al trono sedicenne, sotto la tutela del conte duca di Olivares che per oltre vent’anni continuerà la tradizione dei favoriti onnipotenti dirigendo la politica spagnola in mezzo a numerosi disastri. Con Filippo IV, più intelligente e colto del padre ma a lui accomunato per mancanza di carattere, si ufficializzava a tutti gli effetti l’abdicazione del potere regio nelle mani di un privato, consentendo il recupero di un ruolo preminente ai vertici dello stato da parte dell’aristocrazia. Filippo sposa Elisabetta di Borbone nata principessa di Francia dalla quale ha un figlio maschio che è Baltasar Carlos infante di Castiglia che morirà nel 1646, e sei figlie femmine tra le quali Maria Teresa d’Austria; successivamente sposa Maria Anna d’Austria dalla quale ha due figlie una delle quali è Margherita Teresa, ed i figli Filippo Prospero che morirà nel 1661, e Carlo che gli succederà sul trono come Carlo II. L’argomento religioso lo interessa soprattutto nei primi anni del suo governo, quando intrattiene una fitta corrispondenza con la badessa suor María di Ágreda., ma, a dispetto di questo attaccamento, Filippo non si nega il lusso di qualche amante, in particolare attrici di Teatro tra le quali la più famosa è certamente María Inchés Calderón, dalla quale nel 1629 ha il figlio Juan Josché, che verrà riconosciuto poi e cresciuto a corte come principe.

In Sardegna nuove ondate di peste e le razzie dei pirati ottomani

Durante il suo regno si verifica una serie di nuove Ondate di peste che colpiscono duramente la popolazione. Tristemente famosa la recrudescenza del 1652 e quella del 1656. I voti fatti allora per invocare l’aiuto dei Santi protettori nelle città e nei villaggi sono alla base di molte feste patronali che si celebrano ancora oggi in tutta l’isola, come a Cagliari il voto a Sant’Efisio Martire l’1 maggio di ogni anno. Si ripetono, poi, le continue razzie dei Pirati ottomani che già si erano avute nel secolo precedente. Nel 1621 viene occupata la penisola di Sant’Antioco, nel 1623 galere algerine e tunisine assalgono Posada, nel 1627 e nel 1636 i pirati devastano Torres e il sassarese.

La guerra dei trent’anni

La Guerra dei trent’anni iniziata in Boemia nel 1618 per motivi religiosi tra cattolici e protestanti, che dilania l’​Europa centrale fino al 1648, è stata trasformata ben presto dal cardinale Richelieu in una lotta politica dai Francesi di Luigi tredicesimo contro gli Asburgo di Spagna e d’Austria. La politica dell’Olivares determina il fallimento della partecipazione spagnola, la definitiva perdita dei Paesi Bassi, la riconquista della Libertà da parte del Portogallo, nonchché altre crisi interne che portano alla ribellione della Catalogna. Durante questa guerra si assiste a un nuovo tentativo di sbarco delle Truppe francesi. Il 21 febbraio 1637 Enrico di lorena, conte di Harcourt, comandante di una flotta di quarantasette vascelli Francesi, occupa, depredandola, e mette a ferro e fuoco Oristano, che abbandona distrutta dopo una settimana. Non volendo, però, affrontare le milizie aragonesi che arrivano in soccorso della città, i Francesi si ritirano precipitosamente, abbandonando anche gli Stendardi che oggi sono custoditi nella cattedrale di Oristano. Stendardo francese abbandonato e custodito nella cattedrale di OristanoDopo questo tentativo di invasione, si rende necessario ed urgente munire il regno di una flotta navale di difesa. Ma le galee che verranno varate negli anni successivi, saranno solamente tre. Filippo IV, pressato da crescenti necessità finanziarie per la dissennata politica del duca di Olivares, è stato costretto ad aumentare l’incremento del prelievo fiscale specialmente nei confronti di quei regni il cui carico fiscale era considerato modesto, come la Catalogna, Valenza, l’Aragona e la Sardegna. Il suo regno, poco movimentato all’inizio, finisce per essere caratterizzato da una decadenza politica e militare, tanto che egli è stato per lungo tempo ritenuto il responsabile del declino spagnolo.

Il regno di Carlo II d’Asburgo e di Spagna che vede l’inasprimento dei rapporti della nobiltà locale con quella spagnola

Carlo II d’Asburgo detto Carlo II di SpagnaNel 1665, alla morte di Filippo IV, gli succede l’unico figlio maschio vivente Carlo II d’Asburgo detto lo Stregato, noto anche come Carlo II di Spagna nato a Madrid il 6 novembre 1661 e che regna fino alla morte senza eredi a Madrid l’1 novembre 1700. Essendo in tenera età viene sostituito nel governo dalla madre Marianna d’Austria. Egli sposerà Maria luisa d’Orlchéans ed in seguito Maria Anna del Palatinato-Neuburg, ma essendo impotente morirà senza lasciare eredi. La madre reggente si muove in una situazione di decadenza generale, il governo è incapace e inetto e il malgoverno accentua la decadenza della Spagna, che vien trascinata nelle diverse coalizioni europee contro Luigi undicesimoV durante la cosiddetta Guerra dei nove anni il vasto conflitto svoltosi tra il 1688 e il 1697 prevalentemente nell’Europa continentale, ma che coinvolge anche come teatri secondari l’Irlanda ed il nord America. papa Innocenzo undicesimoI rovesci militari che si succedono costringono la Spagna a cedere i territori delle Fiandre e buona parte delle conquiste, comprese alcune colonie americane. E così la Spagna, ormai in una situazione di crisi irreversibile,deve rinunciare ad esercitare un ruolo egemonico in Europa, mentre le condizioni di salute del suo re cominciano a interessare la diplomazia internazionale. Ormai l’impotenza del re non è più un mistero, e la certezza della estinzione del ramo spagnolo degli Asburgo va ponendo alle potenze europee il problema della successione. Esse cominciano a pensare concretamente alla spartizione dell’impero spagnolo dopo la morte di Carlo II, che non avendo eredi, per volere di papa Innocenzo undicesimo pubblica un testamento in favore di Filippo di Borbone duca d’Angiò, dando origine alla guerra di successione spagnola.

I problemi durante il suo regno in Sardegna

Durante il regno di Carlo II di Spagna si sviluppa una battaglia antigovernativa per la concessione di alte cariche istituzionali in favore dei nobili nativi dell’Isola, compreso quello di vicere e di arcivescovo. Queste rivendicazioni provocano episodi sanguinosi, come la notte del 20 giugno nel 1668 l’assassinio a Cagliari di don Agostino de Castelvì marchese di Laconi, che viene colpito da numerosi colpi d’archibugio e finito con venti coltellate in quella che, a tutti gli effetti, sembra una violenta e meditata esecuzione. Era da poco scoccata la mezzanotte e nella Calle Major che oggi è la via la Marmora l’uomo passeggiava sulla strada del rientro verso casa. Il marchese di Laconi è un personaggio controverso divenuto comunque esponente della nobiltà sarda in contrasto con l’autorità viceregia, nel Parlamento a capo della fazione che pretende incarichi pubblici per i Sardi, compreso quello di viceré e di arcivescovo. Egli viene assassinato su probabile istigazione del vicerè don Manuel Gomez de los Cobos marchese di Camarassa, che, però, non fa una fine migliore. Viene infatti assassinato per vendetta il 21 luglio, esattamente un mese dopo, mentre rientra in carrozza dalla Festa del Carmine, diretto a Palazzo vicerègio per la Carrer dels Cavaliers che oggi è la via Canelles nel quartiere Castello. A colpire a morte il vicario del re di Spagna e tutta la sua famiglia è una selva di schioppettate scagliate da una finestra dell’attuale Civico 32 della via Canelles, in un nobile palazzo all’epoca abitato da Antioco Brondo marchese di Villacidro. L’episodio ha un lunghissimo strascico giudiziario, che esaspera ancor di più i rapporti fra la nobiltà locale sarda e quella spagnola. Epigrafe affissa ancora oggi in via Canellesa con i mandanti dell’omicidio del marchese di CamarassaProbabile ritratto di Jaime Artal de Castelvì marchese di CeaTutt’oggi non si conoscono con certezza i colpevoli, né i mandanti, né le motivazioni che hanno portato all’omicidio, ma all’epoca si individuarono sette congiurati, i cui nomi, vengo riportati a chiare lettere in un’epigrafe affissa ancora oggi in via Canelles, e sono quelli di don Jaime Artal de Castelvì marchese di Cea che viene ritenuto la mente del complotto per vendicare la morte del cugino Agostino, Francisco Cao, Francisco Portugues, Antioco Brondo e Gavino Grixoni e ancora donna Francesca Zatrillas e Silvestro Aymerich. I maggiori esponenti della nobiltà sarda coinvolti nella tragedia vengono tratti in arresto e trasferiti in Spagna, mentre viene diramato l’ordine di cattura dei congiurati che tentano la fuga. Donna Francesca Zatrillas e Artal riescono a fuggire prima in Corsica e poi a Nizza dove vengono accolti dai Savoia. Qui donna Francesca, consapevole dell’impossibilità di fare ritorno in Sardegna, si ritira in convento diventando una nobile benefattrice, mentre Artal cede alle lusinghe di un funzionario regio e tenta il ritorno in Sardegna. La loro cattura avviene in momenti e in circostanze diverse. Silvestro Aymerich, Francesco Cao e Francesco Portugues vengono catturati in Gallura e decapitati il 27 maggio 1671. Le loro teste, svuotate e riempite di sale, vengno esposte a Sassari e poi issate su tre lance alla testa di un lungo corteo di cavalieri in viaggio verso Cagliari. Cagliari: la Torre dell’Elefante dove vengono esposte per diciassette anni le teste mozzate dei congiuratiIl 15 giugno 1671 nellantica Plazuela che oggi è la piazza Carlo Alberto, deputata all’esecuzione capitale dei nobili, Francesco Cappai viene torturato e ucciso per mezzo della ruota medievale, mentre Arta viene decapitato al cospetto della folla. Le Quattro teste mozzate dei congiurati, svuotate del cervello e riempite di sale, rimangono esposte sulla Torre dell’Elefante per diciassette anni, rinchiuse in una gabbia di ferro agitata dal vento, e vengono rimosse solo il 1688 per grazia sovrana su petizione del Parlamento. Il regno lentamente declina, e la Sardegna è retta da un sistema di istituzioni in larga misura ancora medioevale, l’ordine pubblico è in completo sfacelo, intere zone dell’isola sono Teatro delle prepotenze di bande armate a tal punto che uno spostamento da Sassari a Cagliari potrebbe diventare una pericolosa avventura.

Il passaggio della Sardegna all’Austria e poi da questa ai Savoia

Filippo V di Borbone duca d’Angiò ossia Filippo V di SpagnaCarlo III d’Asburgo ossia Carlo III di SpagnaNel 1700 Carlo II di Spagna muore senza eredi e, per sua disposizione testamentaria, viene proclamato re, in quanto nipote di Maria Teresa di Spagna sorella di Carlo II, il figlio di Luigi di Borbone delfino di Francia, che è il diciassettenne Filippo di Borbone duca d’Angiò, nato a Versailles il 19 dicembre 1683 e che morirà a Madrid il 9 luglio 1746. A lui viene posta la condizione di rinunciare per sempre ai suoi diritti e quelli dei suoi discendenti sulla Corona francese, ed egli viene proclamato re a Madrid il 18 febbraio 1701 con il nome di Filippo V di Spagna. Temendo l’unione di Francia e Spagna, si forma una coalizione tra Inghilterra, Olanda ed Austria, e nel 1703 il principe Carlo d’Asburgo, figlio secondogenito di leopoldo I d’Asburgo e della sua terza moglie Eleonora del Palatinato-Neuburg, nato a Vienna l’1 ottobre 1685 e che morirà a Vienna il 20 ottobre 1740, ricusa il testamento ed inizia la guerra. Gli alleati si muovono subito e, dopo alcuni successi iniziali delle truppe franco spagnole, il pretendente Carlo d’Asburgo arciduca d’Austria, ha la meglio sbarcando a Barcellona dove si fa proclamare re il 7 novembre 1705 col nome di Carlo III di Spagna dai Catalani, Aragonesi, egli altri che formano il nucleo continentale dell’antica Corona d’Aragona. Da questa contrapposizione nasce la guerra di successione fra Spagna e Francia da una parte, e Austria, Prussia, Inghilterra, Olanda, Portogallo, il Ducato di Savoia e il principato di Piemonte ossia gli alleati dall’altra. Esito di questa guerra di successione sono il Trattato di Rastadt con il quale a Filippo V viene concesso di rimanere sul trono di Spagna, ma deve cedere il possesso di Minorca e Gibilterra alla Gran Bretagna; quello dei Paesi Bassi, di Napoli, del Ducato di Milano e della Sardegna agli Asburgo; e la Sicilia e una parte del milanese alla casa Savoia. Segue un nuovo trattato di pace, il Trattato di londra del 1718, nel quale viene convenuto che la casa Savoia cede la Sicilia all’Austria in cambio della Sardegna. In ottemperanza al trattato di londra, viene sottoscritto l’Accordo dell’Aja dell’8 agosto 1720, che sancisce il passaggio del regno di Sardegna ai Savoia.

Influenza della dominazione spagnola sulla vita della Sardegna

La Sardegna, entrata nell’orbita prima aragonese e poi spagnola, ne subisce la politica e, soprattutto, diviene vittima dell’Isolazionismo, che la porta ad una progressiva quanto inarrestabile decadenza. gli Spagnoli adottano un indirizzo politico mirante a raggiungere il completo controllo del territorio, attraverso i loro feudatari nelle campagne, ed attraverso gli ufficiali reali nelle città non infeudate.

Il governo dell’Isola

Dal 1412, la dinastia valenciana tende lentamente a Trasformare lo stato in assoluto scontrandosi con i Catalani, con le loro tradizioni di autonomie locali, ed un tentativo di rivolta dei Catalani viene stroncato sul nascere. Dal 1418, la nuova dinastia impone che la carica di governatore passi ad un Vicerè che esercita il potere per conto ed in vece del sovrano, coadiuvato da una cancelleria il cui capo, chiamato reggente assiste il vicerè nella amministrazione della giustizia. Nel 1421, il re Alfonso V Riunisce per la seconda volta il Parlamento sardo. La Carta de logu viene dichiarata legge vigente in tutta la Sardegna, escluse le sette città di diritto regio. I sovrani valenciani si circondano di feudatari, funzionari e militari a loro favorevoli. Si viene, così, ad avere una sempre maggiore influenza di questi nobili, che vanno a costituire una potente oligarchia con la quale ogni sovrano deve misurarsi. Sotto il regno di Ferdinando II d’Aragona il 4 febbraio 1482 Viene convocato per la terza volta il Parlamento sardo riunito prima a Oristano, poi trasferito a Cagliari. Da allora si riunirà sempre a Cagliari, nel cinquecento verrà convocato nove volte, nel seicento undici volte.

In Sardegna si assiste alla prosecuzione del regime feudale, ormai scomparso negli altri stati

Mentre tutta l’Europa è sconvolta da grandi cambiamenti culturali ed economici, il Sistema feudale oramai scomparso negli altri stati, sopravvive in Sardegna. Qui rappresenta uno degli aspetti più caratteristici dell’organizzazione spagnola, il feudo è, infatti, il mezzo con il quale viene ricompensata la nobiltà catalana, aragonese e castigliana che, per mezzo di donativi, o con il diretto impegna personale, ha contribuito alla conquista del territorio. Una delle principali conseguenze di questo antiquato sistema feudale, è la scomparsa delle antiche classi rurali. Vengono meno, infatti, i grandi proprietari terrieri, così come scompaiono coloro che lavorano la terra, con il conseguente impoverimento generale delle campagne. E, infatti, il problema più grave ed irrisolto, che caratterizza e caratterizzerà tutta la storia della Sardegna, è proprio quello che riguarda la dura vita dei contadini. Ma, anche se viene posta costantemente all’attenzione dei rappresentanti spagnoli, la questione delle condizioni nelle quali si trovano i contadini, in pratica non viene mai fatto niente per migliorarle.

Il controllo delle attività economiche

Sotto la dominazione aragonese prima, e quella spagnola poi, l’Attività mineraria diminuisce drasticamente, per favorire le miniere situate direttamente in territorio spagnolo o nei loro domini oltre oceano. La Sardegna, che per secoli è stata tra le più importanti aree di produzione dell’argento, finisce per l’importare questo metallo, il quale ormai arriva in ingenti quantità dai possedimenti spagnoli del nuovo mondo. Comunque, neppure in questo periodo, le miniere sarde cessano del tutto la loro attività, infatti esiste pur sempre un piccolo mercato interno, in particolare per il piombo. Sotto la dominazione spagnola, comunque, si subordina l’esercizio dell’attività mineraria all’assegnazione di concessioni da parte dell’amministrazione statale, e gli assegnatari delle concessioni sono tenuti a versare all’erario il 10% del valore del minerale estratto. A quanto risulta, vengono assegnate non meno di quaranta concessioni per l’esplorazione e lo sfruttamento dei giacimenti sardi. Di queste, otto sono concessioni generali, cioè estese a tutto il territorio dell’Isola, e diciotto sono limitate al solo territorio di Iglesias. A questo periodo risale, anche, il primo tentativo di riportare in attività il filone argentifero del Sarrabus, abbandonato ormai da più di mille anni, infatti nel 1622 l’ingegner Giovanni Antonio Agus ottiene la concessione per l’esecuzione di lavori di ricerca a monte Narba, presso l’abitato di San Vito, però non riesce a sfruttare il giacimento d’argento per una serie di difficoltà tecniche..

La Sardegna abbandonata dalla Corona spagnola

La Sardegna costituisce una zona periferica dell’impero. Di conseguenza, i Sardi sono costretti ad assistere, emarginati, agli avvenimenti storici più importanti del tempo. Con la scoperta, poi, delle nuove terre occidentali oltre il mare, chiamate prima Indie e poi Americhe, sposteranno gli interessi verso il nuovo mondo, togliendo all’isola ogni importanza strategica. Segue, quindi, un periodo di forte abbandono da parte della Corona spagnola, più interessata alle vicende del Nuovo Mondo e disinteressata a quelle del Mediterraneo. Le lotte feudali sempre più accese, la forte corruzione e l’incuria dei vicere spagnoli, indeboliscono fortemente l’isola. L’Abbandono totale dell’Isola da parte dei sovrani, porta la classe feudale a comportarsi come autonoma, non riconoscendo il potere dei vicere, ed i feudatari depredano tutto ciò che la popolazione sarda produce.

Le Università e la personalità di Antonio Canopolo

L’arcivescovo Antonio CanopoloDurante la dominazione spagnola, in Sardegna si sviluppano le scuole, che sono completamente in mano ai religiosi. Come abbiamo già visto, è molto importante nel seicento, sotto Filippo III, negli ultimi anni della dominazione spagnola, l’istituzione dell’Università di Cagliari e successivamente di quella di Sassari. Ma queste Università verranno chiuse dagli Spagnoli prima dell’abbandono dell’Isola. Nato a Sassari verso il 1540, Antonio Canopolo è un arcivescovo cattolico, divenuto pievano di Bitti, poi arcivescovo di Oristano, e nel 1621 arcivescovo di Sassari, ma morto prima di prenderne possesso. La nascita dell’Università di Sassari, legata alla figura di Alessio Fontana, che nel 1558 ha lasciato tutti i suoi beni per l’istituzione di un collegio di studi, è comunque soprattutto legata ad Antonio Canopolo, che con le sue donazioni permette di aprire al pubblico le lezioni fino ad allora impartite ai soli studenti di teologia del collegio dei Gesuiti.

Lo sviluppo dell’arte

Le arti si sviluppano per merito di artisti, sia locali che stranieri. Soprattutto a Cagliari si trovano numerosi incisori, argentieri e gioiellieri. In tutte le città regie si notano forti miglioramenti. Dalla seconda metà del quattordicesimo secolo e nel quindicesimo secolo vengono relizzati i retabli del Maestro di Castelsardo e del Maestro di Ozieri. retablo è un termine spagnolo che deriva dalla locuzione latina retro tabulum altaris, ossia tavola dietro l’altare, ed indica una grande pala d’altare. Il retablo può essere costituito da un dipinto su tavola a scomparti che, a seconda delle parti di cui si compone, può essere un dittico, un trittico o un Polittico. Può anche essere formato da scomparti in rilievo, oppure da scomparti dipinti alternati a scomparti in rilievo. Il Maestro di Castelsardo è un pittore sardo anonimo probabilmente del quattordicesimo o quindicesimo secolo, la cui identità è ancora oggetto di discussione, secondo alcuni da identificare con l’artista Gioacchino Cavaro; secondo altri è da identificare con l’artista di origine valenzana Maiorca Martin Tornèr. Il Maestro di Castelsardo opera nel nord della Sardegna e in Corsica. La presenza di alcune tavole attribuibili a lui anche a Barcellona, fanno pensare ad una sua formazione catalana, oppure forse, successivamente alla sua presenza in Sardegna ed in Corsica, potrebbe essere rientrato in Catalogna, dove avrebbe continuato a lavorare nel corso del sedicesimo secolo.

Il Maestro di Castelsardo: 'retablo che rappresenta la Madonna con Bambino assisa in trono' nella cattedrale di Sant’Antonio Abate di Castelsardo Il Maestro di Castelsardo: 'Madonna con il Bambino, la crocifissione, e la vita di San Pietro' nella chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo a Tuili Il Maestro di Castelsardo: 'retablo della Porziuncola' a Cagliari Il Maestro di Castelsardo: 'retablo di Santa Rosalia' a Cagliari Il Maestro di Castelsardo: 'retablo minore della Trinità' a Saccargia Il Maestro di Castelsardo: 'retablo maggiore della Trinità' a Saccargia

Il Maestro di Ozieri è un pittore sardo anonimo probabilmente del quindicesimo o sedicesimo secolo, che ha dipinto opere andate ad impreziosire diverse Chiese del nord della Sardegna, soprattutto nel Logudoro, e ne fanno uno dei riferimenti per la interessantissima pittura dei retabli. Sulla sua identità si registrano studi che potrebbero confermare l’ipotesi che si trattasse di Maestru Andria Sanna. In diversi quadri sarebbero state trovate infatti le prove di firme occultate, e interpretazioni che confermano l’origine ozierese di questo pittore. Il Maestro di Ozieri si inserisce in quel movimento che, nel cinquecento, sembra assumere una sorta di autonomia dalla dominante influenza spagnola, allontanandosi dal manierismo di Raffaello, con nuove visioni nord europee.

Il Maestro di Ozieri: 'Polittico della Madonna di Loreto' nella cattedrale dell’Immacolata a Ozieri Maestro di Ozieri: 'La crocefissionè elemento di un Polittico del Maestro di Ozieri conservato nella casa parrocchiale di Benetutti Maestro di Ozieri: 'Il ritrovamento della vera crocè elemento di un Polittico del Maestro di Ozieri conservato nella casa parrocchiale di Benetutti Maestro di Ozieri: 'La prova della vera crocè elemento di un Polittico del Maestro di Ozieri conservato nella casa parrocchiale di Benetutti Maestro di Ozieri: 'Sant’Elena' elemento di un Polittico del Maestro di Ozieri conservato nella casa parrocchiale di Benetutti Maestro di Ozieri: 'La Sacra Famiglia' elemento di un Polittico del Maestro di Ozieri conservato nella casa parrocchiale di Ploaghe

L’architettura religiosa

Sassari: la cattedrale di San Nicola da BariPadria: chiesa parrocchiale di Santa GiuliaeNumerosi sono gli edifici religiosi realizzati nel periodo della dominazione spagnola in diverse località dell’Isola, dei quali citiamo, qui, solo alcuni tra i più significativi. In questo periodo la cattedrale di Sassari edificata nel tredicesimo secolo, viene ampliata in stile gotico catalano a partire dal 1480, con la facciata barocca ed il campanile in stile romanico. Carlo V fa edificare, tra le altre, la chiesa di Santa Giulia a Padria, con una bella facciata in pietra arenaria, che viene aperta al culto nel 1520. Cagliari-basilica di Nostra Signora di BonariaL’equilibrio delle proporzioni e le notevoli raffinatezze esecutive, fanno di questa chiesa una delle più rilevanti architetture sarde, allineata con i modelli castigliani. Nel 1704 viene iniziata la costruzione della basilica di Bonaria primo esempio di architettura gotico: catalana in Sardegna, sul colle di Bonaria, nel luogo dove esisteva il Santuario fatto edificare da Alfonso IV d’Aragona detto il Benigno, e donato ai Frati Mercedari, ossia dell’Ordine di Nostra Signora della Mercede. La basilica viene edificata quando i Frati Mercedari decidono di edificare una chiesa più grande, in onore, appunto, della Vergine di Bonaria.

Pestilenza, incursioni dei pirati ottomani, banditismo e criminalità rurale

Dalla metà del sedicesimo secolo, la Sardegna si trova alle soglie di una vera catastrofe economica e sociale. Ai tanti stenti, si aggiungono anche le nuove epidemie di Peste e di Colera che falcidiano l’isola mietendo numerosissime vittime, oltre a quelle che già provocano la Malaria mai debellata, e le frequenti Carestie. In questo periodo, si va, cosi, velocemente completando il processo di spopolamento dell’Isola. Dopo l’epidemia di peste del 1680, negli anni che vanno dal 1678 al 1688, la popolazione passa da 337.000 a 253.000 abitanti. La dominazione spagnola viene, inoltre, fortemente caratterizzata da un altro evento estremamente drammatico, che segna demograficamente ed economicamente l’Isola, la peste, le sempre più frequenti incursioni dei pirati ottomani. alla fine della dominazione spagnola, in un periodo di grande incertezza politica, tra il 1700 ed il 1720, la Sardegna rimane senza controllo e la sua popolazione versa in un grave stato di miseria diffusa. Nascono in questo periodo Il banditismo e la criminalità rurale dei quali la miseria delle popolazioni è la causa prima.

Che cosa resta in Sardegna della dominazione spagola

Comunque, nonostante l’uscita della Spagna dalla storia della Sardegna, il lungo contatto dei Sardi con la cultura prima catalano-aragonese e successivamente spagnola ha lasciato tracce durature, tanto che è stato difficile per i successivi governanti Piemontesi estirpare usi e forme culturali profondamente radicati, non solo nella classe aristocratica ma anche nella popolazione rurale. Il Catalano ed il Castigliano diventano le lingue ufficiali, mentre nelle campagne si continua a parlare il Sardo. Nella lingua sarda, comunque, l’impronta lessicale spagnola è ancora evidente, così come nei costumi, nelle grandi feste religiose e in molte forme di socializzazione.

La prossima pagina

Nella prossima pagina vedremo come nel 1708 con il trattato dell’Aia la Sardegna viene assegnata agli Asburgo che nel 1720 la cedono ai Savoia con i quali inizia il lungo periodo della dominazione sabauda.


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